Il Consiglio di Stato sull’applicazione delle clausole sociali nelle gare di appalto

Con sentenza n. 2533 del 10 maggio 2013, il Consiglio di Stato ha precisato condizioni e modalità di applicazione delle clausole sociali nell’ambito di una gara d’appalto per l’affidamento di un servizio di call center (nella fattispecie, per consentire prenotazioni e disdette telefoniche per l’erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale), con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La clausola sociale che veniva in rilievo – di cui all’art. 37 del CCNL per le cooperative sociali e contenuta nell’art. 6 del Disciplinare di gara -, imponeva l’obbligo di continuare il rapporto di lavoro con tutti i lavoratori già addetti al servizio. Secondo la tesi prospettata dal ricorrente, secondo classificato, siffatto obbligo doveva ritenersi sussistente in tutti i casi in cui le prestazioni richieste al nuovo gestore fossero invariate rispetto a quelle precedentemente demandate al vecchio gestore del servizio, con conseguente illegittimità dell’aggiudicazione disposta in favore della RTI, prima classificata, il cui progetto tecnico aveva disatteso le prescrizioni imposte dalla clausola sociale in questione.
Orbene.
I giudici di Palazzo Spada, condividendo le valutazioni del giudice di primo grado, hanno precisato come in questi casi l’esigenza di mantenimento dei livelli occupazionali, che sta dietro alla previsione della clausola sociale, debba trovare un giusto contemperamento con le contrapposte esigenze di consentire, ove possibile, risparmi di spesa pubblica e di rispetto della libertà di organizzazione del lavoro dell’impresa. Considerato ciò, “l’esigenza del mantenimento dei livelli occupazionali (…) non può impedire all’imprenditore di «organizzare la propria impresa nella maniera ritenuta maggiormente efficiente». L’amministrazione quindi non può ritenersi «vincolata in maniera indefinita» ad utilizzare un servizio con «un numero di addetti variabile solo in aumento», nonostante l’evoluzione tecnologica consenta la realizzazione del servizio con un numero minore» (di addetti), «con corrispondente risparmio di spesa pubblica»”.
La clausola sociale quindi sarà inderogabile unicamente quando il servizio è organizzato dal nuovo gestore con le stesse sostanziali modalità con le quali era organizzato dal gestore uscente, e non nel diverso caso in cui il ricorso a nuovi strumenti tecnici o informatici consenta una diversa organizzazione del lavoro che produca significativi risparmi di spesa, come riscontrato nel caso di specie.
In ogni caso, conclude il Collegio, “Per evitare che la clausola possa essere (illegittimamente) elusa l’amministrazione deve comunque verificare che effettivamente il mutamento tecnico organizzativo del servizio non renda più necessario l’impiego di tutto il personale precedentemente utilizzato per il servizio”.
Per ulteriori approfondimenti, si rimanda al testo integrale della pronuncia in commento (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 2533 del 10 maggio 2013).

Redazione

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