Il Tribunale civile e Penale di Venezia, con ordinanza del 9 maggio scorso (ne riportiamo il testo a seguire), ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della soglia di sbarramento alle prossime elezioni europee, che si terranno il 25 maggio (qui le regole del voto).
In particolare, sarebbero illegittimi gli artt.21, comma 1, n. 1 bis e 2 della legge 24 gennaio 1979 n. 18, nella parte in cui introducono per le consultazioni del Parlamento Europeo una soglia di sbarramento per le liste che non abbiano conseguito su piano nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi, per contrasto con gli artt. 1, comma 2°, 3 e 48 della Costituzione.
L’ordinanza precisa che “l’esistenza di una soglia di sbarramento nella normativa nazionale può trovare giustificazione al fine di evitare l’eccessiva frammentazione dei partiti ed assicurare la stabilità del governo, che dalle Camere elette deve ottenere la fiducia; laddove analoga esigenza non può invece ravvisarsi con riguardo all’elezione del Parlamento Europeo che ha funzioni diverse dal Parlamento nazionale e non deve concedere la fiducia ad alcuna forma di governo espletando compiti di coordinamento con altri organi in rappresentanza di tutti i cittadini dell’Unione”.
In altri termini, l’introduzione della soglia di sbarramento nelle consultazioni per l’elezione del Parlamento europea appare priva di giustificazione e comporta “la svalutazione della volontà di parte anche consistente dell’elettorato che abbia espresso preferenze per liste che abbiano conseguito sul piano nazionale meno del 4 per cento dei voti validi espressi”.
Si delineerebbe, dunque, un contrasto con i principi relativi all’uguaglianza e pari dignità del diritto di voto di cui all’art. 48 Cost., in attuazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. e quale manifestazione dell’esercizio della sovranità popolare di cui all’art. 1, co. 2, Cost nell’investitura di cariche pubbliche rappresentative.
Riportiamo di seguito la motivazione dell’ordinanza.
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Tribunale di Venezia (Sezione terza)
Ordinanza del 9 maggio 2014
[Giudice unico dott. Maurizio Gionfrida]
(…)
Motivi della decisione
I ricorrenti, tutti cittadini elettori in Comuni appartenenti alla Circoscrizione dell’Italia settentrionale orientale nelle Elezioni del Parlamento Europeo, con il ricorso in esame, ritenendo non conformi alla normativa comunitaria EU e alla Costituzione della Repubblica Italiana, le norme nazionali disciplinanti l’attribuzione dei seggi nelle consultazioni per l’elezione del Parlamento europeo, hanno introdotto il presente giudizio formulando le seguenti conclusioni:
Piaccia al Tribunale Civile di Venezia, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, così giudicare:
– previo rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia dell’UE delle questioni relative all’interpretazione/applicazione del diritto comunitario avvalendosi del procedimento pregiudiziale accelerato i sensi dell’art 104 bis del regolamento di procedura della Corte di Giustizia UE con nota del 5/12/2009 n. C297/01 (ora art. 105 G. U. C. E. 29/9/2012 n. L 265) previa rimessione alla Corte Costituzionale, delle questioni incidentali di costituzionalità che con il presente atto vengono dedotte in giudizio, considerata la loro rilevanza ai fini del decidere e ritenuta la loro non manifesta infondatezza:
– accertare e dichiarare il diritto degli elettori ricorrenti come identificati in atto di esercitare il proprio diritto di voto libero, eguale, personale e diretto, così come attribuito e garantito nel suo esercizio dalla Costituzione Italiana e da vigenti trattati sull’Unione Europea e il suo funzionamento e norme comunitarie. In caso di resistenza alla domanda dei ricorrenti, spese compensate in quanto non v’è un interesse privato nel suo accoglimento, ma interesse personale come cittadini elettori alla regolarità del processo elettorale.
Si è costituita l’Avvocatura dello Stato eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione e l’irricevibilità delle domande per intervenuta decadenza, attenendo le contestazioni alle operazioni elettorali già concluse con l’elezione del Parlamento Europeo per il 2009; nel merito ha dedotto la manifesta infondatezza delle questioni e chiesto il rigetto delle domande in quanto infondate.
L’eccezione pregiudiziale dell’Avvocatura va disattesa dovendosi rilevare che i ricorrenti hanno fatto concreto riferimento ai risultati delle consultazioni del 2009 al fine di dimostrare che la denunciata compressione e limitazione de diritto di voto non assume rilevo meramente teorico; la domanda di accertamento è invece formulata con rifermento alle future consultazioni per l’elezione del Parlamento Europeo ed in tal senso va affermata la giurisdizione dell’A.G.O. a conoscere della controversia e riconosciuta l’ammissibilità della domanda in considerazione dell’interesse ad agire, qualificato agli effetti dell’art. 100 c..c., connesso alla pienezza del diritto di voto quale diritto politico di rilevanza fondamentale nell’assetto democratico costituzionale.
Va peraltro rilevato che la scelta del rito sommario, di cui all’art. 702 bis c.p.c., non esonera il ricorrente dalla specificazione de requisiti di cui ai numeri 3) e 4) dell’art. 163 c.p.c. e dall’individuare in particolare gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. E parallelamente nel sollevare una questione incidentale di costituzionalità la parte assume l’onere di individuare ai sensi dell’art. 23 della legge 11/3/1953, n. 87, le disposizioni che si ritengono illegittime ed i parametri costituzionali di riferimento.
Nel caso in esame i ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del diritto di esprimere un voto libero, eguale, personale e diretto, come riconosciuto dalla Costituzione e dai Trattati comunitari ed enumerando tutta una serie di norme di riferimento, diversamente richiamate (pag. 4, punto 2 del ricorso) o indirettamente individuate mediante rinvio allegato n. 3
Dall’esposizione del ricorso l’oggetto della domanda risulta sufficientemente definito soltanto con riguardo alle seguenti questioni sulle quali è richiesta la verifica della conformità delle disposizioni indicate ai precetti costituzionali e definite rilevanti ai fini della decisione.
Denunciano nella sostanza i ricorrenti l’illegittimità degli artt. 21, comma, n. 1 bis e 2; 22 della legge 24/1/1979, n. 18, nella parte in cui introducono una soglia di sbarramento per le liste che non abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi, escludendo di fatto le stesse anche all’assegnazione dei seggi restanti alle liste con maggiori resti e comportanti l’esclusione da rimborso delle spese elettorali.
Altre questioni, enucleabili all’interno del lungo excursus del ricorso e commiste al commento di dati delle concluse consultazioni elettorali, attengono alla denuncia della violazione dei principi sulla parità di genere, per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost, ma la questione è stata recentemente disciplinata dalla Camera nella seduta del 9/4/2014 e in data 25/4/2014 è entrata in vigore la relativa legge 22/4/2014, n. 65, recante norme per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’ Italia, in materia d garanzie per la rappresentanza d genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell’anno 2014.
Non assume infine autonoma rilevanza, con riguardo all’accertamento che forma oggetto della domanda, la prospettazione di una disparità di trattamento per l’asserito maggior favore per le minoranze linguistiche, in quanto suscettibili di potersi sottrarre alla soglia di sbarramento.
L’illegittimità degli artt. 21, comma 1, n. 1 bis e 2; 22 della legge 24/1/1979, n. 18, per aver introdotto un soglia di sbarramento del quattro per cento è denunciata quale violazione dei principi posti dagli artt. 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56, 58 e 117, primo comma della Costituzione della Repubblica, dall’art. 3 della CEDU nonché dagli artt. 20, 22, 223 e 224 TFUE, e 2,6,9,10 e 14 TUE, del Preambolo cpv, artt 10, 12, 20, 21, 39, 51, 52, 53 della carta de diritti fondamentali dell’unione europea, agli artt. 1, c, 1 nn. 2), 3) e 8) della Decisione del Consiglio 2002/772/ce/Euratom che modifica l’atto relativo all’elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio universale diretto allegato alla Decisione del Consiglio n. 76/787 del 20/9/1976 (“atto di Bruxelles”).
Sostengono ricorrenti che le disposizioni della legge n. 18 del 1979, e in particolare dell’art. 21, comma 1°, n. 1 bis, inserito dalla legge 20/2/2009, n. 10, introducendo la limitazione che consente l’attribuzione d voti alle sole liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi, violerebbero i principi che garantiscono al cittadino di esercitare il diritto di voto libero, eguale, personale e diretto, nella sua pienezza, quale garantito dalle disposizioni della Costituzione e dalla normativa dei Trattati comunitari richiamate, disconoscendo nella sostanza rilievo e significato ad una porzione consistente dell’elettorato privata di fatto di una effettiva rappresentanza n seno al Parlamento Europeo.
Sottolineano i ricorrenti che l’esistenza di una soglia di sbarramento nella normativa nazionale può trovare giustificazione al fine di evitare l’eccessiva frammentazione dei partiti ed assicurare la stabilità del governo, che dalle Camere elette deve ottenere la fiducia; laddove analoga esigenza non può invece ravvisarsi con riguardo all’elezione del Parlamento Europeo che ha funzioni diverse dal Parlamento nazionale e non deve concedere la fiducia ad alcuna forma di governo, espletando compiti di coordinamento con altri organi in rappresentanza d tutti i cittadini dell’Unione.
Va osservato preliminarmente che la regolamentazione del procedimento elettorale del Parlamento Europeo è disciplinata dal già richiamato “Atto di Bruxelles”, relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto (Allegato alla decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom del 20 settembre 1976 approvata con legge 6 aprile 1977, n. 150, ne testo risultante a seguito della decisione del Consiglio 2002/772/CE, Euratom del25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002). Il sistema prevede l’elezione a suffragio universale diretto, libero e segreto, e che in ciascuno Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti a scrutinio di lista o uninominale preferenziale con riporto di voti di tipo proporzionale. L’art. 3 (già art. 2 bis) stabilisce poi che gli Stati membri possano prevedere la fissazione di una soglia minima per l’attribuzione dei seggi a livello nazionale non superiore al 5% dei suffragi espressi.
I ricorrenti ravvisano la contrarietà di tale ultima previsione della decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom, con i principi dei Trattati dell’UE, hanno chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dela UE ai sensi dell’art. 267 TFUE, ma in contrario va rilevato che l’Atto di Bruxelles non è fonte normativa che valga ad introdurre la limitazione della soglia di sbarramento nella legislazione interna dei singoli Stati. A previsione dell’art. 3 è infatti volta solamente a consentire agli Stati membri l’introduzione della soglia, nel limite massimo del 5%, ma non detta una disciplina positiva operante nei singoli ordinamenti, liberi di non fissare alcuna restrizione d soglia, né prevale su fonti nazionali di rango costituzionale che precludono l’introduzione di simili limitazioni tenendo conto che l’art. 8 (già art. 7) dell’Atto di Bruxelles rinvia, per quanto non previsto dallo stesso atto, per la disciplina della procedura elettorale alle disposizioni nazionali degli Stati membri che “possono eventualmente tener conto delle particolarità” ma non pregiudicare nel complesso il carattere proporzionale del voto. Ne consegue che, se la soglia imposta dalla legge nazionale n. 18 del 1979 risultasse n contrasto con i principi della nostra Carta Costituzionale, rimarrebbe, a seguito di una eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale, concretamente inoperante, l’astratta autorizzazione dell’Atto di Bruxelles, come per gli Stati che abbiano inteso non avvalersi di tale previsione , e come avveniva anche in Italia nel sistema in vigore fino alle modifiche introdotte con la legge 20/2/2009, n. 10.
La questione di legittimità costituzionale sollevata è rilevante, posto che ai fini del richiesto accertamento sulla pienezza del diritto di voto dell’elettore in occasione delle consultazioni per l’elezione del Parlamento Europeo deve farsi applicazione necessaria della disposizione e il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione.
La questione non può ritenersi inoltre manifestamente infondata.
Il precedente rappresentato dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 271 del 2010, richiamata anche dall’Avvocatura, non ha risolto il quesito in discussione, posto che allora il Giudice remittente sollevò la questione di legittimità dell’art. 21 della legge n. 18 del 1979 non riconoscendo la legittimità della soglia di sbarramento in sé considerata, ma dubitando della legittimità della limitazione dell’accesso al riparto dei seggi in base ai resti per le liste che non avessero raggiunto il quoziente elettorale nazionale (sicché la Corte rilevò l’inammissibilità della questione poiché prospettata in modo contraddittorio, e per altro verso perché prospettava un intervento additivo in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata).
I ricorrenti chiedono invece oggi che sia riconosciuta l’illegittimità in radice dell’imposizione della soglia di sbarramento, in quanto limitazione irrazionale e immotivata del diritto di voto, neppure sorretta da quelle esigenze di stabilità del governo della cosa pubblica che anche recentemente vengono invocate a sostegno del mantenimento della soglia di sbarramento nelle consultazioni politiche per le elezioni nazionali delle Camere.
Il dubbio circa la conformità ai precetti costituzionali delle disposizioni della legge nazionale richiamate non appare agevolmente superabile posto che la limitazione del diritto degli elettori appare configgente con il diritto di voto personale ed uguale, libero ed effettivo riconosciuto dagli artt 1, 3, 48 della Costituzione della Repubblica.
Come è noto in un sistema elettorale di tipo proporzionale l’introduzione di una soglia di accesso alla rappresentanza è stata giustificata dalla necessità di evitare una eccessiva frammentazione dei partiti politici, fonte potenziale di instabilità dei governo e de sistema, posto che il governo ha la necessità di avere e mantenere la fiducia delle camere.
Nel sistema adottato per l’elezione del Parlamento europeo, a suffragio universale, libero e diretto, è stata espressa la scelta di tipo proporzionale, e la legge elettorale n. 18 del 1979 ha coerentemente previsto che i membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia sono eletti a suffragio universale con voto diretto, libero e che l’assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale; ma l’introduzione della soglia di sbarramento, comportante l’attribuzione dei seggi alle sole liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno i 4 per cento dei voti validi espressi non appare sostenuta da alcuna motivazione razionale he giustifichi la limitazione della rappresentanza. II parlamento europeo, infatti, non ha il compito di eleggere o dare la fiducia ad alcun governo dell’Unione, al quale possa fornire stabilità di indirizzo politico e continuità di azione; né ha un ruolo determinante nella produzione legislativa, collaborando invece con il Consiglio nella discussione e nell’approvazione della normativa europea, ed esercitando il controllo sulle altre Istituzioni dell’Unione e concorrendo all’approvazione del bilancio.
La stessa questione è stata affrontata dalla Corte Costituzionale Federale Tedesca che, con sentenza del 9 novembre 2011, ha accolto due ricorsi in materia elettorale, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle clausola di sbarramento de 5% fissata dalla legge nazionale tedesca per le consultazione del Parlamento europeo. E recentemente la stessa Corte Federale, con sentenza del 26 febbraio 2014, ha ribadito l’illegittimità costituzionale della soglia d sbarramento, reintrodotta dal legislatore nazionale, nella misura del 3%, ritenendo la imitazione della rappresentanza del tutto ingiustificata e in contrasto con i principi di uguaglianza del voto e di par opportunità per i partiti politici.
Per quanto attiene alla legislazione nazionale italiana, la Corte costituzionale ha anche recentemente ricordato (Corte Cost. n. 1 del 4/12/2013 – dep. 13/1/2014) che il sistema elettorale, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole (sentenze n. 242 del 2012 e n. 107 del 1996; ordinanza n. 260 del 2002).
L’introduzione della soglia di sbarramento nelle consultazioni per l’elezione del Parlamento Europeo, per quanto esposto, appare priva i giustificazione e irrazionale e comporta la svalutazione della volontà di parte anche consistente dell’elettorato che abbia espresso preferenze per liste che abbiano conseguito sul piano nazionale meno del 4 per cento dei voti validi espressi. Si profila pertanto in conflitto con i principi relativi alla eguaglianza e pari dignità del diritto di voto che trovano garanzia nell’art. 48 della Costituzione repubblicana, in attuazione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 e quale manifestazione dell’esercizio della sovranità popolare di cui all’art. 1, coma 2 Cost. nell’investitura delle cariche pubbliche rappresentative.
Visti gli artt. 134 Costituzione della Repubblica, 1 legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 e ss. Della legge 11 marzo 1953 n. 87,
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 21, comma 1 , n. 1 bis e 2 della legge 24/1/1979, n. 18, nella parte in cui, con scelta manifestamente irragionevole, introducono per le consultazioni del Parlamento Europeo una soglia di sbarramento per le liste che non abbiano conseguito su piano nazionale almeno il quattro per cento dei voti validi espressi, per contrasto con agli artt. 1, comma 2°, 3 e 48 della Costituzione.
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo il procedimento in corso.
Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti, al Pubblico Ministero e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che ne sia data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Si comunichi.
Depositata in cancelleria il 9 maggio 2014