Decreto Destinazione Italia. La RELAZIONE illustrativa

Articolo 10.

La disposizione muove dall’intento di rafforzare le funzioni del tribunale per le imprese stimolando, al contempo, la capacità attrattiva di investimenti da parte del sistema nazionale, a supporto delle difficoltà che incontrano società con sede all’estero, anche con rappresentanza stabile in Italia, nel gestire la conflittualità giudiziaria inerente all’attività da loro svolta nel nostro Paese e i relativi costi.

Di qui la scelta di concentrare presso le sezioni specializzate del tribunale per le imprese da ritenere principali nella distribuzione geografica nazionale e quindi più agevolmente raggiungibili dall’estero, le controversie rientranti nella competenza funzionale delle suddette sezioni, in cui quei soggetti siano parti.

La disposizione si differenzia dalla precedente formulazione inserita nel decreto legge n. 69 del 2013 ed espunta in sede di conversione, in quanto:

1) la precedente formulazione faceva riferimento a tutte le controversie, coinvolgendo anche soggetti con rapporti occasionali o involontari (si pensi alla responsabilità extracontrattuale);

2) l’attuale previsione concentrerebbe in un numero maggiore di fori nazionali e presso le sezioni specializzate del tribunale delle imprese solo le controversie già comprese, per materia, nella competenza funzionale di queste ultime;

3) l’attuale previsione, a differenza della precedente, sarebbe realmente efficace perché sarebbe estesa a tutte le società con sede all’estero anche quando aventi sede secondaria con rappresentanza stabile in Italia.

Articolo 11.

Le società finanziarie disciplinate dalla legge 27 febbraio 1985, n. 49 (nota come legge «Marcora») sono società cooperative il cui capitale è detenuto, in larga misura, dal Ministero dello sviluppo economico, che concedono finanziamenti alle società cooperative.

Tali società finanziarie introdotte dalla legge Marcora (di seguito denominate «società finanziarie») svolgono una rilevante funzione di sostegno alle operazioni di workers buy out, supportando l’iniziativa di quei lavoratori che, vedendo messo in discussione il loro lavoro e la loro fonte di reddito, decidono di rilevare l’azienda o un suo ramo. L’intervento delle società finanziarie è, inoltre, volto ad assicurare lo sviluppo economico delle società cooperative e la creazione di nuova occupazione, finanziando operazioni di start-up, sviluppo, consolidamento e riposizionamento delle imprese costituite in forma cooperativa.

Le risorse utilizzate a tali fini sono rappresentate da un fondo di rotazione conferito dal Ministero dello sviluppo economico. Tale fondo ha, di fatto, natura rotativa poiché i rimborsi dei finanziamenti erogati alle cooperative rientrano nella disponibilità del medesimo fondo per essere impiegati per l’erogazione di nuovi finanziamenti in favore delle cooperative.

Al fine di rafforzare gli interventi di sostegno alla cooperazione introdotti dalla legge Marcora, l’articolo 9 della medesima legge stabilisce che: «Ai finanziamenti del Foncooper si applicano le agevolazioni tributarie di cui all’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni e integrazioni».

L’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 disciplina i cosiddetti «finanziamenti speciali», stabilendo che: «Ferme restando le agevolazioni di cui agli articoli 15, 16 e 17, i finanziamenti effettuati con fondi somministrati o conferiti dallo Stato o dalle regioni o gestiti per conto degli stessi non concorrono a formare la base imponibile dell’imposta sostitutiva».

Al fine di favorire – in particolare per le piccole cooperative – l’accesso ai finanziamenti erogati da queste particolari società finanziarie, la previsione di cui alla lettera a) del comma 1 della norma mira ad equiparare il trattamento tributario dei finanziamenti erogati dalle predette società finanziarie a quelli erogati dall’altro strumento finanziario introdotto dalla legge Marcora (Foncooper), alla stregua di quanto peraltro già disposto all’articolo 4, comma 1, della stessa legge n. 49 del 1985 in ordine all’esercizio del privilegio sui finanziamenti erogati.

La previsione di cui alla lettera b) della norma è invece finalizzata a fugare alcuni dubbi interpretativi, sopraggiunti a seguito dell’entrata in vigore della riforma del diritto societario del 2003, circa la possibilità in capo alle società finanziarie di sostenere, attraverso interventi di assunzione di partecipazioni al capitale, anche quelle che, ante riforma del 2003, erano denominate «piccole cooperative» e che, nella formulazione dell’articolo 2522, comma 2, del codice civile post riforma, sono rappresentate dalle società cooperative con almeno 3 e non più di 9 soci.

Le difficoltà interpretative discendono dal fatto che la nuova formulazione dell’articolo 2522 del codice civile, dopo aver disposto, in linea generale, che «per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove», al comma 2 ammette la possibilità di costituire una società cooperativa composta da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata.

Sebbene tale requisito (almeno tre soci, tutte persone fisiche) sembra richiesto ai soli fini della costituzione della società cooperativa, l’intervento di assunzione della partecipazione da parte della società finanziaria nel capitale della società cooperativa, secondo alcune interpretazioni, determinerebbe il mancato rispetto del citato requisito di legge, dal momento che la società finanziaria, in quanto tale, non possiede evidentemente la qualifica di «socio persona fisica».

Va segnalato che, prima della citata riforma del 2003, il legislatore è intervento con l’articolo 2, comma 216, della legge n. 662 del 1996, per introdurre una deroga alla previgente normativa in materia di piccole società cooperative, al fine di chiarire e confermare la possibilità di accesso agli interventi recati dalla legge Marcora anche alle cooperative con meno di nove soci.

Ribadire formalmente la medesima deroga già introdotta dal legislatore del 1996 consentirebbe di fugare definitivamente i segnalati dubbi interpretativi, consentendo alle società finanziarie di svolgere una più incisiva ed efficace azione di sostegno anche in favore delle piccole cooperative.

Con la disposizione di cui ai commi 2 e 3 si introduce il diritto di prelazione in favore delle società cooperative costituite da lavoratori dipendenti che si propongano per l’affitto o l’acquisto di aziende o rami d’aziende o complessi di beni e contratti di proprietà di imprese sottoposte a procedure concorsuali.

A tale fine al comma 3 si prevede che l’atto di assegnazione dell’affitto o dell’acquisto costituisce titolo per l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 7, comma 5, della legge n. 223 del 1991 in base al quale: «i lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperative possono ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità» di mobilità.

La norma si rende necessaria al fine di sostenere soluzioni della crisi o dell’insolvenza di imprese, privilegiando, a parità di condizioni con altri eventuali soggetti concorrenti, le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dalle stesse imprese sottoposte alla procedura concorsuale, consentendo ai medesimi soci lavoratori di capitalizzare l’indennità di mobilità senza passare per il licenziamento e la conseguente messa in mobilità che costituiscono invece il presupposto per l’applicazione del predetto articolo 7, comma 5.

La norma si colloca nell’alveo di applicazione dell’articolo 46 della Costituzione che, nel riconoscere il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende, è teso a favorire la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale.

Il diritto di prelazione è già previsto dalla legge fallimentare nel caso di affitto d’azienda (articolo 104), quale diritto, da negoziare convenzionalmente, ad essere preferito per l’acquisto a parità di condizioni, rispetto ad altri concorrenti.

In collegamento alle disposizioni di cui al presente articolo saranno previste, con atti a carattere amministrativo, misure di sostegno, nella forma di finanziamenti agevolati a valere sul Fondo per la crescita sostenibile, alle cooperative formate da lavoratori di aziende in crisi per la realizzazione dei piani d’impresa funzionali allo start-up e allo sviluppo delle cooperative stesse. È ipotizzata una dotazione finanziaria per la concessione dei finanziamenti di 40 milioni di euro, interamente a valere sulle disponibilità già esistenti sul predetto Fondo.

Articolo 12.

La modifica proposta al comma 1, lettera a) è volta a estendere l’applicazione della legge n. 130 del 1999 sulla cartolarizzazione anche alle operazioni aventi ad oggetto obbligazioni e titoli similari sottoscritti – con l’eccezione dei titoli partecipativi, ibridi e convertibili – dalle società veicolo operanti ai sensi della medesima legge. Questo intervento consentirebbe di far sorgere nuovi veicoli di investimento operanti come sottoscrittori dei suddetti strumenti finanziari. Ciò dovrebbe aumentare il numero dei soggetti acquirenti titoli obbligazionari e aumentare la capacità di diffusione dei cosiddetti mini-bond.

Per consentire la massima flessibilità nella strutturazione delle operazioni, la disposizione di cui al comma 1, lettera b), intende chiarire, alla luce dell’esperienza del mercato, che nel caso di cartolarizzazione l’investitore può anche essere unico, ove si tratti di investitore qualificato, senza impatti negativi di qualunque genere sulla natura e sulla qualificazione dell’operazione e dei soggetti coinvolti.

La modifica proposta al comma 1, lettera c), è volta a colmare una lacuna della disciplina sulla cartolarizzazione, la quale pur prevedendo l’imprescindibile requisito della «segregazione» degli attivi cartolarizzati rispetto al fallimento della società di cartolarizzazione non estende tale segregazione all’eventuale fallimento del soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento (cosiddetto servicer e subservicer) e della banca sulla quale la società di cartolarizzazione mantiene i propri depositi. Si nota come forme di estensione della segregazione siano previste dalla normativa di altri Paesi, quali ad esempio la Francia, e risultino incrementare sostanzialmente l’efficienza delle operazioni di cartolarizzazione. Si tratta di un intervento che ha un impatto significativo anche dal punto di vista dell’immissione di nuova liquidità nel sistema, in quanto l’attuale limitazione sostanzialmente impedisce alle banche che operano in Italia di detenere la liquidità derivante dai crediti cartolarizzati.

La modifica proposta al comma 1, lettera d), numero 1), introduce due modifiche all’articolo 4 della legge sulla cartolarizzazione dei crediti.

In primis, è prevista la possibilità di applicare alle cessioni di crediti d’impresa effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione le formalità per l’opponibilità già previste dalla legge sul factoring, eliminando, per tale categoria di crediti, la necessità che la cessione avvenga in blocco. Tale ulteriore restrizione, infatti, non è prevista con riferimento alle cessioni di crediti regolate dalla legge sul factoring. Dette modifiche semplificherebbero notevolmente le operazioni di cartolarizzazione di crediti commerciali, che si caratterizzano per la necessità di effettuare numerose cessioni a breve distanza l’una dall’altra. Tale operatività trova, tuttavia, un ostacolo nell’attuale normativa, che rende necessaria la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di ciascuna cessione, incrementando quindi i costi e diminuendo l’efficienza dell’operazione. Le semplificazioni proposte renderebbero, altresì, economicamente sostenibili cessioni di portafogli di dimensioni ridotte, aumentando notevolmente l’appetibilità delle operazioni di cartolarizzazione per le piccole e medie imprese (PMI) e quindi le possibilità per queste ultime di ottenere liquidità. La seconda modifica all’articolo 4 mira a confermare espressamente l’applicabilità del principio di cui all’articolo 1248 del codice civile a tutte le operazioni di cartolarizzazione, ribadendo l’impossibilità per i debitori ceduti (in linea con quanto previsto nel codice civile) di opporre in compensazione alla società di cartolarizzazione crediti vantati verso il cedente che siano sorti successivamente alla pubblicazione della cessione dei crediti cartolarizzati in gazzetta ufficiale (o al pagamento munito di data certa). L’esplicita conferma dell’applicabilità della norma civilistica a tutte le operazioni di cartolarizzazione contribuirebbe a irrobustire la struttura delle medesime, incrementando l’efficienza di dette operazioni e quindi la liquidità immessa sul mercato.

La disposizione di cui alla lettera d), numero 2) del comma 1 è volta ad evitare che l’articolo 65 della legge fallimentare – che dispone l’inefficacia dei pagamenti anticipati effettuati da un soggetto fallito entro i due anni precedenti la dichiarazione di fallimento – trovi applicazione con riferimento ai pagamenti anticipati effettuati a estinzione dei crediti cartolarizzati; a tale fine, si propone di estendere all’articolo 65 della legge fallimentare l’esenzione dall’applicabilità dell’articolo 67 ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti, già prevista dalla legge sulla cartolarizzazione.

La modifica introdotta dalla lettera d), numero 3) del comma 1 è volta a semplificare le modalità di cessione di crediti verso la pubblica amministrazione equiparando le stesse alle cessioni di crediti nei confronti di soggetti privati. La medesima deroga alla disciplina dettata dal regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, è già in vigore per le operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite in forza dell’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1990.

La disposizione del comma 1, lettera e), è volta a favorire l’investimento in titoli di cartolarizzazione con obbligazioni e titoli similari come sottostante, da parte delle imprese di assicurazione, dei fondi pensione anche laddove questi strumenti non siano negoziati su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di rating. La normativa secondaria, compatibilmente con i vincoli imposti dal legislatore europeo, preciserà i limiti di investimento delle suddette istituzioni, allo scopo da un lato di assicurarne la sana e prudente gestione e dall’altro lato di contribuire a fornire impulso all’investimento negli strumenti citati e, in generale, al mercato del credito in Italia.

La disposizione di cui al comma 1, lettera f), introduce due modifiche all’articolo 7 della legge n. 130 del 1999. La prima è volta a chiarire che, nel caso di operazioni realizzate mediante cessione a un fondo comune di investimento, il ruolo di servicer dell’operazione (responsabile della riscossione e dei servizi di cassa e pagamento nonché della verifica sulla regolare gestione dell’operazione) può essere svolto anche dalla società di gestione del risparmio incaricata della gestione del fondo (così da assicurare che l’operazione resti assoggettata alla vigilanza della Banca d’Italia senza incrementare i costi dell’operazione con il coinvolgimento di un servicer terzo) e che la cessione al fondo comune di investimento è soggetta all’articolo 58 del testo unico bancario di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 e trovano applicazione le agevolazioni fiscali previste nell’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 (come nel caso di cessione dei crediti a una società di cartolarizzazione).

La seconda modifica è volta a favorire l’investimento da parte delle imprese di assicurazione, dei fondi pensione e degli enti pubblici previdenziali e assicurativi nelle quote dei fondi comuni di investimento che investono prevalentemente in crediti ai sensi della legge n. 130 del 1999.

Il comma 1, lettera g), introduce una modifica di mero raccordo per estendere le modifiche apportate all’articolo 3 della legge sulla cartolarizzazione anche alle operazioni di emissione delle obbligazioni bancarie garantite.

Con la modifica proposta al comma 1, lettera h), si intende includere le obbligazioni e i titoli similari e altre tipologie di attivi creditizi (in particolare i crediti alle PMI) tra quelli idonei a essere posti a garanzia di obbligazioni bancarie collateralizzate. Queste tipologie di attivi non sono comprese tra quelle ammissibili a garanzia di emissione di obbligazioni bancarie garantite di cui all’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 (cosiddetti covered bond). In tal modo, potendo costituire attivi a garanzia di emissioni di raccolta diretta (diversi dai covered bond) si intende incentivare l’investimento delle banche nei suddetti strumenti.

La disposizione di cui al comma 2 è volta a favorire l’investimento in obbligazioni e titoli similari da parte delle imprese di assicurazione, dei fondi pensione. Si propone di precisare che l’investimento in: (i) obbligazioni e titoli similari, (ii) titoli finanziari rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto i predetti strumenti finanziari, (iii) quote di fondi che investono prevalentemente nei predetti strumenti finanziari è compatibile, anche laddove questi strumenti non siano negoziati su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di rating, con le vigenti disposizioni in materia di investimento in attivi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione. La normativa secondaria, compatibilmente con i vincoli imposti dal legislatore europeo, preciserà i limiti di investimento delle suddette istituzioni, allo scopo, da un lato, di assicurarne la sana e prudente gestione e, dall’altro lato, di contribuire a fornire impulso all’investimento negli strumenti citati e, in generale, al mercato del credito in Italia.

La disposizione di cui al comma 3 è volta a semplificare, nel caso di cessioni di crediti effettuate ai sensi della legge sul factoring, le formalità per l’ottenimento della data certa del pagamento e quindi per l’opponibilità della cessione, rendendo meno onerosi gli adempimenti burocratici per le imprese cedenti.

Con le misure di cui ai commi 4 e 5, nell’ottica di continuare un’azione di sostegno alle forme di finanziamento alternative a quelle concesse dal sistema bancario e di eliminare balzelli e costi aggiuntivi per le imprese che cercano accesso al credito, si intende riformare il sistema di imposizione indiretta dei finanziamenti a medio e lungo termine assoggettati all’imposta sostitutiva di cui agli articoli da 15 a 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973: da un lato, si estende l’applicabilità di tale imposta sostitutiva anche alle modificazioni o estinzioni dei finanziamenti strutturati come prestiti obbligazionari nonché ad atti ad essi accessori (quali garanzie, surroghe, postergazioni eccetera), secondo criteri analoghi a quelli disciplinati in quelle disposizioni e nel rispetto dei vincoli europei concernenti le imposte indirette sulla raccolta dei capitali e, dall’altro, la si rende opzionale, recuperandone così la funzione agevolativa con cui era stata originariamente concepita.

Tecnicamente l’estensione dell’ambito agevolativo si realizza con l’inserimento dell’articolo 20-bis nel corpo del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, mentre l’istituzione dell’opzionalità per il regime di imposizione sostitutiva si opera con una modifica agli articoli 15 e 17 dello stesso decreto.

Nel nuovo articolo 20-bis si prevede, al comma 1, che il regime di imposta sostitutiva si applichi anche alle garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate all’atto dell’emissione di obbligazioni (o titoli similari alle obbligazioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera c), del TUIR), nonché alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione alle stesse, nonché ai trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni e alla modificazione o estinzione di tali operazioni.

Al comma 2 del nuovo articolo 20-bis si prevede, poi, che l’opzione per l’imposizione sostitutiva sia esercitata nella deliberazione di emissione.

Al comma 3 dello stesso articolo si individuano i soggetti passivi dell’imposta sostitutiva negli intermediari finanziari incaricati delle attività di promozione e collocamento delle obbligazioni, ovvero, nel caso in cui non intervengano intermediari, dalle società emittenti. Nello stesso comma si prevede la solidarietà dell’imposta del soggetto finanziato con i predetti intermediari.

L’imposta è assolta, ai sensi del comma 4 dell’articolo 20-bis, a seguito della presentazione delle dichiarazioni previste dall’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 e dall’articolo 8, comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, con le quali si comunica l’ammontare delle obbligazioni collocate.

Infine, al comma 5 dell’articolo 20-bis si prevede che i soggetti passivi, che applicano l’imposta sostitutiva in relazione alle operazioni di cui allo stesso articolo, non sono tenuti a versare gli acconti di imposta previsti dall’articolo 3, commi 3 e 3-bis, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202.

Il comma 5 modifica l’articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, con l’inserimento del comma 9-bis, che prevede che la ritenuta del 20 per cento di cui all’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, non si applichi sugli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, e delle cambiali finanziarie, corrisposti a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e il cui patrimonio sia investito prevalentemente in tali obbligazioni, titoli o cambiali finanziarie.

La modifica proposta al comma 6, lettera a), inserisce un nuovo comma 1-bis nell’articolo 46 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e si colloca nell’ambito delle misure volte ad agevolare il reperimento di risorse finanziarie da parte di società, favorendone l’accesso a forme di finanziamento alternative rispetto al canale bancario.

A tale fine, si suggerisce di estendere il privilegio speciale sui beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa previsto dall’articolo 46 del testo unico anche a garanzia di obbligazioni e titoli similari emessi.

In questo modo, infatti, si otterrebbe l’effetto di rendere l’investimento in tali strumenti più sicuro, così favorendo l’accesso da parte delle società emittenti al mercato finanziario.

La modifica proposta risponde alla ratio:

sia dell’articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, favorendo la «sollecitazione del mercato monetario e finanziario» che tale norma si proponeva al fine di «integrare gli strumenti per il finanziamento dell’impresa» a disposizione delle imprese;

sia dello stesso articolo 46 del testo unico, cioè permettere all’impresa di utilizzare i beni destinati al proprio processo produttivo per ottenere i necessari finanziamenti, senza privarsi degli stessi (così fornendo una forma di garanzia più efficiente rispetto alle tipiche garanzie reali, cioè l’ipoteca – dato che spesso piccole e medie imprese o altre società che, pur non essendo PMI, hanno dimensioni ridotte, sono prive di beni immobili di particolare valore – e il pegno – dato che lo spossessamento è incompatibile con la necessità di servirsi del bene nel processo produttivo).

L’equiparazione dei canali di finanziamento disponibili alle società (sistema bancario e mercato) ai fini dell’applicazione del citato privilegio sembra, dunque, del tutto ragionevole e giustificata.

Le modifiche al comma 2 dell’articolo 46 del testo unico, recate dalla lettera b), del comma 6, si rendono necessarie per apportare gli opportuni adattamenti alla disciplina ivi prevista in caso di emissione di obbligazioni o titoli similari. In particolare, si chiarisce che:

tali strumenti possono essere sottoscritti da un unico soggetto;

nell’atto con cui si costituisce il privilegio può essere indicato un rappresentante dei relativi titolari. In tal modo, si intende favorire la circolazione di tali strumenti, consentendo la nomina di un security agent (figura nota alla prassi nelle emissioni di obbligazioni assistite da garanzie reali) per evitare di modificare le informazioni contenute nell’atto trascritto ai sensi dell’articolo 1524, secondo comma, del codice civile a seguito della circolazione degli stessi.

Il comma 7 individua un’idonea copertura finanziaria per la misura prevista.

Articolo 13.

Redazione

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