Decreto Destinazione Italia. La RELAZIONE illustrativa

Articolo 13.

L’articolo reca misure urgenti volte a ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili per il piano di interventi previsti per EXPO 2015 per consentire la tempestiva realizzazione degli interventi necessari allo svolgimento dell’evento nonché la realizzazione di interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani.

Il comma 1 dispone la revoca delle seguenti assegnazioni disposte dal CIPE nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo, non essendo stati avviati i relativi interventi:

contributo quindicennale di 8,046 milioni di euro per il finanziamento del progetto «Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, tratta Rho-Gallarate, primo lotto funzionale Rho-Parabiago» (delibera n. 33 del 2010), di cui risultano ancora disponibili in bilancio dieci annualità, pari a 80,46 milioni di euro e tre annualità per un importo complessivo di 74,92 milioni di euro;

contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro per il finanziamento del progetto «Completamento schema idrico Basento-Bradano: attrezzamento settore G» (delibera n. 146/2006), di cui risultano disponibili in bilancio undici annualità, pari a 68,838 milioni di euro.

Lo stesso comma 1 dispone che le risorse rivenienti dalla revoca delle suddette assegnazioni, complessivamente pari a 165,390 milioni di euro, siano riassegnate, previo versamento all’entrata delle somme iscritte in conto residui, al Fondo revoche di cui all’articolo 32, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, per essere destinate prioritariamente, per 53,2 milioni di euro, a opere di connessione indispensabili per lo svolgimento dell’EXPO 2015 [lettera a)], al cui finanziamento vengono altresì destinati dal comma 2 ulteriori 42,8 milioni di euro per l’anno 2013 (per un ammontare complessivo di 96 milioni) a valere sul fondo di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013, già assegnati dal CIPE con delibera del 9 novembre 2013 alla linea M4 della metropolitana di Milano e non necessari nell’immediato. A quest’ultimo intervento vengono contestualmente destinati 42,8 milioni di euro a valere sulle risorse derivanti dalle revoche (comma 1), al fine di mantenere inalterato l’ammontare complessivo del contributo assegnato dal CIPE in attuazione dell’articolo 18, comma 3, del decreto-legge n. 69 del 2013.

Il comma 2, in combinato disposto con il comma 1, lettera c), opera in sostanza una rimodulazione temporale delle risorse assegnate alla M4 di Milano al fine di assicurare risorse immediatamente disponibili agli interventi più necessari e urgenti ai fini dello svolgimento dell’evento EXPO.

Sempre a valere sulle risorse derivanti dalle revoche di cui al comma 1, 45 milioni di euro vengono finalizzati dal medesimo comma [lettera b)] a interventi per l’accessibilità ferroviaria dell’aeroporto di Malpensa.

Con il comma 3 si autorizzano i soggetti attuatori degli interventi riguardanti il parcheggio remoto di stazionamento di Cascina Merlata, il collegamento S.S. 11 – S.S. 233, lotto 1-B, e le connesse opere di collegamento e accoglienza tra il parcheggio e il sito espositivo, nonché le opere necessarie per l’accessibilità ferroviaria Malpensa – terminal T1-T2 ad avviare le procedure per l’affidamento dei lavori in coordinamento con il Commissario unico per l’EXPO.

Il comma 4 prevede che le risorse residuali derivanti dalle revoche di cui al comma 1 siano destinate a interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani e a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all’interno dei sistemi portuali. Per le stesse finalità viene disposta dallo stesso comma 4, ricalcando le disposizioni recate dall’articolo 2, comma 2-novies e seguenti, del decreto-legge n. 225 del 2010, la revoca dei finanziamenti statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per interventi infrastrutturali, in relazione ai quali non sia stato pubblicato il bando di gara per l’aggiudicazione dei lavori dopo due anni dal trasferimento o dall’assegnazione delle risorse, che a tal fine sono versate all’entrata e riassegnate, nell’importo massimo di 200 milioni di euro, ad un apposito Fondo.

Allo stesso Fondo affluisce, altresì, secondo quanto previsto dal comma 6, una quota di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 delle risorse di cui all’articolo 18-bis, comma 1, della legge n. 84 del 1994, che a legislazione vigente ammontano a 90 milioni di euro annui.

Il comma 8 amplia il plafond delle risorse che possono essere revocate ai sensi dell’articolo 32, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, e pertanto riutilizzate per opere immediatamente cantierabili, a tal fine estendendo dal 2008 al 2010 il termine entro il quale deve essere avvenuta l’assegnazione delle risorse da parte del CIPE, nonché il termine entro il quale i soggetti beneficiari dei finanziamenti debbano essere stati autorizzati ad utilizzare i limiti di impegno e i contributi pluriennali.

Il comma 9 è volto a consentire al comune di Napoli di contrarre mutui per l’importo corrispondente al finanziamento di propria competenza necessario alla realizzazione della linea 1 della tratta centro direzionale – Capodichino della Linea 1 della metropolitana di Napoli, in deroga alle disposizioni previste dal testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 in tema di procedura di riequilibrio finanziario pluriennale.

Comma 10. Le modifiche proposte all’articolo 118 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 sono finalizzate a risolvere le gravi problematiche derivanti dalla gestione dei contratti di appalto in corso di esecuzione nei casi di particolare urgenza inerenti il completamento dell’esecuzione ovvero ove sopraggiunga una situazione di crisi aziendale dell’impresa appaltatrice, al fine di armonizzare il contenuto di tale previsione con lo spirito della disciplina sul concordato preventivo, che è quello di garantire la continuità aziendale o comunque l’accrescimento e la conservazione del valore degli asset dell’impresa.

Infatti, nel caso in cui l’appaltatore sia soggetto a tale procedura, si troverebbe in una situazione di oggettiva impossibilità a fare fronte ai pagamenti dovuti nei confronti dei subappaltatori; né sarebbe coerente con la finalità della disciplina sopra richiamata applicare, per tale ipotesi, la sospensione del pagamento dei SAL (stato avanzamento lavori) successivi – prevista dall’attuale formulazione dell’articolo 118 del codice –, considerato che essa inciderebbe inevitabilmente sulla prosecuzione delle attività danneggiando appaltatore, subappaltatori e stazione appaltante. In tale ottica appare opportuno prevedere che la stazione appaltante versi i corrispettivi dovuti per l’appalto, distintamente all’appaltatore principale ed ai subappaltatori, secondo le istruzioni impartite dal tribunale competente, in modo da salvaguardare sia la parità di condizione tra i creditori dell’appaltatore in crisi aziendale, sia la prosecuzione dell’appalto.

Più in particolare, l’attuale formulazione dell’articolo 118 del codice prevede, come noto, che, per il caso in cui nel bando non sia previsto il pagamento diretto dei subappaltatori da parte dell’amministrazione, qualora l’appaltatore non trasmetta alla stazione appaltante entro un certo termine le fatture quietanzate dei subappaltatori in relazione all’esecuzione delle attività oggetto dell’appalto, la stazione appaltante sospenda i successivi pagamenti dovuti all’esecutore. La ratio della norma è evidentemente quella di introdurre un meccanismo che induca l’appaltatore a pagare spontaneamente i crediti maturati dai subappaltatori, considerato che, diversamente, la stazione appaltante dovrebbe sospendere il pagamento nei suoi confronti dei successivi SAL, con inevitabili effetti anche sulla prosecuzione delle attività oggetto dell’appalto. Del resto, nel caso in cui, nonostante la sospensione dei pagamenti, l’appaltatore continui a non corrispondere quanto dovuto ai subappaltatori, la stazione appaltante si trova nella necessità di risolvere il contratto di appalto per grave inadempimento dell’impresa.

Ciò posto, le modifiche al comma 3 dell’articolo 118 sono volte a consentire la prosecuzione dei contratti di appalto mediante l’estensione, per condizioni di particolare urgenza, della facoltà della stazione appaltante di provvedere direttamente al pagamento dei subappaltatori e dei cottimisti dell’importo ad essi dovuto dall’appaltatore principale per prestazioni eseguite, anche qualora il bando non contempli tale facoltà (ipotesi frequente, soprattutto nelle gare meno recenti). In questo modo si evita che l’impresa appaltatrice in crisi di liquidità, non potendo fornire all’amministrazione appaltante le fatture quietanzate dei pagamenti effettuati ai subappaltatori, si veda sospendere da parte della stessa il pagamento dei SAL successivi, con ciò alimentando una spirale negativa che incide inevitabilmente sulla prosecuzione delle attività, danneggiando appaltatore, subappaltatori e stazione appaltante.

L’introduzione del nuovo comma 3-bis all’articolo 118 è, invece, volta a raccordare tale articolo con la normativa fallimentare, e in particolare con gli strumenti negoziali di superamento della crisi aziendale – come quello previsto dall’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), introdotto con il decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, di concordato preventivo con continuità aziendale – che consentono la continuità aziendale, con lo scopo di riattivarne l’attività imprenditoriale e quindi di consentire la prosecuzione dei contratti pubblici. Occorre, inoltre, considerare il concordato preventivo (come disciplinato dagli articoli 160 e seguenti della legge fallimentare) non come una procedura tesa ad estromettere l’affidatario dai lavori, bensì come strumento idoneo a consentire la prosecuzione dei contratti pubblici. Infatti, nel caso in cui l’appaltatore sia soggetto a una procedura di concordato preventivo, tale soggetto si troverebbe in una situazione – per certi versi analoga a quella prevista nell’articolo 170, comma 7, del regolamento di esecuzione del codice per il caso in cui l’esecutore motivi il mancato pagamento con la contestazione della regolarità dei lavori effettuati dal subappaltatore – di oggettiva impossibilità a far fronte ai pagamenti dovuti nei confronti dei subappaltatori. Né sarebbe in linea con lo spirito della disciplina sul concordato preventivo applicare per tale ipotesi la sospensione del pagamento dei SAL successivi, considerato che essa inciderebbe inevitabilmente sulla prosecuzione delle attività e, quindi, su quella continuità aziendale o sull’accrescimento e conservazione del valore degli asset, che la disciplina sul concordato preventivo mira a preservare. In considerazione di quanto sopra, la modifica prevede il versamento dei corrispettivi dovuti per l’appalto, distintamente all’appaltatore principale e ai subappaltatori, secondo le istruzioni impartite dal tribunale competente, al fine di assicurare sia il rispetto della par condicio tra i creditori dell’appaltatore in crisi aziendale, sia la continuità del contratto di appalto.

Comma 11. Le disposizioni del comma 11 sono volte ad assicurare omogeneità di disciplina a tutta la materia dei contratti aventi ad oggetto la realizzazione di opere pubbliche in relazione al fondamentale aspetto dello svincolo delle garanzie fideiussorie inerenti al contratto di appalto.

Specificamente, con la disposizione in rassegna si intende recepire tutta la normativa del citato codice dei contratti pubblici, così come novellata dalle recenti modifiche legislative di cui al decreto-legge n. 179 del 2012, di recepimento delle pertinenti direttive europee, anche ai rapporti contrattuali anteriori all’entrata in vigore del codice stesso, ivi compresi i settori cosiddetti «esclusi».

La disposizione afferente esclusivamente alla disciplina delle garanzie non altera affatto il sinallagma contrattuale dei rapporti convenzionali in essere, né incide sulle esigenze ineludibili di garanzia della committenza rispetto all’operato dell’appaltatore, in relazione alla compiuta ed esauriente disciplina dettata dall’articolo 33-quater, che correttamente contempera le diverse esigenze della committenza medesima e degli appaltatori per gli aspetti di cui trattasi, che certamente hanno un impatto finanziario di rilevante entità.

La disposizione non reca ovviamente profili di spesa a carico della casse erariali.

L’ultimo periodo del comma 11 introduce un obbligo di rendicontazione della liberazione di tali liquidità e delle destinazioni delle stesse limitatamente a quei committenti di lavori pubblici che stipulano con lo Stato contratti pluriennali di investimento e di manutenzione.

Con riferimento alla disposizione di cui al comma 12 si rappresenta quanto segue.

Le vigenti norme pertinenti, segnatamente l’articolo 114, comma 2, del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, prevedono che i carrelli, di cui all’articolo 58, comma 2, lettera c) del medesimo codice, possono circolare su strada solo se immatricolati.

Infatti, avendo l’articolo 231 del codice della strada abrogato la legge 10 febbraio 1982, n. 38, sono venuti meno i presupposti normativi in base ai quali è stato adottato il decreto ministeriale 28 dicembre 1989 il quale consentiva la breve e saltuaria circolazione su strada dei carrelli in argomento senza che, a tal fine, fosse richiesta la loro immatricolazione, bensì unicamente l’autorizzazione, della validità di un anno, rilasciata dall’ufficio della motorizzazione competente per territorio, previo benestare dell’ente proprietario della strada.

La modifica proposta reintroduce detta possibilità per l’evidente ragione di sottrarre a gravosi adempimenti tale particolare tipo di veicolo che, seppure così definito, è, sostanzialmente, una macchina da lavoro che circola su strada in maniera del tutto episodica, per tratti di brevità assoluta e in ambiti predefiniti, così da non costituire sostanziale pericolo o intralcio all’ordinaria circolazione stradale.

La disposizione di cui al comma 13 interviene sull’articolo 2 della legge istitutiva delle autorità indipendenti n. 481 del 1995, modificando la denominazione dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG), mediante l’inserimento di un chiaro riferimento anche al sistema idrico, considerato che la medesima Autorità già si occupa della regolazione dello stesso.

Con riferimento alle disposizioni di cui ai commi da 14 a 23 si rappresenta quanto segue.

L’intervento normativo, nella prospettiva del rapido e continuo mutamento del settore del trasporto aereo, mira a fornire uno strumento trasparente ed efficace per monitorare e vigilare sugli accordi che intervengono, negli aeroporti nazionali, tra le società concessionarie della gestione degli aeroporti pubblici e i vettori aerei, accordi che, sempre più numerosi, prevedono spesso l’erogazione di somme dai gestori ai vettori per sostenere il rilancio e lo sviluppo commerciale di nuovi aeroporti o nuove rotte.

L’obiettivo è verificare che le risorse finanziarie oggetto di tali accordi siano erogate in modo trasparente e concorrenziale e costituiscano effettivamente occasioni di sviluppo economico, garantendo l’accessibilità a regioni attualmente poco collegate, evitando sprechi e soprattutto distorsioni concorrenziali del mercato interno. A tale proposito e al fine di garantire la predetta finalità è prevista l’adozione di Linee guida da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

Tale norma vuole accompagnare secondo princìpi di trasparenza e di concorrenza, l’incentivo alle start-up aeroportuali, consentendo di adeguare in modo progressivo il proprio modello imprenditoriale con l’apertura di nuove rotte aeree, purché tale sostegno sia trasparente, accessibile e alle stesse condizioni per tutti i potenziali concorrenti.

La tabella di seguito riportata fornisce il quadro riepilogativo delle addizionali al diritto d’imbarco passeggeri che a vario titolo e per differenti finalità vengono addebitate al passeggero originante dai vari scali nazionali.

Le addizionali sono definite quali oneri aggiuntivi al diritto d’imbarco passeggeri per cui ne deriva che, ogniqualvolta sia dovuto il versamento del diritto stesso da parte del passeggero, è parimenti dovuto il versamento delle addizionali in argomento.

Stabilisce in proposito l’articolo 11, comma 2, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004) istitutivo della prima addizionale che: «l’addizionale è pari ad 1 euro per passeggero imbarcato ed è versata all’entrata del bilancio dello Stato, senza alcuna distinzione tra passeggero imbarcato originante e passeggero in transito».

Ne deriva che il passeggero in transito presso uno scalo nazionale, è tenuto al doppio pagamento, oltre che del diritto d’imbarco, anche delle addizionali al medesimo diritto, una prima volta nello scalo di origine nazionale, e successivamente anche nello scalo di transito. Tale fattispecie non si verifica solo per il transito DOM-DOM che risulta esente dal pagamento del diritto d’imbarco (e quindi anche delle addizionali) ai sensi di un provvedimento amministrativo (circolare generale Pugliese del 24 ottobre 1991), che prevedeva l’esenzione dal pagamento della doppia tassa di imbarco per i voli nazionali (DOM-DOM) nei casi in cui la tratta successiva «costituiva la continuazione del viaggio con avviamento primo volo in coincidenza» (cosiddetti transiti diretti).

La misura prevista dalla legge finanziaria 2004 è stata poi negli anni incrementata per finalità diverse tutte legate alla fiscalità generale, come evidenziato nella tabella sopra riportata, fermo restando il criterio di prelievo sul passeggero imbarcato dagli scali nazionali. Complessivamente la misura delle addizionali al diritto d’imbarco è pari a 6,50 euro ai quali va sommata l’addizionale per Roma Capitale pari a 1 euro.

Ciò detto, allo scopo di intervenire su tale specifico aspetto, ed evitare la doppia imposizione della medesima tassa a carico del passeggero in transito su un aeroporto nazionale con provenienza da uno scalo di origine domestico, le disposizioni di cui ai commi 16, 17 e 18 sono volte ad affermare che le addizionali in argomento sono dovute dal passeggero originante dai vari aeroporti nazionali e dai passeggeri in transito presso uno scalo nazionale, nel caso in cui l’origine del volo sia non domestica (Ue ed extra-Ue).

Negli scali di Roma Fiumicino e Ciampino l’addizionale per Roma Capitale continua ad applicarsi a tutti i passeggeri con voli originanti e in transito, ad eccezione di quelli in transito aventi origine e destinazione domestica, in attuazione a quanto già disposto dalla citata circolare generale Pugliese del 24 ottobre 1991.

All’onere derivante dalla misura in argomento, pari a circa 9 milioni di euro annui, si potrà far fronte mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti correnti da parte dello Stato all’Ente nazionale per l’aviazione civile, disposti ai sensi dell’articolo 11-decies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

L’indennità di volo è prevista dall’articolo 907 del codice della navigazione, in ragione della specialità e dell’onerosità delle attività del personale navigante (piloti ed assistenti di volo).

I commi 19 e 20, senza modificare il regime fiscale applicabile e in linea con la specialità delle mansioni svolte dal personale navigante, intervengono sul regime contributivo delle indennità di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, con la finalità di modulare il cuneo fiscale in modo coerente con il peculiare contenuto professionale delle prestazioni del personale navigante e con la connaturale gravosità delle relative condizioni di impiego.

La finalità dell’intervento è, quindi, quella di prevedere per il personale di volo la decontribuzione su un istituto retributivo (indennità di volo) già identificato dalla normativa precedente come specifico e meritevole di logiche contributive diversificate, mantenendo al contempo la partecipazione del 50 per cento di detta indennità nella formazione della retribuzione pensionabile, attraverso la contribuzione figurativa a carico dell’INPS.

Le disposizioni di cui ai commi da 21 a 23 si inseriscono in un percorso volto ad assicurare nel medio periodo la continuità sostenibile delle tutele nei confronti dei lavoratori coinvolti da interventi di cassa integrazione guadagni o di mobilità, nonché a consentire la gestione dei processi di riorganizzazione e di ristrutturazione conseguenti allo stato di crisi che sta interessando il settore del trasporto aereo.

Tali esigenze si concretizzano non solo nell’assicurare l’equilibrio di bilancio del Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione del personale del settore del trasporto aereo fino al 2018, attraverso il mantenimento del finanziamento derivante dall’addizionale di cui all’articolo 6-quater del decreto-legge n. 7 del 2005 e di cui all’articolo 2, comma 48 della legge n. 92 del 2012, ma anche nel mantenere il Fondo speciale nel suo assetto attuale, evitando, in un contesto di particolare crisi del trasporto aereo, la sua trasformazione in Fondo di solidarietà, prevista a partire dal 1 gennaio 2014, dall’articolo 3, comma 4, della legge n. 92 del 2012.

A tale scopo si dispone l’abrogazione della lettera c) del comma 47 della legge n. 92 del 2012 di abrogazione dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 249 del 2004 di istituzione del Fondo speciale.

Le disposizioni di cui ai commi da 24 a 28 hanno lo scopo di valorizzare specifiche aree delle regioni dell’Obiettivo convergenza, attraverso la promozione di iniziative sul territorio rivolte a migliorare la capacità di attivazione della dotazione dei beni storici, culturali e ambientali.

A tale fine sono finanziati progetti, presentati dai comuni italiani con popolazione tra i 5.000 e i 150.000 abitanti, con una richiesta di finanziamento non inferiore a 1 milione di euro e non superiore a 5 milioni di euro. Tali scelte sono state determinate dal desiderio di valorizzare comuni di medie dimensioni in grado di esprimere progetti importanti per il loro territorio; ancor più se sono in grado di convogliare sul progetto eventuali ulteriori finanziamenti anche provenienti da fonti diverse. Si è poi fissato un termine entro il quale il progetto deve essere concluso che è stato individuato in quindici mesi dalla data in cui si assume l’impegno giuridicamente vincolante e comunque non oltre il 31 agosto 2015.

Un’apposita convenzione da stipulare tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e l’ANCI disciplinerà i criteri per il finanziamento delle iniziative progettuali.

Articolo 14.

Le disposizioni sono finalizzate, nel loro complesso, a contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e a tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Tali misure si rendono assolutamente necessarie al fine di rafforzare ulteriormente l’attività del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per contrastare in modo ancora più efficace la vera e propria piaga del lavoro sommerso e irregolare ed evitare il ripetersi di tragedie come quella recentissima della fabbrica cinese di Prato.

Sono dunque previsti una serie di interventi normativi volti al raggiungimento della suddetta finalità.

La disposizione di cui al comma 1, lettera a) prevede che l’importo delle sanzioni previste dall’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, nonché le somme aggiuntive previste, rispetto all’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative, in caso di violazioni di norme poste a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ed in caso di riscontro dell’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria sia incrementato del 30 per cento.

Si prevede inoltre, che nell’ipotesi di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, non sia applicabile la procedura di diffida, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004, in base al quale, nell’ipotesi in cui il personale ispettivo rilevi l’inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale ovvero inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, provvede a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di accertamento.

La disposizione di cui al comma 1, lettera b), prevede la decuplicazione delle sanzioni amministrative prescritte in caso di violazione delle norme sulla durata massima settimanale dell’orario di lavoro, fissata, per ogni periodo di sette giorni, in quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario, nonché in caso di violazione delle norme relative ai riposi settimanali, escludendo dall’aumento le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme riguardanti le ferie annuali.

La disposizione di cui al comma 1, lettera c), prevede che i maggiori importi derivati dall’aumento delle sanzioni di cui alle lettere a) e b) del citato comma, siano destinati al finanziamento di misure, anche organizzative, poste in essere dalle direzioni territoriali del lavoro, finalizzate a rendere più efficaci le attività di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale, e le iniziative di contrasto al lavoro sommerso e irregolare, nonché quelle di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tali importi potranno essere utilizzati anche per finanziare le misure, previste dal decreto di cui alla lettera f), finalizzate a incentivare l’utilizzo del mezzo proprio da parte del personale ispettivo e quindi a migliorare l’efficacia dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale.

Per il raggiungimento di tali finalità si prevede che dette risorse siano versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

La disposizione di cui al comma 1, lettera d), prevede che, ferme restando le competenze della Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza, istituita con il decreto legislativo n. 124 del 2004, la quale opera quale sede permanente di elaborazione di orientamenti, linee e priorità dell’attività di vigilanza, la programmazione delle verifiche ispettive, sia a livello centrale che territoriale, del personale ispettivo degli enti pubblici che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, sia sottoposta all’approvazione delle rispettive strutture centrali e territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale previsione aiuterà, tra l’altro, a superare in maniera pressoché definitiva la nota problematica concernente la cosiddetta sovrapposizione degli interventi.

La disposizione di cui al comma 1, lettera e), prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia autorizzato ad aumentare la dotazione organica del personale ispettivo di 250 unità, di cui 200 nel profilo di ispettore del lavoro di area III e 50 in quello di ispettore tecnico di area III, da destinare nelle regioni del centro-nord.

Le facoltà assunzionali aggiuntive previste dalla disposizione in esame si pongono in parziale deroga rispetto ai vincoli di cui al decreto-legge n. 95 del 2012. Tuttavia, tale parziale deroga risulta pienamente giustificata in considerazione del preminente interesse pubblico generale sotteso al contrasto alle violazioni in materia di lavoro irregolare e di salute e sicurezza sul lavoro (violazioni che assumono, nel presente momento storico, il carattere di una vera e grave emergenza sociale a livello nazionale, come purtroppo testimoniato dal recentissimo, tragico rogo nella fabbrica cinese di Prato).

D’altronde, la legislazione degli anni più recenti (coeva e successiva al decreto-legge n. 95 del 2012) ha conosciuto analoghe deroghe per esigenze di analogo, preminente interesse pubblico.

Basti citare, al riguardo:

la deroga «a regime» dai richiamati vincoli per ciò che riguarda il comparto sicurezza e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari e il personale di magistratura (comma 7 dell’articolo 2 del citato decreto-legge n. 95 del 2012);

la deroga «puntuale» ai medesimi vincoli recata dai commi 89 e seguenti dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).

Infine, la disposizione di cui al comma 1, lettera f) prevede l’emanazione di un decreto concertato tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di individuare misure incentivanti all’utilizzo del mezzo proprio da parte del personale ispettivo.

Il comma 2 reca la copertura relativa ai maggiori oneri derivanti dall’adozione della misura introdotta alla lettera e) del comma 1.

 

Redazione

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