Agli inizi di agosto è scaduto il termine previsto dall’art. 5 della legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) per l’esercizio, da parte del Governo, della delega finalizzata all’adozione di un decreto legislativo sulle società tra avvocati.
Allo stato attuale si aprono dunque scenari interessanti con riguardo alle varie possibilità di costituzione di società tra avvocati (STA) e alla disciplina ad esse applicabile.
Dare una soluzione interpretativa a questi quesiti non è certo cosa facile, ma per farlo non si può fare a meno di partire dalla situazione normativa, analizzando in breve i diversi provvedimenti legislativi che vengono in rilievo sul punto.
La possibilità di esercitare l’attività forense in forma associata è stata introdotta per la prima volta dal d. lgs. 96/2001. Ai sensi di quanto previsto da questo provvedimento la società tra avvocati è regolata dalle norme sulle società in nome collettivo (art. 16, comma 2), con la conseguenza che viene esclusa ogni possibilità di costituire STA sotto forma di società di capitali.
Inoltre il d.lgs. 96/2001 stabilisce che possano essere soci della STA solamente coloro che siano in possesso del titolo di avvocato (art. 21, comma 1), escludendo così la partecipazione di altri professionisti.
In questo contesto si è inserita la cd. legge di stabilità (L. n. 83/2011), che all’art. 10, commi 3 e seguenti, disciplina in via generale le società tra professionisti (STP), legittimando per un verso la costituzione di società secondo tutti i modelli regolati dal codice civile – società di persone, società di capitali e cooperative – e disciplinando inoltre in maniera espressa due importanti aspetti.
Infatti da un lato viene consentita la partecipazione alla STP di soci di capitale non professionisti, seppure nella misura massima di un terzo dei conferimenti (comma 4), mentre dall’altro lato si legittima la costituzione di società multidisciplinari per l’esercizio di più attività professionali (comma 8).
Le novità introdotte nel 2011 hanno spinto il Parlamento ad inserire all’interno della riforma forense (L. 247/2012) la delega al governo per l’emanazione di una disciplina specifica delle società tra avvocati che tenesse conto sia delle possibilità consentite dalla L.183/2011, sia delle peculiarità della professione forense.
Infatti analizzando i principi e criteri direttivi fissati dal Parlamento per l’esercizio della delega si nota come sia stato chiesto all’esecutivo di “prevedere che l’esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all’albo”.
Da ciò consegue che le nuove STA avrebbero potuto essere costituite non più solo secondo il modello della società in nome collettivo, ma, alla stregua delle altre STP, con tutte le forme previste dal codice civile.
Al contempo la previsione di limitare la partecipazione alla STA ai soli avvocati iscritti all’albo escludeva tanto la possibilità di inserimento di eventuali soci di capitale quanto la costituzione di società multidisciplinari.
La delega, come si è detto, non è però stata esercitata dal Governo, il quale ha volutamente fatto scadere il termine fissato, che ricordiamo essere perentorio.
Considerando che, dal punto di vista costituzionale, attraverso la legge delega il Parlamento attribuisce al Governo, in via eccezionale e per un periodo di tempo limitato, una facoltà legislativa che è propria, sembra corretto ritenere che in assenza del provvedimento delegato (come è avvenuto nella fattispecie) non possa attribuirsi alcuna valenza normativa ai principi contenuti nella delega.
In altre parole, sebbene con la legge di delega il Parlamento esprima un preciso indirizzo, tale legge è solo fonte di un potere governativo e necessita di essere integrata dalla legge delegata; viceversa il potere di legiferare sul punto non può che tornare al Parlamento stesso.
Chiarito dunque che ad oggi non è possibile la costituzione di STA secondo i criteri stabiliti dall’art. 5 della legge 247, restano tuttavia forti dubbi su quale sia la disciplina oggi applicabile alle società tra avvocati.
Allo stato attuale, poiché la complessità dell’argomento e l’assenza di precise indicazioni a riguardo rendono impossibile l’individuazione di una soluzione certa, è più opportuno limitarsi a sottolineare i diversi scenari che potrebbero svilupparsi.
In sintesi, è possibile individuare tre diverse alternative:
a) Esclusiva applicazione del decreto legislativo 96/2001
Sulla base del fatto che l’art. 10, comma 9, della legge 183/2011 fa espressamente “salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge”, si potrebbe innanzitutto sostenere che la disciplina delle STA rimanga del tutto estranea a quella genericamente predisposta per tutte le altre STP.
Alla luce di tale ipotesi, le STA resterebbero protette dalla partecipazione di altri professionisti o di soci di capitale non professionisti, ma allo stesso tempo dovrebbero continuare ad essere regolate esclusivamente dalle norme sulle Snc, senza alcuna possibile apertura alle altre forme societarie.
b) Esclusiva applicazione della legge 183/2011
Seppure è indubbio che la stessa legge 183 faccia salvi i modelli societari previgenti, è pur vero che non viene espressamente esclusa la sua applicazione alle STA. Inoltre, le restrizioni poste dal d.lgs 96/2001 potrebbero risultare, proprio alla luce della nuova disciplina predisposta dalla l. 183/2011, indebite sotto i profili costituzionale o comunitario.
Secondo questo orientamento, anche le STA potrebbero essere costituite secondo tutti i modelli societari previsti dal codice civile e con la legittima presenza di professionisti diversi, seppure i soci di capitale non potrebbero essere più esclusi dalla società.
c) Contemporanea applicazione delle due normative
Questa tesi intermedia trarrebbe origine dal principio dell’assoluta libertà di forme, individuabile alla luce di una diversa interpretazione dell’art. 10 della legge 183/2011.
In base a questa terza soluzione le società costituite solo da avvocati continuerebbero ad essere regolate ai sensi del d.lgs. 96/2001, ma al contempo non potrebbero escludersi STP multidisciplinari con la presenza anche di avvocati, che seguano la disciplina della legge 183/2011.