Il Tar Lazio-Roma con la sentenza n. 8639 del 7 ottobre 2013 ha stabilito che una ditta subappaltatrice che vanti un credito nei confronti di un’impresa subappaltante può esercitare il diritto di accesso nei confronti dell’ente pubblico non economico che ha commissionato i lavori. Quest’ultimo, quindi, sarà tenuto a rendere disponibile tutta la documentazione relativa al contratto di appalto e alla sua esecuzione: dal contratto stesso, agli stati di avanzamento lavori, ai certificati e ai mandati di pagamento emessi in favore della stessa.
I giudici, inoltre, hanno affermato che a nulla rileva il fatto che tra le due imprese intercorra un contratto di subappalto ai sensi dell’art. 118 del d. lgs. 163/2006 ovvero un contratto di fornitura in opera; in tal caso, infatti, “sussiste un interesse concreto ed attuale all’accesso, poiché la conoscenza della documentazione richiesta con l’istanza di accesso, dando contezza dello stato dei pagamenti effettuati dall’ente pubblico non economico in base al contratto di appalto a suo tempo stipulato tra le parti, consente alla società accedente di decidere, con cognizione di causa, quali iniziative intraprendere a tutela del proprio credito”.
Peraltro, come chiarito nella pronuncia in esame, la documentazione richiesta, sebbene di natura privatistica, rientra comunque nella nozione di “documento amministrativo” ai sensi dell’art.22, co.1, lett. d) della L. 241/1990, in quanto sono stati adottati da un ente pubblico che persegue le proprie finalità pubblicistiche anche attraverso strumenti di diritto privato i cui atti sono soggetti all’accesso e, quindi, ostensibili al privato.
Per ulteriori approfondimenti si rende disponibile il testo della sentenza del Tar Lazio-Roma sez. III n. 8639 del 7 ottobre 2013.