Fallimento delle società partecipate: la Cassazione dice sì

La Corte di Cassazione -con sentenza n. 22209/2013- ammette la fallibilità di una s.r.l. – partecipata al 51% dall’Ente Locale- costituita per gestire smaltimento e stoccaggio dei rifiuti.

A sostegno della decisione i seguenti rilievi:

– Non osta alla dichiarazione d’insolvenza il pericolo relativo alla possibile interruzione del servizio pubblico essenziale; infatti, la stessa legge fallimentare prevede strumenti specifici per la gestione provvisoria della società fallita.

Gli impianti necessari alla prosecuzione del servizio rimangono di proprietà pubblica: così, nonostante la procedura fallimentare, l’Ente pubblico proprietario potrebbe affidare ad altri soggetti terzi la gestione dei servizi senza interrompere il servizio.

Ma soprattutto: se l’ente locale sceglie di avvalersi dello strumento privatistico della società di capitali per la gestione dei servizi, dovrà necessariamente accollarsi i rischi legati all’insolvenza delle stesse.

Questo il principio di diritto degli Ermellini: “(…) Deve dunque concludersi, secondo quanto è stato correttamente rilevato in dottrina, che la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali — e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico — comporta anche che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti  che con esse entrano in rapporto ed ai quali deve essere consentito di avvalersi di tutti gli strumenti di tutela posti a disposizione dall’ordinamento, ed attesa la  necessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di  trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con le stesse forme e con le stesse modalità”.

Per ulteriori approfondimenti si allega il testo della sentenza

Redazione

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