Con ordinanza n. 1701 del 9 aprile 2014, il Consiglio di Stato interviene sull’uso della Pec nel processo amministrativo, affermando che ai sensi dell’art. 136, comma 1, cod. proc. amm., come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera o), del D.L.vo 15 novembre 2011 n. 195 “i difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata e un recapito di fax, che possono essere anche diversi dagli indirizzi del domiciliatario, dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. E’ onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati”.
Il Consiglio di Stato osserva che la “comunicazione”, da cui poi decorre il termine di cui all’art. 1, comma 2 dell’allegato 3 al codice del processo amministrativo, possa essere effettuata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 136 del medesimo cod. proc. amm., solo per i difensori che – rendendo noto nel primo atto difensivo, ai sensi della medesima norma, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o di recapito fax – abbiano consapevolmente assunto l’onere di adottare le necessarie cautele, in funzione della presunzione di conoscenza connessa a siffatte forme di trasmissione.
Per i difensori che invece abbiano proposto ricorso o si siano costituiti in data antecedente all’entrata in vigore del codice, detta presunzione di conoscenza non può ritenersi operante … con conseguente applicabilità dell’art. 37 cod. proc. amm. (cfr. anche in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 4 luglio 2012 n. 3909)”.
Ai sensi dell’art. 2, comma 6, dell’all. 2 al D.L.vo 104 del 2010, “la Segreteria effettua le comunicazioni alle parti ai sensi dell’art. 136, comma 1, del codice o, altrimenti, nelle forme di cui all’art. 45 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile”, e dunque – osserva il Consiglio di Stato – esiste nel “sistema” una disciplina sulle modalità di inoltro delle “comunicazioni relative al processo” (cfr. art. 136, comma 1, cod. proc. amm. cit.) che contempla comunque strumenti di inoltro diversi rispetto alla PEC, qualora la parte non abbia prescelto in via espressa quest’ultima modalità.
Lo jus superveniens – conclude l’ordinanza – non può pertanto applicarsi ai giudizi incardinati “in un arco temporale nel quale l’obbligo di indicazione dei recapiti di cui all’art. 136 c.p.a. non era vigente”.