Ambiente e Green economy, il ddl collegato alla Legge Stabilità 2014

E’ in queste ore allo studio del Consiglio dei Ministri un disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014 recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali“.

Di seguito la relazione illustrativa sugli articoli di maggiore interesse:

Articolo 3 (Modifica all’articolo 34 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

La norma in esame consente di rinnovare l’iniziativa del Governo in materia di strategia per lo sviluppo sostenibile, facendo ripartire il ciclo di pianificazione attivato con le previsioni dell’art. 34 del decreto legislativo 152/2006 e della delibera del CIPE del 2 agosto 2002 – Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia. (Deliberazione n. 57/2002).

Articolo 5 (Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale incidenti su attività di scarico a mare di acque e di materiale di escavo di fondali marini e di loro movimentazione)

Con le disposizioni che si propongono si intende semplificare ed accelerare l’iter di alcuni procedimenti autorizzatoci in materia di scarico in mare delle acque derivanti da attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare (art. 104) e di movimentazione dei fondali marini per la posa di cavi e condotte (art. 109), dando concreta attuazione a quanto già previsto dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove si prevede appunto che “il provvedimento di VIA sostituisce e coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale…. ”

Le disposizioni in questione hanno quindi lo scopo di evitare che per una stessa attività da autorizzare, per la quale sia prevista l’acquisizione della valutazione d’impatto ambientale, il richiedente debba continuare ad instaurare due diversi procedimenti. Con riferimento, in particolare, al procedimento concernente la movimentazione dei fondali marini si elimina la specifica autorizzazione ministeriale alla posa di cavi e condotte facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, in quanto la valutazione degli impatti più rilevanti viene assorbita nella VIA nazionale, mentre nei casi residuali verrebbe mantenuta la competenza in capo alla Regione, che in tal modo diventa “lo sportello unico” per i temi afferenti ai dragaggi e alla posa in opera di cavi e condotte, con forte semplificazione operativa per le imprese. Peraltro, a normazione vigente, l’autorizzazione ministeriale sarebbe connessa con l’interferenza con eventuali SIC o ZPS costieri e marini,per la quale in linea ordinaria è prevista la valutazione di incidenza regionale. Si tratta di semplificazioni a costo zero, idonee a determinare risparmi soprattutto per le imprese, anche sotto il profilo temporale.

Articolo 6 (Semplificazione organizzativa di VIA, VAS e AIA statali)

La presente norma deriva dalla recente modifica che il d. lgs. 128/2010 ha introdotto nella disciplina dei rapporti reciproci tra VIA ed AIA, come regolati dall ‘originario d.lgs. 152/2006. Nella prima formulazione (presente anche nel D.Lgs. 59/2005 sull ‘AIA) la VIA costituiva un presupposto di legittimità per la favorevole conclusione del procedimento di AIA, nei casi nei quali la legge richiedeva l’attivazione di ambedue i procedimenti. La loro autonomia procedimentale era fondata sulla cura di interessi pubblici connotati da diversa posizione funzionale nell’ordinamento settoriale (valutazione preliminare alla localizzazione, per la VIA – giudizio di conformità alle BAT attinenti alla gestione dell’impianto, per l’AIA).

Il decreto legislativo 128/2010 ha disposto che la VIA tenga luogo dell ‘AIA nei procedimenti nei quali sono necessari ambedue i provvedimenti ai fini della costruzione e dell’esercizio dell ‘impianto. E dunque, gli stessi vengono rilasciati (o negati) all ‘esito di un procedimento unitario, destinato ad affrontare congiuntamente sia i profili localizzativi e di impatto ambientale di un nuovo progetto, sia quelli attinenti alla gestione dell’impianto da realizzare. In questa prospettiva funzionale di concentrazione del procedimento amministrativo di consenso, non sembra conservare sufficiente giustificazione la presenza di due Commissioni istruttorie distinte, l’una per la VIA e l’altra per l’AIA. Al contempo, la necessità di provvedere ad adottare misure di semplificazione degli adempimenti posti a carico delle imprese, di accelerazione dei tempi necessari per l’emanazione dei procedimenti burocratici, comporta la scelta di unificare le due Commissioni e di ridurre conseguentemente il numero dei componenti. Con il medesimo intervento normativo si provvede, inoltre, a potenziare gli strumenti consultivi disponibili, a legislazione vigente, nell’ambito delle valutazioni ambientali, adeguando l’azione della Commissione allo svolgimento del dibattito pubblico preventivo.

L’articolazione della Commissione nelle Sottocommissioni garantisce inoltre il mantenimento delle specificità delle diverse procedure, pure in una visione integrata. In particolare per quanto riguarda la VIA Speciale si confermano le fasi della valutazione preliminare, verifica di ottemperanza – valutazione definitiva e verifica di attuazione, per la VAS la valutazione ex ante e in itinere e per l’AIA l’autorizzazione e la verifica. A ciascuna commissione è preposto un coordinatore.

Il potere di nomina della Commissione, la scelta dei componenti secondo i principi dell’ottimale corrispondenza tra esperienza e capacità professionale ed attività da svolgere e dell’equilibrio di genere, è confermato al Ministro dell’Ambiente. Il Direttore Generale per le Valutazioni ambientali partecipa alla programmazione dei lavori e verifica del corretto funzionamento della Commissione, nell’ambito di un apposito Comitato insieme ai 4 coordinatori, ferma restando l’autonomia degli esperti nelle attività valutative.

E’ anche confermata la potestà del Ministro di definire con proprio decreto le modalità di funzionamento della Commissione. Allo scopo di evitare una fase di discontinuità nell ‘esercizio delle funzioni istruttorie affidate alle due Commissioni, le stesse continuano a svolgere i loro compiti istituzionali fino al momento della nomina dei nuovi componenti e del loro insediamento.

Articolo 7 (Disposizioni in materia di inquinamento acustico)

L ’emendamento proposto all’art. 25, comma 11 quater della legge 98/2013 aggiunge una tipologia di sorgente sonora per certi versi assimilabile alle aviosuperfici, ovverosia gli eliporti. Trattasi di argomenti che meritano di essere disciplinati in maniera specifica e idonea, essendo queste sorgenti sonore particolarmente critiche. Pertanto, nella proposta emendativa si mantiene, integrandola, la modifica alla Legge 447/95 (art. 11) per la previsione di un regolamento specifico per le aviosuperfici, per gli eliporti e attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile. Il restante testo del comma 11 quater della legge 98/2013 va abrogato per le seguenti motivazioni:

– il riferimento all’art. 1, comma 1, del regolamento di cui al D.P.R. 3 aprile 2001, n. 304, che dopo le parole: “di autodromi,” inserisce le seguenti: “aviosuperfici, luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile,” tende ad assimilare le aviosuperfici agli autodromi, applicando alle aviosuperfici regole e deroghe specifiche per gare e manifestazioni di auto e moto sportive, che male si applicano o risultano incongruenti se riferite a diverse tipologie di sorgenti sonore quali appunto le aviosuperfici e le attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile;

– la modifica all ‘art. 4, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1 ° dicembre 1997, a cui il comma 11 quater dell ‘art. 25 della 1.98/2013 apporta dopo la parola: “aeroportuali” le parole “, di aviosuperfici, dei luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile “, condurrebbe alla disapplicazione indiscriminata del criterio differenziale a tutte le attività legate alle aviosuperfici e alle attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile, comportando di fatto l’esclusione in maniera troppo netta di un limite introdotto dalla Legge quadro 447/95 a tutela della popolazione esposta a tali sorgenti di rumore. Al fine di regolamentare in maniera specifica e puntuale tali sorgenti sonore, secondo le indicazioni dello stesso comma 3 dell’articolo 4 del DPCM 14/11/1997, il regolamento introdotto dall’emendamento all’art. 11 della 447/95 contenuto nel testo proposto provvederà a disciplinare in maniera più idonea e coerente con la Legge quadro l’esclusione dall ‘applicazione del cd criterio differenziale;

– il riferimento all’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto del Ministro dell’ambiente 31 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 1997, in cui il comma 11 quater della 1.98/2013 inserisce le parole: nonché delle aviosuperfici e dei luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile “, comporterebbe la grande complicazione di prevedere anche per le aviosuperfici l’istituzione delle commissioni aeroportuali e la definizione di procedure antirumore – difficilmente applicabili alle aviosuperfici in quanto anche di competenza di ENAV e ENAC, ed inapplicabili alle attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile.

Articolo 8 (Casi di esclusione da valutazione ambientale strategica nel caso di piani di gestione del rischio)

La modifica è finalizzata a chiarire che la verifica di assoggettabilità alla VAS (Valutazione Ambientale Strategica) non si riferisce alla parte del piano di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa al Sistema di allentamento statale e regionale per il rischio idraulico ai fini di protezione civile di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 febbraio 2004 con particolare riferimento al governo delle piene, di cui all’articolo 7, comma 3 lett. b) del medesimo decreto legislativo n. 49/2010, atteso che i contenuti del piano di cui alla lettera b) predisposto dalle Regioni in coordinamento tra loro e con il Dipartimento della Protezione Civile riguarda aspetti di pianificazione di protezione civile e di emergenza per i quali, ai sensi del comma 4 dell’art. 6 del decreto legislativo n. 152/2006 è prevista l’esclusione dalla VAS

Articolo 9 (Modifiche agli Allegati alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

In fase di conversione in legge del d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013, è stato approvato alla Camera dei Deputati l’emendamento parlamentare 41.011, che introducendo l’art. 41 ter, esenta dall’autorizzazione alle emissioni in atmosfera una serie di impianti ad inquinamento scarsamente significativo.

L ‘innovazione per tale serie di impianti è intervenuta nel momento in cui il MATTM stava provvedendo, con diversi schemi di decreto Ministeriale, volti ad integrare l’allegato IV del decreto legislativo 152/2006, e in tal modo, a definire la tipologia degli impianti ed attività da esentare dall’obbligo autorizzativo in questione (linee di trattamento fanghi, essiccatoi agricoli e cantine), caratterizzati da emissioni scarsamente rilevanti.

L ‘elenco risultante dall ‘approvazione dell’emendamento anzidetto, risulta più ampio, per numero e tipologia, rispetto a quello proposto dal MATTM, elaborato all ‘esito di una apposita ed approfondita istruttoria condotta con le autorità regionali e le associazioni di categoria, che ha permesso di selezionare gli impianti effettivamente caratterizzati da emissioni scarsamente rilevanti.

Il testo normativo risultante dall ’emendamento approvato in prima lettura alla Camera dei Deputati, nel rendere vano il lavoro condotto dal MATTM con il concorso dei soggetti innanzi richiamati, esenta dall’obbligo di autorizzazione e dai valori limite di emissione una serie di impianti molto più ampia rispetto al dovuto, e potrà avere effetti negativi sulla qualità dell’aria e sul rispetto dei relativi valori limite comunitari (attualmente oggetto di una procedura di precontenzioso da parte della Commissione europea), specialmente in alcune aree (come il bacino padano) caratterizzate sia da gravi criticità sul piano della qualità dell’aria, sia da una diffusa presenza di impianti come gli essiccatoi. La possibilità di un conflitto con la normativa europea delle disposizioni derivanti dall’approvazione dell’emendamento in questione, è stata del resto evidenziata anche dal Servizio Bilancio del Senato nella relazione n. 13 del luglio 2013. La presente proposta, pur accogliendo le esigenze degli operatori, definisce in modo più corretto, nel senso in precedenza illustrato, le esenzioni.

Articolo 12 (Impianti termici civili)

Le norme proposte tendono a superare alcune incertezze interpretative prodotte dall’entrata in vigore della disciplina introdotta con l’art. 34, comma 52, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221 e con l’art. 9, comma 2, del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con legge 4 aprile 2012, n. 35, e riguardanti la persistenza dell ‘obbligo di trasmettere la dichiarazione di istallazione degli impianti termici civili all ‘autorità competente per i controlli, le caratteristiche degli impianti anzidetti, ed il termine per l’integrazione del libretto di centrale da parte del responsabile della manutenzione dell’impianto.

Articolo 13 (Disposizioni per agevolare il ricorso agli “appalti verdi”)

La disposizione del comma 1 mira a introdurre un incentivo per gli operatori economici che partecipano ad appalti pubblici e sono muniti di registrazione EMAS (che certifica la qualità ambientale dell’organizzazione aziendale), o di marchio Ecolabel (che certifica la qualità ecologica di “prodotti”, comprensivi di beni e servizi).

Il beneficio è una riduzione del 20% della cauzione a corredo dell’offerta, ai sensi dell’art. 75, comma 7, codice appalti.

In virtù del rinvio operato dall’art. 113, codice appalti, all’art. 75, comma 7, tale beneficio si estende alla garanzia di esecuzione, prestata dall’aggiudicatario.

La disposizione del comma 2 mira a introdurre tra i criteri ambientali di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa anche il criterio, per i contratti aventi ad oggetto beni o servizi, che le prestazioni oggetto del contratto siano dotate di marchio Ecolabel.

Le disposizioni dei commi 3 e 4 introducono tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa il criterio del costo del ciclo di vita dell’opera, prodotto, o servizio, criterio previsto dall’art. 67 della bozza di nuova direttiva comunitaria sugli appalti pubblici.

Articolo 14 (Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi)

Tra le questioni ambientali più rilevanti che l’Italia (e l’intero pianeta) deve affrontare vi sono quelle legate al consumo di energia da fonti non rinnovabili (con la conseguente emissione di CO2) e quelle legate alla produzione di rifiuti (quest’ultima di particolare rilevanza per molte zone del nostro Paese).

Per entrambe le problematiche ambientali anzidette, rendere obbligatorio il riferimento ai criteri ambientali per gli acquisti pubblici (il cosidetto GPP) può contribuire in maniera rilevante alla loro soluzione, con ricadute positive anche sotto il profilo economico. A tal riguardo occorre rilevare che anche la nuova direttiva comunitaria in tema di appalti (in via di adozione), sottolinea, all’articolo 67, come il tema del costo dei prodotti e dei servizi debba essere riferito non tanto al prezzo di acquisto ma al costo che il bene ha durante il suo ciclo di vita (il cosiddetto Life cycle costing).

A questo fine si propongono le disposizioni in questione che riguardano gli acquisti della pubblica amministrazione relativi ai prodotti che hanno maggiore relazione con il consumo di energia e con la produzione di rifiuti.

Si è deciso di inserire anche gli acquisti relativi al settore “cibo “, considerato a livello europeo il principale settore di impatto ambientale con il 31% degli impatti totali dei consumi (prima del settore abitazioni 23% e del settore trasporti 18,5%). Gli impatti ambientali del settore “cibo” riguardano sia il consumo di energia (produzione fertilizzanti, fitofarmaci, ecc), sia l’emissione di numerose sostanza inquinanti, sia, infine, la produzione di rifiuti.

A quest’ultimo proposito va sottolineato un elemento di estrema gravità e contraddizione: numerose ricerche indicano che oltre il 30% del cibo prodotto viene sprecato e contribuisce ad aumentare la quantità di rifiuti prodotta. Ciò avviene, sia lungo la catena di distribuzione del cibo, sia per preparazioni (mense ed altro) che eccedono la reale esigenza di consumo. Questo fatto, oltre ad essere un problema dal punto di vista della produzione di rifiuti, rappresenta anche un problema di ordine etico.

Diventa quindi indispensabile rafforzare quelle iniziative che permettono di ridurre tale increscioso problema.

Si tratta sostanzialmente di operare a più livelli, introducendo – accanto allo strumento degli accordi volontari con i grandi attori della distribuzione (in particolare la grande distribuzione) per razionalizzare la catena di distribuzione e la gestione dei cibi vicino alla scadenza che possono essere devoluti a associazioni che li distribuiscono a chi ne ha bisogno – anche strumenti obbligatori che premiano quegli operatori che, nella gestione della ristorazione collettiva o della fornitura delle derrate alimentari, si attivano nella direzione illustrata.

A questo proposito appare opportuno rendere obbligatorio per gli appalti delle Pubbliche amministrazioni il riferimento alle indicazioni contenute nel DM 25 luglio 2011 (G. U. n. 220 del 21 settembre 2011) che ha adottato i “Criteri ambientali minimi” per “Il servizio di ristorazione collettiva e la fornitura di derrate alimentari “, dove, oltre ad altri criteri ambientali, ai punti 5.4.3 e 5.5.1, riguardanti i criteri premianti, si fa riferimento alla gestione e alla destinazione del cibo non somministrato per contenere gli sprechi alimentari.

Articolo 15 (Procedure semplificate di recupero)

Le modifiche apportate dalla presente disposizione all’art. 216 del d. lgs. n. 152 del 2006 hanno lo scopo di inquadrare, nell’ambito dell’ordinamento nazionale, le procedure autorizzative concernenti le attività di recupero disciplinate dai regolamenti comunitari che stabiliscono quando specifiche tipologie di rifiuti cessano di essere tali.

Inoltre, disposizioni di modifica, consentono di individuare in modo certo e chiaro l ‘iter procedimentale affinché 1 ‘impiantistica esistente, e dunque autorizzata al trattamento finalizzato alla produzione di materia prima secondaria dai rifiuti di cui ai decreti ministeriali di seguito citati, possano conformarsi ai requisiti disciplinati dai regolamenti comunitari.

Al riguardo, le Regioni hanno rappresentato le criticità nell’attuazione di detti regolamenti ed, in particolare, la procedura autorizzativa da applicare nel caso specifico anche per quanto concerne l’impiantistica che svolge la propria attività secondo le modalità e nel rispetto delle condizioni e prescrizioni dettate dalle norme tecniche stabilite dai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’articolo 9-bis, lettera a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210.

Gli interventi proposti definiscono il regime autorizzativo individuato nelle procedure semplificate di cui al capo V della parte IV del D.lgs 152/2006 nonché i tempi di adeguamento, previsti in sei mesi, alle disposizioni comunitarie.

E’ stata prevista una norma transitoria che prevede che fino alla scadenza di detto termine è consentito l’esercizio dell’attività in essere nel rispetto delle disposizioni di cui ai succitati decreti ministeriali.

Inoltre, le modifiche apportate confermano le quantità massime stabilite da detti decreti ministeriali al fine di consentire l’applicazione delle disposizioni di cui all ‘articolo 216, comma 1, per quanto concerne la comunicazione di inizio attività decorsi 90 giorni da tale comunicazione alla Provincia territorialmente competente.

Redazione

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