Decadenza Berlusconi. Ecco le motivazioni Pubbl…

Decadenza Berlusconi. Ecco le motivazioni

Pubblichiamo di seguito il testo integrale della relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, che l’Aula ha approvato, richiamando e facendone proprie le motivazioni, nella seduta di ieri (27 novembre), in cui ha dichiarato la decadenza di Berlusconi da senatore.

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SENATO DELLA REPUBBLICA

XVII LEGISLATURA

RELAZIONE DELLA GIUNTA DELLE ELEZIONI E DELLE IMMUNITA` PARLAMENTARI

composta dai senatori

STEFANO Dario, Presidente, CALIENDO Giacomo, PEZZOPANE Stefania, Vice- presidenti, DE MONTE Isabella, DELLA VEDOVA Benedetto, Segretari, ALBERTI CASELLATI Maria Elisabetta, AUGELLO Andrea, BUCCARELLA Maurizio, BUEMI Enrico, CASSON Felice, CRIMI Vito Claudio, CUCCA Giuseppe Luigi Salvatore, D’ASCOLA Nico, FERRARA Mario, FILIPPIN Rosanna, FUCKSIA Serenella, GIARRUSSO Mario Michele, GIOVANARDI Carlo, LO MORO Doris, MALAN Lucio, MOSCARDELLI Claudio, PAGLIARI Giorgio e STEFANI Erika

(Relatore STEFANO)

SULLA

ELEZIONE CONTESTATA NELLA REGIONE MOLISE

(Silvio BERLUSCONI)

Comunicata alla Presidenza il 15 ottobre 2013

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SOMMARIO

  1. FATTI E PROCEDURE
  2. LA NATURA DELL’ORGANO PARLAMENTARE E DELLE FUNZIONI ESERCITATE
  3. LA PRESUNTA IRRETROATTIVITA` E I CONNESSI PROBLEMI DI COSTITUZIONALITA`
  4. I CONTENUTI DEL DIBATTITO E DELLE DIVERSE POSIZIONI
  5. LALEGGE (DI DELEGA) 2 NOVEMBRE 2012 N.190
  6. LA GIURISPRUDENZA RILEVANTE
  7. LA RATIO DELL’ISTITUTO DELL’INCANDIDABILITA`
  8. IL RICORSO ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
  9. IL RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA
  10. LA DECISIONE DELLA GIUNTA

1. Fatti e procedure

1.1. Con sentenza n. 10956 del 26 ottobre 2012, il Tribunale ordina- rio di Milano ha dichiarato colpevole il senatore Berlusconi per il reato di frode fiscale di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, condannandolo alla pena detentiva di quattro anni di reclusione (di cui tre condonati per l’indulto di cui alla legge n. 241 del 2006) e applicando la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cin- que anni. Con sentenza n. 3232 del 23 maggio 2013, la Corte d’appello di Milano, seconda sezione penale, ha confermato la pronuncia di primo grado. Da ultimo, con sentenza n. 35729 del 1o agosto 2013, la Corte di Cassazione, sezione feriale, ha annullato la sentenza impugnata nei con- fronti del senatore Silvio Berlusconi limitatamente alla statuizione relativa alla condanna alla pena accessoria dell’interdizione temporanea per cinque anni dai pubblici uffici, per violazione dell’articolo 12, comma 2, del de- creto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e ha disposto trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per la rideterminazione della pena accessoria nei limiti temporali fissati dal citato articolo 12, e ha ri- gettato nel resto il ricorso del senatore Berlusconi nei cui confronti ha di- chiarato, ai sensi dell’articolo 624, comma 2, del codice di procedura pe- nale, irrevocabili tutte le altre parti della sentenza impugnata. In ragione di questa sopraggiunta definitivita` – e con riferimento agli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, recante norme in materia di incandidabilita` e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo con- seguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190 – in data 2 agosto 2013 la Procura generale della Corte d’appello di Milano ha tra- smesso al Senato l’estratto della sentenza del Tribunale ordinario di Mi- lano divenuta definitiva in data 1o agosto 2013 e l’estratto della sentenza della Corte d’appello di Milano, emesse nei confronti del senatore Silvio Berlusconi, insieme alla copia del dispositivo della pronuncia della Corte di Cassazione.

Nella stessa giornata il Presidente del Senato ha deferito la questione alla Giunta delle elezioni e delle immunita` parlamentari, trasmettendo suc- cessivamente (in data 7 agosto) copia integrale delle menzionate sentenze di primo e secondo grado e aggiungendovi (in data 3 settembre 2013) co- pia delle motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione n. 35729 depositate il 29 agosto 2013.

1.2. Sulla base di questa vicenda giudiziaria, culminata con la sen- tenza della Corte suprema di Cassazione, la Giunta, in sede di esame della elezione del senatore Berlusconi ai fini del giudizio di convalida, e` stata chiamata ad applicare le disposizioni del decreto legislativo 31 dicembre 2012 n. 235 (la cosiddetta «Legge Severino»), che prevedono la deca- denza per incandidabilita` sopravvenuta, in ragione della condanna definitiva alla pena di quattro anni di reclusione, per reato non colposo punito con pena non inferiore a quattro anni di reclusione, quale appunto il titolo di reato addebitato al senatore Berlusconi (frode fiscale). Piu` esattamente l’articolo 1, comma 1, alla lettera c) dispone che: «non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di proce- dura penale.». Parimenti, l’articolo 3 dispone che: «1. Qualora una causa di incandidabilita` di cui all’articolo 1 sopravvenga o comunque sia accer- tata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all’articolo 1, emesse nei confronti di deputati o sena- tori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza. 2. Se l’accertamento della causa di incandidabilita` interviene nella fase di convalida degli eletti, la Camera interessata, anche nelle more della conclusione di tale fase, pro- cede immediatamente alla deliberazione sulla mancata convalida. 3. Nel caso in cui rimanga vacante un seggio, la Camera interessata, in sede di convalida del subentrante, verifica per quest’ultimo l’assenza delle con- dizioni soggettive di incandidabilita` di cui all’articolo 1.».

1.3. Come noto, il disposto normativo contempla un articolato iter procedimentale disciplinato per gran parte dal Regolamento per la verifica dei poteri, approvato ai sensi del rinvio di cui all’articolo 19, comma 4, del Regolamento generale del Senato. In sintonia con tali procedure rego- lamentari, in data 28 agosto 2013, il senatore Berlusconi ha depositato la memoria difensiva, preannunciando la sua intenzione di proporre ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, con riferimento all’articolo 7 della CEDU e allegando sei pareri pro veritate, tre elaborati da esperti in diritto e procedura penale e tre da esperti in diritto costituzionale ed amministra- tivo. In data 7 settembre 2013, il senatore Berlusconi ha trasmesso copia del preannunciato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

1.4. A partire dunque dalla seduta della Giunta del 7 agosto 2013 si e` dato avvio al procedimento sulla incandidabilita` sopravvenuta riguardante il senatore Silvio Berlusconi. Oltre a consentire al relatore, senatore An- drea Augello – scelto secondo le modalita` piu` innanzi illustrate – di di- sporre di un adeguato periodo di tempo per gli indispensabili approfondi- menti, si e` inteso interpretare in senso garantistico l’articolo 8 del Rego- lamento per la verifica dei poteri, comunicando l’avvio del procedimento relativo all’incandidabilita` sopravvenuta al senatore Berlusconi e asse- gnando venti giorni di tempo per le eventuali osservazioni difensive.

Pertanto l’esame e` poi proseguito nella seduta del 9 settembre 2013, in cui il relatore per la verifica delle elezioni della regione Molise, sena- tore Augello, ha svolto la propria esposizione articolata in tre proposte di carattere pregiudiziale: 1) una proposta di deliberazione preliminare sul- l’ammissibilita` o meno della facolta` di sollevare questioni di legittimita` costituzionale davanti alla Corte costituzionale; 2) una proposta di solle- vare questione incidentale di legittimita` costituzionale davanti alla Corte costituzionale; 3) una proposta di rinvio pregiudiziale di tipo interpretativo alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Successivamente, in virtu` di quanto convenuto nella seduta del 10 settembre, lo stesso relatore ha ritirato le menzionate tre proposte di carattere pregiudiziale, che sono state riformulate, questa volta, all’interno della proposta di convalida presentata ai sensi dell’articolo 10 del Regolamento per la verifica dei poteri, in due questioni preliminari, riguardanti rispettivamente: la possibilita` di solle- vare questione di legittimita` costituzionale davanti alla Corte costituzio- nale con riferimento a dieci profili ritenuti rilevanti e non manifestamente infondati, e la possibilita` di avanzare un rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia dell’Unione europea per dubbi di compatibilita` con il diritto dell’Unione europea riferiti a dieci distinti profili.

Nella stessa seduta si e` concordata l’indicazione procedurale secondo la quale ogni Gruppo, in sede di dichiarazioni di voto sulla proposta di convalida, si sarebbe espresso anche sulle singole questioni preliminari esposte nella relazione. Nella seduta del 12 settembre 2013, si e` quindi aperta la discussione generale sulla proposta di convalida dell’elezione del senatore Silvio Berlusconi, avanzata dal relatore nella seduta del 10 settembre 2013, che e` proseguita nella successiva seduta del 16 settembre, per concludersi poi nella seduta del 17 settembre. Nella giornata del 18 settembre 2013, nella seduta antimeridiana, si e` svolto l’intervento in sede di replica del relatore, mentre nella seduta notturna, previe dichiara- zioni di voto finale, sono state respinte, a maggioranza, con distinte vota- zioni, sia la questione preliminare concernente la possibilita` di sollevare questione di legittimita` costituzionale con riferimento ai dieci profili de- nunciati, sia la questione preliminare concernente la possibilita` di avanzare un rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia dell’Unione europea per dubbi di compatibilita` col diritto dell’Unione europea, riferiti anch’essi ai dieci profili richiamati nella relazione del senatore Augello. Infine, e` stata respinta a maggioranza la proposta di convalida dell’ele- zione del senatore Berlusconi con riferimento agli articoli 1 e 3 del de- creto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, formulata dal relatore Augello, e per l’effetto – ai sensi degli articoli 10, comma 1 e 11 del Regolamento per la verifica dei poteri – e` stata dichiarata contestata l’elezione del se- natore Berlusconi.

L’articolo 11, comma 1, del Regolamento per la verifica dei poteri prevede che, nel caso in cui la Giunta adotti deliberazioni di convalida o di contestazione di elezioni in difformita` da quanto proposto dal rela- tore, il Presidente lo sostituisca con altro componente, scelto nella mag- gioranza favorevole alla deliberazione adottata.

In forza di cio`, anche a seguito delle molteplici sollecitazioni ricevute al riguardo, provenienti da varie parti politiche, il presidente Stefano ha assunto in prima persona l’incarico di relatore, ritenendo che una scelta istituzionale incentrata sulla figura del Presidente potesse favorire il mantenimento di un clima di serio confronto, basato cioe` su questioni tecnico- giuridiche che, in verita`, ha caratterizzato gran parte dei lavori della Giunta, e che quindi rendesse meno «traumatica» e piu` «rispettosa» la pur doverosa sostituzione del senatore Augello.

1.5. Il senatore Enrico Buemi, nella seduta della Giunta del 17 set- tembre 2013, ha avanzato la proposta di sospendere la procedura relativa alla decadenza per incandidabilita` sopravvenuta, e di intraprendere, in al- ternativa, la procedura per disporre la decadenza per ineleggibilita` soprav- venuta, a causa della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, la cui comminazione – per quanto sostenuto dal senatore Buemi – sarebbe da considerarsi sostanzialmente certa, restandone solo da stabilire la du- rata, differendone la efficacia al momento in cui il segretario comunale del Comune di Milano avrebbe comunicato al Presidente del Senato la cancellazione dalle liste elettorali del senatore Berlusconi. Pur essendo do- veroso sottolineare lo spirito costruttivo dell’iniziativa volta espressamente a ricercare una soluzione che potesse conseguire l’unanimita` dei consensi, considerata «una garanzia, politica prima ancora che giuridica», tuttavia la Presidenza non ha potuto dar seguito a tale proposta, proprio perche ́ estre- mamente problematica dal punto di vista della sua stessa ammissibilita` (stabilire cioe` una decadenza «ora pro futuro»). Infatti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano, Ufficio esecuzioni pe- nali, con atto del 2 agosto 2013 a firma del Pubblico Ministero dottor Fer- dinando Pomarici (trasmesso alla Giunta dalla difesa del senatore Berlu- sconi), nel disporre l’esecuzione della sentenza in oggetto nei confronti del senatore Berlusconi, ha indicato (evidentemente, sulla base del dispo- sitivo della Corte di Cassazione) altre pene accessorie, ma non quella del- l’interdizione dai pubblici uffici. Ne consegue che, allo stato, tale causa di ineleggibilita` sopravvenuta, rectius di sopraggiunta perdita della capacita` elettorale passiva, non puo` essere presa in considerazione.

1.6. Infine, l’improvvisata istanza di sospendere i lavori della Giunta, trasmessa dall’esterno in data 17 settembre 2013 a seguito della richiesta al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione di correzione di er- rore materiale della sentenza della Corte di Cassazione stessa riguardante il senatore Berlusconi, non poteva che essere considerata del tutto irrice- vibile ed irrilevante, anche perche ́ la stessa non e` pervenuta dalla difesa del senatore Berlusconi, la quale anzi in una nota diffusa in pari data ha precisato testualmente: «Il ricorso presentato dagli avvocati Benedettini e Morelli non e` stato in alcun modo autorizzato dal presidente Berlusconi ed e` evidentemente una iniziativa personale non concordata ne ́ condivisa».

1.7. L’articolo 14 del Regolamento per la verifica dei poteri prevede che «1. Se l’elezione viene dichiarata contestata, il Presidente della Giunta, d’intesa con il Presidente del Senato, fissa il giorno e l’ora per la seduta pubblica, che normalmente sara` unica e non potra` essere differita, tranne in caso di forza maggiore. 2. Della data della seduta pubblica e` dato annunzio con apposito avviso comunicato alle parti ed affisso nell’a- trio della sede della Giunta. 3. Dal giorno dell’avviso e dell’affissione a quello della seduta pubblica debbono intercorrere almeno dieci giorni in- teri». In applicazione di questa disposizione e` stata fissata la data del 4 ottobre 2013 per lo svolgimento della seduta pubblica.

Le prescrizioni concernenti lo sviluppo della seduta pubblica esigono la completezza del contraddittorio fra le parti, previsto dal capo IV del Regolamento per la verifica dei poteri ai fini del procedimento di conte- stazione di elezione, che puo` quindi definirsi «a dialettica necessitata». Pertanto e` stato individuato l’onorevole Ulisse Di Giacomo quale parte controinteressata, in quanto candidato primo dei non eletti per la stessa li- sta PdL nella regione Molise, che subentrerebbe in caso di cessazione dal mandato del senatore la cui elezione e` stata dichiarata contestata. In tal senso possono annoverarsi svariati ed univoci precedenti presso la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, ad esempio nelle seguenti sedute pubbliche: 9 luglio 2007 (caso Previti); 29 gennaio 2010 (caso Corsini); 28 luglio 2010 (caso Drago).

Per completezza di esposizione va ricordato che la senatrice Alberti Casellati ha contestato la convocazione dell’onorevole Di Giacomo, in quanto a suo parere «non puo` essere considerato “parte” nella procedura de qua, essendo semmai portatore di una mera aspettativa e non di un di- ritto soggettivo, cio` comportando un’alterazione del giudizio mediante un “indebito concorso” alla decisione e comunque non potendo i precedenti citati essere considerati applicabili per analogia al caso in esame».

Al riguardo, la Presidenza non ha potuto che ribadire – anche alla luce dei precedenti citati – una lettura pedissequa del Regolamento per la verifica dei poteri, che impone il contraddittorio dialettico fra le parti, non reputando sufficiente l’interlocuzione diretta ed esclusiva solo con il senatore resistente. Inoltre, gli stessi enunciati normativi fanno riferimento alla nozione di «parti» e non ad altre formule piu` restrittive, come ad esempio «resistenti» e «ricorrenti». Infine, a seguire fino in fondo l’argo- mentazione sopra riportata, si arriverebbe all’assurda conclusione che al- lora un candidato primo dei non eletti nemmeno potrebbe validamente presentare un ricorso elettorale (ai sensi dell’articolo 87 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957), ad esempio per l’ineleggi- bilita` di un candidato eletto, in quanto titolare di una mera aspettativa. In ogni caso, nella riunione dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappre- sentanti dei Gruppi del 1o ottobre 2013, le modalita` organizzative – tra cui esplicitamente la presenza dell’onorevole Di Giacomo e/o del suo rappre- sentante – sono state condivise all’unanimita`.

1.8. In conseguenza della procedura di contestazione avviata, il 28 settembre 2013, il senatore Berlusconi ha presentato memoria difensiva, nella quale ha addotto cinque distinte argomentazioni: a) la mancanza di terzieta` della Giunta; b) la natura della decadenza come effetto penale della sentenza di condanna, ma anche come sanzione accessoria e parte della sanzione penale divenuta ancora piu` afflittiva (da cui la necessaria irretroattivita`); c) l’illegittimita` costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 13, 15 e 16 del decreto legislativo n. 325 del 2012; d) la violazione dell’arti- colo 49 CEDU e conseguente rilevanza della pregiudiziale comunitaria da sollevare alla Corte di Lussemburgo; e) la richiesta di sospensione in at- tesa della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo sul ricorso presentato per violazione dell’articolo 7 CEDU. Gli ultimi quattro punti dei cinque elencati attengono a problematiche gia` affacciate nella discus- sione della Giunta e tuttavia rinnovate con argomenti a sostegno (tale e` ad esempio il serrato ragionamento sulla portata dell’accertamento giurisdi- zionale in materia di elettorato nazionale, suscettibile tuttavia, «in forza di quel nesso d’identita` e del rinvio, in parte qua, del diritto europeo al diritto nazionale, di ridondare sull’interpretazione degli organi chiamati ad applicare il decreto legislativo n. 235 del 2012 ai candidati e agli eletti al Parlamento europeo», da cui poi il rischio «che il giudizio che verra` operato sui titoli di ammissione dei parlamentari nazionali potrebbe necessariamente «cristallizzare» – per il predetto nesso di identita` dei presupposti – l’interpretazione sui titoli di ammissibilita` al Parlamento europeo») e poste alla nuova attenzione e alla nuova decisione della Giunta nella ri- flessione in camera di consiglio. Parimenti per il primo argomento, contrassegnato con il capo a), il quale pone alla riflessione della Giunta una questione in precedenza non emersa, relativa alla terzieta` dei membri della Giunta, il cui punto di vista sarebbe emerso in precedenti contesti, lasciando trasparire un convincimento avverso ai canoni del «giusto pro- cesso», da cui poi la richiesta di dimissione di dieci componenti ovvero la sospensione dei lavori in attesa di un cambiamento regolamentare che sappia mettere mano alla citata anomalia non altrimenti risolvibile.

1.9. Allo stesso modo in data 30 settembre 2013 l’onorevole Ulisse Di Giacomo, primo dei non eletti per la lista del PdL nella regione Molise, ed in quanto tale individuato come parte controinteressata, ha presentato osservazioni tutte volte a confutare le cinque argomentazioni addotte dal senatore Berlusconi.

1.10. In data 4 ottobre, alle ore 9,30, la Giunta si e` riunita in seduta pubblica, alla quale hanno partecipato tutti i suoi componenti, sin dall’ini- zio e per tutta la sua durata. Il senatore Berlusconi non ha partecipato, ne ́ si e` fatto rappresentare da un difensore. Mentre in rappresentanza dell’o- norevole Di Giacomo e` intervenuto l’avvocato Salvatore Di Pardo, il quale, dopo la relazione del Presidente, ha illustrato le ragioni dell’assi- stito e successivamente ha risposto ai quesiti rivolti per il tramite del Pre- sidente da alcuni membri della Giunta.

In seguito al dibattito sviluppato in alcune ore di camera di consiglio, la Giunta ha deciso a maggioranza di proporre all’Assemblea di deliberare la mancata convalida dell’elezione del senatore Silvio Berlusconi per in- candidabilita` sopravvenuta, ai sensi degli articoli 1 e 3 del decreto legisla- tivo 31 dicembre 2012, n. 235, e per l’effetto, la sua decadenza dal man- dato parlamentare.

Questi i fatti nella loro successione temporale.

2. La natura dell’organo parlamentare e delle funzioni esercitate

2.1. Per sviluppare una utile riflessione su come la Giunta ha valutato e valuti la natura dell’organo parlamentare e delle funzioni esercitate, con- viene partire dalla ultima memoria del senatore Berlusconi, che pone ar- gomenti di merito ma anche una questione legata alla terzieta` della Giunta la quale, nell’ipotesi di una sua condivisione, avrebbe determinato la so- spensione della decisione in camera di consiglio. Il primo punto della me- moria contrassegnato con il capo a), e ritualmente posto alla attenzione della Giunta, ha sollecitato, infatti, le dimissioni dei componenti sospettati di essere venuti meno ai requisiti di terzieta` in violazione di canoni costi- tuzionali, nonche ́ la sospensione dei lavori al fine di attendere una modi- fica regolamentare che ponesse rimedio al presunto vulnus sistemico, le- gato alla attuale impossibilita` di chiedere la astensione o ricusazione dei membri della Giunta. La doglianza e le due richieste di dimissioni versus sospensione, riprendono l’idea, piu` volte emersa in sede di dibattito, che la fase disciplinata dal Regolamento del 1992 sia una fase giurisdizionale, i membri siano parificati a giudici e, dunque, debbano trovare applicazione i canoni del giusto processo e, per essi, il principio di imparzialita`, vera o apparente, in sintonia con lo spirito normativo che, non a caso, – si ripete quanto e` in memoria – conosce la pubblicita` della seduta, le allegazioni difensive, il vincolo a che la nuova relazione sia priva di giudizi, la tutela del contraddittorio anche per via di un avvocato difensore, la camera di consiglio, la rappresentanza difensiva non consentita ai senatori, infine, la possibilita` per il senatore «contestato» di prendere la parola per ultimo.

2.2. Con riferimento a questa ultima e particolare censura, accompa- gnata da richiesta di sospensiva, non e` inopportuno rammentare il conte- nuto delle disposizioni del Regolamento per la verifica dei poteri: l’arti- colo 9 prevede un meccanismo di nomina dei relatori su base regionale (ordine alfabetico) ed anagrafica (eta` dei componenti) e per l’effetto il se- natore Augello e` stato nominato relatore per il Molise, regione per la quale ha optato il senatore Berlusconi; l’articolo 10 prevede che «Il rela- tore, presi in esame i documenti elettorali e gli eventuali ricorsi e riscon- trato il possesso o meno da parte degli eletti dei requisiti richiesti dalla legge, propone la convalida o la contestazione dell’elezione»: il senatore Augello ha proposto la convalida della elezione del senatore Berlusconi; l’articolo 12 prevede che «Quando la Giunta adotti deliberazioni di con- valida o di contestazione di elezioni, in difformita` da quanto proposto dal relatore, il Presidente lo sostituisce con altro relatore, scelto nella mag- gioranza favorevole alla deliberazione adottata»: in difformita` della pro- posta del senatore Augello, la Giunta ha deliberato di contestare l’elezione del senatore Berlusconi e, in ragione della evidenziata difformita`, il Presi- dente ha nominato un nuovo relatore all’interno della maggioranza che si era espressa per la contestazione della elezione. Fin qui la fase cosiddetta istruttoria, oltre la quale il capo IV da` ingresso alla fase rubricata «Procedimento di contestazione di elezioni»: l’articolo 14 prevede quanto gia` ri- cordato nella parte iniziale della presente relazione; l’articolo 15 prevede l’esercizio di prerogative difensive fra le quali, appunto, la memoria ritual- mente depositata dal senatore Berlusconi; infine, gli articoli 16 e 17 disci- plinano lo svolgimento della seduta pubblica sino alla decisione in camera di consiglio: in particolare «La seduta pubblica si apre con una esposi- zione del relatore, il quale riassume i fatti e le questioni senza esprimere giudizi»; «Le parti possono farsi rappresentare da un solo avvocato, am- messo al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. E` consentita una breve replica»; «I senatori non possono rappresentare le parti davanti alla Giunta»; «Prima della chiusura della discussione, possono prendere la parola direttamente le parti, anche nel caso in cui si siano fatte rap- presentare da un avvocato, e, per ultimo, il senatore la cui elezione e` stata dichiarata contestata»; «Della seduta pubblica viene redatto e pub- blicato il resoconto stenografico»; «Chiusa la discussione, la Giunta si riunisce immediatamente in camera di consiglio per la decisione, che deve essere adottata subito o, in casi eccezionali, non oltre quarantotto ore. La decisione viene immediatamente letta dal Presidente in seduta pubblica»; «Alla riunione in camera di consiglio partecipano i compo- nenti della Giunta, che siano stati presenti alla seduta pubblica per tutta la sua durata, con l’assistenza del funzionario addetto all’ufficio di segre- teria della Giunta»; «Nell’ipotesi in cui la decisione della Giunta sia in tutto o in parte non definitiva, si riaprono i termini di cui all’articolo 15»; infine «La relazione scritta sulla elezione contestata, dopo essere stata approvata dalla Giunta, deve essere presentata al Senato entro venti giorni dalla decisione di cui al comma 1». Conviene, infine, appuntare l’articolo 19 del Regolamento generale del Senato: «1. La Giunta delle elezioni e delle immunita` parlamentari e` composta di ventitre Senatori ed e` presieduta da un Senatore che la Giunta elegge fra i propri membri. 2. I Senatori nominati dal Presidente del Senato a comporre la Giunta non possono rifiutare la nomina, ne ́ dare le dimissioni. Il Presidente del Senato puo` sostituire un componente della Giunta che non possa per gra- vissimi motivi partecipare, per un periodo prolungato, alle sedute della Giunta stessa. 3. Qualora la Giunta, sebbene ripetutamente convocata dal suo Presidente, non si riunisca per oltre un mese, il Presidente del Senato provvede a rinnovarne i componenti».

2.3. Naturalmente il Regolamento del 1992 contiene numerose altre disposizioni, non direttamente rilevanti nella specifica questione e tuttavia sintomatiche di uno spirito complessivo del tutto peculiare alla struttura parlamentare: fra le altre, le disposizioni sulla revisione delle schede e la possibile formazione di un Comitato inquirente, oltre alle modalita` – peraltro non coincidenti con quelle dell’altro ramo del Parlamento – di istruttoria dei ricorsi elettorali con forme di titolarita` diffusa.

2.4. E` quanto basta, poiche ́ e` sufficiente la sola lettura del dato nor- mativo per trarre gli elementi antitetici a quanto denunciato dalla difesa del senatore Berlusconi: la fase e` generalmente definita «di verifica dei poteri» e non giurisdizionale; la pubblicita` della seduta e` dato comune alle procedure parlamentari; la difesa e` necessitata, trattandosi di proce- dura con possibile fase di contestazione e, per essa, e` pero` possibile chie- dere ausilio ad un solo difensore; i senatori non possono rappresentare le parti in conflitto, il che garantisce la terzieta` semmai dell’Aula parlamen- tare chiamata ad assumere la decisione finale, evitando che un senatore possa pronunciarsi su questione alla quale abbia mostrato interesse nella difesa di una parte davanti alla Giunta anche se, all’opposto, nessuna in- compatibilita` e` invece prevista per quel senatore che abbia esercitato la difesa altrove, persino nel medesimo processo dinanzi alla magistratura da cui trae origine la procedura di decadenza; la seduta si apre alla parte- cipazione del senatore eventualmente subentrante; la decisione della Giunta deve perfezionarsi immediatamente o al massimo nelle 48 ore se- guenti; partecipano alla decisione i componenti della Giunta, che siano stati presenti alla seduta pubblica per tutta la sua durata; la decisione puo` non essere una decisione finale, nel senso che, in caso di decisione non definitiva, si riaprono i termini di cui all’articolo 15 del Regolamento; la delibazione nelle forme di relazione scritta deve essere approvata e tra- smessa al Senato nei 20 giorni successivi.

L’intero corpus normativo evidenzia dunque come la regolamenta- zione procedurale del 1992 sia stata pensata per situazioni eterogenee e per superare il complesso plurifonte previgente, nel chiaro intento di «ga- rantire meglio i soggetti interessati ai procedimenti e insieme l’interesse pubblico alla valida composizione del Senato, nonche ́ ad assicurare la ce- lerita` delle procedure finalizzate ad accertare i risultati reali» (sono le parole del relatore per l’Assemblea, senatore Leopoldo Elia, il quale con- corse sapientemente alla elaborazione della attuale disciplina).

Ne e` conseguito un sistema normativo del tutto peculiare, articolato in fasi distinte, quella ad esempio di convalida piu` snella e per questo priva di contraddittorio (sebbene potenzialmente pregiudizievole per un terzo interessato), quella di contestazione piu` articolata e piu` procedimen- talizzata, ben lontana nel suo complesso dalle forme rigide, e di tutt’altra natura, del processo penale o di altra figura processuale, per la quale, non a caso, nel 1992, alla data di approvazione del nuovo Regolamento attual- mente vigente, si coniarono espressioni eterogenee come quella di «giuri- sdizionalita` delle funzioni», di «procedimento para–giurisdizionale», di «controllo costituzionale di legittimita`», di «giustizia politica», di «attivita` amministrativa», di «giudizio di equita`», fino alla ipotizzata natura di una sorta di giustizia «para-amministrativa con virtualita` di tipo giurisdizio- nale». Mai nessuno ritenne di spingersi fino a sostenere che il «miracolo parlamentare» del 1992 avesse inteso costruire o descrivere un processo ovvero, come pure si usa ripetere, una fase giurisdizionale.

2.5. Su queste basi giuridiche, allora, risulta molto difficile ritenere che quello delineato dal Regolamento sia un processo e che la Giunta debba pertanto osservare le regole del giusto processo: si tratta di una fase garantita di verifica dei presupposti applicativi di una previsione nor- mativa legata ad una definitiva statuizione di condanna e, dunque, di un procedimento e non processo, osservante di regole e precetti, anche a ga- ranzia delle parti, ma essenzialmente guidato dalla idea dominante della difesa della Istituzione parlamentare. Non e` il diritto elettorale del singolo senatore ad ispirare la procedura di verifica dei poteri, semmai l’interesse del consesso parlamentare a garantire la presenza al suo interno di com- ponenti in linea con i presupposti legalistici di partecipazione parlamen- tare, fra i quali appunto l’assenza di condanne definitive: l’Istituzione de- mocratica controlla e verifica le condizioni di partecipazione o perma- nenza al suo interno, a garanzia del Parlamento e degli elettori, non degli eletti in capo ai quali resta davvero difficile intravedere l’esistenza di «un “diritto” che si possa considerare, almeno in modo difendibile, ricono- sciuto nel diritto interno» ne ́ il principio per il quale «tale diritto deve ri- vestire un carattere “civile”».

La procedura garantistica disciplinata dal Regolamento prevede per questo solo alcuni tratti – e neanche poi tanti – comuni a quelli propri della giurisdizione, attuando nel resto una verifica semplicemente aperta al contributo logico e conoscitivo delle difese degli aspiranti al seggio se- natoriale contestato. Numerosi indici confermano questo convincimento: l’istruttoria preliminare, nella quale si inserisce la relazione preliminare e il conseguente giudizio della Giunta, muove da un interesse diffuso, e` cioe` attivabile da chiunque come pure ad iniziativa della Giunta; non e` sottoposta a cadenze temporali; si apre ad allegazioni documentali etero- genee purche ́ concorrenti alla ricerca dell’errore elettorale; non consente alcuna partecipazione esterna, ne ́ si apre ad un’effettiva dimensione dialet- tica. La seconda fase, quella di contestazione – vale la pena rammentare questa ulteriore peculiarita` – non e` detto neppure che debba sopraggiun- gere: cio` vale in caso di contestazione unanime come prevede l’ultimo comma dell’articolo 18 del Regolamento («Tuttavia, nei casi di ineleggi- bilita` e di incompatibilita` riconosciuti dalla Giunta all’unanimita`, la Giunta stessa puo` deliberare con apposita votazione di prescindere dal procedimento di contestazione, ma la proposta di annullamento dell’ele- zione o di dichiarazione della decadenza dal mandato parlamentare dovra` sempre essere presentata al Senato con apposita relazione scritta»). Non vi sono sembianze di res judicata, ed infatti, laddove la Giunta sia, ad esempio, chiamata ad un giudizio di convalida di elezioni sulla base di un conteggio o controllo poi risultante viziato da attivita` fraudolenta o il- lecita, la revisione di una precedente convalida per fatti nuovi non po- trebbe essere affidata ad altri che non alla medesima Giunta e nella me- desima composizione della prima ed errata deliberazione, a riprova con- ferma di una verifica che il sistema non teme e non considera cedevole a forme di pre-giudizio. Il che testimonia come la struttura procedimentale non sia neppure lontanamente assimilabile alla esistenza di un processo.

2.6. Resta difficile persino ricondurre il procedimento ad una forma di autodichia sulla quale si e` registrata la recente presa di posizione della Corte di Strasburgo: la pronuncia CEDU, afferente a materia discipli- nata dal «Regolamento per la tutela giurisdizionale del personale della Ca- mera dei deputati» e rimessa a organi giurisdizionali interni della Camera dei deputati, competenti in materia di tutela giurisdizionale del personale della Camera – il riferimento all’attributo «giurisdizionale» ricorre in piu` disposizioni della citata fonte normativa – evidenzia la necessita` di salva- guardare i requisiti di terzieta` e indipendenza con riguardo a «tribunali» i quali siano chiamati a pronunciarsi su materia giurisdizionale. E, dunque, pur a voler accedere ad una nozione ampia di «tribunale», e ritenere che la terzieta` sia un postulato della natura di tribunale e non una pre- messa costitutiva della sua esistenza (o, detto al contrario, l’assenza di ter- zieta` sia una anomalia che un tribunale non puo` concedersi, piuttosto che un indice rilevatore della assenza di un tribunale), resta il fatto che la fun- zione della Giunta non esprime alcuna decisione definitiva, e sopratutto l’intera materia non possiede caratteristiche giurisdizionali. Ed infatti, la pur controversa autodichia camerale – sulla quale si registrano le sfuma- ture piu` recenti, rispetto, ad esempio, ad un punto di vista affermato a par- tire da una pronuncia costituzionale del 1985 e consolidato in succes- sivi arresti di legittimita`, e riprese ancora appena qualche mese fa da una recentissima decisione interlocutoria della Cassazione – non vale a descrivere l’attuale fase decisionale carente di connotati di giurisdiziona- lita` sia in termini oggettivi che soggettivi. Le Sezioni unite, nel rimettere la questione alla Corte costituzionale, hanno peraltro chiarito che «una cosa e` l’esercizio delle funzioni legislative o politiche delle Camere, altra cosa gli atti con cui le Camere provvedono alla loro organizzazione. Se e` assunto di tutta evidenza che alle Camere ed agli altri organi costituzionali debba essere garantita una posizione di indipendenza sicche ́ essi, nel- l’esercizio delle loro attribuzioni, siano liberi da vincoli esterni suscettibili di condizionarne l’azione, cosa del tutto diversa e` dire che l’autodichia sui propri dipendenti sia una prerogativa necessaria a garantire l’in- dipendenza delle Camere affinche ́ non siano condizionate da altri poteri nell’esercizio delle loro funzioni»; il che equivale a dire, per quello che a noi pare, che l’autodichia parlamentare pone perplessita` di coerenza costituzionale o di rispetto alla CEDU nei casi in cui essa governi posizioni individuali non altrimenti tutelabili, come quelle dei dipendenti (ad esempio le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti della Ca- mera gia` in servizio, ma anche quelle relative a rapporti «in fieri», ivi compreso il contenzioso legato ai procedimenti concorsuali per l’assunzione del personale). Mentre si conferma del tutto legittima nel caso in cui sia volta a disciplinare le funzioni politiche o legislative in ragione delle quali restano possibili i particolari procedimenti di giustizia domestica.

Vale la pena in proposito ricordare come la Corte europea, nella sentenza Grosaru c. Romania del 2 marzo 2010, con riferimento al si- stema italiano di verifica dei poteri da parte dello stesso Parlamento, abbia gia` avuto modo di precisare (traduzione): «Se questa pratica e` molto diffusa, tre paesi (Belgio, Italia, Lussemburgo) hanno la partico- larita` di non fornire altro rimedio post-elettorale se non l’approvazione da parte del Parlamento, e le decisioni degli uffici elettorali devono es- sere considerate definitive. Tuttavia, questi tre Paesi hanno una lunga tradizione democratica, che tende a fugare ogni dubbio circa la legit- timita` di una tale pratica». Il che consente di ritenere che la Corte eu- ropea ha considerato accettabile che la validazione o la invalidazione delle elezioni in Parlamento possano essere decise da un organo parla- mentare, come tale non giudice.

2.7. Insomma, a voler restare nel quesito se la fase che occupa la Giunta nel momento in cui si trova a giudicare della decadenza di un se- natore per sopravvenuta sentenza di condanna, sia o no una fase giurisdi- zionale e se ad essa debbano estendersi le previsioni del giusto processo, la risposta non potrebbe che essere certamente negativa. E cio` emerge – e sembra strano doverlo ricordare in ragione di una sintesi mediatica che spesse volte ha utilizzato il termine ricusazione – dalla stessa memoria di- fensiva, la quale muove esattamente dalla consapevolezza che i compo- nenti della Giunta non possano essere rimossi ne ́ sostituiti. Cio` che avrebbe dovuto definitivamente allontanare l’idea di un processo e` stata proprio, non a caso, la richiesta non di ricusazione dei componenti – ne ́ avrebbe potuto esserlo – bens`ı di volontarie dimissioni, ovvero di sospen- sione della procedura di contestazione per consentire alla Giunta per il regolamento, un’altra Giunta, dunque, di accedere ad una modifica regolamentare ad oggi neppure immaginata. Il che evidenzia, per tabulas, l’irricevibilita` della richiesta di dimissioni e di quella di sospensiva, prive entrambe di qualsiasi aggancio normativo, prima ancora che logico-giuridico.

3. La presunta irretroattivita` e i connessi problemi di costituzionalita`

3.1. La memoria e, in termini generali, il dibattito di queste setti- mane evidenziano l’esistenza di ulteriori questioni, alle quali il senatore Berlusconi ha dedicato i punti b), c) e d) dello scritto difensivo e, prima di lui, la lunga ed appassionata relazione del senatore Augello, oltre che i piu` volte citati pareri pro veritate. A voler sintetizzare le numerose e complesse questioni giuridiche di questa vicenda – il dettaglio e` natural- mente affidato ai documenti presenti in atti – il punto piu` controverso at- tiene alla applicabilita` di una disposizione, l’articolo 3 del decreto legisla- tivo 31 dicembre 2012, n. 235, di cui si sospetta la incostituzionalita`. La norma, e la previsione di decadenza, a parere del senatore Berlusconi, violerebbero i principi di irretroattivita`, ponendosi come previsione san- zionatoria applicabile ai fatti dopo la loro commissione. Il fumus della non manifesta infondatezza troverebbe dimostrazione nella indicazione di punti di vista, tutti autorevolissimi, commissionati dal medesimo sena- tore Berlusconi nel legittimo esercizio delle sue prerogative difensive. La Giunta avrebbe dovuto prendere atto di tale non manifesta infondatezza e trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, cosa essa stessa controversa eppure risolta in senso favorevole sia nei citati pareri pro-veritate, sia nella memoria difensiva. Infine, dovrebbe considerarsi la rilevanza della questione interna sia sul piano della eventuale lesione di diritti inviolabili, fatta oggetto di ricorso alla Corte di Strasburgo, sia sul piano della even- tuale frattura con la normativa comunitaria per la cui composizione inter- pretativa si sollecitava la richiesta di un parere pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo.

3.2. La prima questione – se la norma del decreto legislativo n.235 del 2012 sia o no incostituzionale – presuppone la scioglimento di un quesito preliminare alla analisi sostanziale, se cioe` la Giunta ab- bia un potere propositivo per la rimessione alla Corte costituzionale, se cioe` la Giunta sia giudice a quo per la valutazione della possibile in- costituzionalita` della norma. Anche qui, a dispetto di pareri pro veri- tate di segno favorevole e della ultima difesa del senatore Berlusconi, e` possibile ritrovare punti di vista differenti – il valore della coerenza del precedente tornera` piu` volte nella presente relazione – ed infatti va evidenziata la recente presa di posizione di questa Giunta nella riu- nione del 2 luglio 2013 ove si e` perfezionata una opinione nel senso di escludere il rinvio di una legge alla Corte costituzionale. Ed e` a tutti noto come, al netto del requisito della «terzieta`» dell’organo remittente e dell’anomala assimilazione della Giunta ad un giudice, la decisione definitiva spetti all’Aula del Senato, il che conferma come la decisione alla quale questa Giunta e` stata chiamata abbia natura provvisoria e non vincolante ne ́ decisoria. E sinceramente, nel rispetto che si deve al punto di vista contrario, il tentativo di superare questo dato inequivoco si rileva molto poco convincente e certamente inidoneo a disvelare una modifica del quadro giuridico e politico tale da consigliare un revirement di indirizzo a cos`ı poca distanza dal prece- dente di appena due mesi fa.

3.3. Come e` noto, il rinvio alla Corte costituzionale presuppone due ulteriori condizioni: la rilevanza concreta della questione nella procedura decisoria e l’esistenza di un fumus inteso quale non manifesta infonda- tezza della questione di rilevanza costituzionale.

Da piu` parti si e` sostenuto che il fumus della rilevanza della que- stione costituzionale emerga per tabulas dalla complessita` del dibattito di cui i mass media hanno fornito ampia testimonianza. Come dire: tanto e` vero che la norma e` sospettabile di incostituzionalita` (e dunque la Giunta deve sollecitare una decisione della Corte costituzionale), che in questo senso si sono pronunciati importanti giuristi di diversa estrazione e sensibilita` politica. Ben oltre il s`ı (peraltro confortato da autorevoli pa- reri pro veritate) o il no (anch’esso enunciato in punti di vista parimenti autorevoli), semplicemente il dubbio, implicito nella logica binaria del doppio punto di vista, dimostrerebbe l’esistenza di una incertezza interpre- tativa, della quale la Giunta non potrebbe non tenere conto, vincolata a sostare su questo dubbio e sospendere la propria decisione in attesa della parola definitiva della Corte costituzionale.

3.4. L’idea di legare la rilevanza costituzionale all’intensita` del dibat- tito ermeneutico non e` condivisibile, cos`ı come non pare convincente l’i- dea di legare il fumus ad una visione quantitativa delle alternative esege- tiche, o legarlo alla sola presenza di un dibattito o di un ragionamento complesso – tale quello, senza dubbio, sviluppato intorno al decreto legi- slativo n. 235 del 2012 – quasi che la presenza di punti di vista inconci- liabili equivalga alla dimostrazione del fumus richiesta dal sistema di con- trollo costituzionale. In altre parole la presenza di punti di vista divergenti, tutti come detto autorevoli o probabilmente disinteressati, non equivale per cio` solo a dimostrazione e prova di una non manifesta infondatezza, cos`ı come, al contrario, la manifesta infondatezza non potrebbe legarsi alla pre- senza di un indiscusso punto di vista di segno contrario. Il dibattito non testimonia ex se il fumus che resta invece legato alla valutazione dell’or- gano giudicante, il quale deve procedere autonomamente a tale verifica preliminare, in sintonia con la costante giurisprudenza della Corte, la quale ha piu` volte ripetuto come «la mancata utilizzazione dei poteri in- terpretativi, che la legge riconosce al giudice remittente, e la mancata esplorazione di diverse soluzioni ermeneutiche, al fine di far fronte al dubbio di costituzionalita` ipotizzato, integrano omissioni tali da rendere manifestamente inammissibile la sollevata questione di legittimita` costituzionale» (6). Legare la non manifesta infondatezza al numero di voci con- senzienti o dissenzienti significherebbe, del resto, legare la rilevanza costituzionale della questione alla forza e al peso difensivo di un soggetto me- glio attrezzato ad alimentare il dibattito ermeneutico, a dispetto della analoga assenza di chances per soggetti meno capaci di introdurre o svilup- pare un dibattito giuridico ordinariamente estraneo alla forza propulsiva del soggetto destinatario della norma controversa. Detto in altro modo, non solo una norma silenziosa puo` meritare di essere sindacata, ma non e` detto che una norma rumorosa lo sia di diritto.

Questi i contenuti del dibattito che si e` sviluppato e le diverse posi- zioni emerse.

4. I contenuti del dibattito e delle diverse posizioni

4.1. Chiarito come la valutazione preliminare circa la costituzionalita` della norma competa alla Giunta, in piena autonomia (e data per acquisita l’ulteriore e propedeutica valutazione di rilevanza in relazione alla sua ap- plicabilita`), la complessita` del dibattito sulla natura della decadenza con- siglia un approccio piu` analitico, forse meno esauriente, ma piu` semplice e immediato.

4.2. Il fronte del sı` – quello cioe` che denuncia la incostituzionalita` della norma – ha sviluppato questo tipo di riflessione: a) la decadenza e` una sanzione penale: la natura penale prescinde dalla etichetta formale e si lega piuttosto alla natura, alla forma, alla durata della misura; b) il con- tenuto afflittivo della decadenza e` implicitamente riconosciuto anche in pronunce CEDU; c) essendo sanzione penale la decadenza non puo` essere retroattiva, non puo` applicarsi cioe` a fatti commessi prima della entrata in vigore della legge; d) se anche fosse sanzione amministrativa non cambie- rebbe lo stato delle cose, dal momento che il principio di irretroattivita` governa anche le sanzioni amministrative (articolo 1 della legge n. 689 del 1981); e) la legge e` poco chiara e meriterebbe forse una interpreta- zione autentica; f) ma e` proprio tale cripticita` a consigliare l’opzione della irretroattivita`, la cui deroga avrebbe dovuto essere altrimenti manifesta.

4.3. Il fronte del no – quello cioe` che sostiene la costituzionalita` della norma e, dunque, la perfetta applicabilita` al caso del senatore Berlusconi – ha sviluppato questo diverso tipo di riflessione: a) la decadenza non e` una sanzione ma un effetto, una condizione soggettiva legata ad una pronuncia di condanna; b) se e` vero che ogni sanzione si traduce nella riduzione della capacita` di diritto e della capacita` di agire, non e`, pero`, sempre vero il contrario: esistono riduzioni che non sono sanzioni, conseguenza anch’esse del fatto illecito, ma in forma riflessa e non direttamente conseguente al fatto, piuttosto agli effetti del fatto principale; c) le statuizioni di condanna sono stabilite da un giudice (penale) e certamente ne ́ la Giunta ne ́ il Senato possono qualificarsi giudice penale; d) le previsioni di status possono avere, e in genere hanno, effetto retroattivo; e) non si tratterebbe, a ragione, neppure di retroattivita`: la norma aggancia l’effetto alla esi- stenza di una condanna oltre la quale si pone un profilo di incompatibilita` con l’ufficio parlamentare; f) l’istituto della decadenza e` gia` stato monito- rato dalla giurisprudenza comunitaria ed e` passato indenne dal vaglio di liceita` legislativa.

4.4. La Giunta e` organo politico, geneticamente politico, chiamato a svolgere una funzione, come usa dirsi, garantistica di verifica dei poteri. L’una e l’altra, la funzione garantistica e la composizione interamente po- litica del consesso senatoriale, aiutano a spiegare il tipo di riflessione che questa Giunta ha ritenuto di sviluppare. E cioe`: una verifica sulle condi- zioni di applicazione della legge, messa al riparo da rivisitazioni anomale o errate, che non possono tuttavia spingersi sino al punto di ridiscutere i contenuti di una pronuncia definitiva, ne ́ sino al punto di sindacare l’ap- plicazione di una legge passata indenne da qualsiasi neppure affacciata censura di costituzionalita`. Non si tratta a rigore neppure di un potere del tutto discrezionale, giacche ́, se cos`ı fosse, il senso e la portata di una legge e di una sentenza definitiva potrebbero essere travolti da un punto di vista astrattamente persino irragionevole. Si tratta, piuttosto, di un controllo sulla verifica dei presupposti applicativi di una legge, che il sistema ha inteso riservare alle piu` rassicuranti regole «domestiche» di controllo parlamentare. Non vi sono limiti ne ́ tempi definiti – il che ag- giunge connotati di peculiarita` domestica – ma e` difficile immaginare che la Giunta possa travalicare la stabilita` delle decisioni giudiziarie e la sta- bilita` dei processi legislativi, ben sapendo che l’una e l’altra, la condanna e la legge, avrebbero potuto essere valutate in sedi piu` appropriate che non la verifica dei poteri ex articolo 66 della Costituzione.

5. La legge (di delega) 2 novembre 2012, n. 190

5.1. Su queste basi, ai fini della ricerca cioe` di una ragionevole vi- sione d’insieme, non puo` mancare di osservarsi come l’intera legge n. 190 del 2012 sia stata strutturata su una serie di previsioni che riferiscono le cause di incandidabilita` legandole all’accertamento del fatto e mai al tempus della commissione del fatto. E` insomma la condanna a generare, all’interno della legge, quello spartiacque fra prima e dopo che segna il sopraggiungere di una incompatibilita` etica, morale, una sopravvenuta constatazione di inopportunita` in ragione del nuovo dato della condanna penale.

5.2. In un solo caso la legge n. 190 del 2012 lega l’incompatibilita` al fatto di reato, vale a dire l’articolo 1, comma 12: «In caso di commissione, all’interno dell’amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell’articolo 21 del de- creto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non- che ́ sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circo- stanze: a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo». Si tratta di una naturale regola di funzionamento temporale, la predisposizione del piano dispensa da respon- sabilita` se completata prima della commissione del fatto, non della con- danna. Il piano mira infatti a porre le condizioni organizzative per la pre- venzione dei fatti di corruzione, non delle sentenze, e, dunque, e` naturale che il piano debba precedere – per avere funzione salvifica – la commis- sione del fatto illecito e non la sentenza di condanna. Se cos`ı non fosse, il dirigente potrebbe essere esposto a responsabilita` per un inadempimento che non sapeva di aver realizzato, ne ́ avrebbe potuto realizzare in altro modo.

5.3. A parte l’appena citato – e del tutto comprensibile – riferimento al fatto, e al relativo tempo di commissione, ogni altro riferimento «deca- denziale» si lega al tempo della condanna, mai al fatto per cui e` condanna: cos`ı (per citare i soli riferimenti normativi) per il comma 46, il comma 49, il comma 50, il comma 58, infine il comma 63 e il comma 66 dell’articolo 1. L’ordine sistematico sembra, cioe`, lasciare dedurre quanto segue: la condanna (o il radicarsi di un conflitto di interessi) modifica lo stato delle relazioni pubbliche, pone una nuova ragione di opportunita`, di decadenza, inficia le relazioni e l’immagine istituzionale, trasforma il disagio poten- ziale per il processo in un disagio attuale per la condanna. Il principio (il principio e non certo l’epitaffio) per il quale dopo la condanna (la con- danna, non il fatto), le cose non sono piu` come prima, potrebbe essere cos`ı espresso: «Puo` essere eletto parlamentare o conservare la carica colui il quale non sia stato condannato o non sara` condannato». Si tratta di uno status di dignita`/indegnita` come condizione sospensiva/risolutiva per la ca- rica parlamentare.

5.4. La filosofia decadenziale non e` ristretta, come e` noto, al solo mandato parlamentare, nazionale o europeo: le medesime e meno restrit- tive condizioni decadenziali (ad esempio limite di pena piu` basso, opera- tivita` ope legis, rilevanza di procedimento di prevenzione), e persino so- spensive (ben prima cioe` della sentenza definitiva), operano per le cariche elettive regionali e per le cariche negli enti locali, a conferma di una esi- genza di salvaguardia da contaminazioni giudiziarie, che il sistema interno ha avvertito come precondizione per una corretta organizzazione democra- tica delle funzioni elettive.

5.5. Infine – vale la pena procedere a questa sottolineatura esegetica – l’istituto decadenziale non intende in alcun modo replicare l’effetto risolutivo tipico della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici: non solo un tale risultato sarebbe stato piu` agevole con una semplice modifica delle previsioni penal-codicistiche, ma la coesistenza dei due istituti resta evidente dalla lettera e dallo spirito del sistema della legge n. 190 del 2012 e del decreto legislativo n. 235 del 2012, chiarissimi nel volere tratteggiare una figura decadenziale distante e diversa dai cosiddetti effetti penali della condanna.

6. La giurisprudenza rilevante

6.1. Lo stare decisis vale per le previsioni legislative, tanto quanto per le decisioni, ove il tema si e` affacciato in ragionamenti parimenti auto- revoli e teoricamente meno interessati alle sorti della singola vicenda per- sonale. Ben prima della ricchezza di pareri, dei quali i mass media hanno dato contezza, ma anche di altri piu` silenziosi e riservati, ma non per que- sto meno autorevoli, il Consiglio di Stato di recente, ma gia` qualche anno prima la Corte costituzionale, hanno avuto modo di chiarire come l’ordi- namento giuridico conservi la facolta` di introdurre cause di inopportunita` in ragione delle quali una candidatura puo` essere negata. Non si tratte- rebbe di sanzioni, ne ́ principali ne ́ accessorie, ne ́ di tipo amministrativo, ne ́ lato sensu di sanzioni. Nessuna divergenza, dunque, con la giurispru- denza CEDU – anch’essa aperta al riconoscimento di una autonomia legi- slativa nella previsione di cautele elettorali da parte di ciascuno Stato membro per una autonoma visione della democrazia – che impone di guardare alla sostanza delle cose, al di la` di etichette formali o talvolta formalisticamente elusive, ma semplicemente l’idea che non si tratti di un effetto-punitivo-della-condanna, ma di un effetto-della-condanna-puni- tiva. In breve: una conseguenza connessa ad una valutazione di indegnita` originata dalla constatazione di inopportunita` legata alla condanna penale e, in ragione di cio`, ragionevole tanto per una indegnita` preventiva quanto per quella successiva, causativa di una decadenza per incandidabilita` so- pravvenuta. E` questo, evidentemente, l’aspetto piu` delicato: una condanna resa oggi che produce effetti che al tempo della commissione dei fatti non erano contemplati ne ́ immaginati. Conviene dedicare un po’ di tempo alla pronuncia del Consiglio di Stato Sez. V, 6 febbraio 2013, n. 695, Marcello Miniscalco c. Ufficio Centrale Regionale per l’Elezione del Presidente e Giunta Regionale Molise e altri: «La nuova disciplina sulle cause di in- candidabilita` (D.Lgs. n. 235/2012) ha lo scopo di allontanare dallo svol- gimento delle cariche elettive i soggetti la cui inidoneita` sia conclamata da irrevocabili pronunzie di giustizia. La preclusione alla candidatura non rappresenta un effetto penale o una sanzione accessoria alla con- danna, bensı` un effetto di natura amministrativa che, in applicazione della disciplina generale sull’efficacia della legge nel tempo, si applica anche alle sentenze definitive anteriori all’entrata in vigore della nuova disciplina». Ancora: «Il fine primario perseguito e` quello di allontanare dallo svolgimento del rilevante munus pubblico i soggetti la cui radicale inidoneita` sia conclamata da irrevocabili pronunzie di giustizia. In questo qua- dro la condanna penale irrevocabile e` presa in considerazione come mero presupposto oggettivo cui e` ricollegato un giudizio di “indegnita` morale” a ricoprire determinate cariche elettive: la condanna stessa viene, quindi, configurata alla stregua di “requisito negativo” o “qualifica negativa” ai fini della capacita` di partecipare alla competizione elettorale e di mante- nere la carica (Corte cost., sentenza 31 marzo 1998, n. 114, con riguardo all’analoga fattispecie delle cause di incandidabilita` previste, in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali, dalla L. 18 gennaio 1992, n. 16). Dalla premessa della caratterizzazione non sanzionatoria della norma che ha trovato applicazione nel caso in parola discende il corollario della non pertinenza del riferimento all’esigenza di addivenire ad un’interpretazione compatibile con le disposizioni dettate dall’art. 25 Cost., in materia di sanzioni penali, e dall’art. 7 della Convenzione Euro- pea dei Diritti dell’Uomo, in tema di misure lato sensu sanzionatorie». Di- versamente – e` sempre la sentenza amministrativa a chiarirlo – per le sole sentenze di patteggiamento: l’articolo 16, comma primo, del decreto legislativo n. 235 del 2012, in deroga al regime che sarebbe stato altrimenti applicabile in ossequio all’articolo 11 delle preleggi, esclude la rilevanza ostativa delle sole sentenze di patteggiamento anteriori alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 235 del 2012. Il regime di favore limi- tato alle sole fattispecie di applicazione della pena su accordo delle parti, conferma al contrario il diverso regime temporale applicabile con riguardo alle sentenze di condanna, e si spiega «con la caratterizzazione premiale – sono ancora parole del Consiglio di Stato – che permea l’istituto del patteggiamento, dalla quale discende l’esigenza di evitare conseguenze nega- tive non preventivamente valutate e ponderate dall’imputato al momento della prestazione del consenso (cfr.: Cass. penale, sez. un., 27.5.2010 n. 35738; idem III, 17.4.2002, n. 905)».

6.2. L’autorevole pronuncia riprende in fondo un tema gia` affrontato nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in particolare la sentenza n. 132 del 2001, ove si sottolinea la finalita` «di indubbio rilievo costitu- zionale», connesse «a valori costituzionali di rilevanza primaria» dei casi di incandidabilita`. E si esclude esplicitamente che la non candidabilita` per condanna penale a seguito di sentenza definitiva possa essere intesa alla stregua di una pena accessoria ovvero possa assurgere a manifestazione del principio della rieducativita` della pena. Nello specifico, la Corte af- ferma che «esse non rappresentano un aspetto del trattamento sanziona- torio penale derivante dalla commissione del reato, e nemmeno una auto- noma sanzione collegata al reato medesimo, ma piuttosto l’espressione del venir meno di un requisito soggettivo per l’accesso alle cariche conside- rate (cfr. sentenze nn. 118 e 295 del 1994), stabilito, nell’esercizio della sua discrezionalita`, dal legislatore, al quale l’art. 51, primo comma, della Costituzione, demanda appunto il potere di fissare “i requisiti” in base ai quali i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza».

6.3. Il tema si e` affacciato anche nella giurisprudenza CEDU: sulla questione della qualificazione come «sanzione penale» della decadenza, ai fini della retroattivita` e in considerazione dell’articolo 25 della Costitu- zione e dell’articolo 7 CEDU, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Paksas c. Lituania del 6 gennaio 2011, non ha ritenuto la de- cadenza dalla carica e la successiva ineleggibilita` al Parlamento del Pre- sidente della Repubblica parificabile ad una «sanzione penale» ai fini della applicazione dell’articolo 7 della Convenzione; e cos`ı le numerose sen- tenze relative alla perdita del diritto di voto, del tutto univoche nell’affer- mare che una limitazione, del tipo di quella oggi in esame, tende del tutto legittimamente alla protezione delle istituzioni democratiche.

7. La ratio dell’istituto dell’incandidabilita`

7.1. La stabilita` e la coerenza dei processi decisionali sono anche una esigenza logica. La norma – si obietta ora – non puo` essere retroattiva, puo` valere solo per fatti a partire dal 5 gennaio 2013 (giorno di entrata in vigore del decreto legislativo n. 235 del 2012) e per i quali vi sia stata (rectius, vi sara`) sentenza di condanna. Questo pero` significa che se Tizio viene condannato oggi (a decreto legislativo n. 235 del 2012 vigente) per fatti di ieri (cioe` prima della sua entrata in vigore), potra` essere candidato alle elezioni di domani, dal momento che i fatti risalgono a periodo du- rante il quale non era vigente l’apparato preclusivo. Il che significa, per semplificare, che potrebbero non essere candidati solo coloro che abbiano commesso fatti dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 235 del 2012 per i quali sia intervenuta sentenza di condanna. Sarebbe come dire che la legge sulla incandidabilita` si applichera` a partire dai fatti successivi giudicati in maniera definitiva, cioe` fra diversi anni a partire dall’entrata in vigore della legge, e non solo per la incandidabilita` successiva, ma an- che per quella immanente, quella cosiddetta pro futuro. Il senso sarebbe questo: chi commette un reato nel momento in cui commette il fatto deve sapere a quali conseguenze va incontro, e, fra esse, non solo le pene e gli effetti penali, ma anche gli effetti collaterali come appunto la incandidabilita`. Deve avere possibilita` di scegliere, sapendo che se sce- glie il reato sceglie anche le pene e la incandidabilita`. Si badi bene, la in- candidabilita` ipotetica, da parte di soggetto che non potrebbe – nel mo- mento in cui commette il fatto – sapere delle elezioni ne ́ della sua even- tuale possibilita` di candidarsi, e ciononostante dispensato da un pregiudi- zio collaterale, ipotetico, il quale non puo` essergli posto a carico se non laddove egli ne abbia potuto, al momento del fatto, valutare i malefici della azione illecita e fra questi anche quelli elettorali per competizioni che non ci sono, e che non sa se lo riguarderanno o meno. In parole semplici la incandidabilita` non come sanzione ma come premonizione.

Cio` vale per la candidabilita` alle elezioni, ma per qualsiasi effetto collaterale di tipo non penale: una preclusione concorsuale in un corpo mi- litare, ad esempio, anche questa non addebitabile se non prevista gia` al- l’atto della commissione del fatto. Se cos`ı e`, il principio non sarebbe quello tipicamente e penalistico, invocato spesso, del tipo «solo cio`-che- si-conosce-prima o puo`-conoscersi-prima puo` essere posto a carico», in una caratterizzazione soggettiva e preventivo-pedagogica della punizione, ma quello, tutto al contrario, di tipo oggettivo per cui il sistema non puo` rivedere o introdurre mai una nuova disciplina che rechi al seguito nuovi pregiudizi se non per fatti futuri, mai neppure per status che si leghino ad accertamenti, ma solo per status che si leghino ad accertamenti inerenti a fatti commessi dopo l’entrata in vigore della legge. Tutta la sistematica degli status verrebbe travolta da una irretroattivita` ferma al fatto da cui origina lo status. In sostanza, cos`ı ricostruito il tema della irretroattivita`, tutta la normativa di cui al decreto legislativo n. 235 del 2012 verrebbe travolta.

E dunque non solo le parti sulla incandidabilita` riferibili a figure de- littuose oltre le quali un condannato (per delitti anche gravi), dichiarato tale in una sentenza definitiva, potrebbe ciononostante varcare le soglie del Parlamento, se il fatto delittuoso e` stato commesso prima dell’entrata in vigore dell’ormai noto decreto. Ma anche la parte sulla incompatibilita`, sulle doppie funzioni, tutta l’intera architettura verrebbe sospettata di irra- gionevolezza costituzionale in una china scivolosa destinata a travolgere l’intera sistematica del decreto legislativo n. 235 del 2012, e probabil- mente tutte le previsioni legislative di tipo decadenziale.

7.2. Sembra strano doverlo ricordare in un contesto dialettico abitato dai componenti di un consesso politico: lo stare decisis o, per utilizzare la metafora del tempo cui oggi si presta cos`ı tanta attenzione, l’ultrattivita` della opinione politica e` anche una esigenza politica, la stabilita` cioe` di un ragionamento politico che conserva attitudini di coerenza e razionalita`. Questo non significa, naturalmente, che il mutamento delle situazioni cul- turali non possa generare il cambiamento dei punti di vista, tuttavia deve trattarsi di una modifica significativa delle condizioni legittimanti, senza la quale il disorientamento derivato non puo` essere ne ́ giustificato ne ́ tol- lerato. La maggioranza della Giunta non crede sia possibile ritrovare le ragioni di un così sensibile e plateale overruling, né lo sconvolgimento sa- rebbe parimenti spiegabile in vista di una presa di coscienza alternativa a quella che nel dicembre del 2012, e nelle ampie e ragionate discussioni dei mesi precedenti, ha generato un impianto legislativo, da tutti auspicato e salutato con entusiasmo. I titoli dei giornali dell’epoca raccontano di una visione moderna ed europea per una finalmente attuata moralizzazione del quadro politico, messo al riparo da imbarazzi giudiziari legati alle sorti processuali di una vicenda giuridica, non certo alle collocazioni temporali del fatto genetico. Potremmo dirlo in altro modo: lo slogan «Fuori-i-condannati-dal-Parlamento» ha voluto significare, nel messaggio politico e nell’immaginario collettivo, la riscoperta di una regola giuridica in nome della quale l’esito di una vicenda giudiziaria, l’esito non l’inizio, deve consigliare a tutti, davvero tutti, un momentaneo allontanamento dalla scena politica. Si chiede ora di rinunciare a questa speranza di civilta` politica, senza che la ragione, oltre quella di una singola vicenda personale, sia in grado di spiegare l’errore giuridico, cos`ı facilmente assimila- bile ad un imbroglio politico.

8. Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo

8.1. Nel dibattito di queste ultime ore si e` affacciato un ulteriore punto di vista in qualche misura analogo a quello sulla sospetta incostituzionalita` della norma sulla incandidabilita`: i sospetti di incostituzionalita` da un lato, l’assenza di rimedi giurisdizionali dall’altro, renderebbero plausibile il ricorso alla Corte di Strasburgo attraverso il quale il senatore Berlusconi denuncia la lesione di prerogative e diritti inviolabili non altrimenti tutelabili. L’allegazione del ricorso rafforza la complessita` del di- battito, ma non concorre in alcun modo a risolverlo, trattandosi di ricorso probabilmente irricevibile – non essendovi allo stato, e ancor piu` al tempo della sua proposizione, alcuna lesione di diritti inviolabili – e non conte- nendo alcuna richiesta di sospensiva, peraltro giuridicamente impensabile. Non vi sono ragioni giuridiche per commentare il citato ricorso CEDU e dunque non mette conto ricordare il precedente Hirst c. Regno Unito (n. 2), vero e proprio leading case in materia piu` volte citato nella difesa del senatore Berlusconi, ne ́ la recentissima rilettura operata dalla Grande Camera, sentenza 22 maggio 2012, Scoppola c. Italia (n. 3) ricorso 126/05 ove, ragionando peraltro su misura certamente qualificabile come pena accessoria, si afferma che «il contrasto con l’art. 3 Prot. 1 CEDU si manifesta esclusivamente quando la privazione del diritto di elettorato attivo costituisce una misura di carattere generale, automatico e indiscriminato e si fonda esclusivamente sulla pronuncia di una sentenza di condanna, senza che vengano in considerazione la durata della pena inflitta, la natura e la gravita` dei reati e le circostanze personali del de- tenuto; mentre non e` necessario che tali elementi siano presi concreta- mente in esame dal giudice di merito per valutare se la privazione del di- ritto di elettorato attivo possa dirsi, nel caso di specie, proporzionata ai sensi dell’art. 3 Prot. 1». Emerge con sufficiente evidenza il principio se- condo il quale, se e` pur vero che l’articolo 3 del Protocollo n. 1 sancisce alcuni diritti soggettivi, tra i quali il diritto di elettorato attivo e passivo (Mathieu-Mohin e Clerfayt c. Belgio, 2 marzo 1987, 46-51, serie A n. 113), permarrebbe in capo agli Stati membri un margine di apprezzamento particolarmente ampio e, per esso, la possibilita` di demandare ad un giu- dice il vaglio di proporzionalita` della misura decadenziale ovvero di predeterminare in astratto, tramite la previsione di apposite norme di legge, i presupposti ai quali consegue l’applicazione di tale misura (in particolare, individuando un elenco di reati ad hoc o una soglia di pena al di sotto della quale la stessa non opera)(7): la previsione decadenziale esprime certamente una «visione della democrazia» e l’intento di perseguire «scopi legittimi quali la prevenzione dei reati e il rafforzamento del senso civico e del rispetto dello Stato di diritto». E tale visione e` condivisa dalla Giunta, tanto quanto lo e` stata dal Parlamento nella convinta ed unanime opportunita` della previsione di una restrizione elettorale, oggi applicabile al senatore Berlusconi.

Per tutte queste ragioni la Giunta non ha preso in considerazione l’i- potesi di attendere la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo sul ricorso presentato dal senatore Berlusconi, anche perche ́ lo stesso non puo` avere impropri effetti sospensivi nell’ordinamento nazionale, semmai presupponendo l’esaurimento dei rimedi interni azionabili con ri- ferimento alla fattispecie concreta dedotta.

9. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea

9.1. Diversa invece la prospettiva del ricorso alla Corte di Lussem- burgo patrocinata dalla difesa del senatore Berlusconi. L’idea di un cosid- detto «rinvio pregiudiziale» si fonda sulla esistenza di una o piu` questioni di diritto comunitario che dovessero emergere nel corso del giudizio innanzi ad un giudice, il quale ne sospetti una interpretazione non univoca e affermi la dipendenza della soluzione interpretativa ai fini della lite in corso. In sostanza ogniqualvolta un giudice avverta l’esistenza di una que- stione pregiudiziale non altrimenti risolvibile, nel senso che non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno e non esista gia` una chiara interpretazione giurisprudenziale della norma di diritto di cui trat- tasi, e` tenuto a sottoporre la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, con cio` solo favorendo la cooperazione attiva tra le giurisdizioni nazionali e garantendo la certezza del diritto comunitario mediante la sua applicazione uniforme in tutto il territorio dell’Unione europea. La fati- cosa ricostruzione della compromissione di una aspettativa giuridica, ga- rantita dalla normativa comunitaria e violata da quella interna, ma anche per il tipo di lesione immaginata pro futuro, rendono l’argomento difensivo permeabile a due dirimenti obiezioni: la Giunta non e` giudice che «possa» – o addirittura, secondo alcuni, «debba», in quanto giudice di unica ed ultima istanza – sollevare questione pregiudiziale; nondimeno la questione sollevata non e` pertinente, nel senso che, non solo occorrerebbe attendere la decisione del Senato, ma allo stato delle cose non si discute di eleggibilita` europea ma di decadenza interna, vale a dire di una causa di ineleggibilita` successiva non immediatamente produttiva di alcun pregiudizio, in difetto dunque di quella rilevanza e pertinenza che il rinvio pregiudiziale richiede.

10. La decisione della Giunta

10.1. Nella riunione in camera di consiglio (alla quale hanno parteci- pato tutti i componenti della Giunta, essendo stati presenti sin dall’inizio e per tutta la durata della seduta pubblica), tenutasi a seguito della seduta pubblica del 4 ottobre 2013, dopo un’ampia e qualificata discussione, la Presidenza ha ritenuto opportuno che la Giunta si esprimesse, in ogni caso, con apposite votazioni su ciascuna delle cinque istanze prospettate dal senatore resistente, le quali non sono risultate accolte. Tale decisione «di opportunita`» e` stata assunta al fine di garantire la massima espansione ai diritti della difesa, anche a prescindere, in generale, dalla ammissibilita` di tali richieste nelle procedure parlamentari di verifica dei risultati eletto- rali e, in particolare nella fattispecie in esame, dalla loro eventuale preclu- sione, a seguito delle deliberazioni assunte nella seduta notturna della Giunta del 18 settembre 2013.

10.2. Al termine della predetta riunione, e` stata adottata la seguente deliberazione, poi comunicata in seduta pubblica:

«La Giunta delle elezioni e delle immunita` parlamentari del Se- nato, a seguito della contestazione dell’elezione del senatore Silvio Berlusconi (Regione Molise) decisa dalla Giunta nella seduta notturna del 18 settembre 2013;

visti gli articoli: 66 della Costituzione; 87 del Testo Unico appro- vato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361; 27 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533; 19 del Regolamento del Senato della Repubblica; 14 e 17 del Regolamento per la verifica dei poteri;

richiamati gli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235;

preso atto delle memorie difensive delle parti ed ascoltato l’inter- vento del difensore dell’onorevole Di Giacomo;

decide a maggioranza di proporre all’Assemblea del Senato – disattesa ogni diversa istanza – di deliberare la mancata convalida dell’elezione del senatore Silvio Berlusconi, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 4, del Regolamento di verifica, la relazione scritta recante le motivazioni della decisione sara` sottoposta alla Giunta nella prossima seduta, onde poter essere presentata al Senato entro il previsto termine di venti giorni dall’adozione della presente decisione».

Stefano, relatore

Redazione

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