La giunta Crocetta, giovedì 12 settembre, ha approvato il ddl sulle città metropolitane. Ben 52 i comuni che saranno accorpati trasformandosi in municipalità, mentre Messina, Catania e Palermo saranno le tre grandi città metropolitane che oltre alle attuali competenze dei Comuni si occuperanno anche di settori oggi di competenza della Regione.
Scompariranno i consigli comunali dei comuni accorpati, mentre la figura del sindaco si trasformerà in presidente della Municipalità, con competenze locali come cura del verde, manutenzione strade e raccolta rifiuti.
I cittadini, dunque, delle municipalità eleggeranno consiglio e sindaco della città metropolitana e il presidente della propria municipalità. Il consiglio metropolitano sarà composto da 35 consiglieri eletti a suffragio universale contestualmente al sindaco, a cui si affiancherà la giunta metropolitana composta massimo da 9 membri. Oltre tali organi ci sarà la conferenza metropolitana composta da tutti i presidenti delle municipalità.
Previsto nel ddl un regime transitorio finalizzato all’elaborazione dello statuto della citta’ metropolitana e al trasferimento in favore del nuovo ente territoriale delle funzioni e dei compiti amministrativi delle province e dei comuni soppressi oltre che della Regione.
L’obiettivo è quello di accelerare la creazione dei consorzi dei Comuni che dovranno sostituire le abolite Province. Grande soddisfazione per il governatore Rosario Crocetta. Ma su tale riforma pesa la questione dei 6 mila dipendenti provinciali, che in mancanza di una norma nazionale non possono essere trasferiti entro il 31 dicembre alla Regione o ai Comuni. Lo stesso Crocetta ha infatti spiegato che al momento le leggi nazionali non acconsentono di trasferire i 6 mila dipendenti delle Province ai Comuni, alla Regione, agli istituendi Consorzi dei Comuni e alle città metropolitane ma ha rassicurato che insieme al ministro Gianpiero D’Alia è stato chiesto un confronto con il ministro Graziano Delrio per trovare una veloce soluzione normativa.
Infatti il problema dei 6 mila dipendenti potrebbe bloccare l’intero progetto di Riforma. Il ddl dovrà ora passare l’esame dell’Ars.