Il Consiglio di Stato tra tassatività delle cause di esclusione e soccorso istruttorio

Con ordinanza n. 2681 del 17 maggio 2013, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato varie questioni concernenti l’applicabilità o meno del principio della tassatività delle cause di esclusione di cui al comma 1-bis dell’art. 46 del Dlgs n. 163/2006, (introdotto dal D.L. n. 70 del 2011), anche alle gare indette prima di quest’ultimo decreto. Nello specifico la sezione rimettente sottopone all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni:
“a) se, ed eventualmente in che misura, nel regime anteriore all’entrata in vigore della citata disposizione possa già ritenersi vigente un principio di tassatività della cause di esclusione dalle gare per l’affidamento di contratti pubblici;
b) se, in particolare, debbano ritenersi illegittime, per la violazione di tale principio, le clausole che impongono a pena di esclusione adempimenti documentali o formali privi di una base normativa espressa;
c) se e in che misura, ove si dovesse, al contrario, concludere per la validità di dette clausole “atipiche” di esclusione, sia comunque onere per la stazione appaltante, alla luce del generale principio del soccorso istruttorio di cui all’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, invitare il concorrente, prima di disporne l’esclusione, ad una “regolarizzazione” documentale (…) nei casi in cui l’omissione formale o documentale non incida sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione e sulla capacità tecnica ed economica del concorrente”.
Nel caso di specie, l’impresa appellante era stata raggiunta da un provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria di una gara pubblica (con due soli partecipanti) per aver mancato di allegare all’offerta presentata la fotocopia del documento di identità del rappresentante legale, come prescritto dal bando di gara, senza che la stazione appaltante l’avesse previamente invitata a provvedere ad un’integrazione documentale.
Il tema dei limiti entro i quali è possibile prevedere, in sede di bando, cause di esclusione ulteriori rispetto a quelle oggetto di specifica previsione legislativa e la questione strettamente connessa dell’ambito di applicazione, nelle procedure di gara, del c.d. soccorso istruttorio (ovvero del potere-dovere della stazione appaltante, prima di procedere all’esclusione, di sollecitare i concorrenti che partecipano alla gara a porre rimedio ad eventuali dimenticanze, sviste o errori di carattere formale o documentale) è particolarmente dibattuto in giurisprudenza, in cui si registrano fondamentalmente due orientamenti giurisprudenziali contrapposti, di seguito illustrati.
Il primo orientamento, di stampo “formalistico” e maggioritario, formatosi prima dell’entrata in vigore del comma 1-bis dell’art. 46 Codice dei contratti pubblici, nega l’esistenza di un principio di tassatività delle cause di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica, e riconosce alle stazioni appaltanti un potere discrezionale nella loro individuazione, possibile anche per adempimenti di carattere meramente formale o documentale ulteriori rispetto a quelli imposti dalla legge o dal regolamento. L’unico limite a tale potere è rappresentato dal rispetto dei principi di pertinenza, ragionevolezza e proporzionalità rispetto allo scopo perseguito. Coerentemente, il dovere di soccorso istruttorio dovrebbe essere in questi casi precluso, attesa la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura ad evidenza pubblica per la presentazione delle offerte, pena la violazione non solo del canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione della P.A., ma anche dei principi della par condicio e di autoresponsabilità di tutti i concorrenti.
Secondo un diverso orientamento invece, di matrice sostanzialistica e attualmente minoritario, l’invito alla regolarizzazione – inteso come strumento di correzione dell’eccessivo rigore delle forme -, sarebbe doveroso in tutti in casi in cui non sia in discussione la sussistenza dei requisiti di partecipazione e la capacità tecnica ed economica dell’impresa, in forza del divieto di aggravamento del procedimento, nonché dei principi di proporzionalità e del favor partecipationis.
La sezione rimettente ritiene condivisibile questo secondo orientamento adducendo argomenti di ordine pratico e di interpretazione sistematica ed evolutiva.
Da un lato infatti, vi sarebbe l’esigenza di evitare quell’eccessivo formalismo spesso presente nel contenzioso in materia di contratti pubblici, che conduce ad una “vera e propria caccia all’errore”, in cui carenze puramente documentali (persino, appunto, la mancanza di una fotocopia) mettono a rischio investimenti importanti, creano profonda incertezza tra gli operatori e conducono alla stipula di contratti con corrispettivi di importo superiore, rispetto a quanto conseguirebbe dall’applicazione del principio del soccorso istruttorio.
Dall’altro, sono presenti nel nostro sistema una pluralità di istituti volti ad evitare che il vizio formale in cui incorre l’Amministrazione possa tradursi automaticamente nell’illegittimità del provvedimento adottato (la categoria di origine giurisprudenziale della irregolarità del provvedimento amministrativo, il principio di raggiungimento dello scopo, l’irrilevanza del vizio formale non incidente sul contenuto dispositivo del provvedimento di cui all’art. 21-octies, comma 2, legge n. 241 del 1990).
Anche le recenti riforme legislative parrebbero deporre in tal senso: il riferimento è non solo alla “decertificazione” dei rapporti tra pa e privati di cui alla L. 183/2011, ma soprattutto a quel comma 1-bis dell’art. 46 Codice introdotto dal DL n. 70/2011 – applicabile al caso di specie solo ove si riconoscesse alla norma natura interpretativa e non innovativa – che amplia l’ambito di operatività del principio del soccorso istruttorio, nella misura in cui dispone che l’esclusione dalla gara può essere disposta dalla stazione appaltante solo ed unicamente in presenza delle fattispecie descritte dalla stessa norma, escludendo un generale potere della stessa di ampliare discrezionalmente la gamma degli adempimenti formali richiesti a pena di esclusione.
In conclusione, ad avviso del Collegio, “la stazione appaltante che si trovi di fronte alla violazione di una previsione prevista dal bando la quale non trovi corrispondenza in una norma legislativa o regolamentare, fonte di un obbligo documentale o dichiarativo esplicito, non potrà procedere immediatamente all’esclusione del concorrente, ma dovrà invitarlo a regolarizzare, esercitando il potere di soccorso istruttorio previsto dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006.  In tal modo non risulta leso il principio di parità di trattamento, poiché ogni concorrente che è incorso nella ‘dimenticanza’ può integrare l’adempimento, pur se altri vi hanno provveduto correttamente ed esattamente. Ne risulta meglio tutelato il principio di massima partecipazione alle gare di appalto, mediante l’ammissione alla procedura dell’imprenditore il quale per mera dimenticanza non abbia trasmesso la fotocopia di un documento (ovvero non abbia effettuato una dichiarazione), ma possieda effettivamente i requisiti necessari”.
La parola quindi passa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, di cui si attendono le valutazioni.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia direttamente al testo integrale dell’ordinanza in commento (Cons. Stato , sez. VI, ordinanza n. 2681 del 17 maggio 2013).

Redazione

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