Redditometro, il documento del Garante Privacy

Redditometro: le garanzie dell’Autorità a seguito della verifica preliminare sul trattamento di dati personali effettuato dall’Agenzia delle entrate – 21 novembre 2013

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

IN data odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito Codice);

VISTA la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950;

VISTA la Raccomandazione CM/Rec(2010)13 sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento automatizzato di dati personali nel contesto di attività di profilazione, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 23 novembre 2010;

ESAMINATA la richiesta di verifica preliminare dell’Agenzia delle entrate del 17 maggio 2013, relativa al trattamento di dati personali effettuato ai fini dell’accertamento sintetico di cui all’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;

VISTI gli elementi acquisiti nel corso degli accertamenti ispettivi del 18 giugno e del 24 e 25 luglio 2013;

VISTE le precisazioni e i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate su richiesta del Garante, in particolare, con le note del 21 giugno, 11 luglio, 6 agosto, 1 ottobre e, da ultimo, 30 ottobre 2013;

VISTI gli elementi forniti dall’Istat, su richiesta dell’Autorità, con le note del 31 luglio, 10 ottobre e 4 novembre 2013;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il dott. Antonello Soro;

PREMESSO

A. Il trattamento di dati personali effettuato ai fini dell’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche di cui all’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (c.d. redditometro)

L’Agenzia ha richiesto al Garante una verifica preliminare sul trattamento di dati personali effettuato ai fini dell’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche di cui all’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (c.d. redditometro), modificato dall’art. 22 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

A.1. Il nuovo art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 600 del 1973

La riforma della disciplina dell’accertamento sintetico dei redditi delle persone fisiche ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973 si fonda sull’assunto della necessaria equivalenza fra le spese sostenute ed il reddito, presumendo che, salvo prova contraria del contribuente, l’ammontare delle spese stesse sia finanziato con redditi del medesimo periodo e che, pertanto, tale ammontare concorra integralmente ai fini della determinazione del reddito dell’anno.

In particolare, viene previsto che la determinazione sintetica del reddito possa essere basata:

– su “spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”, ferma restando la possibilità per il contribuente di provare che le spese sono state finanziate con altri mezzi, in particolare i redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (art. 38, comma 4, citato);

– sul “contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva” individuato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con periodicità biennale, mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui sopra (art. 38, comma 5, citato).

La determinazione sintetica del reddito è consentita solo quando lo scostamento tra il reddito complessivo determinato presuntivamente e quello dichiarato sia pari ad almeno il 20 per cento.

L’art. 38, comma 7, prevede, inoltre, un contraddittorio preventivo obbligatorio stabilendo che “l’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona, o per mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.

A.2. Il decreto del 24 dicembre 2012 del Ministero dell’economia e delle finanze

Il d.m. del 24 dicembre 2012 ha attuato tale normativa stabilendo che “per elemento indicativo di capacità contributiva si intende la spesa sostenuta dal contribuente per l’acquisizione di servizi e di beni e per il relativo mantenimento”. L’elenco degli elementi di cui al periodo precedente è indicato nella tabella A, parte integrante del decreto.

È stato, poi, individuato il contenuto induttivo di tali elementi sulla base del quale “può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche”. Tale contenuto induttivo, indicato nella tabella A allegata al decreto, “è determinato tenendo conto della spesa media, per gruppi e categorie di consumi, del nucleo familiare di appartenenza del contribuente” e “corrisponde alla spesa media risultante dall’indagine annuale Istat sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale, ai sensi dell’art. 13 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, effettuata su campioni significativi di contribuenti appartenenti ad undici tipologie di nuclei familiari distribuite nelle cinque aree territoriali in cui è suddiviso il territorio nazionale”. Le tipologie di nuclei familiari considerate sono indicate nella tabella B, che fa parte integrante del decreto citato (art. 1, comma 3).

Sono state, in concreto, definite circa un centinaio di voci di spesa riconducibili alle seguenti macro categorie: “Consumi generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature”, “Abitazione”, “Combustibili ed energia”, “Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa”, “Sanità”, “Trasporti”, “Comunicazioni”, “Istruzione”, “Tempo libero, cultura e giochi”, “Investimenti (immobiliari e mobiliari) netti”.

In particolare, il decreto prevede che al contribuente venga attribuita anche la spesa sostenuta per  un “fitto figurativo” in assenza, nel comune di residenza, di un’abitazione in proprietà, o altro diritto reale, in locazione o in uso gratuito da familiare. Il “fitto figurativo” viene determinato moltiplicando il valore del canone di locazione mensile al mq, individuato sulla base dei dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi)  relativamente alla categoria catastale A/2 del comune di residenza del contribuente, per 75mq (consistenza media delle abitazioni), per il numero dei mesi di possesso.

Il citato decreto nel quantificare la spesa attribuibile al contribuente distingue, quindi, tra :

a) spese di ammontare certo riferite al contribuente, oggettivamente riscontrabile, conosciute dall’amministrazione finanziaria (di seguito, spese certe);

b) spese di ammontare determinato mediante l’applicazione ad elementi presenti in anagrafe tributaria di valorizzazioni medie rilevate dai dati Istat o da analisi degli operatori appartenenti ad alcuni settori economici (ad es. potenza delle auto, lunghezza delle barche, etc., di seguito, spese per elementi certi);

c) quota parte attribuibile al contribuente dell’ammontare delle spese medie Istat riferite ai consumi del nucleo familiare di appartenenza, la cui classificazione per voci di spesa è mutuata dall’Istat (di seguito, spese Istat);

d) quota relativa all’acquisto di beni e servizi durevoli secondo un criterio che assicuri l’imputazione all’anno del relativo incremento patrimoniale netto;

e)  quota del risparmio riscontrata, formatasi nell’anno.

Sono inoltre da calcolarsi le spese di cui ai punti a) e b) riguardanti i familiari fiscalmente a carico del contribuente il cui reddito viene ricostruito.

Il decreto, inoltre, prevede che il contribuente ha facoltà di dimostrare:

a) che il finanziamento delle spese è avvenuto: con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, nonché da parte di soggetti diversi dal contribuente;

b) il diverso ammontare delle spese attribuite al medesimo.

B. La necessità di una verifica preliminare del Garante

Il nuovo strumento di accertamento sintetico necessita della verifica preliminare del Garante perché si fonda:

a) sul trattamento automatizzato di dati personali presenti in anagrafe tributaria, o comunque conosciuti dall’Agenzia, al fine di selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento e rideterminarne il reddito sulla base di informazioni:

– comunicate dallo stesso in ragione di obblighi dichiarativi (ad esempio, dichiarazione dei redditi, atti del registro);

– comunicate da soggetti esterni in base ad un obbligo di legge (ad esempio, operatori telefonici, assicurazioni);

– altrimenti ricavate dall’Agenzia nell’ambito di specifiche campagne di controllo (ad esempio, presso tour operator, scuole private);

b) sull’imputazione al contribuente di spese presunte, quantificate sulla base dell’attribuzione di un profilo (cluster) ricavato anche dalla sua appartenenza ad una specifica tipologia di famiglia e dalla residenza in una determinata area geografica.

Al riguardo, si sottolinea che l’individuazione di criteri astratti volti ad analizzare il comportamento del contribuente, soprattutto se effettuata sulla base di numerose tipologie di dati presenti in anagrafe tributaria e attraverso l’attribuzione di un profilo, presenta rischi specifici per i diritti fondamentali e la libertà, nonché la dignità degli interessati, che richiedono la previsione di adeguate garanzie. Ciò, in particolare, laddove vengano utilizzate tecniche che rendono possibile collocare gli individui in specifiche categorie al fine di prendere decisioni sul loro conto (artt. 14 e 17 del Codice).

Fermo restando il divieto di adottare atti o provvedimenti amministrativi fondati unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato, il Codice prevede, inoltre, che l’interessato possa opporsi ad ogni altro tipo di determinazione adottata sulla base di tale trattamento, salvo che la determinazione sia stata adottata, in particolare, sulla base di adeguate garanzie individuate dal Codice o da un provvedimento del Garante adottato ai sensi dell’articolo 17.

Nell’ambito della verifica preliminare in oggetto, occorre esaminare, pertanto, la correttezza e la liceità del trattamento posto in essere dall’Agenzia delle entrate e individuare, in applicazione del Codice, le garanzie da assicurare in relazione alla natura e alla qualità dei dati, alle modalità del trattamento e agli effetti che può determinare sugli interessati.

Tali garanzie devono essere individuate introducendo, in particolare, misure e accorgimenti idonei a correggere fattori che generino imprecisioni nei dati, assicurandone l’esattezza e limitando i rischi di errori inerenti alla profilazione.

Nell’attività di profilazione e, più in generale, nei trattamenti automatizzati di dati personali occorre verificare con particolare rigore il rispetto dei principi in materia di qualità dei dati previsti dall’art. 11 del Codice, considerato soprattutto che “l’inesattezza potenzialmente conseguente all’applicazione automatica di regole inferenziali predefinite può comportare rischi significativi per i diritti e le libertà individuali” (cfr., in particolare, al riguardo, il punto 3.9. della Raccomandazione del Consiglio d’Europa in materia di profilazione). La qualità dei dati deve essere, infatti, garantita in ogni fase del trattamento quale presidio dinamico a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, considerato, in particolare, che eventuali imprecisioni nella fase di raccolta di informazioni sono destinate a ripercuotersi con esiti imprevedibili sulle determinazioni assunte sulla base di un loro trattamento automatizzato, anche con rilevanti conseguenze in capo agli interessati.

Occorre, inoltre, prestare particolare attenzione all’informativa e all’esercizio dei diritti da parte degli interessati anche nel corso del procedimento amministrativo condotto dall’Agenzia.

Nel corso dell’istruttoria, che si è svolta anche attraverso appositi accertamenti di carattere ispettivo volti a verificare in concreto il trattamento dei dati contenuti in anagrafe tributaria anche attraverso l’applicativo appositamente realizzato, vi sono state numerose occasioni di proficuo confronto con l’Agenzia al fine di meglio comprendere le criticità riscontrate e di individuare congiuntamente soluzioni volte a contemperare le esigenze della lotta all’evasione fiscale di competenza dell’amministrazione finanziaria con il rispetto del diritto alla protezione dei dati personali degli interessati.

Già nelle prime fasi istruttorie, è stato possibile escludere che il trattamento in esame sia fondato unicamente sul trattamento automatizzato di dati personali di cui all’art. 14, comma 1, del Codice in quanto viene sempre assicurato l’intervento dell’operatore dell’Agenzia delle entrate prima dell’adozione dell’atto di accertamento.

Si evidenzia che, pur dovendo entrare nel merito dei poteri di accertamento dell’Agenzia e delle relative procedure, l’attività istruttoria si è svolta nell’alveo delle competenze del Garante e le considerazioni che seguono sono riferibili unicamente ai profili di correttezza e liceità del trattamento dei dati personali in esame.

OSSERVA

In via preliminare occorre premettere che il decreto ministeriale del 24 dicembre 2012, pur incidendo notevolmente, come illustrato, sulle materie disciplinate dal Codice, non è stato, tuttavia, preventivamente sottoposto al parere del Garante previsto dall’art. 154, comma 4. Al riguardo, si evidenzia che la consultazione dell’Autorità in tale fase preliminare avrebbe potuto notevolmente anticipare e contribuire a risolvere talune problematiche che, invece, sono state oggetto della presente verifica preliminare sul trattamento di dati disciplinato dal decreto stesso.

Nel corso dell’istruttoria è stato, pertanto, necessario esaminare, da un lato, le caratteristiche del trattamento prefigurato in concreto dall’Agenzia delle entrate e, dall’altro, i profili critici direttamente derivanti da quanto previsto dal decreto.
Gli accorgimenti e le misure individuate dal Garante nel corso della verifica preliminare al fine di indicare le garanzie necessarie ai sensi dell’art. 17 del Codice e rendere, quindi, il trattamento di dati personali in esame conforme alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, tengono, pertanto, conto di entrambe le parti dell’istruttoria di seguito illustrate separatamente.

Parte I

C.  Le caratteristiche del trattamento prefigurato dall’Agenzia

Con la circolare n. 24/E del 31 luglio 2013, l’Agenzia ha fornito agli uffici le indicazioni operative per l’applicazione del nuovo accertamento sintetico, apportando alcuni correttivi a quanto previsto dal decreto in relazione, in particolare, alle modalità di calcolo dello scostamento tra il reddito accertabile e quello dichiarato che prendono in considerazione anche il reddito della famiglia, all’utilizzo successivo rispetto alla selezione dei soggetti da accertare dei dati presunti determinati sulla base dell’indagine Istat, nonché all’eliminazione di alcune voci di spesa presunte, quali ad esempio, quelle sanitarie.

Con riferimento alla protezione dei dati personali, tali correttivi sono da valutarsi favorevolmente anche in relazione alla correttezza del trattamento dei dati personali dei contribuenti in quanto riducono nella fase di selezione gli effetti determinati dal trattamento automatizzato di dati presunti, e quindi non esatti.
Inoltre, all’atto della richiesta di verifica preliminare e nel corso della relativa istruttoria l’Agenzia delle entrate ha individuato alcune misure e accorgimenti relativi al trattamento dei dati personali dei contribuenti di seguito descritte.

C. 1. La selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento

Nella circolare è previsto che ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento sintetico non avranno valenza le spese Istat. Saranno, infatti, selezionati coloro che presentano scostamenti significativi tra reddito dichiarato e capacità di spesa, avendo cura di evitare situazioni di marginalità economica e categorie di contribuenti che, sulla base dei dati conosciuti, legittimamente non dichiarano, in tutto o in parte i redditi.

In sede di selezione, l’Agenzia terrà conto altresì del reddito complessivo dichiarato dalla famiglia, per evitare di intraprendere attività di controllo nei confronti di coloro le cui spese risultano coerenti a livello di reddito familiare.

L’Agenzia ha dichiarato nel corso degli accertamenti che gli uffici possono sostenere un massimo di 35.000-40.000 controlli annuali in base all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973.

L’Agenzia ha, inoltre, previsto che, prima di selezionare il contribuente ai fini dell’accertamento sintetico, verrà compiuto dall’ufficio territoriale un attento esame preliminare che potrà anche portare a privilegiare la rettifica analitica riferita a singole categorie reddituali con il puntuale assoggettamento dei maggiori imponibili accertati a tutte le imposte dovute (ad esempio, per i titolari di partita Iva potrebbe essere preferito un accertamento ordinario di carattere analitico per assoggettare i maggiori importi anche ad altre imposte).

C.1.1. Calcolo dello scostamento

Nella circolare viene stabilito che la selezione delle posizioni che presentano un significativo scostamento è fondata unicamente su situazioni e fatti certi, nonché su informazioni relative ai beni di cui l’amministrazione possiede i dati relativi alle specifiche caratteristiche.

Tra tali elementi l’Agenzia ha incluso anche il fitto figurativo e le spese calcolate per il mantenimento di beni posseduti.

Le spese Istat, invece, riferite alle spese correnti che normalmente si sostengono, sono utilizzate esclusivamente ai fini della ricostruzione del reddito, ad integrazione dei dati e valori certi.

L’Agenzia ha individuato degli indicatori di rischio in base ai quali attribuire uno specifico punteggio ai contribuenti. Tali indicatori, “ricavati all’esito pluriennale delle attività di controllo”, secondo l’Agenzia, “evidenziano la ricorrenza di specifici fenomeni evasivi”, e sono, ad esempio, l’età, la tipologia di reddito e di beni posseduti, l’andamento dichiarativo degli anni precedenti.

Le indicazioni operative contenute nella citata circolare sono state recepite all’interno dell’applicativo “Sintetico uffici” in ausilio alla Direzione centrale accertamento dell’Agenzia e agli operatori che dovranno eseguire gli accertamenti.

Tale applicativo, al momento degli ultimi accertamenti eseguiti presso l’Agenzia (svoltisi il 25 luglio 2013), non era ancora stato ufficialmente rilasciato dalla società Sogei S.p.A., ma sono state verificate dall’Ufficio del Garante le funzioni disponibili agli uffici per differenti profili di accesso, nonché le modalità di selezione dei soggetti non coerenti.

C.1.2. Determinazione del c.d. lifestage

Il decreto stabilisce all’art. 1, comma 3, che “il contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva, indicato nella Tabella A, è determinato tenendo conto della spesa media ….del nucleo familiare di appartenenza del contribuente;…le tipologie di nuclei familiari considerate sono indicate nella tabella B”.

Quindi, per determinare il maggior reddito accertabile bisogna innanzitutto individuare a quale tipologia familiare il contribuente appartiene e a quale area geografica appartiene il nucleo familiare del contribuente (tabella B del decreto).
In sede di selezione viene attribuito ad ogni contribuente il lifestage risultante dalla c.d. “famiglia fiscale” presente nell’anagrafe tributaria .

La ricostruzione della c.d. “famiglia fiscale” da parte dell’Agenzia avviene sulla base delle informazioni dei prospetti dei familiari a carico dei modelli unico persone fisiche, 730 e nelle certificazioni di lavoro dipendente.

Tale ricostruzione tiene conto dei soli familiari “fiscalmente a carico” e non coincide con la c.d. “famiglia anagrafica”, nella quale sono ricompresi anche i figli maggiorenni e gli altri familiari conviventi, nonché i conviventi “more uxorio”.

Pertanto, si può verificare che il contribuente, in sede di primo contraddittorio, rappresenti una diversa situazione per cui in tale occasione si deve procedere ad attribuire la corretta tipologia familiare, con le conseguenti valorizzazioni degli importi di spesa collegate al diverso lifestage, che potrebbero essere giustificate dal reddito di un altro componente della famiglia e, dunque, non dar luogo ad una situazione di criticità.

Ciò rileva, in particolare, per l’attribuzione della spesa relativa al fitto figurativo che viene imputato al contribuente, qualora non sia possibile individuare, in sede di selezione nel comune di residenza, nessuna delle tre tipologie di possesso previste dal decreto, nemmeno per gli altri componenti del nucleo familiare.

C.2. Il contraddittorio con il contribuente

L’ufficio territoriale dell’Agenzia ha l’obbligo di invitare il contribuente selezionato a comparire di persona o per mezzo di un suo rappresentate per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, indicando nell’invito gli elementi e le circostanze pertinenti.

La circolare specifica, in particolare, che il contraddittorio avrà per oggetto:

– le spese certe, per le quali il contribuente potrà fornire prove basate su idonea documentazione circa l’errata imputazione della spesa o l’inesattezza delle informazioni in possesso dell’amministrazione;

– le spese per elementi certi  per cui il contribuente, oltre a dimostrare quanto sopra, potrà dare evidenza di fatti e situazioni e circostanze da cui si possa riscontrare l’inesattezza relativa alla ricostruzione della spesa o la diversa imputazione;

– spese per investimenti di cui si può fornire prova della formazione della provvista;

–  il risparmio.

Nella circolare viene stabilito che “se il contribuente fornisce chiarimenti esaustivi circa i predetti quattro elementi, l’attività di controllo basata sulla ricostruzione sintetica del reddito si esaurisce nella prima fase di contraddittorio. In caso contrario saranno oggetto di contraddittorio anche le spese medie rilevate dall’Istat (spese Istat) connesse all’appartenenza ad una tipologia di famiglia che vive in una certa area geografica, per le quali il contribuente potrà utilizzare argomentazioni logiche a sostegno di una sua diversa rappresentazione della situazione di fatto”.

Viene precisato che a tal riguardo l’ufficio dell’Agenzia considera anche le evidenze e le argomentazioni in concreto rappresentate dal contribuente, logicamente sostenibili, pur se non supportate da documentazione, nell’ottica di assicurare economicità e efficacia all’azione amministrativa. Anche per tali spese resta salva la possibilità di dimostrare il diverso finanziamento.

Qualora continuino a sussistere elementi di incoerenza o il contribuente non si presenti, verrà valutata l’opportunità di adottare altre e più penetranti indagini (ad esempio, le indagini finanziarie) adeguate al caso concreto anche in ragione della significatività dello scostamento tra reddito dichiarato e reddito determinabile sinteticamente.

Nell’attività di ricostruzione sintetica del reddito in base al citato art. 38, l’Agenzia ha, poi, l’obbligo di attivare, sussistendone i presupposti, l’accertamento con adesione ai sensi dell’art. 5 del d.lg. n. 218 del 1997. In tale ipotesi il contribuente riceverà un nuovo invito al contraddittorio con la quantificazione del maggior reddito accertabile e la proposta di adesione ai contenuti dell’invito. Nel caso in cui il contribuente non si presenti ovvero al termine del procedimento non si pervenga al perfezionamento dell’adesione, l’Ufficio emette l’avviso di accertamento.

Nella motivazione devono essere evidenziate le vicende dell’intero procedimento accertativo risultante dalle verbalizzazioni dei momenti di confronto con il contribuente ed, in particolare, i motivi di mancato accoglimento delle proposte avanzate dalla parte.

Il descritto iter procedurale consente, pertanto, di affermare che il trattamento di dati personali effettuato dall’Agenzia delle entrate ai fini dell’accertamento sintetico non ricade nel divieto di decisioni automatizzate di cui all’art. 14 del Codice.

C.3. Periodo di conservazione dei dati

Le risultanze degli incroci tra spese sostenute e redditi dichiarati sono conservate per tutto il periodo per il quale l’Agenzia può legittimamente procedere ad accertamento  e cioè per i 5 anni successivi alla presentazione della dichiarazione (art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973), salvo proroghe relative ad eventuali contenziosi in corso.

Per ogni contribuente, selezionato nelle liste dei soggetti a rischio, viene fatto un raffronto tra le diverse annualità. Tale raffronto, secondo l’Agenzia, ha come solo scopo quello di far emergere un’eventuale abitudine del contribuente ad una dichiarazione non veritiera.

C.4. Informativa sul trattamento dei dati personali

Relativamente alle istruzioni sulla compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi, a partire dalle annualità 2012 e ss., l’Agenzia ha dichiarato al Garante che provvederà ad evidenziare che i dati raccolti saranno utilizzati anche per l’applicazione dello strumento del nuovo redditometro precisando altresì che quegli stessi dati verranno integrati con quelli della “famiglia fiscale” di appartenenza. Tale precisazione, secondo l’Agenzia, “ha come scopo quello di rassicurare il contribuente in quanto un’eventuale non coerenza tra il reddito dichiarato e le spese sostenute potrebbe non rilevare qualora tali spese siano giustificate nel contesto del reddito familiare complessivo”.

È stato, inoltre, precisato che il contribuente, attraverso le istruzioni per la compilazione dei modelli delle dichiarazioni dei redditi già in essere, viene informato sulla possibilità di esercitare i diritti previsti dall’art. 7 del Codice sui propri dati raccolti dall’Agenzia.

C.5. Redditest

Sul sito dell’Agenzia delle entrate è disponibile uno strumento che consente al contribuente di verificare autonomamente la coerenza del proprio reddito. Tale strumento prende il nome di ReddiTest ed è un software che consente ai contribuenti, inserendo le informazioni richieste dal predetto applicativo predisposto dall’Agenzia, di valutare la coerenza tra il reddito familiare e le spese sostenute nell’anno: il risultato sarà verde se è coerente, rosso se è incoerente. Le informazioni inserite nel software non vengono comunicate all’Agenzia ma restano sul computer dell’utente.

D. Criticità rilevate in seguito agli accertamenti ispettivi

Con riferimento all’individuazione di idonee garanzie per gli interessati, nel corso dell’istruttoria (in particolare, nell’ambito degli accertamenti ispettivi) sono emersi numerosi profili critici, riferibili principalmente alla qualità dei dati utilizzati per ricostruire sinteticamente il reddito dei contribuenti, con conseguenze rilevanti sia per la selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento sintetico che per l’attribuzione dei dati relativi alle spese certe e per l’attribuzione al contribuente di dati personali presunti relativi alle spese sostenute sulla base di un profilo (cluster).

D.1. La qualità dei dati

D.1.1. Errata attribuzione del lifestage al contribuente

La corretta attribuzione al contribuente dell’area geografica e, in particolare, della tipologia di famiglia di appartenenza risulta fondamentale in considerazione delle conseguenze che tale caratterizzazione determina nel trattamento di dati in esame in relazione alla ricostruzione del reddito familiare, all’entità, alla tipologia e alla ripartizione delle spese certe e presunte attribuitegli, nonché ad un eventuale fitto figurativo.

La famiglia fiscale viene ricostruita dall’Agenzia sulla base di quanto risulta dal quadro FA della dichiarazione presentata dal contribuente per l’anno oggetto di esame oppure, in assenza di tale dato, dal quadro FA risultante da altra dichiarazione in cui il soggetto risulta indicato.

Nel corso degli accertamenti ispettivi è stato, quindi, richiesto all’Agenzia di conteggiare il numero di famiglie fiscali suddiviso per tipologia. Da tale elaborazione è emerso che il numero di famiglie con un solo componente presenti in anagrafe tributaria risultano essere complessivamente pari a circa 34.000.000 su un totale di circa 48.000.000 di famiglie.

Dai dati Istat relativi al 2009, e anche da quelli del censimento 2011, in Italia risultano, invece, 25.000.000 circa di famiglie.

Tale sproporzionato scostamento tra i dati reali e quelli utilizzati dall’Agenzia per la profilazione dei contribuenti, pari a circa 23.000.000 di famiglie, è sufficiente a considerare il trattamento di dati personali che attribuisce il c.d. lifestage agli interessati non conforme al Codice, come dimostrano le abnormi conseguenze descritte al seguente paragrafo D.1.4. in relazione all’attribuzione automatica del fitto figurativo a circa 2 milioni di minorenni.

Pertanto, il trattamento di dati non esatti per profilare i contribuenti, determinando la conseguente errata attribuzione agli interessati di dati personali relativi alla tipologia di nucleo familiare di appartenenza e alle relative spese, si pone manifestamente in contrasto con i principi fondamentali in materia di qualità dei dati di cui all’art. 11 del Codice.

D.1.2. Esattezza delle spese certe e delle spese per dati certi

In sede di ispezione, esaminando alcune posizioni di contribuenti, scelti tra coloro che presentavano gli scostamenti maggiori, è emerso che la gran parte del rilevante scostamento evidenziato dall’applicativo dell’Agenzia era dovuto verosimilmente all’errata digitazione dei dati numerici (ad esempio, importi relativi a investimenti o premi assicurativi decuplicati o centuplicati a causa dell’errata aggiunta di uno o più zeri, ovvero lunghezza di imbarcazioni errata con conseguente aumento anche delle spese che valorizzano il bene posseduto e il relativo mantenimento).

I casi sopra esaminati, secondo l’Agenzia, sono riconducibili ad errori commessi dai soggetti tenuti a comunicare i dati che confluiscono in anagrafe tributaria (ad esempio, notai, compagnie di assicurazione). La gran parte di tali errori è dovuta verosimilmente, infatti, all’errato inserimento da parte di tali soggetti degli importi comprensivi dei centesimi senza però inserire correttamente la virgola di separazione tra l’importo intero e le rispettive cifre decimali ovvero a errori nell’individuare l’unità di misura richiesta (metri anziché centimetri o viceversa). Al riguardo l’Agenzia ha dichiarato che a partire dai dati relativi all’anno 2010 sono stati previsti ulteriori controlli sui dati forniti dai soggetti esterni all’anagrafe tributaria ai fini di elevare la qualità del dato; tuttavia analoga attività non può essere svolta, allo stato attuale, sui dati già acquisiti per l’anno 2009 su cui si basa la presente procedura per tale anno d’imposta.

L’Agenzia ha chiarito, al riguardo, che il direttore provinciale, o un funzionario da lui delegato, essendo abilitato al profilo selezione e accertamento, può, quindi, correggere errori evidenti nell’attribuzione dei dati da parte del sistema (ad esempio valori in lire riportati in euro con evidente scostamento del contribuente dovuto a contratti di locazione ante 2002) al fine di modificare le informazioni prima di inviare all’ufficio accertamento la lista dei soggetti selezionati per i controlli.

D.1.3. Punteggio

Con riferimento all’utilizzo del punteggio come indicatore di rischio, è stato riscontrato che attualmente tale parametro è fondato esclusivamente su dati certi e che viene utilizzato marginalmente solo in fase di selezione dei contribuenti già risultati non coerenti principalmente per escludere i minorenni o soggetti con punteggio di rischio molto basso, ovvero per ricercare i soggetti con attività di impresa e maggior numero di beni posseduti o di elementi di spesa certa presenti in anagrafe tributaria.

D.1.4. Il fitto figurativo

Il fitto figurativo viene attribuito a tutti i soggetti presenti in anagrafe tributaria, anche minorenni, in assenza, nel comune di residenza, di un’abitazione in proprietà, o altro diritto reale, di una locazione o di un’abitazione in uso gratuito da familiare.

Come sopra anticipato, la non corretta determinazione del nucleo familiare (che, allo stato dei dati esaminati risulta per circa 23.000.000 di soggetti) e del conseguente lifestage comporta, in primo luogo, gravi errori nell’attribuzione di tale tipologia di informazioni.

Al riguardo, per rappresentare in modo evidente le possibili criticità, si segnala che ai minori non inseriti nella dichiarazione dei redditi dai genitori per le più svariate ragioni (ad esempio, non detraibilità per reddito elevato, assenza di spese detraibili per il minore), l’applicativo attribuisce automaticamente il valore del fitto figurativo e, poiché inevitabilmente tali soggetti non hanno un reddito dichiarato, l’errore di attribuzione li inserisce automaticamente nella lista dei soggetti incoerenti. Tale circostanza è risultata riferibile a più di 2.000.000 di minori.

In base alle interrogazioni effettuate su richiesta dell’Ufficio del Garante sul conteggio dei soggetti, considerati singolarmente e non su base familiare, che, su base nazionale, risultano non coerenti con riferimento al solo fitto figurativo, è emerso che circa 16.600.000 contribuenti (sui circa 20.000.000 di non coerenti complessivi) sono non coerenti per il solo fitto figurativo. Di tale numero circa 14.400.000 risultano maggiorenni.

Al riguardo, l’Agenzia si è riservata di produrre un dato puntuale con riferimento a tale aspetto attraverso ulteriori elaborazioni, nonché di prospettare al Garante possibili garanzie idonee ad evitare l’inserimento dei soggetti che risultano non coerenti esclusivamente sulla base del fitto figurativo, con particolare riferimento ai minori.

Con la nota del 5 agosto u.s., l’Agenzia ha chiarito che sono state reiterate le elaborazioni effettuate in sede di accesso dell’Ufficio del Garante e ha dichiarato che i risultati ottenuti sono sovrapponibili alle interrogazioni effettuate in sede di accertamento ispettivo.

Pertanto, con il positivo intento di introdurre maggiori garanzie per gli interessati nella selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento, l’Agenzia ha dichiarato di avere l’intenzione di procedere ad “oscurare” nell’applicativo di selezione:

• il totale dei soggetti non coerenti a livello individuale, senza spese, con il solo fitto figurativo e il punteggio uguale a 0 (più di 3.500.000);

• il totale soggetti minori non coerenti senza spese, con il solo fitto figurativo e il punteggio uguale a 0 (circa 2.000.000 che dovrebbero essere ricompresi nei soggetti di cui al punto a), nonché il totale soggetti minori non coerenti senza spese, con il solo fitto figurativo e il punteggio maggiore di 0 (meno di 150.000);

• il totale dei soggetti non coerenti a livello individuale, senza spese, con il solo fitto figurativo e il punteggio di rischio molto basso, nella fattispecie inferiore a 11, in ragione del dettaglio della distribuzione per punteggio dei soggetti.

Da un’ulteriore elaborazione effettuata l’Agenzia ha stimato che applicando tali criteri, su un totale di quasi 20.000.000 di soggetti non coerenti se ne dovrebbero mascherare quasi 16.000.000. Pertanto, resterebbero selezionabili quasi 4.000.000 di soggetti non coerenti.

D.2. Informativa sul trattamento dei dati personali

Nel corso degli accertamenti ispettivi, l’Agenzia ha fornito un modello di informativa per tutti i contribuenti specifico per il c.d. redditometro. Tale modello tuttavia presentava delle lacune relative, in particolare, all’esatta individuazione del titolare del trattamento e alle procedure di profilazione.

Con riferimento, invece, agli ulteriori dati personali del contribuente che l’Agenzia intende raccogliere con l’invito al contraddittorio direttamente presso l’interessato, si rileva che tale invito, predisposto ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, contiene, in particolare, l’indicazione delle spese certe, di quelle per elementi certi e degli investimenti e dei disinvestimenti in relazione al quale il contribuente deve fornire chiarimenti, nonché la richiesta di indicare alcuni dati finanziari (saldi iniziali e finali dei conti correnti bancari e postali e dei conti titoli relativi all’anno oggetto di accertamento, utilizzando le risultanze gli estratti conto).

Nel corso degli accertamenti è stato verificato che il modello di invito, presentava carenze in ordine agli elementi che secondo l’art. 13 del Codice devono essere forniti in relazione ai dati raccolti presso l’interessato, con particolare riguardo alle conseguenze del mancato o parziale conferimento dei dati in occasione del contraddittorio, anche con riferimento ai dati contabili relativi al risparmio.

D.3. Osservazioni derivanti da interrogazioni sulla totalità dei contribuenti

Nel corso degli accertamenti sono state effettuate alcune elaborazioni sulla generalità dei contribuenti al fine di verificare la correttezza del trattamento oggetto di verifica preliminare e gli effetti che questo può determinare sugli interessati, che non sono solo i soggetti che saranno poi sottoposti in concreto agli accertamenti, ma tutti i contribuenti censiti in anagrafe tributaria rispetto ai quali vengono mantenute nei sistemi informativi dell’Agenzia le elaborazioni effettuate ai fini del redditometro.

Dall’esame della banca dati sono risultati non coerenti circa 20.000.000 di contribuenti. Di questi ultimi, circa 17.000.000 rientravano nella fascia di scostamento tra 0 e 12.000 euro.

È stato chiesto, inoltre, all’Agenzia di estrapolare dalla tipologia di famiglia fiscale “01” (persona sola con meno di 35 anni) il numero di soggetti non coerenti minorenni, che è risultato pari a 2.100.000 circa, e il numero di quelli sotto i quattordici anni, pari a circa 1.500.000.

In seguito, è stato conteggiato il numero di famiglie fiscali che risultano non coerenti distinto per tipologia di famiglia. Da tale interrogazione risulta che circa 18.800.000 famiglie non coerenti sono riconducibili a tipologie riferibili a persona sola e le restanti tipologie sono pari a circa 6.800.000. Tali conteggi, comparati con il numero totale di famiglie in Italia secondo i dati Istat (25.000.000 circa), dimostrano ulteriormente la non correttezza del trattamento di profilazione dei contribuenti per tipologia di famiglia posto in essere dall’Agenzia che evidentemente classifica massivamente come non coerenti i soggetti in relazione ai quali non riesce a stabilire un vincolo familiare che, invece, potrebbe comportare un diverso computo delle spese presunte attribuite in modo automatico.

E. Il contraddittorio con l’Agenzia delle entrate

E.1. Prime valutazioni del Garante

In relazione a quanto sopra illustrato, il Garante, nel corso della presente verifica preliminare, ha deciso di mettere a conoscenza l’Agenzia dei predetti profili di criticità emersi nell’ambito dell’istruttoria al fine di individuare in contraddittorio, con la partecipazione dei rappresentanti dell’amministrazione finanziaria, idonee garanzie per i contribuenti tenendo conto dell’atteggiamento collaborativo dimostrato nel corso degli accertamenti e dei correttivi già introdotti dalla stessa Agenzia nel corso dell’istruttoria.

Fermo restando, infatti, il vizio originario del decreto ministeriale, relativo all’omessa richiesta di parere al Garante, e gli aspetti critici che derivano direttamente da tale atto amministrativo, approfonditi parallelamente nel corso dell’istruttoria e illustrati nella seguente Parte II, si è ritenuto di poter determinare comunque più proficuamente in base all’esito di tale confronto con l’Agenzia le opportune garanzie a tutela degli interessati da introdurre nel trattamento dati in esame.

In particolare, il Garante ha preliminarmente ritenuto che, a fronte dell’elevata possibilità di disallineamento tra la c.d. famiglia fiscale e la famiglia anagrafica, al contribuente non possano essere automaticamente attribuiti i dati relativi al fitto figurativo e alle spese presunte sulla base dei dati Istat derivanti dalla determinazione del lifestage.

E.1.1. Utilizzo dei dati Istat

Nell’ambito di tale confronto, sono state rappresentate all’Agenzia le criticità relative all’utilizzo delle spese Istat previsto dal decreto ministeriale, evidenziando che, in ogni caso, la profilazione dei contribuenti dovrebbe avvenire soltanto in seguito ad un’attenta valutazione della significatività dei campioni e della qualità dei dati rispetto alle diverse finalità perseguite dall’Agenzia nell’attribuzione degli importi di spesa a ciascun singolo contribuente ai fini della determinazione sintetica del reddito, adottando gli opportuni correttivi di natura statistica. In assenza di tale ponderazione, in attesa di completare gli ulteriori approfondimenti istruttori anche sulla base di dati forniti dall’Istat, è stato chiesto all’Agenzia di valutare la possibilità di apportare dei correttivi all’utilizzo delle spese Istat prendendo in considerazione, ad esempio, i valori più bassi dell’intervallo di confidenza.

E.1.2. Determinazione del lifestage

E.1.2.1. Attribuzione delle spese Istat

I valori Istat non devono essere attribuiti in via preliminare alla generalità dei contribuenti ma solo per quelli selezionati per le procedure di accertamento sintetico, visto che tali importi non rientrano nella valutazione dello scostamento rispetto al reddito dichiarato; una volta avviato il contraddittorio, se il contribuente non sarà in grado di giustificare gli scostamenti già rilevati, potrà essere correttamente determinato il lifestage e il conseguente cluster di profilazione a cui fare riferimento. Se il contribuente non si dovesse presentare al contraddittorio, prima dell’invio dell’avviso di accertamento, l’Agenzia dovrà procedere alla verifica delle informazioni sulla famiglia anagrafica presso le anagrafi comunali (o, se già funzionante, presso l’Anagrafe nazione della popolazione residente, Anpr).

E.1.2.2.  Fitto figurativo

Analoghe considerazioni devono essere fatte anche con riferimento ai dati relativi al fitto figurativo che, invece, vengono utilizzati dall’Agenzia anche per valutare lo scostamento e richiederebbero, pertanto, un elevato livello di precisione. L’Agenzia, come sopra illustrato al paragrafo D.1.4., con la nota del 5 agosto ha proposto di oscurare dalla funzione “selezione” dell’applicativo i nominativi dei soggetti sopra individuati relativi principalmente a soggetti non coerenti a livello individuale unicamente per il fitto figurativo e senza spese con punteggio inferiore a 11.

Si rileva, tuttavia, che tale accorgimento comporta comunque che il dato relativo al fitto figurativo venga mantenuto nella banca dati in relazione a tutti i soggetti censiti in anagrafe tributaria, anche laddove non selezionabili per l’accertamento, e sia visualizzabile nell’applicativo di selezione attraverso la funzione “ricerca soggetto”. Potrebbero, inoltre, essere selezionati per l’accertamento sintetico soggetti, con spese o con punteggio superiore a 11, non coerenti unicamente per il fitto figurativo.

Pertanto, si evidenzia che l’oscuramento proposto dall’Agenzia non risulta, allo stato, idoneo ad assicurare la correttezza del trattamento automatizzato effettuato su larga scala, offrendo la possibilità della correzione del dato unicamente ai soggetti selezionati per l’accertamento. Il fitto figurativo dovrebbe essere quindi attribuito solo dopo aver selezionato il contribuente per l’accertamento e, in sede di contraddittorio, eventualmente corretto sulla base delle indicazioni da esso fornite. Se il contribuente non si dovesse presentare al contraddittorio, ai fini del calcolo per  l’invio dell’avviso di accertamento, l’Agenzia dovrà procedere alla verifica delle informazioni sulla famiglia anagrafica presso le anagrafi comunali (o, se già funzionante, presso l’Anpr).

E.1.3. Correzione dei dati errati

Nella selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento sintetico deve essere prestata particolare attenzione alla valutazione dell’esattezza dei dati presenti in anagrafe tributaria, con particolare riferimento alle informazioni comunicate da soggetti terzi (ad esempio, operatori economici), provvedendo a correggere prontamente ogni anomalia riscontrata in tutte le banche dati dell’Agenzia.

Tali osservazioni sono rilevanti anche in relazione all’utilizzo come indicatore di rischio del punteggio che risulta determinato dall’Agenzia sulla base di dati certi, rinvenibili anche tra le informazioni comunicate da terzi all’anagrafe tributaria.
Una volta assicurata l’esattezza dei dati utilizzati ai fini della predetta determinazione, il ricorso a tale strumento non presenta ulteriori specifici profili di rischio per gli interessati poiché, in primo luogo, lo stesso è calcolato esclusivamente sulla base di circoscritti parametri -ricavabili da dati certi- idonei a rivelare una maggior propensione all’evasione sulla base dei criteri stabiliti dall’Agenzia alla luce degli esiti della propria pluriennale attività di controllo.

Allo stato, inoltre, tale punteggio risulta utilizzato in via marginale unicamente attraverso l’applicativo oggetto di esame nella presente verifica preliminare per la selezione di contribuenti già risultati non coerenti e, principalmente, per escludere soggetti a bassissimo rischio, ovvero per ricercare i soggetti in relazione alle caratteristiche dell’attività svolta o al numero di beni rilevanti posseduti o alla presenza in anagrafe tributaria di elementi di spesa certi, senza, pertanto, comportare direttamente specifiche conseguenze per gli interessati.

Al fine di garantire la qualità dei dati, occorre, pertanto, che a regime l’Agenzia introduca meccanismi automatizzati volti a prevenire e correggere le evidenti anomalie riscontrate nella banca dati nel corso degli accertamenti, anche in relazione ai dati già registrati, relative, in particolare, alle informazioni comunicate da soggetti terzi (ad esempio, importi in lire o errata digitazione dei decimali). Tale correttivo risulta essenziale anche in considerazione del fatto che l’effetto degli errori inseriti in banca dati non si esaurisce nell’accertamento dell’anno in corso ma si ripercuote su tutti gli utilizzi futuri dei dati scorretti.

E.1.4. Informativa

Deve essere rivisto il contenuto dell’informativa al contribuente e dell’invito al contraddittorio, con particolare riferimento alla titolarità del trattamento dei dati relativi al c.d. redditometro che deve essere ricondotta unicamente all’Agenzia delle entrate e alle conseguenze per il contribuente in caso di parziale o omesso conferimento dei dati in sede di contraddittorio.

E.2. Il riscontro dell’Agenzia alle prime valutazioni del Garante

Facendo seguito a quanto rappresentato dall’Ufficio del Garante in appositi incontri, l’Agenzia ha fornito con la nota del 1° ottobre 2013 indicazioni in ordine alle ulteriori possibili garanzie per superare le criticità evidenziate.

E.2.1. Utilizzo dei dati Istat

Con riferimento alla richiesta di intervenire con correttivi statistici sulle elaborazioni effettuate dall’Istat, l’Agenzia ha rappresentato che il ricorso ai consumi medi è del tutto residuale, in quanto utilizzato esclusivamente in assenza di un dato di spesa certo.

L’Agenzia, inoltre, ha ricordato che le spese Istat non vengono utilizzate in fase di selezione, ma sono considerate solo in un secondo momento, quando il contribuente non fornisce elementi o non si presenta per giustificare le spese certe e da elementi certi. Pertanto, è stato ritenuto più opportuno, muovendo dalle medie nazionali, determinare in contraddittorio con il contribuente la quota parte attribuibile.

Per quanto riguarda l’opportunità di prendere in considerazione unicamente i valori più bassi dell’intervallo di confidenza delle suddette medie Istat, l’Agenzia ha rappresentato che questi “non sono pubblicati dall’Istat. Anche se l’Agenzia delle entrate li acquisisse, non sarebbero però preventivamente conoscibili e riscontrabili dal contribuente”. Pertanto, secondo l’Agenzia, “non sarebbe rispettato il principio di trasparenza dell’azione amministrativa e la tutela dell’affidamento del contribuente nei termini della Legge n.212/2000 (c.d. “Statuto del contribuente”)”.

Inoltre, il ricorso ai valori dei consumi medi, in quanto elaborati dall’Istat, secondo l’Agenzia, garantirebbe “la significatività dei campioni e la qualità statistica dei dati stessi” e la ricostruzione effettuata dall’Istat prenderebbe “in considerazione solo una parte dei consumi, i più diffusi e ricorrenti”, e sarebbe, pertanto, “sicuramente inferiore rispetto alla spesa complessiva mediamente sostenuta per l’interezza dei consumi”.

E.2.2. Determinazione del lifestage

L’Agenzia ha rappresentato al Garante di essere da tempo a conoscenza di “tale effetto distorsivo”, ovvero della circostanza che “in sede di selezione ai contribuenti viene attribuito il lifestage che risulta dalla c.d. ‘famiglia fiscale’, non sempre corrispondente alla ‘famiglia anagrafica’, con conseguente risultanza di un elevato numero di famiglie costituite da un solo componente”. Per ovviare a tale problematica, in attesa della costituzione dell’Anpr, l’Agenzia ha dichiarato di essersi attivata ripetutamente presso le competenti amministrazioni per richiedere l’acquisizione delle informazioni sulle famiglie presenti nelle Anagrafi comunali.

Nelle more, l’Agenzia ha comunque dichiarato di aver impartito “istruzioni agli Uffici di procedere, prima ancora di inviare formale invito ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, a riscontri oggettivi sulla reale situazione familiare del contribuente selezionato, utilizzando, laddove disponibile, il collegamento telematico con l’anagrafe comunale, o in via subordinata inviando la richiesta, attraverso il canale telematico (PEC), al comune che detiene l’informazione.”  Gli elementi in possesso dell’anagrafe tributaria saranno, quindi, utilizzati dall’Agenzia “residualmente, in assenza di riscontro dall’ufficio anagrafico”.

E.2.2.1. Attribuzione dei dati Istat

In ordine alla attribuzione generalizzata delle spese medie Istat, l’Agenzia ha dichiarato che tali informazioni, seppur presenti nella base dati, non sono prese in considerazione nella determinazione del “valore di selezione”, né saranno visualizzabili nella fase selettiva. La quantificazione delle spese in base alle medie Istat verrà effettuata esclusivamente in fase di accertamento, dopo l’instaurazione del contraddittorio con il contribuente e solo laddove non è individuata una corrispondente spesa certa.

L’Agenzia ha dichiarato, inoltre, di essere in procinto di provvedere, in collaborazione con Sogei, a modificare il software per consentire che la quantificazione delle predette spese sia effettuata  puntualmente, in relazione al singolo contribuente, solo nella fase accertativa. Tale modifica sarà applicata nel minor tempo possibile anche all’annualità 2009.

E.2.2.2. Fitto figurativo

Con riferimento all’attribuzione del “fitto figurativo” esclusivamente nel momento successivo a quello della selezione, l’Agenzia ha rappresentato di essersi attivata per espungere, dall’applicativo dedicato all’accertamento sintetico, tale voce di spesa presuntiva dal “valore di selezione”, lasciando soltanto evidenza nello stesso che il soggetto non risulta disporre di immobile in locazione o in proprietà con la visualizzazione di un apposito flag.

Nel primo invito al contraddittorio sarà inserita, qualora non sia stata individuata l’abitazione in proprietà o locazione, l’avvertenza al contribuente che si procederà alla attribuzione del fitto figurativo (base OMI prevista dal decreto ministeriale), se non saranno forniti chiarimenti in merito.

In conclusione, quindi, l’Agenzia ha dichiarato al Garante che i dati relativi sia all’importo del fitto figurativo che alle spese Istat saranno esclusi dal trattamento automatizzato relativo alla totalità dei contribuenti e verranno considerati unicamente nella successiva fase del contraddittorio.

E.2.3. Correzione dei dati errati

Per quanto riguarda la correttezza dei dati acquisiti da terzi l’Agenzia, con riferimento ai dati relativi al 2010, ha dichiarato di aver messo in atto sistematici controlli di qualità e di provvedere prontamente alla loro correzione, effettuando riscontri presso gli enti fornitori.

Presso la Direzione centrale accertamento dell’Agenzia, nell’Ufficio basi dati, è stato, infatti, costituito il reparto deputato esclusivamente a tale attività.

L’Agenzia ha, inoltre, dichiarato di aver impartito istruzioni ai propri uffici a tal fine in ordine ai controlli preventivi sulla correttezza dei dati da effettuare prima di procedere alla spedizione dell’invito al contribuente e di aver rafforzato il presidio del controllo della qualità dei dati in esito all’attività ispettiva del Garante.

E.2.4. Informativa

L’Agenzia ha fornito una nuova versione di informativa sul trattamento dei dati ai fini dell’accertamento sintetico nella quale, rispetto alla precedente versione sottoposta all’attenzione dell’Autorità,  vengono correttamente indicate, in particolare, la titolarità e le modalità del trattamento.

Con riferimento, invece, all’invito da inviare al contribuente in caso di accertamento sintetico, nel fare riferimento all’informativa generale sopra citata, si rileva che vengono esplicitate le conseguenze sanzionatorie a carico del contribuente in caso di parziale o omesso conferimento dei dati richiesti in sede di contraddittorio.

In particolare, viene riportato che “come prevede l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973” il contribuente è invitato a presentarsi presso l’ ufficio, di persona o tramite un rappresentante e che la sua “collaborazione è particolarmente importante per acquisire dati e notizie che possono permettere di chiarire la sua posizione e, quindi, di non procedere a ulteriori fasi del controllo”. In allegato all’invito verrà inviato un prospetto nel quale sono riepilogate le spese che risultano sostenute con un apposita sezione nella quale indicare “i saldi iniziali e finali dei Suoi conti correnti bancari e postali nonché dei conti titoli, relativi all’anno 2009, utilizzando le risultanze degli estratti conto”.  Viene precisato che se il contribuente “fornisce chiarimenti esaustivi in merito agli elementi indicati nell’allegato prospetto, l’attività di controllo ai fini della ricostruzione sintetica del reddito si chiude in questa fase. Diversamente, il contraddittorio prosegue e saranno richiesti chiarimenti anche sulle spese correnti da noi quantificate sulla base dei dati Istat, sostenibili anche mediante argomentazioni logiche non necessariamente supportate da documentazione”. In ordine alle conseguenze viene chiarito che qualora il contribuente “non si presenti o, pur presentandosi, non fornisca le informazioni richieste, l’Agenzia delle entrate potrà valutare la possibilità di adottare più penetranti poteri di indagine e, come stabilito dall’art. 11, comma 1, lett. c) del d.lg. n. 471 del 1997, potrà altresì irrogare la sanzione per omessa risposta (da un minimo di 250 a un massimo di 2000 euro)”.

E.3. Le ulteriori considerazioni dell’Autorità in merito all’utilizzabilità delle spese Istat

Con la nota del 4 ottobre 2013, sono state rappresentate all’Agenzia delle entrate le criticità, relative principalmente alla disciplina attuativa prevista dal d.m. 24 dicembre 2012, perduranti anche all’esito dei correttivi prospettati dall’Agenzia già nel corso della verifica preliminare anche su richiesta del Garante. Si precisa fin da ora che tali correttivi consentono, in ogni caso, di ricostruire sinteticamente il reddito in modo conforme al Codice utilizzando elementi di spesa certi, spese per elementi certi e il fitto figurativo che, nonostante sia un dato presunto, si presta ad essere facilmente verificato anche in sede di contraddittorio con il contribuente.

In particolare, è stato rappresentato all’Agenzia che l’utilizzo dei dati Istat per attribuire al contribuente importi riferibili al contenuto induttivo di “spese frazionate e ricorrenti” di cui non si hanno prove certe e che i contribuenti non possono e non sono tenuti a documentare, si presta a numerosi rilievi critici in relazione ai principi di correttezza e esattezza nel trattamento dei dati personali. Ciò, con particolare riferimento all’utilizzo di dati presunti, ovvero le spese Istat, per le voci della tabella A del decreto ministeriale non ancorate ad alcun elemento di spesa per beni o servizi e il relativo mantenimento (cfr. il paragrafo F).

Inoltre, per l’utilizzo dei dati Istat ancorati ad altri elementi (come, ad esempio, per le spese di mantenimento della casa, che non risultano parametrate ai metri quadri) che sono utilizzati anche per calcolare lo scostamento, laddove non sia già stato previsto, è stata rappresentata all’Agenzia la necessità, invece, di introdurre dei correttivi alla media Istat.

E.4. Le considerazioni finali dell’Agenzia delle entrate

Con la nota del 30 ottobre 2013, l’Agenzia, partendo dalla condivisione delle problematiche emerse nell’istruttoria, ha rappresentato al Garante di poter superare le stesse utilizzando i dati Istat con le seguenti cautele:

– “con un successivo documento di prassi, a chiarificazione di quanto riportato nella Circolare n. 24/2013, si specificherà che nel caso in cui il contribuente selezionato non fornisca elementi per giustificare le spese certe e quelle derivanti da elementi certi, le voci relative alle spese correnti saranno ricostruite solo in fase di contraddittorio sulla base dell’ammontare indicato dal contribuente. Le spese medie Istat costituiranno, semmai, esclusivamente un parametro di riferimento offerto alla valutazione del contribuente nell’ambito del contraddittorio e saranno utilizzate ai fini della quantificazione solo se ritenute attendibili dallo stesso”. La spesa media Istat, quindi, verrà utilizzata, secondo l’Agenzia, esclusivamente come parametro di riferimento, utilizzabile eventualmente nella discussione, senza l’attribuzione automatica di una valenza per la quantificazione della pretesa erariale;

– “qualora il contribuente non si presenti al contraddittorio, in violazione del principio di collaborazione e buona fede stabilito dall’art. 10, comma 1, della legge 212/2000, l’ufficio procedente valuterà se proseguire nel controllo senza tener conto delle spese quantificate sulla base delle spese medie Istat o procedere utilizzando altri metodi accertativi”;

– con riferimento, alla possibilità di quantificare diversamente le voci di mantenimento della casa calcolate sulla base dei dati Istat ancorati da dati certi non parametrate, ad esempio, ai metri quadri, l’Agenzia ha precisato che una diversa modalità di quantificazione renderebbe necessario un intervento modificativo del decreto. Pertanto, considerato il peso delle voci in questione, l’Agenzia ha ritenuto di poter attribuire a tali voci un valore presuntivo con la conseguente non rilevanza ai fini della selezione delle posizioni a rischio e la quantificazione delle stesse in contraddittorio sulla base delle informazioni fornite dal contribuente, ricorrendo alla media Istat quale parametro di riferimento anche in tale caso. Al riguardo, si prende atto della garanzia prospettata dall’Agenzia che esclude la rilevanza di tali importi ai fini della selezione dei soggetti incoerenti.

Parte II

F. Le criticità del d.m. 24 dicembre 2012

F.1. Individuazione presuntiva degli elementi indicativi di capacità contributiva e non solo del loro contenuto

Il decreto ministeriale, come previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, doveva definire esclusivamente “il contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva”, individuando così il contenuto probabile in termini di spesa di beni posseduti e di servizi usufruiti dal contribuente. In relazione a taluni aspetti, il decreto utilizza, invece, il predetto metodo induttivo anche al fine di attribuire in via presuntiva in capo al contribuente la presenza stessa di elementi indicativi di capacità contributiva (ad esempio, abbigliamento e calzature, pasti fuori casa) e non solo il loro contenuto.

La profilazione del contribuente -prevista dal legislatore unicamente ai fini della determinazione per induzione del probabile contenuto di elementi indicativi di capacità contributiva certi in capo al contribuente (ad esempio, il possesso di autovetture o imbarcazioni)-  viene quindi estesa dal decreto anche alla presunta esistenza degli elementi stessi (ad esempio, alberghi, pensioni e viaggi organizzati).

Laddove non risultino evidenze di spese certe risultanti da dati disponibili o presenti in anagrafe tributaria, per numerose voci di spesa prevista nella Tabella A, viene, infatti, attribuito a ciascun contribuente l’ammontare della spesa media Istat dell’area geografica e nucleo familiare di appartenenza per quantificare la spesa presunta per, ad esempio, “tram, autobus, taxi e altri trasporti”, “giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, tributaria computer”, “barbiere, parrucchiere ed istituti di bellezza”. Ciò, anche nei casi in cui l’ammontare della spesa Istat è più elevato di quella certa disponibile all’Agenzia delle entrate.

Per tali voci di spesa, i valori medi Istat vengono, pertanto, utilizzati dal decreto non solo per quantificare un elemento di capacità contributiva riferibile al contribuente, ma anche per imputare in via presuntiva allo stesso elementi di spesa non ancorati ad alcun dato certo, relativo all’acquisizione di beni o servizi e al relativo mantenimento.

F.2. L’utilizzo della spesa media risultante dall’indagine annuale Istat sui consumi delle famiglie

Si rileva che l’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva venga individuato attraverso “l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza”.

La scelta di utilizzare a tal fine i dati relativi alla spesa media risultanti dall’indagine annuale Istat sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale per individuare apoditticamente il contenuto induttivo dell’ammontare di spese frazionate e ricorrenti, di cui non si hanno prove e che i contribuenti non possono e non sono tenuti a documentare, si presta a numerosi rilievi critici in relazione al necessario rispetto dei principi fondamentali in materia di qualità dei dati personali. Ciò, con particolare riferimento all’utilizzo dei dati Istat, o comunque di dati presunti, per le voci della tabella A non ancorate ad alcun elemento di spesa per beni o servizi e il relativo mantenimento e, in particolare, alle caratteristiche intrinseche dell’indicatore prescelto per le finalità in esame, e cioè la media aritmetica.

I dati Istat vengono, infatti, raccolti per la principale finalità di essere utilizzati quali dati macroeconomici per calcolare il Pil, verificando l’andamento dei consumi all’interno del territorio nazionale nel corso degli anni.

Al fine di valutare i rischi per gli interessati in relazione al diverso utilizzo della spesa media Istat previsto dal decreto per la determinazione sintetica del reddito complessivo di ogni singolo contribuente, il Garante ha quindi richiesto all’Istat approfondimenti sui dati relativi alla predetta indagine per stimare la significatività dei campioni e, quindi, la qualità dei dati che deve essere garantita in ogni fase del trattamento.

Al riguardo, occorre evidenziare, in particolare, le seguenti criticità.

F.2.1. La figura del contribuente

Il citato art. 38 impone al decreto di utilizzare in primo luogo campioni significativi di contribuenti, e non di famiglie che risultano essere invece l’unità di rilevazione dell’Istat. Il decreto, invece, profila i soggetti attraverso l’individuazione del c.d. lifestage, caratterizzato unicamente dalla tipologia di famiglia e dell’area geografica di residenza,  senza distinguere le diverse tipologie di contribuente (ad esempio, operaio, impiegato, libero professionista, ecc.). Secondo il dettato normativo, che stabilisce che i contribuenti debbano essere differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza,  invece, tali variabili devono essere utilizzate come ulteriori criteri aggiuntivi e accessori per una più articolata differenziazione dei campioni di contribuenti.

F.2.2. L’ampiezza delle aree geografiche

Le aree geografiche considerate sono vaste e non prendono in considerazione la differenza tra centro e periferia delle città, o comuni di piccole e grandi dimensioni, zone rurali, con oscillazioni fortissime del costo della vita (dall’esame dei dati della Banca d’Italia, ad esempio, emerge che nei centri di oltre 500.000 abitanti il reddito è del  50% superiore rispetto a quello dei centri fino a 20.000).

F.2.3. La composizione della spesa e la propensione al consumo

La comunità scientifica è concorde nell’affermare che la composizione della spesa varia a seconda dell’ammontare del reddito, determinando un cambiamento in percentuale della stessa con il crescere della disponibilità economica (legge di Engel). In particolare, ad esempio, le spese per i bisogni essenziali (ad esempio, l’alimentazione) diminuiscono con l’aumentare del reddito, mentre aumentano quelle per i beni di lusso. Attribuendo a ciascun contribuente la medesima composizione della spesa attraverso l’utilizzo delle medie Istat si determina, quindi, certamente un’errata ricostruzione di ciascuna delle voci di spesa considerate dal decreto.

Analoghe considerazioni valgono anche per la propensione al consumo. Infatti, dall’esame delle citate statistiche della Banca d’Italia, emerge, ad esempio, che un individuo con un reddito basso ha una propensione al consumo pari al 113% circa del proprio reddito (ricorso all’indebitamento), mentre chi ha un reddito medio alto ha una propensione a spenderne il 65% circa (possibilità di risparmio).

F.2.4. Gli autoconsumi

I dati sulla spesa media Istat prendono, inoltre, in considerazione ogni voce di spesa della famiglia e sono anche più ampi della spesa realmente sostenuta dalla famiglie, in quanto volti a conoscerne i reali consumi, considerando anche gli autoconsumi (taccuino degli autoconsumi nel quale devono essere annotati i beni autoprodotti e consumati), che sono poi monetizzati dall’Istat in base al valore di mercato e computati nel consumo medio.

Anche se tali valori sono destinati ad incidere certamente in minima parte sull’ammontare della spesa media per alimentari, tale circostanza vale a evidenziare le diverse finalità dell’indagine Istat e la conseguente non idoneità a fini del trattamento oggetto di verifica preliminare.

F.2.5. Le caratteristiche della media

I valori degli importi di spesa cui fa riferimento il decreto sono valori medi e quindi per loro natura non idonei ad essere ricondotti correttamente ad alcun individuo se non con notevoli margini di errore, risultando così iniqui in eccesso o in difetto rispetto al consumo in concreto di ciascun contribuente.

La media aritmetica possiede, infatti, il pregio, ed al contempo il difetto, di sintetizzare un fenomeno -la cui variabilità può assumere ampie dimensioni- in un unico, isolato valore; in altri termini, la capacità della media aritmetica di rappresentare un fenomeno che interessa una certa popolazione dipende dalla variabilità di tale fenomeno nella popolazione stessa.

Dall’esame dei dati relativi al 2011 forniti dall’Istat con la nota del 31 luglio 2013, emerge che la stima dell’errore relativo campionario per la spesa media mensile familiare, se a livello nazionale e per totalità delle famiglie è minima (0,73%), aumenta notevolmente se distinta per tipologia merceologica, area geografica e tipologia di famiglia (ad esempio, per gli alimentari il 21,16% per coppia con meno 35 anni nelle isole, o anche per spese per alberghi pensioni 91,25% per coppie con meno di 35 anni al Sud).

In seguito, per verificare ulteriormente la distribuzione dei consumi all’interno della popolazione, che potrebbero evidenziare differenze ancora più incisive, e meglio evidenziare la variabilità del fenomeno “spesa media mensile familiare” nella popolazione costituita dalle famiglie campionarie Istat, si è richiesto all’Istituto di esplicitare i valori riferibili al 2009 (anno al quale si riferiscono i dati oggetto della presente verifica preliminare) costituenti i quartili della popolazione (cioè quei valori della spesa che ripartiscono la popolazione in quattro porzioni, ognuna rappresentante il 25% della popolazione stessa: il valore del primo quartile delimita il 25% della popolazione che spende meno di quel valore, il valore del secondo quartile, o meglio noto come “mediana”, delimita il 50% della popolazione che spende meno di quel valore, e così via).

Analizzando tali valori è stato possibile migliorare la percezione della variabilità del fenomeno “spesa media mensile familiare”, evidenziando la manifesta inidoneità dell’adozione della media aritmetica della spesa media familiare della rilevazione Istat quale indicatore presuntivo di elementi di spesa per la ricostruzione del reddito del contribuente. A titolo di esempio, si consideri la popolazione campionaria costituita dalle “persone sole di età inferiore a 35 anni” a livello nazionale; per questo sottoinsieme il valore medio della spesa media mensile familiare è pari a 1.816,53 euro. Il secondo quartile (cioè la mediana), che divide a metà la popolazione in esame, per il medesimo sottoinsieme è pari a 1.536,45 euro: ciò significa che il 50% della popolazione campionaria (e quindi, con i margini di errore campionari già citati, dell’intera popolazione residente in Italia in famiglie costituite da una sola persona di meno di 35 anni di età) spende in un mese meno di 1.536,45 euro. Attribuire il valore medio di 1.816,53€ a tutta la popolazione implica pertanto una sopravvalutazione della spesa mensile per almeno il 50% della popolazione stessa. Analoghe considerazioni possono essere svolte per gli altri sottoinsiemi demografici: ad es., “coppia con 2 figli”: media 3.110,19 euro, mediana 2.626,02 euro; “persona sola con 65 anni e più”: media 1.415,16 euro, mediana 1.180,16 euro, e così via.

Tenuto conto di quanto poc’anzi evidenziato, inoltre, le dimensioni della variabilità del fenomeno risultano ancor più rilevanti in considerazione della vastità dell’area geografica prevista dal decreto e alle singole voci di spesa: ad esempio, nell’area geografica Sud il valore medio della spesa mensile per il tempo libero di una coppia con un figlio è di 86,92 euro, mentre la mediana è pari a 43,17 euro. Parimenti, sulla base dei dati richiesti all’Istat relativi alla Regione Lazio, emerge, invece, che, ad esempio, in tale Regione la spesa media mensile per abbigliamento e calzature per una coppia senza figli con persona di riferimento di età superiore ai 65 anni è di 86,23 euro, quando la mediana risulta invece essere pari a 5,47 euro. Tali esempi, com’è evidente, amplificano la portata delle predetta inadeguatezza dell’utilizzo delle spese medie Istat quale indicatore presuntivo di elementi di spesa per la ricostruzione sintetica del reddito del contribuente.

F.3. Le modalità del trattamento statistico

Nell’utilizzo dei dati ricavabili dall’indagine Istat occorre mettere in evidenza anche il necessario rispetto dell’art. 105, comma 1, del Codice che prevede che i dati personali trattati per scopi statistici o scientifici non possono essere utilizzati per prendere decisioni o provvedimenti relativamente all’interessato, né per trattamenti di dati per scopi di altra natura. Il trattamento ulteriore prospettato dal decreto in esame potrebbe, quindi, risultare effettuato per scopi incompatibili rispetto alle finalità della raccolta, essendo anche suscettibile di riverberarsi negativamente nei confronti dello stesso interessato che ha fornito l’informazione all’Istat.

A margine di tale osservazione, deve, inoltre, essere considerato anche il fatto che una volta che i cittadini comprenderanno che i dati raccolti dall’Istat a fini statistici, direttamente presso le famiglie che giornalmente compilano i questionari, potranno essere utilizzati, sebbene in modo aggregato, anche a fini di controllo, potrebbe essere seriamente inficiato il principio di confidenzialità  e, quindi, anche la genuinità delle risposte che deve, invece, essere opportunamente salvaguardata, in particolare, per il calcolo del Pil

RITENUTO

G. Garanzie per i contribuenti

G.1. L’informativa e l’invito al contraddittorio

G.1.1. La pubblicazione dell’informativa

Con riferimento alle modalità con cui dovrà essere resa l’informativa per la totalità dei contribuenti esaminata nella presente verifica preliminare, si evidenzia che la stessa, oltre ad integrare quella già inserita nei modelli per la dichiarazione dei redditi come prospettato dall’Agenzia, dovrà essere anche posta in evidenza sul sito istituzionale della medesima Agenzia.

G.1.2. Il contenuto dell’invito al contribuente al contraddittorio

Ai fini della verifica dei requisiti richiesti dall’art. 13 del Codice nell’invito al contribuente, occorre rilevare che non risulta tuttora chiaramente specificato il potere in base al quale l’Agenzia delle entrate invita il contribuente al contraddittorio e, quindi, le conseguenze in caso di mancata presentazione, ovvero mancato conferimento dei dati richiesti.

L’obbligo per l’amministrazione di invitare il contribuente nel corso del procedimento di accertamento sintetico è, infatti, previsto proprio dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973. Nel testo del modello di invito esaminato nel corso dell’istruttoria, invece, il contribuente viene invitato a presentarsi ai sensi dell’art. 32 del citato d.P.R., specificando che, qualora non si presenti o, pur presentandosi, non fornisca le informazioni richieste, l’Agenzia “potrà valutare la possibilità di adottare più penetranti poteri di indagine e, come stabilito dall’art. 11,  comma 1, lett. c) del d.lg. n. 471 del 1997, potrà altresì irrogare la sanzione per omessa risposta (da un minimo di 250 a un massimo di 2000 euro)”.

Nella nota del 30 ottobre 2013, invece, viene fatto riferimento alla circostanza che la mancata presentazione al contraddittorio del contribuente sarebbe “in violazione del principio di collaborazione e buona fede stabilito dall’art. 10, comma 1, della legge n. 212 del 2000” (lo Statuto dei diritti del contribuente) e che “l’ufficio procedente valuterà se proseguire nel controllo senza tener conto delle spese quantificate sulla base delle spese medie Istat o procedere utilizzando altri metodi accertativi”.

Nei limiti delle proprie competenze relative alla protezione dei dati personali, al fine di assicurare, in particolare, il rispetto del principio di correttezza del trattamento, si ritiene necessario che l’invito al contribuente debba contenere una chiara indicazione dei poteri utilizzati dall’Agenzia delle entrate nell’ambito del trattamento dei suoi dati personali effettuato ai fini di accertamento sintetico ai sensi del citato art. 38, specificando la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e le conseguenze di un eventuale rifiuto, anche parziale, a rispondere (artt. 11, comma 1, lett. a) e b), e 13, comma 1, lett. a), b) e c) del Codice).

G.2. Utilizzo delle spese Istat, invasione della sfera privata del contribuente e proporzionalità del trattamento.

Con la predetta nota, l’Agenzia ha condiviso le criticità rilevate dal Garante nel corso dell’istruttoria in relazione all’utilizzo dei dati Istat per ricostruire voci di spesa non ancorate all’esistenza di beni o servizi e al relativo mantenimento, che, infatti, già la circolare aveva escluso di utilizzare in fase di selezione per valutare l’entità dello scostamento e che verrebbero quantificati esclusivamente in fase di accertamento dopo l’instaurazione del contraddittorio con il contribuente.

Pertanto, l’Agenzia ha proposto di ricostruire le predette voci relative alle spese correnti sulla base dell’ammontare indicato dal contribuente in contraddittorio e di usare gli importi di spesa Istat esclusivamente quale “parametro di riferimento offerto alla valutazione del contribuente nell’ambito del contraddittorio”, da utilizzare “ai fini della quantificazione solo se ritenute attendibili dallo stesso”. Laddove il contribuente non si presenti, le spese Istat non saranno, invece, utilizzate e l’Agenzia valuterà se proseguire nel controllo senza tener conto delle spese quantificate sulla base delle spese medie Istat o procedere utilizzando altri metodi accertativi.

Pur valutando positivamente l’intento dell’Agenzia, volto a limitare i rischi del trattamento in esame, si rileva, tuttavia, che anche richiedere al contribuente in contraddittorio di ricostruire le voci correnti di spesa non ancorate a spese certe utilizzando i dati Istat come parametro di riferimento presenta rilevanti criticità.

Sebbene, infatti, il contraddittorio con l’Agenzia sia volto principalmente a garantire il contribuente, la circostanza di dover discutere dell’ammontare delle voci di spesa parametrato a tali importi riguardanti ogni aspetto della vita quotidiana con l’amministrazione finanziaria lo espone a una forte invasione della propria sfera privata, trovandosi lo stesso obbligato a dover giustificare di aver o, soprattutto, non aver sostenuto certe tipologie di spesa, anche relative alle sfere più intime della personalità (cfr. ad esempio, tempo libero, istruzione dei figli ecc.) e a portare a conoscenza nel dettaglio il funzionario dell’Agenzia del proprio stile di vita.

Al riguardo, occorre rilevare anche che gli importi che l’Agenzia richiede di stimare in contraddittorio risalgono al 2009 e che il contribuente non è tenuto in alcun modo alla loro registrazione a fini contabili o a tenerne memoria. Ciò, con immaginabili conseguenze in ordine all’esattezza degli dati anche laddove il contribuente volesse “collaborare” con l’amministrazione finanziaria nella stima della ricostruzione del proprio reddito nell’ambito del procedimento di accertamento sintetico, atteso, inoltre, che, come da ultimo prospettato dall’Agenzia, qualora lo stesso decidesse di non presentarsi al contraddittorio, tali voci di spese correnti potrebbero addirittura non venire attribuite.

A fronte delle rilevanti criticità sopra evidenziate, relative alla correttezza dell’imputazione presuntiva di elementi di capacità contributiva non ancorati all’esistenza certa di spese per beni o servizi e per il relativo mantenimento, con l’utilizzo a tal fine delle spese Istat, e al marginale importo recuperabile attraverso il loro utilizzo, risulta evidente che la raccolta in contraddittorio da parte dell’Agenzia di informazioni relative ad ogni singolo aspetto della vita quotidiana a fini di controllo fiscale, anche risalente nel tempo, seppur effettuato per una rilevante finalità di interesse pubblico, entra in conflitto con la necessità di rispettare i limiti posti dai principi in materia di riservatezza e protezione dei dati personali e, in particolare, dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Tale disposizione prevede che, in una società democratica, l’ingerenza di una autorità pubblica nella vita privata e familiare dell’individuo, ancorché prevista dalla legge, debba essere necessaria e proporzionata.

Nella valutazione della proporzionalità del trattamento effettuato ai fini della ricostruzione sintetica del reddito occorre tenere in considerazione anche la circostanza che, secondo quanto emerso nel corso degli accertamenti ispettivi:

– l’ammontare medio della spesa familiare Istat delle voci che, dalla documentazione in atti, l’Agenzia intende attribuire a ciascun contribuente per ricostruirne il reddito in via presuntiva in assenza di elementi certi di spesa, risulta essere di circa 900 euro mensili;

– sono circa 1.500.000 i contribuenti che per l’annualità 2009 scostano dal reddito dichiarato già solamente per le spese certe e per le spese ricavate induttivamente da elementi certi (senza utilizzare, quindi, le spese Istat);

– i controlli effettuabili in un anno dall’Agenzia sono circa 35.000 e, ad esempio, solo per l’ambito di competenza dell’Ufficio di Roma I, già più di 1.700 contribuenti risultano non coerenti per importi superiori a 40.000 euro.

Al riguardo, giova porre in evidenza altresì che -fermi restando i rilievi critici espressi in altra sede da questa Autorità sul punto (in particolare, nel provvedimento del 17 aprile 2012, doc. web n. 1886775, e presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria)- ad oggi, il massivo incremento delle informazioni raccolte in anagrafe tributaria consente già all’Agenzia di poter disporre di dati certi relativi alla gran parte delle voci di spesa elencate nella tabella A del decreto ministeriale. Disponibilità di informazioni che è, peraltro, destinata ad aumentare, soprattutto in ragione dell’attuazione del c.d. spesometro (art. 21 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122).

Pertanto, considerate le suesposte criticità, si ritiene che il decreto, nella parte in cui prevede la profilazione del contribuente attraverso l’imputazione presuntiva di elementi di capacità contributiva relativi ad ogni singolo aspetto della vita quotidiana, il cui contenuto induttivo è determinato mediante l’utilizzo di spese medie (e, in particolare, di quelle rilevate a fini statistici dall’Istat), non finalizzate alla valorizzazione di un elemento di capacità contributiva certo, e quindi non ancorate all’esistenza di un bene o un servizio e al relativo mantenimento, costituisca un’ingerenza ingiustificata nella vita privata degli interessati in quanto sproporzionata rispetto alle legittime finalità di interesse generale perseguite dall’Agenzia, poiché va oltre quanto necessario per ricostruire sinteticamente il reddito del contribuente ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 600 del 1973, e si pone in contrasto con i principi di correttezza e liceità del trattamento e di esattezza dei dati, specie per i profili relativi all’attribuzione delle spese Istat (artt. 2 e 11 del Codice).

Per i motivi sopra evidenziati, i predetti dati relativi alle spese Istat, non potranno parimenti costituire oggetto del contraddittorio quale parametro di riferimento per indurre il contribuente a stimare presuntivamente le spese sostenute dal proprio nucleo familiare nel corso dei precedenti anni di imposta per le voci in relazione alle quali non vi siano elementi di spesa certi disponibili all’Agenzia delle entrate.

In ordine alla attribuzione generalizzata in capo alla totalità dei contribuenti delle spese medie Istat effettuata nell’ambito dell’applicativo in uso agli uffici, si prende atto che l’Agenzia ha già dichiarato che tali informazioni, seppur presenti nella base dati, non sono visualizzabili nella fase selettiva. Tuttavia, la rimozione di tali informazioni dalla banca dati dovrà avvenire, comunque, entro 6 mesi dalla notifica del presente provvedimento anche in relazione all’annualità 2009. Nelle more della predetta rimozione, l’applicativo potrà comunque essere utilizzato con l’accorgimento di non rendere visualizzabili agli uffici i dati relativi alle suddette spese Istat.

G.3. Osservazioni conclusive

In conclusione, si ritiene che i correttivi prospettati dall’Agenzia nel corso della presente verifica preliminare indicati nei precedenti paragrafi C e E e le garanzie individuate nei precedenti paragrafi G.1. e G.2. sulla base delle risultanze di entrambi i filoni dell’istruttoria (Parte I e Parte II, in particolare, nei paragrafi D e F del presente provvedimento), consentano all’Agenzia delle entrate di ricostruire sinteticamente il reddito del contribuente in modo conforme al Codice avvalendosi a tal fine dei soli dati relativi alle spese certe, alle spese per elementi certi e al fitto figurativo che, nonostante sia un dato presunto, si presta ad essere facilmente verificato anche in sede di contraddittorio con il contribuente.

Si può ritenere, infatti, che l’Agenzia delle entrate, adottando tali misure e accorgimenti e modificando in conformità agli stessi l’applicativo a tal fine utilizzato e la relativa prassi e modulistica, possa procedere legittimamente al trattamento dei dati personali effettuato ai fini dell’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

ai sensi degli articoli 17 e 154, comma 1, lett. c), del Codice, al fine di ridurre al minimo i rischi specifici per i diritti fondamentali e la libertà, nonché la dignità degli interessati, e quindi rendere conforme al Codice il trattamento dei dati personali effettuato ai fini dell’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche di cui all’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prescrive all’Agenzia delle entrate di adottare, a garanzia dei contribuenti, prima dell’inizio del trattamento le misure e gli accorgimenti necessari nei termini di cui in motivazione, modificando in tal senso l’applicativo a tal fine utilizzato e la relativa prassi e modulistica, con specifico riguardo a:

1) i correttivi individuati nei paragrafi C ed E del presente provvedimento, relativi:

– al trattamento automatizzato e alla profilazione del contribuente per il calcolo dello scostamento e per la selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento;

– alla qualità dei dati (individuazione della tipologia di famiglia, fitto figurativo ed esattezza delle informazioni);

– alla conservazione dei dati;

– all’informativa ai contribuenti;

2) le garanzie individuate nei paragrafi G.1. e G.2. del presente provvedimento, relative:

– alla pubblicazione dell’informativa ai contribuenti e al contenuto dell’invito al contraddittorio;

– al trattamento dei dati relativi alle spese sostenute dal contribuente non ancorate a spese certe per beni o servizi o il relativo mantenimento, anche quale parametro di riferimento.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso

Roma, 21 novembre 2013

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

Redazione

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