Incostituzionalità legge taglia-stipendi. Il TAR sulle somme da restituire

Il Tar Parma, con sentenza intervenuta su un ricorso presentato da un magistrato amministrativo, ha riconosciuto il diritto alla percezione del trattamento retributivo nella sua interezza, con aggravio di interessi legali e danno da svalutazione monetaria.

Infatti, la manovra economica del 2010, cosiddetta spending review, aveva previsto, in ragione della razionalizzazione dei costi della pubblica amministrazione, una riduzione dei super-stipendi, – compresa tra il 5 e il 10 per cento-a decorrere dal primo gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013“. Ma, nell’ottobre del 2012, la Corte Costituzionale ha pronunciato l’incostituzionalità del suddetto disposto normativo, poiché lo stesso si sarebbe tradotto in “un tributo determinante un irragionevole effetto discriminatorio” nei confronti di taluni dipendenti pubblici.

Chi ha dunque subito  il taglio stipendiale in ragione della norma ormai dichiarata incostituzionale potrà rivolgersi al Tribunali per la restituzione delle trattenute stipendiali divenute illegittime.

Si riporta la motivazione della sentenza del Tar Parma.

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Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna, sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

Sentenza n. 376 del 18 dicembre 2013

(Presidente Radesi, estensore Poppi)

(…)

FATTO e DIRITTO

La ricorrente, Magistrato amministrativo già assegnato al TAR dell’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, con il presente ricorso ha richiesto il riconoscimento del diritto alla percezione del trattamento proprio retributivo nella sua interezza e con esclusione delle decurtazioni operate in applicazione delle norme contenute nel D.L. n. 75/2010, convertito con modificazioni in L. n. 122/2010, con conseguente condanna dell’Amministrazione ex artt. 30 e 34, comma 1, lett. c) c.p.a. alla corresponsione delle somme dovute con rivalutazione monetaria ed interessi dalla maturazione dei singoli ratei sino all’effettivo soddisfo.

La ricorrente specifica le misure in questa sede contestate:

nella decurtazione stipendiale prevista dall’art. 9, comma 2 (Parte I del ricorso);

nel blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo previsto dall’art. 9, comma 21 e nella trattenuta progressiva incidente sulla indennità giudiziaria di cui all’art. 9, comma 22; (Parte II del ricorso)

nella rateizzazione della corresponsione della indennità di fine rapporto prevista dall’art. 12, comma 7 (Parte III del ricorso);

nella sostituzione dell’istituto della indennità di buona uscita con il privatistico trattamento di fine rapporto previsto dall’art. 12, comma 10 e nell’applicazione della trattenuta del 2,50% sull’80% della retribuzione che si aggiunge, per i soli dipendenti pubblici, all’aliquota del 6,91% prevista dall’art. 2120 c.c. a carico di tutti i dipendenti pubblici e privati (Parte IV del ricorso);

Nelle more del giudizio è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 223 dell’11 ottobre 2012 con la quale, relativamente al D.L. n. 78/2010, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, commi 2 e 22, nonché, dell’art. 12, comma 10, mentre è stata dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità relativa all’art. 12, comma 7.

Con D.P.C.M. del 30 ottobre 2012, preso atto della sopravvenienza della richiamata pronunzia della Corte Costituzionale, è stata disposta la restituzione degli importi in precedenza trattenuti in applicazione delle norme dichiarate incostituzionali.

Quanto al censurato prelievo del contributo previdenziale obbligatorio (Parte IV del ricorso), l’art. 1, comma 99, della Legge 24 dicembre 2012 n. 228, ha stabilito che “i processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista all’art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dell’art. 37 del testo univo delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto”.

Per quanto precede, il ricorso deve essere accolto relativamente alle censure di cui alle Parti I e II in ragione della illegittimità costituzionale dell’art. 9, commi 2, 21 e 22 e del comma 10 dell’art. 12 del D.L. n. 78/2010 con riconoscimento del diritto della ricorrente alla percezione del trattamento retributivo determinato senza applicazione delle norme dichiarate incostituzionali e la conseguente restituzione di quanto illegittimamente trattenuto.

In applicazione del divieto di cumulo fra rivalutazione ed interessi (Cons. Stato, Ad. plen. n. 18/2011) viene, tuttavia, riconosciuto il diritto alla percezione delle sole maggiorazioni dovute a questi ultimi senza riconoscimento della rivoluzione monetaria non risultando provata, da parte della ricorrente, l’esistenza di un danno da svalutazione superiore al tasso di interesse legale.

Relativamente alle censure di cui alla Parte III del ricorso, riferita alla dedotta illegittimità dell’art. 12, comma 7, del D.L. n. 78/2010, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di un concreto interesse della ricorrente che, non avendo presentato domanda di quiescenza, non subisce alcun pregiudizio in ragione dell’applicazione della disposizione in questione.

Quanto, infine, alle censure di cui alla Parte IV del ricorso, riferite all’art. 12, comma 10 del D.L. n. 78/2010, il ricorso è estinto ai sensi del richiamato art. 1, comma 99, della L. n. 228/2012.

La circostanza che l’esito del giudizio non sia dipeso da un provvedimento illegittimo ab origine ma sia stato determinato da una pronunzia della Corte Costituzionale intervenuta nelle more del giudizio, determina la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

accoglie la domanda di accertamento del diritto della ricorrente alla percezione del trattamento retributivo con esclusione dell’applicazione delle detrazioni di cui all’art. 9, commi 2, 21 e 22 (Parte I e Parte II);

accoglie la domanda di condanna dell’Amministrazione alla corresponsione delle relative somme maggiorate degli interessi legali;

respinge la domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento di somme a titolo di danno da svalutazione monetaria;

dichiara inammissibile il ricorso quanto alla contestata rateizzazione dell’indennità di fine rapporto (Parte III);

dichiara l’estinzione del giudizio quanto alla domanda di restituzione del contributo previdenziale nella misura del 2,5% della base contributiva;

compensa le spese di giudizio fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Laura Marzano, Primo Referendario

Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore

Redazione

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