Si riporta una delle tante soluzioni che circolano in rete per il parere di diritto penale sulla guida in stato di ebrezza.
Traccia
Tizio, dopo aver trascorso la notte in discoteca e bevuto numerose bevande alcoliche, nonché assunto dosi di sostanza stupefacente, si poneva alla guida della sua vettura di grossa cilindrata e transitando a velocità elevata in un centro abitato, perdeva il controllo dell’autovettura e finiva fuori strada investendo Mevio, che si trovava a transitare sul marciapiede, terminando poi la sua corsa contro un’edicola che veniva distrutta.
Mevio decedeva sul colpo.
Sottoposto ad alcol test della polizia, Tizio risultava in stato d’ebbrezza (2.oo g/l alla prima prova; 2,07 g/l alla seconda prova) e, trasportato in ospedale, veniva altresì accertato nei suoi confronti l’uso di sostanza stupefacente.
La consulenza tecnica espletata in corso d’indagini, consentiva di accertare che l’autoveicolo, al momento dell’impatto, procedeva ad una velocità di 108 km/h , in un tratto di strada rettilineo dove il limite era quello di 50km/h. Nessuna traccia di frenata era stata rinvenuta.
Si accertava infine che la perdita di controllo dell’auto non era stata causata da qualche guasto meccanico.
Nel corso delle indagini preliminare, Tizio si reca da un legale per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta.
Assunte le vesti di difensore di Tizio, il candidato illustri la fattispecie o le fattispecie configurabili nel caso in esame, con particolare riguardo all’elemento soggettivo del reato
Svolgimento
La fattispecie in esame considera una serie di eventi posti in essere da Tizio che, trovandosi alla guida di un autoveicolo, in stato di ebbrezza alcolica e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, provoca un incidente stradale con conseguenze letali per Mevio, pedone su di un marciapiedi e la distruzione di una edicola.
Preliminare all’esatta determinazione delle conseguenze penali che la condotta di Tizio ha posto in essere, è accertare se si tratti di omicidio colposo o doloso (per dolo eventuale).
La distinzione è significativa, perché dalla colpa cosciente discende l’imputazione per omicidio colposo (seppur con l’aggravante del III co nn 1 e 2 del 589 c.p.), dal dolo eventuale discende direttamente l’omicidio volontario, di cui al 575 c.p.
Il criterio preponderante in giurisprudenza è quello dell’accettazione del rischio, per il quale ricorre il dolo eventuale quando l’agente abbia tenuto la condotta tipica nella previsione dell’evento ed accettando la sua verificazione (quale evenienza accessoria al conseguimento dell’obiettivo prefissato), laddove nella colpa cosciente alla previsione dell’evento si accompagna la mancata accettazione dello stesso.
In particolare, si è chiarito che sussiste il dolo eventuale quando “chi agisce non ha il proposito di cagionare l’evento delittuoso, ma si rappresenta la probabilità – od anche la semplice possibilità – che esso si verifichi e ne accetta il rischio” (Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 3428/1992); quando “l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria condotta, e ciononostante agisca accettando il rischio di cagionarle” (Cass., Sez. Un., 14 febbraio 1996, n. 3571); quando l’agente ha “la consapevolezza che l’evento, non direttamente voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione nonchè dell’accettazione volontaristica del rischio” (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2003, n. 748/1994).
Ciò premesso, nei casi analoghi alla fattispecie in esame la Cassazione penale tende a negare il dolo eventuale, e a ravvisare una mera condotta colposa, e nello specifico una colpa cosciente, che consiste nella rappresentazione dell’evento come possibile risultato della condotta e nella previsione che esso non si verificherà. Essa si differenzia dal dolo eventuale per il fatto che quest’ultimo si risolve nell’accettazione del rischio di verificazione di un evento necessariamente specifico, non direttamente voluto sebbene rappresentato.
Pertanto si ritiene che l’omicidio causato da guida in stato di ebbrezza/stupefacenti sia omicidio colposo aggravato e non volontario. Cass. Pen. n. 20465/13 ha statuito, in un caso analogo, che l’alterazione psicofisica del responsabile dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti non vale a trasformare la colpa cosciente in dolo eventuale. Si esclude infatti alla radice la sussistenza dell’elemento rappresentativo del dolo. Anche se il conducente si fosse concretamente rappresentato l’investimento e la morte di un’altra persona (ma paradossalmente anche di sé stesso), non sarebbe possibile affermare che l’automobilista si sia messo alla guida di una vettura a costo di investire e di uccidere qualcuno.
E’ di tutta evidenza, dunque, che – in questa fase – la condotta dell’agente viene punita sotto il profilo esclusivamente e puramente colposo, cioè si ritiene che l’incidente stradale sia stata determinato da una responsabilità che si fonda su di una colpa del soggetto. Le conseguenze letali o lesive manifestatesi non sono, quindi, state volute dall’agente né preventivamente, né in corso di verificazione dei fatti, ma sono cagionate dai due principali elementi indicati dall’art. 43 co. 1 terza parte c.p., l’imprudenza e l’inosservanza di leggi o regolamenti.
Analizzando la fattispecie in esame alla luce delle suesposte considerazioni, possiamo evidenziare la mancanza nella condotta di Tizio, di elementi che possano condurre ad una imputazione per omicidio doloso. E’ evidente che con la sua condotta ha commesso una pluralità di reati, ma considerato che in tali casi l’orientamento dominante in giurisprudenza ha escluso l’ ipotesi del reato complesso, possiamo ritenere prevedibile un’ imputazione per omicidio colposo (seppur con l’aggravante del III co nn 1 e 2 del 589 c.p.), la contestazione dell’art. 186 2 bis ( come novellato dalla L.120\2010) Cds e quella dell’art. 187 Cds, uniti dal vincolo della continuazione ex. Art. 81 c.p..