Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4854 del 26 settembre 2014 ha stabilito che l’impresa che ha debiti col fisco non perde l’appalto che ha vinto, se l’irregolarità tributaria che la stazione appaltante ha rilevato sia di un importo tale da non mettere a rischio la solvibilità di chi contratta con la pubblica amministrazione.
Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di un istituto di credito che era stato estromesso dalla stipulazione del contratto pubblico a causa dell’esistenza di debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
Il collegio ha rilevato che la situazione di irregolarità fiscale rilevante ai fini del codice dei contratti pubblici non sarebbe stata grave, così come definita dall’amministrazione nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione in autotutela, ma di contenuto lieve.
Ad avviso del Collegio l’art. 38, comma 1, lett. g), del D.lgs 163/2006, nel testo vigente all’epoca di pubblicazione del bando e di svolgimento della gara di cui trattasi, prevedeva che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi i soggetti “che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”. La ratio della norma, quindi, “risponde all’esigenza di garantire l’amministrazione pubblica in ordine alla solvibilità e alla solidità finanziaria del soggetto con il quale essa contrae”.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che “l’interpretazione più conforme alla ratio della norma, anche nel testo vigente nel 2009, tenuto conto della evoluzione legislativa successiva, e letta alla luce della norma europea che ne costituisce la fonte (l’art. 45, comma 2, lett. f) direttiva CE 2004/18), sia quella che tenga conto concretamente della sussistenza del requisito dell’affidabilità e solidità finanziaria del concorrente e attribuisca rilievo, pertanto, ancora prima della modifica legislativa di cui al D.L. 70/2011, che ha introdotto il detto requisito della “gravità” della violazione, sia all’importo del debito tributario, che non deve essere irrisorio in relazione alla complessiva dimensione societaria del concorrente, sia all’intervenuto ravvedimento operoso.”
Per ulteriori approfondimenti si allega il testo della sentenza