Affidamenti in house: no obbligo di transito del personale al nuovo gestore

Con la sentenza 23 settembre 2013, numero 780, il Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha escluso che il mancato passaggio del personale dal vecchio al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti possa costituire una causa di illegittimità dell’affidamento.

Adito per l’annullamento di una delibera del consiglio comunale di affidamento diretto in house del servizio di igiene urbana, raccolta e trasporto rifiuti ad un gestore di cui il Comune stesso era divenuto socio mediante l’acquisto di una parte del capitale sociale, il Tar di Brescia ha innanzitutto chiarito che, alla luce della più recente disciplina nazionale e comunitaria, è ammessa la deroga al principio della procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di un servizio “ogni volta che un soggetto economico corrisponda al modello comunitario dell’in house”.

D’altra parte, i giudici hanno contestualmente sostenuto che anche la partecipazione alle gare da parte di soggetti in house sia legittima, come pure lo svolgimento di attività a favore di terzi, seppure ciò esponga tali soggetti al rischio di fuoriuscire dallo schema comunitario, nel caso in cui la parte prevalente dell’attività non sia più svolta con gli enti che ne detengono il controllo.

Con specifico riferimento al tema del passaggio del personale, il Tar di Brescia ha in primo luogo interpretato restrittivamente la norma che prevede l’obbligo del passaggio al nuovo gestore.

L’art. 202, comma 6, del codice dell’ambiente (d. lgs. 152/2006) prevede infatti il passaggio diretto e immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali in atto, del personale che, fino a otto mesi prima dell’affidamento, risulti impiegato presso il gestore uscente.

Secondo i giudici, “una simile previsione, pur avendo di mira un obiettivo di sicura utilità sociale come la tutela dell’occupazione, si espone a dubbi di costituzionalità, in quanto fa gravare sul nuovo gestore un costo aggiuntivo che può poi tradursi in incrementi tariffari per gli utenti o in minore qualità del servizio, oppure può costituire ex ante un disincentivo alla partecipazione a eventuali gare”.

Proprio per questa ragione la suddetta norma è stata letta in relazione alla disciplina sopravvenuta, ed in particolare all’art. 3-bis, comma 2, del d.l. 138/2001, ai sensi del quale l’adozione di strumenti di tutela dell’occupazione, in sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica, costituisce elemento di valutazione dell’offerta e non, viceversa, condizione per il subentro nel servizio stesso.

Alla luce del rivisto bilanciamento di tutti gli interessi meritevoli di tutela in simili casi, e considerato anche che la complessità dei problemi del transito del personale rende necessario un esame in concreto al momento del cambio di gestione, il Tar ha concluso che “non può quindi costituire un sintomo di illegittimità il fatto che la scelta relativa alla forma di gestione del servizio e all’individuazione del soggetto affidatario non entri in questioni organizzative di estremo dettaglio”.

Per ulteriori approfondimenti si rende disponibile il testo integrale della sentenza del TAR Lombardia – Brescia, sez. II, 23 settembre 2013, n. 780.

Redazione

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