Corte Costituzionale: la sentenza che elimina i controlli preventivi in Sicilia

Niente più controlli preventivi sulle leggi siciliane da parte dello Stato, attraverso il Commissario governativo.

In Sicilia, finora, non poteva entrare in vigore una legge impugnata dal Commissario dello Stato, tranne che attraverso la scappatoia da parte dell’Assemblea regionale siciliana, di pubblicare solo la parte di legge approvata, perché non fatta oggetto di impugnativa.

D’ora innanzi, lo Stato potrà, attraverso il Governo, impugnare le leggi regionali siciliane, innanzi alla Corte costituzionale, per conflitto di attribuzione, ma non impedirne la pubblicazione e, dunque, l’entrata in vigore. Il controllo (governativo) sulle leggi siciliane da preventivo diviene dunque successivo.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 255 depositata il 13 novembre scorso, redatta dal giudice siciliano Sergio Mattarella, ha osservato che “il peculiare controllo di costituzionalità delle leggi dello statuto di autonomia della Regione siciliana – strutturalmente preventivo – è caratterizzato da un minor grado di garanzia dell’autonomia rispetto a quello previsto dall’art. 127 Cost”. 

Ed infatti “la soppressione del meccanismo di controllo preventivo delle leggi regionali, in quanto consente la promulgazione e l’entrata in vigore della legge regionale […] si traduce in un ampliamento delle garanzie di autonomia» (ex plurimis, ordinanza n. 377 del 2002).

In conclusione, “deve estendersi anche alla Regione siciliana il sistema di impugnativa delle leggi regionali, previsto dal riformato art. 127 Cost., atteso che detto regime, alla stregua della summenzionata «clausola di maggior favore», configura una «forma di autonomia più ampia» rispetto al sistema di impugnazione attualmente in vigore per le leggi siciliane” (sentenze n. 408 e n. 533 del 2002, nonché ordinanza n. 377 del 2002).

Questo il testo dell’articolo 127 della Costituzione, come introdotto dalla novella del 2001 (legge costituzionale n. 3 del 2001), ora applicato interamente anche alle leggi regionali siciliane.

Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione”. A sua volta, “La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge”.

Di seguito il testo della sentenza della Consulta.

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Corte Costituzionale

Sentenza numero 255 del 3 novembre 2014

(presidente Paolo Maria Napolitano, relatore Sergio Mattarella)

(…)

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza n. 114 del 2014 (registrata al n. 96 del 2014) la Corte ha sollevato, disponendone la trattazione innanzi a sé, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), in riferimento all’art. 127 della Costituzione e all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

La disposizione è impugnata nella parte in cui esclude le leggi della Regione siciliana dal controllo previsto dall’art. 127 Cost., per contrasto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

2.– Occorre premettere che il regime del controllo delle leggi delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è mutato a seguito dell’entrata in vigore del titolo V della parte seconda della Costituzione, per effetto dell’evocato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, il quale prevede che «Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la richiamata «clausola di maggior favore» impone di svolgere un confronto fra gli istituti previsti dagli statuti speciali e le analoghe previsioni contenute nel titolo V della parte seconda della Costituzione, al fine di compiere un giudizio di preferenza, nel momento della loro applicazione, privilegiando le norme costituzionali che prevedono forme di autonomia «più ampie» di quelle risultanti dalle disposizioni statutarie (ex plurimis, sentenze n. 303 del 2007, n. 175 del 2006, n. 145 del 2005, n. 236 del 2004, n. 314, n. 274, n. 103 e n. 48 del 2003 e n. 408 del 2002, nonché ordinanza n. 377 del 2002).

Quanto al controllo di costituzionalità sulle leggi degli enti territoriali dotati di autonomia particolare, tale comparazione è risultata possibile nei casi in cui si è trattato di valutare il rapporto tra la disciplina dell’impugnazione preventiva delle delibere legislative regionali e provinciali prevista da norme statutarie speciali e quella del vigente art. 127 Cost. Quest’ultimo, prevedendo un controllo successivo da parte della Corte costituzionale, promosso dal Governo entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge, è stato ritenuto da questa Corte rispondente a una logica di maggiore garanzia dell’autonomia legislativa regionale, rispetto al procedimento di controllo preventivo, previsto dalle norme statutarie speciali analogamente a quanto disposto dal previgente art. 127 Cost. (sentenze n. 533, n. 408 e n. 65 del 2002, nonché ordinanza n. 377 del 2002).

In particolare, i richiamati procedimenti sono stati considerati confrontabili sotto il profilo della più o meno ampia garanzia in favore dell’autonomia regionale, stante l’ingerenza che l’originaria disciplina costituzionale consentiva al Governo di esercitare nel procedimento legislativo regionale (ex plurimis, sentenza n. 314 del 2003).

Ben diverso il controllo previsto dal vigente art. 127 Cost., che risulta totalmente esterno al procedimento legislativo regionale, il quale si svolge secondo le regole ordinarie e si conclude con la promulgazione e la pubblicazione della legge regionale, indipendentemente da eventuali rilievi del Governo; rilievi che «possono tradursi esclusivamente, dopo l’entrata in vigore della legge, in censure di illegittimità costituzionale per “eccesso di competenza”, di fronte alla Corte costituzionale» (la già citata sentenza n. 314 del 2003).

Pertanto, in base alla summenzionata «clausola di maggior favore», questa Corte, effettuando la comparazione fra i due sistemi di controllo delle leggi regionali, ha affermato che trova applicazione quello più favorevole all’autonomia, estendendo progressivamente il regime di controllo sulle leggi delle Regioni a statuto ordinario previsto dall’art. 127 Cost. alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, atteso che «la soppressione del meccanismo di controllo preventivo» e l’applicazione della disciplina costituzionale richiamata «si traduce in un ampliamento delle garanzie di autonomia» (sentenza n. 408 del 2002; nonché ordinanza n. 377 del 2002) e «realizza una forma più ampia di autonomia» (sentenza n. 533 del 2002).

La Corte, nelle decisioni relative al controllo sulle leggi delle Regioni autonome Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (ordinanza n. 377 del 2002) e Friuli-Venezia Giulia (ordinanza n. 65 del 2002), nonché della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano (sentenza n. 408 del 2002), ha pertanto ritenuto che il sistema di controllo successivo garantisse forme di autonomia più ampie rispetto a quello preventivo, facendo venir meno il potere di condizionamento dell’Esecutivo sull’attività legislativa delle Regioni (sentenze n. 533 e n. 408 del 2002; nonché ordinanza n. 377 del 2002).

3.– Tanto premesso, bisogna altresì rammentare che, per quanto riguarda la Regione siciliana, l’art. 9, comma 1, della legge n. 131 del 2003, impugnato nell’odierno giudizio, sostituendo l’art. 31, comma 2, della legge n. 87 del 1953, fa espressamente salva «la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana».

Detto regime di controllo delle leggi siciliane, delineato dal medesimo statuto di autonomia, era originariamente contrassegnato dai seguenti caratteri principali: competenza dell’Alta Corte per la Regione siciliana, composta di membri «nominati in pari numero dalle Assemblee legislative dello Stato e della Regione» (art. 24), a giudicare «sulla costituzionalità: a) delle leggi emanate dall’Assemblea regionale, b) delle leggi e dei regolamenti emanati dallo Stato, rispetto al presente statuto ed ai fini della efficacia dei medesimi entro la Regione» (art. 25); competenza dell’Alta Corte a giudicare «dei reati compiuti dal Presidente e dagli Assessori regionali nell’esercizio delle funzioni di cui al presente Statuto, ed accusati dall’Assemblea regionale» (art. 26); competenza del Commissario dello Stato a promuovere «presso l’Alta Corte» i giudizi su leggi e regolamenti dello Stato, sulle leggi regionali, sulle accuse a Presidente e Assessori regionali (art. 27); termini molto brevi per il controllo delle leggi regionali: cinque giorni per l’impugnazione da parte del Commissario dello Stato e venti giorni per la decisione dell’Alta Corte, con facoltà di promulgazione, trascorsi trenta giorni dall’impugnazione, da parte del Presidente della Regione (artt. 28 e 29); termini più ampi (trenta giorni) per il Commissario dello Stato e il Presidente della Regione per impugnare le leggi e i regolamenti dello Stato (art. 30).

Occorre altresì ricordare che il richiamato sistema di controllo delle leggi regionali è stato profondamente mutato dalla giurisprudenza di questa Corte.

Con la sentenza n. 38 del 1957, in base al principio dell’unità della giurisdizione costituzionale, questa Corte ha ritenuto assorbite nella propria competenza a giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi, statali e regionali, le competenze per l’innanzi esercitate sulle medesime materie dall’Alta Corte, relativamente ai rapporti tra lo Stato e la Regione siciliana. Con le sentenze n. 38 e n. 112 del 1957, e con la sentenza n. 9 del 1958, questa Corte ha ripetutamente statuito che il termine di venti giorni di cui al primo comma dell’art. 29 dello statuto di autonomia, ai fini della definizione del giudizio di costituzionalità, ha carattere meramente ordinatorio. Con la sentenza n. 6 del 1970, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 26 e 27 dello statuto della Regione siciliana, relativamente alla residua competenza penale dell’Alta Corte circa i reati del Presidente e degli Assessori regionali – peraltro, sino a quel momento, mai concretamente esplicatasi – affermando, tra l’altro, questa Corte, che «contrastano con la Costituzione, nel loro insieme, tutte le norme relative all’Alta Corte, perché in uno Stato unitario, anche se articolantesi in un largo pluralismo di autonomie (art. 5 della Costituzione), il principio della unità della giurisdizione costituzionale non può tollerare deroghe di sorta». Con la sentenza n. 545 del 1989, la Corte, accogliendo l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione prospettata dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti del ricorso proposto dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso una disposizione contenuta in un decreto-legge, ha ritenuto non più operante la competenza – sino a quel momento, peraltro, mai esercitata – di impugnare leggi e regolamenti dello Stato a tutela del rispetto dello statuto siciliano, secondo gli artt. 27 e 30 dello statuto speciale. Questo speciale potere di impugnativa doveva quindi considerarsi caducato a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana e del conseguente assorbimento delle attribuzioni conferite dallo statuto speciale all’Alta Corte nella competenza generale assegnata dalla stessa Costituzione alla Corte costituzionale. Peraltro, detto potere di impugnativa «se si poteva ben giustificare nella fase di primo impianto dell’ordinamento siciliano, quando, in assenza di un sistema di garanzie definitivamente fissate in sede costituzionale, si tendeva ad individuare nel Commissario il garante imparziale del “patto di autonomia” tra l’ordinamento siciliano e l’ordinamento statale – non si giustifica certamente più nell’ambito di un ordinamento costituzionale quale quello attuale, dove il quadro dei rapporti tra Stato e Regioni, ordinarie e speciali, risulta completamente delineato e regolato nonché garantito attraverso un sistema di giustizia costituzionale ispirato a principi unitari».

Sicché, alla stregua delle menzionate decisioni di questa Corte, ciò che residuava del sistema di controllo sulle leggi delineato dallo statuto speciale era costituito dal carattere preventivo del controllo sulle leggi regionali, dalla previsione del Commissario dello Stato per la Regione siciliana quale titolare del potere di loro impugnazione, dal termine di cinque giorni per esercitarlo e dalla facoltà del Presidente della Regione di promulgare la legge decorsi trenta giorni dall’impugnazione qualora entro venti giorni non fosse intervenuta decisione di questa Corte.

Pertanto, il regime di controllo delle leggi della Regione siciliana era divenuto, quanto agli aspetti principali, sostanzialmente analogo a quello allora previsto per le leggi delle altre Regioni ad autonomia speciale e ordinaria, tutte soggette a un sistema di controllo preventivo.

Nondimeno, vigente l’originario titolo V della parte seconda della Costituzione, il sistema di controllo delle leggi siciliane presentava alcuni spazi di maggiore autonomia, non essendo previsto il rinvio all’organo legislativo regionale per un secondo esame e ben potendo il Presidente della Regione promulgare le leggi decorsi trenta giorni dalla loro impugnazione.

Nel periodo immediatamente successivo all’approvazione del vigente titolo V e del citato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 (che aveva disposto in attesa dell’adeguamento degli statuti speciali ai sopravvenuti parametri costituzionali sull’autonomia regionale), è intervenuta la sentenza n. 314 del 2003, emessa posteriormente all’entrata in vigore della disposizione censurata nell’odierno giudizio e in costanza dell’elaborazione di una proposta di revisione dello statuto speciale da parte dell’Assemblea regionale siciliana, rivolta al Parlamento; revisione che non ha mai concluso il suo iter di formazione.

Con la summenzionata pronuncia, la Corte ha deciso la questione degli effetti del richiamato art. 127 Cost. sul peculiare sistema di controllo delle leggi siciliane in difformità da quanto, nel corso dell’anno precedente, era stato affermato per gli altri enti ad autonomia speciale, concludendo per la perdurante applicabilità delle norme statutarie. Ciò in ragione dell’«eccentricità» del procedimento previsto dallo statuto di autonomia, che precluderebbe a questa Corte di poter decidere, con un giudizio di merito, sulla preferibilità dei differenti sistemi di impugnazione, atteso che «si tratta di sistemi essenzialmente diversi, che non si prestano a essere graduati alla stregua del criterio di prevalenza adottato dal menzionato art. 10» (sentenza n. 314 del 2003).

4.– Con l’ordinanza di rimessione della presente questione di legittimità costituzionale la Corte ha ritenuto che la questione meriti di essere riesaminata. Siffatta valutazione permane anche nell’odierno giudizio.

4.1.– Quanto alla rilevanza della questione sollevata, occorre anzitutto osservare che, ai fini della risoluzione della questione di legittimità costituzionale oggetto del giudizio a quo, assume carattere pregiudiziale il profilo dell’ammissibilità dell’impugnazione, da parte del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, delle norme delle delibere legislative approvate dall’Assemblea regionale siciliana, allo stesso pervenute ai sensi dell’art. 28 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), il quale dispone che «Le leggi dell’Assemblea regionale sono inviate entro tre giorni dall’approvazione al Commissario dello Stato, che entro i successivi cinque giorni può impugnarle davanti l’Alta Corte». Da ciò infatti deriva la perdurante applicabilità del peculiare controllo di conformità a Costituzione delle delibere legislative siciliane.

Bisogna altresì rammentare che l’art. 9 della legge n. 131 del 2003 è entrato in vigore in data anteriore alla sentenza n. 314 del 2003, nella quale, tra l’altro, questa Corte ha espressamente affermato che «il sistema di impugnativa delle leggi siciliane previsto dallo Statuto speciale resta tuttora applicabile, come riconosciuto […] anche dall’art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131» (sentenza n. 314 del 2003, punto 3 del Considerato in diritto).

Da quanto detto segue la rilevanza della questione in esame, poiché la disposizione censurata, nella parte in cui esclude le leggi della Regione siciliana dal controllo previsto dall’art. 127 Cost., preclude l’accertamento dell’eventuale cedevolezza delle norme statutarie e la conseguente applicazione del sistema di controllo delle leggi regionali più favorevole all’autonomia. Sicché la questione sollevata nell’odierno giudizio si configura, secondo quanto richiesto dalla costante giurisprudenza di questa Corte, come pregiudiziale e strumentale per definire la questione di legittimità costituzionale principale (ex plurimis, sentenza n. 195 del 1972; nonché ordinanze n. 42 del 2001, n. 197 e n. 183 del 1996, n. 297 e n. 225 del 1995, n. 294 del 1993 e n. 378 del 1992).

4.2.– Nel merito, la questione è fondata.

Secondo l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 e il costante orientamento di questa Corte, le disposizioni della legge appena citata sono destinate a prevalere sugli statuti speciali di autonomia e sono evocabili «solo per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie di quelle già attribuite e non per restringerle, da considerarsi (per la singola Provincia autonoma o Regione speciale) in modo unitario nella materia o funzione amministrativa presa in considerazione» (sentenza n. 103 del 2003). Da ciò segue che l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 presuppone la diversità degli elementi costitutivi e dei tratti identificanti degli istituti comparati, rispettivamente previsti dalle norme costituzionali e da quelle statutarie, al fine di stabilire quali di essi risultino maggiormente vantaggiosi per l’autonomia. Sicché questa Corte, alla stregua della «clausola di maggior favore», allorquando si controverta di istituti chiamati a svolgere la medesima funzione, è tenuta ad effettuare il raffronto tra le norme costituzionali e quelle statutarie speciali (ex plurimis, sentenze n. 274 e n. 103 del 2003).

Nel caso in esame, i due sistemi di controllo delle leggi regionali, l’uno previsto dalla disciplina costituzionale, l’altro da quella statutaria speciale, sono chiamati a svolgere la medesima funzione e sono pertanto comparabili alla stregua del più volte menzionato criterio di preferenza, introdotto dal parametro costituzionale evocato nel presente giudizio. Pertanto la disciplina del controllo e dell’impugnazione delle leggi regionali costituisce misura idonea per la valutazione comparativa ai fini dell’individuazione del sistema che garantisce il maggior grado di autonomia.

Al riguardo, occorre osservare che, già sotto la vigenza dell’originario titolo V della parte seconda della Costituzione, questa Corte ha comparato, in più pronunce, il meccanismo statutario relativo al controllo di costituzionalità delle leggi regionali siciliane con quello riservato dal previgente art. 127 Cost. alle Regioni di diritto comune.

Sul punto, nella sentenza n. 38 del 1957, dopo aver affermato che le competenze dell’Alta Corte per la Regione siciliana sono state assorbite dalla giurisdizione costituzionale, questa Corte ha osservato che «le particolari forme e condizioni di autonomia di cui è parola nell’art. 116 della Costituzione […] giustificano le particolarità dell’impugnazione delle leggi regionali siciliane […] e dei termini relativi», cosicché «l’esistenza di un organo speciale autorizzato a promuovere le questioni di legittimità – il Commissario dello Stato –, e i termini più brevi che l’art. 28 stabilisce, perché l’impugnativa sia valida, bene si inseriscono nella particolare forma di autonomia riconosciuta alla Regione siciliana» (sentenza n. 38 del 1957). Da ciò segue che la Corte ha riconosciuto, allora, la conformità a Costituzione della disciplina speciale, con ciò comparando i due sistemi di controllo rispettivamente riservati alle leggi delle Regioni di diritto comune, da un lato, e alle leggi della Regione siciliana, dall’altro.

Analogo criterio di preferenza è stato applicato nella già richiamata sentenza n. 545 del 1989, con la quale questa Corte ha ritenuto non più operante la competenza del Commissario dello Stato circa l’impugnazione delle leggi e dei regolamenti statali. Con ciò raffrontando i due regimi di controllo sulle leggi, poiché questa Corte ha affermato che il sistema di garanzie fissato dallo statuto siciliano «non si giustifica certamente più nell’ambito di un ordinamento costituzionale quale quello attuale, dove il quadro dei rapporti tra Stato e Regioni, ordinarie e speciali, risulta completamente delineato e regolato nonché garantito attraverso un sistema di giustizia costituzionale ispirato a valori unitari».

Stando ai precedenti richiamati, tanto più alla stregua dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che espressamente prevede l’introduzione della «clausola di maggior favore» ai fini della più compiuta garanzia dell’autonomia speciale, la Corte è tenuta ad effettuare, nei termini sopra precisati, la già richiamata comparazione tra i due regimi di controllo delle leggi regionali.

Né l’argomento dell’«eccentricità» della peculiare disciplina statutaria siciliana può far premio sull’orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte che, ricorrendo al richiamato criterio della prevalenza, ha determinato l’estensione dell’art. 127 Cost. alle altre Regioni ad autonomia differenziata e alle Province autonome, stante la comparabilità dei differenti regimi di controllo di costituzionalità delle loro leggi rispetto alla sopravvenuta disciplina costituzionale. Giova, in particolare, il richiamo alle decisioni relative alla Provincia autonoma di Bolzano, nelle quali non ha rappresentato ostacolo all’estensione della disciplina relativa ai giudizi in via principale, prevista per le Regioni di diritto comune, la circostanza che l’art. 55 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) preveda un peculiare sistema di controllo delle leggi regionali e provinciali (sentenze n. 408 e n. 533 del 2002).

Nelle pronunce da ultimo richiamate, la disciplina statutaria speciale, previgente all’entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, non ha impedito a questa Corte di effettuare la comparazione tra i due sistemi di controllo sulle leggi regionali.

Orbene, anche in base alla costante interpretazione che ha inteso come meramente ordinatorio il termine di venti giorni, previsto dall’art. 29 dello statuto di autonomia per la definizione del giudizio (sentenze n. 9 del 1958 e n. 112 e 38 del 1957), il sistema di controllo vigente per le leggi della Regione siciliana si configura come preventivo. Che esso sia strutturalmente tale è stato, del resto, riconosciuto dalla sentenza n. 13 del 1983, avendo questa Corte allora sostanzialmente affermato che l’efficacia delle sue pronunce, in esito allo speciale sistema di controllo previsto dalle norme statutarie siciliane, non può subire disallineamenti di carattere temporale.

Da quanto detto segue che il peculiare controllo di costituzionalità delle leggi dello statuto di autonomia della Regione siciliana – strutturalmente preventivo – è caratterizzato da un minor grado di garanzia dell’autonomia rispetto a quello previsto dall’art. 127 Cost. Al riguardo, questa Corte ha infatti affermato che «la soppressione del meccanismo di controllo preventivo delle leggi regionali, in quanto consente la promulgazione e l’entrata in vigore della legge regionale […] si traduce in un ampliamento delle garanzie di autonomia» (ex plurimis, ordinanza n. 377 del 2002).

Sulla base della richiamata giurisprudenza di questa Corte, per effetto del più volte menzionato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, deve pertanto estendersi anche alla Regione siciliana il sistema di impugnativa delle leggi regionali, previsto dal riformato art. 127 Cost., atteso che detto regime, alla stregua della summenzionata «clausola di maggior favore», configura una «forma di autonomia più ampia» rispetto al sistema di impugnazione attualmente in vigore per le leggi siciliane (sentenze n. 408 e n. 533 del 2002, nonché ordinanza n. 377 del 2002).

Siffatta estensione è, al momento, impedita proprio dalla norma della cui legittimità costituzionale si dubita; deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 2, della legge n. 87 del 1953, come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge n. 131 del 2003, limitatamente alle parole «Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana,».

5.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale del frammento normativo che manteneva fermo il particolare sistema di controllo delle leggi siciliane rende non più operanti le norme statutarie relative alle competenze del Commissario dello Stato nel controllo delle leggi siciliane, alla stessa stregua di quanto affermato da questa Corte con riguardo a quelle dell’Alta Corte per la Regione siciliana (sentenza n. 38 del 1957), nonché con riferimento al potere del Commissario dello Stato circa l’impugnazione delle leggi e dei regolamenti statali (sentenza n. 545 del 1989).

Sicché gli artt. 27 (per la perdurante competenza del Commissario dello Stato ad impugnare le delibere legislative dell’Assemblea regionale siciliana), 28, 29 e 30 dello statuto di autonomia non trovano più applicazione, per effetto dell’estensione alla Regione siciliana del controllo successivo previsto dagli artt. 127 Cost. e 31 della legge n. 87 del 1953 per le Regioni a statuto ordinario, secondo quanto già affermato dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte per le altre Regioni ad autonomia differenziata e per le Province autonome.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), limitatamente alle parole «Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana,».

Redazione

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