L‘ordinanza della terza sezione Consiglio di Stato n. 5443 del 15 novembre 2013 ha rimesso all’Adunanza Plenaria l’interessante questione dell’applicabilità dell’istituto della traslatio iudicii al giudizio di appello avverso una sentenza del TAR.
L’istituto, originariamente previsto dall’art. 50 c.p.c., è stato espressamente trasposto anche al processo amministrativo con l’art. 15, comma 4, c.p.a., ai sensi del quale, qualora il giudice adito dichiari la propria incompetenza e indichi contestualmente il giudice ritenuto competente, “se, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato competente, il processo continua davanti al nuovo giudice”.
La possibilità garantita dalla suddetta disposizione è pacificamente riconosciuta nei giudizi di primo grado, mentre, con specifico riferimento al giudizio di appello, sussiste una divergenza di interpretazioni circa la sua applicabilità.
Nel caso di specie, una sentenza del TAR Sicilia era stata impugnata innanzi al Consiglio di Stato, contrariamente a quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 6, comma 6, c.p.a. e 100 c.p.a., secondo cui l’appello va proposto al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.
Seppure la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato ricolleghi pacificamente a un simile errore l‘inammissibilità dell’appello, le conseguenze che discendono da tale declaratoria non sono tuttavia unanimemente condivise.
Secondo un primo e maggioritario indirizzo (seppure più risalente nel tempo), la declaratoria di inammissibilità dell’appello comporta, a prescindere da quale sia la causa dell’inammissibilità stessa, la definitiva consumazione del potere di impugnazione, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (a meno che, naturalmente, non sia ancora decorso il termine per impugnare).
Un diverso orientamento, decisamente minoritario, afferma invece che l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avanti al Consiglio di Stato, in quanto incompetente a conoscere degli appelli avverso le sentenze del TAR Sicilia, non preclude la riassunzione del giudizio innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa. Secondo queste pronunce, l’istituto della traslatio iudicii, sebbene previsto dal c.p.a. con esclusivo riferimento alle declaratorie di incompetenza in primo grado, rientrerebbe tra quei principi generali applicabili, pur nel rispetto dei relativi elementi di specificità, ad ogni tipo e grado di giudizio.
E questa statuizione sarebbe peraltro confermata dalla circostanza che, secondo l’art. 38 c.p.a., le regole dettate per il giudizio di primo grado si applicano, se non espressamente derogate, anche alle impugnazioni e ai riti speciali.
Per queste ragioni, i giudici della terza sezione del Consiglio di Stato hanno ritenuto opportuno rimettere la questione all’Adunanza Plenaria, in particolare per comprendere “se il principio generale del processo amministrativo, secondo il quale il giudizio instaurato davanti ad un giudice incompetente, dopo la declaratoria della propria incompetenza da parte di questi, prosegue avanti al giudice competente, ove sia riassunto entro il termine perentorio di trenta giorni, possa trovare applicazione anche nel giudizio di appello o se esso, invece, debba arrestarsi di fronte alla regola generale che l’impugnazione dichiarata inammissibile, anche per difetto di competenza, comporta il passaggio in giudicato della sentenza gravata”.
Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile il testo integrale dell’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. III, 15 novembre 2013, n. 5443.