Le pubbliche amministrazioni sono tenute ad acquisire d’ufficio anche i documenti che comprovano i requisiti dei partecipanti ad una gara d’appalto.
Questo, in estrema sintesi, il contenuto della recente sentenza del Consiglio di Stato n. 4785 del 26 settembre 2013, che ha dunque ritenuto irrilevante la presenza di una diversa disciplina speciale all’interno del codice dei contratti pubblici.
L‘art. 48 del Codice degli Appalti (d. lgs. 163/2006) dispone infatti che la stazione appaltante debba verificare il possesso dei requisiti dei partecipanti non tramite un’acquisizione ufficiosa, bensì richiedendo direttamente ai concorrenti la documentazione necessaria.
In questo contesto è però intervenuta la legge di stabilità del 2012 (legge n. 183 del 2011), il cui art. 15 ha riformato alcune importanti disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).
Alla luce di tali modifiche il d.P.R. 445 dispone oggi che, da un lato, “le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47” (art. 40, comma 01); dall’altro lato si prevede inoltre che “le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato” (art. 43, comma 1).
Sul rapporto tra l’art. 48 del codice Appalti e le nuove disposizioni appena citate era peraltro già intervenuta l‘Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, la quale, nella determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, ha sostenuto che l’art. 48 sia norma speciale che comporta, rispetto alla disciplina generale del d.P.R. n. 445/2000, oneri aggiuntivi a carico dei concorrenti giustificati in virtù del particolare rapporto di tipo negoziale cui la presentazione della documentazione è preordinata.
La conclusione a cui giunge l’AVCP è dunque che, “anche alla luce delle modifiche apportate dal citato art. 15 della l. n.183/2011, rimangono in vigore le modalità di comprova del possesso dei requisiti previste dall’art. 48”.
Tale orientamento è però stato smentito dalla sentenza 4785/2013 del Consiglio di Stato.
Il ragionamento dei giudici di Palazzo Spada parte dal presupposto che lo stesso Codice dei contratti pubblici prevede espressamente l’utilizzo delle disposizione di cui al d.P.R. 445/2000, per cui non possono che trovare applicazione le innovazioni introdotte con l’art. 15 della legge 183/2011.
Secondo quanto riportato dalla sentenza in esame, dunque, “gli accertamenti d’ufficio disciplinati dall’art. 43, comma 1, D.P.R. 445/2000, come novellato dal citato art. 15 della l. 183/2011, riguardano tutte le ipotesi di informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 dello stesso D.P.R., dichiarazioni sostitutive che gli artt. 41 e 42 del codice dei contratti pubblici consentono ai concorrenti di utilizzare per comprovare i requisiti tecnico-organizzativi ed economico-professionale, salvo verifica successiva da parte della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 48 commi 1 e 3, senza che possa in alcun modo rilevare la “specialità” della disciplina dei contratti pubblici”.
Questa interpretazione non contrasta, secondo il Consiglio di Stato, neanche con la norma transitoria di cui all‘art. 6-bis del Codice degli appalti (introdotto dal d.l. 5/2012), secondo cui, fino alla data di avvio della Banca dati nazionale sui contratti pubblici, le stazioni appaltanti devono verificare il possesso dei requisiti secondo le modalità previste dalla “normativa vigente”.
Per i giudici, “il riferimento alla normativa vigente include anche la novella disciplina degli artt. 43 e 47 del D.P.R. 445/2000, in vigore dal 1° gennaio 2012”; da ciò consegue che fino all’attivazione della Banca Dati, le stazioni appaltanti dovranno procedere d’ufficio alla verifica dei requisiti auto dichiarati dai concorrenti (dopo l’attivazione, infatti, i controlli d’ufficio diventeranno centralizzati attraverso il riferimento diretto alla stessa Banca Dati).
Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato, sezione Terza, 26 settembre 2013, n. 4785.