Si riporta una possibile soluzione alla traccia di diritto civile relativa alla cancellazione dal registro delle imprese.
Svolgimento
Ai fini della risoluzione della fattispecie in esame, vanno trattati, il fenomeno estintivo conseguente alla cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese e il profilo relativo all’insorgenza di una eventuale responsabilità in capo al liquidatore resosi responsabile di violazioni nella procedura di liquidazione.
Inerentemente al primo punto va rilevato che, come da novella introdotta dal D.Lgs. n.6 del 2003, l’art. 2495 c.c. disciplina la cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese e la loro estinzione, prevedendo, in particolare, che, approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2495, comma 1, c.c.); la cancellazione della società dal registro delle imprese ne segna l’ estinzione.
La previsione espressa dell’estinzione della società configura una novità introdotta dalla riforma del diritto societario entrata in vigore nel 2004, poiché nel testo previgente mancava l’inciso in cui si afferma l’estinzione della società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese.
La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio” (come recentemente sostenuto da Cass. S.U. 6070/2013).
In conformità al diritto vigente, dunque, l’estinzione della società determina anche effetti anche processuali poiché, all’indomani della cancellazione dal registro delle imprese, non saranno più legittime azioni intentate dalla società o avverso la società.
Il problema si pone dunque per quanto concerne le azioni satisfattorie intentate dai creditori insoddisfatti. Ai sensi del secondo comma dell’art. 2495 c.c., ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione, i creditori sociali possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
Infatti, il momento in cui può dirsi cessato il procedimento di liquidazione è l’approvazione del bilancio finale. Nella fase successiva alla liquidazione e al momento dell’approvazione del bilancio finale, i liquidatori possono rendersi responsabili in connessione agli adempimenti previsti dalle suddette disposizioni normative.
L’art. 2495,comma 2,c.c. prevede, pertanto, un secondo potenziale convenuto dell’azione dei creditori sociali: si tratta del liquidatore, se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa.
Pertanto, la norma citata assume una duplice funzione, da un lato, è quella d’innalzare la tutela dei creditori, aumentando il numero di soggetti chiamati a rispondere. Dall’altro, l’obiettivo della norma è quello di responsabilizzare i liquidatori, i quali devono svolgere diligentemente la loro attività, essendo altrimenti esposti ad addebito di colpa e conseguenti obblighi risarcitori.
Mentre i soci rispondono come successori della società estinta, i liquidatori rispondono a titolo proprio per gli eventuali comportamenti scorretti posti in essere durante la liquidazione.
La responsabilità dei liquidatori nei confronti dei creditori deve considerarsi di natura extracontrattuale: non sussiste difatti alcuna relazione contrattuale fra i terzi e i liquidatori, che vengono semplicemente chiamati a liquidare la società.
Prima di occuparci dell’art. 2495, comma 2, c.c., è però opportuno evidenziare che la responsabilità dei liquidatori ha diverse basi normative. La disposizione generale è costituita dall’art. 2489, comma 2, c.c., secondo cui i liquidatori rispondono per i danni derivanti dall’inosservanza dei loro doveri secondo le norme in materia di responsabilità degli amministratori. A tale norma si aggiunge il disposto dell’art. 2491, comma 3, c.c. secondo cui i liquidatori sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni cagionati ai creditori sociali con la ripartizione fra i soci di acconti sul risultato della liquidazione, quando non vi è stata integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori.
Rispetto a tali disposizioni, l’art. 2495, comma 2,c.c. fonda un’ulteriore ipotesi di responsabilità professionale dei liquidatori.
Questi, infatti, hanno il compito di gestire la liquidazione della società, assicurando il soddisfacimento dei creditori (nei limiti delle risorse disponibili) e ripartendo il residuo fra i soci.
Al fine di comprendere questa disposizione speciale sulla responsabilità dei liquidatori è bene prendere le mosse dalla norma che regola i loro poteri (art.2489,comma 1,c.c.), secondo cui i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società. Nello svolgere la loro attività i liquidatori sono tenuti all’osservanza di una precisa diligenza professionale, dovendo adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico (art. 2489, comma 2, c.c.).
Laddove tali professionalità e diligenza non fossero osservate, i liquidatori possono essere chiamati a rispondere nei confronti dei creditori sociali. Il creditore insoddisfatto che vuole agire nei confronti dei liquidatori deve pertanto allegare e dimostrare tutti gli elementi fondanti i profili di responsabilità legati all’incarico. Tale responsabilità ha un presupposto oggettivo, il mancato pagamento , e un elemento soggettivo, la riconducibilità del mancato pagamento alla condotta colposa dei liquidatori. Essendo responsabilità extracontrattuale, è infatti onere del creditore di provare i fatti costitutivi di tale responsabilità, ovvero di dimostrare: (i) la condotta colposa (o dolosa) del liquidatore; (ii) il pregiudizio subito da parte del creditore; e (iii) il nesso di causalità tra la condotta posta in essere dal liquidatore ed il pregiudizio subito.Trattandosi di responsabilità aquiliana, l’azione esperita nei confronti del liquidatore è soggetta a prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno dell’iscrizione della cancellazione della società dal Registro delle imprese. (Tribunale Milano Sez. VIII 08-03-2011)
Le violazioni possono essere ricondotte a due categorie: inadeguata massimizzazione dell’attivo societario oppure errata distribuzione delle risorse sociali.
In relazione alla errata distribuzione delle risorse sociali, concernente specificamente il caso posto all’attenzione, va evidenziato che i liquidatori possono essere ritenuti responsabili quando hanno trascurato crediti di terzi che erano invece facilmente riconoscibili: è il caso di un credito debitamente comunicato dal terzo alla società con diffida, ma di cui i liquidatori, per colpa, non abbiano tenuto conto.
Si tratta dell’ipotesi in cui il bilancio finale di liquidazione non registra un credito, con l’effetto che le risorse disponibili vengono distribuite agli altri creditori in danno del creditore escluso.
Rispetto al caso esaminato altre ipotesi consimili si hanno quando, ad esempio, sono stati pagati ai soci anticipi sui risultati della liquidazione in misura talmente eccessiva da produrre l’effetto che non rimangono mezzi sufficienti per poter soddisfare i creditori sociali.
Il liquidatore che paghi incautamente acconti in violazione dell’art. 2491, comma 2, c.c. si rende responsabile nei confronti dei creditori, in quanto privilegia i soci a danno dei creditori.
Alla luce di quanto esposto, dunque, nel caso in esame la società alfa potrà agire nei confronti di tutti i soci (o meglio ex-soci), che risponderanno in solido e limitatamente a quanto da essi incassato, La responsabilità dei soci sussiste dunque per il mero fatto che non siano stati soddisfatti i creditori, indipendentemente dalla necessità di provare la loro colpa.
Eventualmente il creditore potrà ottenere un titolo per accertata responsabilità del liquidatore, se sussistono i presupposti di legge.