Consiglio di Stato e diritto di accesso: quando l’avvocato deve avere il mandato

Con sentenza n.4839/2013, il Consiglio di Stato ha stabilito che nel caso in cui l’istanza di accesso sia stata presentata, per conto dell’interessato, dal suo legale non è necessario allegare un mandato “ad hoc”.

In materia di accesso ai documenti amministrativi, l‘art. 5 comma 2 del regolamento (d.p.r. n.184/2006) stabilisce che il richiedente l’ostensione debba dimostrare la propria identità e, “ove occorra, i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato”: il che comporta, come ribadito dai giudici di legittimità “la conseguenza che, se già in caso di semplici dubbi sull’effettività dei poteri rappresentativi del richiedente non potrà aver luogo l’accoglimento della richiesta di ostensione presentata in via informale, ove il richiedente risulti, invece, del tutto carente di legittimazione anche la sua richiesta di accesso formale dovrà essere disattesa”.

E dunque, non vi è dubbio che anche le richieste di accesso presentate, per conto dell’interessato, dal suo legale, debbano tener presente della regola della necessità di una dimostrazione dei poteri di rappresentanza vantati dal richiedente.

Tuttavia, tale necessità non sussiste allorquando l’interessato abbia già precedentemente rilasciato un mandato professionale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, essendo sufficiente quello già ottenuto e sempre che si tratti dell’acquisizione di atti che siano obbiettivamente connessi al contenzioso per il quale è stato officiato.

Analogo discorso vale nell’ipotesi in cui l’esistenza del titolo d’investitura del legale sia già ampiamente noto all’Amministrazione interessata.

Per ulteriori approfondimenti si rende disponibile il testo della sentenza del Consiglio di Stato n. 4839 del 30 settembre 2013.

Redazione

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