Il fatto che si tratti di procedimento tributario non costituisce una giusta ragione per negare l’accesso ai contribuenti ad una cartella esattoriale.
Questo, brevemente, è quanto ha statuito il Consiglio di Stato con la sentenza n.4821 dello scorso 26 settembre, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società a cui era stato negato l’accesso alle cartelle esattoriali e alle successive intimidazioni, impedendogli così di avere certezza in ordine al complessivo ammontare del suo debito.
I giudici di Palazzo Spada richiamando l‘art.24 della l. n. 241/1990 in materia di diritto d’accesso, hanno chiarito che sebbene tale disposizione neghi l’accesso nei procedimenti tributari, tuttavia detta norma deve essere intesa, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, nel senso che il diniego di accesso agli atti di cui trattasi debba intendersi temporalmente limitato alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi ragioni di segretezza nella fase che segue la chiusura del procedimento con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta.
Dal momento che la cartella esattoriale costituisce presupposto di procedure esecutive, la richiesta di accesso alla medesima è strumentale alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme previste dall’ordinamento giuridico ritenute più idonee. Pertanto una visione differente implicherebbe introdurre una limitazione all’esercizio della difesa in giudizio del contribuente o, in ogni caso, rendere estremamente difficoltosa la tutela giurisdizionale del contribuente che dovrebbe impegnarsi in una defatigante ricerca delle copie della cartella.
In definitiva, detta limitazione, colliderebbe con i principi costituzionali che garantiscono la tutela giurisdizionale, e con il principio, di rango costituzionale, di razionalità.
Per ulteriori approfondimenti si rende disponibile il testo della sentenza del Consiglio di Stato n. 4821 del 26 settembre 2013.