Le tabelle sul risarcimento del danno biologico non sono incostituzionali.
Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 235/2014, depositata il 16 ottobre. Il sistema delle tabelle ministeriali, previsto dal codice delle assicurazioni private, è dunque confermato dalla Consulta. Si tratta in particolare dell’art. 139 del decreto legislativo 209/2005 in materia di risarcimento del danno biologico per micro lesioni in occasioni di incidenti stradali. Respinte le eccezioni sulla mancata previsione di risarcimento del danno morale, in quanto quest’ultimo rientra comunque nell’area del danno biologico. Inoltre, il giudice ha sempre la possibilità di aumentare fino a un quinto l’importo liquidabile, con ciò potendo dare rilevanza alle particolari condizioni soggettive del danneggiato. Respinta infine la censura di disparità di trattamento con i danneggiati da sinistri non stradali, in quanto questi ultimi sarebbero al limite meno tutelati, non essendovi analogo sistema di copertura assicurativa obbligatoria.
Di seguito, le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale:
– relativamente al contrasto con l’art. 76 della Costituzione, la Corte ne esclude la violazione rilevando che la legge di delega n. 229 del 2003 prevedeva espressamente, che il Governo fosse delegato a provvedere «ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997 n. 59 [Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa], come sostituito dall’articolo 1 della presente legge».
Di conseguenza nel dare attuazione alla suddetta delega, il legislatore delegato avrebbe dovuto – ai sensi della citata legge n. 59 del 1997 − «definire il riassetto normativo» e la «codificazione della normativa primaria regolante la materia», confermando, quindi, se del caso, le norme previgenti. E poiché tra queste rientrava l’art. 5, comma 4, della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), avente lo stesso tenore del censurato art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005, è evidente come il legislatore delegato del 2005 si sia mosso lungo il binario di scelte rientranti nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi, della legge di delega e del decreto delegato.
– relativamente alle censure di violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 6 della CEDU, sono infondate poiché la limitazione del diritto risarcitorio, paventato dai rimettenti, attiene alla garanzia dell’oggetto di tale diritto, e non all’aspetto della azionabilità in giudizio – che quei parametri tutelano – la quale non è in alcun modo pregiudicata dalla norma denunciata.
– infondata è allo stesso modo la questione relativa alla violazione dell’art. 3 Cost perché la prospettazione di una disparità di trattamento − che, in presenza di identiche (lievi) lesioni, potrebbe conseguire, in danno delle vittime di incidenti stradali, dalla applicazione della normativa impugnata, in quanto limitativa di una presunta maggiore tutela risarcitoria riconoscibile a soggetti che quelle lesioni abbiano riportato per altra causa − è smentita dalla constatazione che, nel sistema, la tutela risarcitoria dei danneggiati da sinistro stradale è, viceversa, più incisiva e sicura, rispetto a quella dei danneggiati in conseguenza di eventi diversi.
Infatti solo i primi, e non anche gli altri, possono avvalersi della copertura assicurativa, ex lege obbligatoria, del danneggiante – o, in alternativa, direttamente di quella del proprio assicuratore – che si risolve in garanzia dell’an stesso del risarcimento.
Inoltre, l’assunto per cui gli introdotti limiti tabellari non consentirebbero di tener conto della diversa incidenza che pur identiche lesioni possano avere nei confronti dei singoli soggetti, trascura di dare adeguato rilievo alla disposizione di cui al comma 3 del denunciato art. 139, in virtù della quale è consentito al giudice di aumentare fino ad un quinto l’importo liquidabile ai sensi del precedente comma 1, con «equo e motivato apprezzamento», appunto, «delle condizioni soggettive del danneggiato».
– rigettate allo stesso modo le argomentazioni circa la lesione degli ulteriori parametri costituzionali ed europei evocati dai rimettenti è duplicemente motivata: in ragione sia dalla non prevista (e quindi a loro avviso esclusa) liquidabilità del danno morale, sia del “limite” apposto dalla normativa impugnata alla integrale risarcibilità del danno biologico.
Ad avviso della Corte la prima questione non è fondata per erroneità della sua premessa interpretativa.
Sebbene l’art. 139 cod. ass. faccia testualmente riferimento al “danno biologico”, e non faccia invece menzione anche del “danno morale”, con la sentenza n. 26972 del 2008, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ben chiarito (nel quadro, per altro, proprio della definizione del danno biologico recata dal comma 2 del medesimo art. 139 cod. ass.) come il cosiddetto “danno morale” − e cioè la sofferenza personale suscettibile di costituire ulteriore posta risarcibile (comunque unitariamente) del danno non patrimoniale, nell’ipotesi in cui l’illecito configuri reato − «rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente».
La seconda questione invece viene ritenuta non fondata in quanto (a prescindere da precedenti della stessa Corte Costituzionale conformi in tal senso) la Corte di Cassazione, con la già ricordata sentenza n. 26972 del 2008, ha puntualizzato come il bilanciamento tra i diritti inviolabili della persona ed il dovere di solidarietà (di cui, rispettivamente, al primo e secondo comma dell’art. 2 Cost.) comporti che non sia risarcibile il danno per lesione di quei diritti che non superi il «livello di tollerabilità» che «ogni persona inserita nel complesso contesto sociale […] deve accettare in virtù del dovere di tolleranza che la convivenza impone».
Pertanto il controllo di costituzionalità del meccanismo tabellare di risarcimento del danno biologico introdotto dal censurato art. 139 cod. ass. – per il profilo del prospettato vulnus al diritto all’integralità del risarcimento del danno alla persona – va, quindi, condotto non già assumendo quel diritto come valore assoluto e intangibile, bensì verificando la ragionevolezza del suo bilanciamento con altri valori, che sia eventualmente alla base della disciplina censurata.
Una ragionevolezza che appare contemperata dalla normativa vigente, in cui da un lato le compagnie assicuratrici, concorrono ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici, e dall’altro l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi.