Se è vero che nelle gare d’appalto il fattore tempo concorre al buon andamento dell’azione amministrativa e alla pronta soddisfazione degli interessi di rilievo pubblico, esso tuttavia è suscettibile di viziare i provvedimenti adottati solo in presenza di altre violazioni che comportino o la perdita della potestà di provvedere o evidenti vizi di eccesso di potere o inducano al sospetto di manomissioni dei plichi contenti le offerte.
E’ quanto afferma la sentenza n. 4884/2013 della terza sezione del Consiglio di Stato (Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente – Bruno Rosario Polito, Consigliere Estensore), con la quale il massimo organo della giustizia amministrativa sembra attenuare drasticamente la portata del principio generale della continuità e concentrazione delle gare d’appalto. Il principio, almeno sulla carta, esige che le operazioni di esame delle offerte tecniche ed economiche debbano essere concentrate in una sola seduta, senza soluzione di continuità, al fine di scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l’assoluta indipendenza di giudizio dell’organo incaricato della valutazione.
Invece i giudici di Palazzo Spada hanno lo scorso 3 ottobre ribaltato la sentenza n. 10488/2006 del Tar Campania con la quale si accoglieva il ricorso una società per l’annullamento di una gara d’appalto indetta da un’Azienda Ospedaliera. Il Tar riconosceva fondato ed assorbente di ogni altra doglianza il motivo di violazione del principio di continuità delle gare pubbliche, avuto riguardo all’andamento ed alla durata della operazioni per l’affidamento dell’appalto.
Una motivazione che non ha convinto i Consiglieri di Stato, secondo cui “E’ indubbio che il fattore tempo concorra a qualificare l’azione amministrativa nei profili del buon andamento e della pronta soddisfazione degli interessi di rilievo pubblico cui è preordinata; esso, tuttavia, assume valenza viziante dei provvedimenti adottati solo in presenza della violazione di specifiche disposizioni che, al decorso del tempo, colleghino la perdita della potestà di provvedere o nei casi in cui il ritardo sia espressione, sul piano sintomatico, di evidenti vizi di eccesso di potere e, in tema procedure concorsuali, induca al sospetto di una manomissioni dei plichi contenti le offerte delle ditte ammesse al concorso”.
Per i giudici di secondo grado non può neanche ricondursi effetto viziante al superamento del termine di 180 giorni per la validità delle offerte, stabilito dal capitolato di appalto. Detto termine, precisano i giudici, è infatti disponibile da parte dell’Amministrazione, che tra l’altro, una volta scaduto, si è attivata, con scelta discrezionale non sindacabile nel merito, per ottenere la dichiarazione delle ditte partecipanti di mantenere ferma l’offerta come originariamente articolata.
“In tale quadro l’invocato principio di continuità e/o speditezza delle operazioni di gara va coniugato con altri concorrenti principi che informano l’azione amministrativa nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici, i quali si identificano nel favor partecipationis, nel soddisfacimento dell’interesse pubblico di pervenire alla scelta del contraente in base ad una pluralità di offerte fra loro comparabili, nella stessa conservazione dei valori giuridici”, conclude il Consiglio di Stato.
Leggi il testo integrale della sentenza n. 4884/2013 del Consiglio di Stato