Decreto Sblocca Italia, il Dossier del servizio studi del Senato

Di seguito il testo del Dossier del Servizio Studi del Senato sul decreto Sblocca Italia

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Servizio studi

A.S. n. 1651

Dossier del Servizio Studi sull’A.S. n. 1651 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive” – Edizione provvisoria

Riferimenti:

  • A.S. 1651

Classificazione Teseo: AMBIENTE, ENERGIA, INDUSTRIA EDILIZIA, MISURE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE, OPERE PUBBLICHE, PIANI DI SVILUPPO, TRASPORTI

 

Avvertenza

Al fine di fornire l’informazione più tempestiva, il presente dossier è stato predisposto in edizione provvisoria sulla base dei testi normativi via via disponibili nel corso della sua redazione, tenuto conto del ridotto tempo intercorso tra la definitiva edizione dell’A.S. n. 1651 e l’avvio del relativo esame parlamentare.

Nel rinviare pertanto all’A.S. n. 1651, quale unico testo normativo ufficiale, si è grati fin d’ora per ogni segnalazione di eventuali inesattezze, anche al fine di una prossima edizione.

Le schede sono state redatte sulla base dei dossier del Servizio Studi della Camera relativi, rispettivamente, all’A.C. 2629 e all’A.C. 2629-A.

Articolo 1, commi 1-9

(Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli – Bari e Palermo-Catania-Messina)

L’articolo 1 prevede la nomina dell’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari (comma 1) e ne disciplina i compiti e i poteri(comma 2). Per finalità di riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione dell’opera, con particolare riguardo alla tratta appenninica Apice-Orsara, al Commissario, è assegnato il compito di rielaborare i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati facendo salva, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, la previsione progettuale della stazione ferroviaria in superficie lungo la tratta appenninica Apice-Orsara. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 2-bis, prevedendo obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la pubblicità dei processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche, nonché la pubblicazione degli atti di pianificazione in materia di governo del territorio. Il comma 4 prevede, per gli interventi in questione, la convocazione di una conferenza di servizi entro 15 giorni dall’approvazione dei progetti definitivi. La Camera dei deputati ha soppresso il riferimento ai progetti definitivi per consentire l’anticipazione della convocazione della conferenza dei servizi anche entro quindici giorni dall’approvazione dei progetti preliminari. Un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, trasferisce dal Commissario alla deliberazione del Consiglio dei Ministri la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo della conferenza di servizi nei casi di motivato dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Ai sensi del comma 6 il Commissario può avvalersi a titolo gratuito, nell’ambito di una apposita convenzione firmata dal Ministro delle infrastrutture, dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. al fine di gestire i rapporti con i territori interessati per una migliore realizzazione delle opere e, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al fine di favorire l’informazione, il coinvolgimento ed i rapporti con i territori interessati per migliorare la realizzazione dell’opera. Secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati al comma 8, è prevista la rendicontazione annuale delle spese di realizzazione della tratta ferroviaria Napoli-Bari, da parte del Commissario, entro il 31 gennaio dell’esercizio successivo a quello di riferimento e la pubblicazione del rendiconto semestrale sul sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle regioni interessate dall’attraversamento della tratta ferroviaria Napoli-Bari. La Camera dei deputati ha aggiunto un comma 8-bis che, al fine di non superare i limiti del patto di stabilità, autorizza il Commissario a richiedere i trasferimenti di cassa, in via prioritaria, a valere sulle risorse di competenza nazionale, e, successivamente, sulle risorse di competenza regionale, che insieme concorrono a determinare la copertura finanziaria dell’opera.

Ulteriori disposizioni riguardano la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza degli interventi (comma 3), nonché il loro finanziamento (comma 7), e le procedure di acquisizione degli atti di assenso sia in conferenza di servizi che successivamente. Le predette disposizioni per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari si applicano anche alla realizzazione dell’asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina (comma 9).

Articolo 1, commi 10-11-quater

(Approvazione del Contratto di Programma con RFI; Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria; approvazione dei contratti di programma sottoscritti dall’ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale; investimenti negli aeroporti e regolazione dei diritti aeroportuali)

Il comma 10 dell’art. 1 dispone l’approvazione del Contratto di Programma 2012-2016 parte Investimenti tra RFI e MIT, stipulato l’8 agosto 2014, con la finalità di consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale;secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, è prevista l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari sul contratto di programma, prima della sua stipula definitiva, da effettuare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione; il medesimo comma assegna una quota pari a 220 milioni di euro di risorse già stanziate, quale contributo in conto impianti a favore di RFI per gli interventi di manutenzione straordinaria previsti nel Contratto di Programma parte Servizi 2012-2014, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, si escludono dal patto di stabilità interno negli anni 2014 e 2015 le spese per l’esecuzione di opere volte all’eliminazione dei passaggi a livello, a condizione che RFI disponga dei relativi progetti esecutivi, immediatamente cantierabili alla data di entrata in vigore della legge di conversione. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 10-bis che prevede la redazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria che individui le linee da ammodernare sia nel settore merci che in quello passeggeri. Il piano dovrà essere redatto in collaborazione con le associazioni di categoria e reso pubblico secondo le modalità del Codice dell’amministrazione digitale.

Il comma 11 dispone l’approvazione con decreto ministeriale dei contratti di programma sottoscritti dall’ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale, per consentire l’avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma; secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, il termine per l’adozione del predetto decreto è fissato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge oggetto della presente scheda di lettura. La Camera dei deputati ha introdotto tre nuovi commi; il comma 11-bis, prevedendo che il modello tariffario e il livello dei diritti aeroportuali dei singoli aeroporti siano elaborati entro ottanta giorni dall’apertura della consultazione tra gestore e utenti (le compagnie che operano nello scalo) e siano trasmessi all’Autorità di regolazione dei trasporti che li deve approvare entro i successivi quaranta giorni; decorso il termine la tariffa aeroportuale entra in vigore, fatta salva la possibilità dell’Autorità di sospenderla successivamente; per i contratti di programma vigenti resta ferma la disciplina prevista dai medesimi contratti, salvo il rispetto del termine complessivo di centoventi giorni dall’apertura della consultazione con gli utenti sopra indicato per la definizione dei livelli tariffari. Il comma 11-ter esclude che possa essere promossa la procedura di soluzione delle controversie tra i gestori aeroportuali e gli utenti aeroportuali, quando essa riguarda il piano di investimento approvato dall’Ente nazionale per l’aviazione civile e le relative conseguenze tariffarie né quando il piano di investimento risulta già approvato dalle competenti amministrazioni. Il comma 11-quater detta un regime speciale per la fissazione dei diritti aeroportuali per il 2015, relativamente agli aeroporti i cui contratti di programma siano scaduti al 31 dicembre 2014; tale regime prevede l’applicazione del tasso di inflazione programmata ai livelli 2014, fino all’entrata in vigore dei livelli tariffari elaborati dai gestori aeroportuali previa consultazione degli utenti sulla base dei modelli approvati dall’Autorità di regolazione dei trasporti; l’Autorità ha reso noti i modelli tariffari il 22 settembre 2014, successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge.

Articolo 2

(Semplificazioni procedurali per le infrastrutture strategiche affidate in concessione)

L’articolo 2 introduce la possibilità di caducazione delle concessioni relative a infrastrutture strategiche nel caso di mancata attestazione della sostenibilità economico-finanziaria dei vari stralci delle infrastrutture stesse e disciplina l’applicazione di alcune norme in materia di concessioni alle infrastrutture in finanza di progetto le cui proposte sono dichiarate di pubblico interesse.

Articolo 3, commi 1-7

(Fondo “sblocca cantieri”)

Il comma 1 prevede un rifinanziamento di 3.890 milioni di euro del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal (cd. “sblocca cantieri”) per consentire nell’anno 2014 la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori; la Camera dei deputati ha ridotto il rifinanziamento portandolo a 3.851 milioni di euro, per scorporare la quota relativa all’anno 2013, esercizio ormai concluso, e prevedendo un nuovo finanziamento di pari valore mediante l’inserimento del comma 1-bis. Il comma 2prevede l’emanazione di uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con cui si provvede all’assegnazione delle risorse occorrenti, a valere sulle risorse del fondo stanziate dal comma 1. Rispetto alle vigenti modalità di assegnazione del Fondo, che fanno rinvio a decreti interministeriali e a delibere del CIPE, si prevede, pertanto, solo l’emanazione di decreti interministeriali. E’ lo stesso comma 2 ad elencare gli specifici interventi da finanziare. L’unico vincolo nella destinazione delle risorse fissato nella norma è quello stabilito nel comma 3, che riserva 100 milioni di euro agli interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di competenza dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche. La Camera dei deputati ha novellato il comma 3 specificando le finalizzazioni delle richieste di finanziamento inoltrate dagli enti locali relative alle opere segnalate dai comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri dal 2 al 15 giugno 2014 o alle domande inviate nell’ambito del Programma “Seimila Campanili”. Il comma 4 provvede alla copertura finanziaria. Il comma 5 prevede la revoca dei finanziamenti assegnati a valere sulle risorse del Fondo – in conseguenza del rifinanziamento disposto ai sensi del comma 1. Ai sensi del comma 6, le risorse revocate confluiscono nel “Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di cui all’articolo 6 della legge 798/1984 istituito dall’art. 32, comma 1, del decreto-legge 98/2011. E’ lo stesso comma 6 a stabilire l’attribuzione prioritaria delle risorse revocate agli interventi puntualmente indicati che, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati,sono integrati con ulteriori specifici interventi infrastrutturali. In base al comma 7, con i medesimi decreti interministeriali di assegnazione delle risorse sono stabilite, in ordine a ciascun intervento, le modalità di: utilizzo delle risorse assegnate; monitoraggio dell’avanzamento dei lavori; applicazione di misure di revoca.

Articolo 3, commi 8, 9, 9-bis e 11

(Ulteriori disposizioni riguardanti le opere strategiche)

Il comma 8 prevede la conferma del finanziamento pubblico assegnato al collegamento Milano-Venezia – secondo lotto Rho-Monza, disposto dalla delibera CIPE 60/2013. Il comma 8, inoltre, provvede ad assegnare definitivamente alla società ANAS S.p.A. le risorse finanziarie per il completamento dell’intervento “Itinerario Agrigento – Caltanissetta – A19 – Adeguamento a quattro corsie della SS 640 tra i km 9+800 e 44+400”. La Camera dei deputati ha integrato il comma 8 con un nuovo periodo, in base al quale le risorse relative alla realizzazione degli interventi concernenti il completamento dell’asse autostradale Salerno-Reggio Calabria di cui alla delibera CIPE 62/2011 sono erogate direttamente ad ANAS S.p.A., a fronte dei lavori già eseguiti. Il comma 9 disciplina il finanziamento delle opere strategiche incluse nell’11° allegato infrastrutture che alla data della data di entrata in vigore del decreto-legge non sono state ancora avviate e per le quali era prevista una copertura parziale o totale a carico delle annualità 2007-2013 del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), prevedendo che tali opere confluiscono automaticamente nel nuovo periodo di programmazione 2014-2020. La Camera dei deputati ha aggiunto un nuovo comma 9-bis, che introduce una procedura per il finanziamento in via prioritaria delle opere incluse nell’XI Allegato infrastrutture che soddisfano particolari condizioni. Il comma 11 abroga alcune disposizioni procedimentali riguardanti gli interventi di adeguamento della SS “Telesina” e il collegamento Termoli-San Vittore.

Articolo 3, comma 10

(Ruolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nei programmi ESPON e URBACT)

Il comma 10 conferma il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti autorità nazionale capofila e capo delegazione dei Comitati di sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON (acronimo di European Spatial Planning Observatory Network) e URBACT. La stessa norma precisa che tale conferma viene sancita in considerazione di quanto già previsto dalla delibera CIPE n. 158/2007 ed in relazione alla missione istituzionale di programmazione e sviluppo del territorio propria del Ministero.

Articolo 3, comma 12

(Infrastrutture carcerarie)

Il comma 12 dispone il trasferimento, nel 2014, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati,alle amministrazioni interessate, delle risorse disponibili sulla contabilità speciale intestata al commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie, cessato dalle sue funzioni il 31 luglio 2014.

Articolo 3, commi 12-bis e 12-ter

(Viabilità a servizio della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia)

I commi 12-bis e 12-ter, aggiunti dalla Camera dei deputati, autorizzano la spesa di 487.000 per il 2014 per il completamento degli interventi infrastrutturali di viabilità stradale necessari a garantire l’integrale attuazione della Convenzione tra l’Italia e la Francia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970 riguardante il tratto situato in territorio francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia.

Articolo 4, commi 1 e 2

(Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti Locali)

L’articolo 4 stabilisce alcune misure dirette a favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014.

In particolare, il comma 1 prevede che, in caso di mancato accordo tra le amministrazioni partecipanti al procedimento per la realizzazione dell’opera, vi sia la possibilità di riconvocare la conferenza di servizi al fine di riesaminare i pareri ostativi. In tal caso, qualora l’ente abbia necessità di definire il procedimento in tempi celeri, tutti i termini dei lavori della conferenza, previsti dalla disciplina generale in materia (art. 14 ss., L. n. 241/1990) sono ridotti della metà.

La disposizione fa salva la possibilità per l’amministrazione procedente, in caso di dissenso motivato da parte delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (salute, pubblica incolumità, paesaggio, ambiente), di demandare la decisione al Consiglio dei Ministri, che dovrà comunque intervenire nei termini ridotti.

Il comma 1 è stato modificato dalla Camera dei deputati in sede di conversione.

Si estende l’applicazione dell’articolo in esame anche alle opere inserite nell’Elenco-anagrafe nazionale delle opere incompiute istituita dall’art. 44-bis del D.L. 201/2011.

e il dimezzamento dei termini della conferenza di servizi non opera, ove vi sia la necessità di definire il procedimento in tempi celeri, bensì in caso riconvocazione della conferenza stessa.

Nel caso in cui il procedimento per la realizzazione dell’opera segnalata non si sia perfezionato per altre difficoltà amministrative, il comma 2 riconosce in capo ai comuni la facoltà di avvalersi di una cabina di regia, appositamente istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Gli enti potranno avvalersi di tale organismo a “scopo consulenziale- acceleratorio” senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 4, commi 3-4, 5-7 e 9

(Esclusione di pagamenti effettuati dagli enti territoriali dai vincoli del patto di stabilità e rifinanziamento di interventi di ricostruzione in Abruzzo)

I commi 3-4 prevedono l’esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti, effettuati dai comuni, connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La deroga è concessa nel limite di 250 milioni di euro per l’anno 2014.

I commi 5 e 6 disciplinano l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015 dei pagamenti relativi a debiti in conto capitale, sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, per un importo complessivamente pari a 300 milioni di euro (l’esclusione opera nel limite di 200 milioni per l’anno 2014 e di 100 milioni per l’anno 2015).

Il comma 5-bis stabilisce che rilevano ai fini della predetta esclusione solo i debiti presenti nella apposita piattaforma elettronica per la certificazione di crediti, connessi a determinate tipologie di spesa (in particolare, quelli ascrivibili ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2512 per gli enti locali e ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2138 per le regioni), escluse le spese afferenti la sanità.

Il comma 7 interviene sulla disposizione della legge di stabilità 2012 che ha introdotto l’esclusione dal calcolo del saldo rilevante ai fini del patto di stabilità interno dei pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni nell’anno 2014, prevedendo che l’esclusione dal computo del saldo riguarda soltanto i pagamenti effettuati nei primi sei mesi dell’anno 2014 (e non tutti quelli effettuati nel corso dell’anno) e che gli spazi finanziari resi disponibili dalla predetta esclusione, operante nel primo semestre, devono essere utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale da sostenere nel corso dell’intero anno 2014, e non soltanto nel primo semestre.

Il comma 9 reca la norma di compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dalle disposizioni recate dai commi 3, 5 e 8 dell’articolo in esame, quantificati in complessivi 450 milioni per il 2014, 180 milioni per il 2015, 100 milioni per il 2016 e 70 milioni per il 2017.

Articolo 4, comma 4-bis

(Modifica al comma 88 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013)

Il comma 4-bis, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, inserisce tra i finanziamenti oggetto di revoca da parte del CIPE, quelli previsti dal decreto-legge n. 112/2008, qualora non si sia proceduto al relativo bando di gara, al fine di finanziare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane.

Articolo 4, comma 8

(Rifinanziamento della ricostruzione in Abruzzo)

Il comma 8 dell’articolo 4 dispone il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l’anno 2014, in termini di sola competenza (vale a dire in termini di solo saldo netto da finanziare), dell’autorizzazione di spesa finalizzata alla prosecuzione degli interventi per la ricostruzione privata nei territori della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, al fine di consentire la prosecuzione della concessione dei contributi finalizzati alla ricostruzione in Abruzzo, provvedendo, altresì, alla relativa copertura finanziaria.

Articolo 4, commi 8-bis, 8-ter e da 8-quinquies a 8-octies

(Misure per la ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009)

I commi 8-bis, 8-ter e da 8-quinquies a 8-octies, introdotti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati,sono volti a introdurre alcune misure per la ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009.

Il comma 8-bis, prevede una garanzia dello Stato per i finanziamenti erogati per la ricostruzione. Dispone, infatti, che i finanziamenti contratti dalle banche al fine di concedere finanziamenti assistiti da garanzia dello Statoper la ricostruzione o riparazione di immobili adibiti ad abitazione principale ovvero per l’acquisto di nuove abitazioni, sono assistiti dalla garanzia dello Stato, concessa con D.M.

Il comma 8-ter riguarda la proroga dei contratti di locazione per nuclei familiari con disabili o in situazioni di disagio economico-sociale.

Il comma 8-quinquies interviene sulle competenze sulla gestione delle abitazioni del Progetto Case e dei Moduli abitativi provvisori (MAP) e stabilisce l’obbligo per tutti gli assegnatari di alloggi del Progetto Case e MAP del pagamento del canone concessorio fissato dai comuni e delle spese per Ia manutenzione ordinaria degli stessi e delle parti comuni.

I commi 8-sexies e 8-septies riguardano l’erogazione e il riconoscimento dei contributi per la ricostruzione di immobili privati.

Il comma 8-sexies prevede l’obbligo, in fase di esecuzione delle sentenze di condanna dei Comuni e degli Uffici speciali, a carico del commissario ad acta, nominato dall’Autorità giudiziaria, di rispettare l’ordine di priorità nell’erogazione dei contributi a fondo perduto, predisposto dal Comuni in conformità ai vincoli della pianificazione della ricostruzione e della programmazione finanziaria e di bilancio e della assunzione a protocollo delle richieste di contributo, in merito alle domande presentate dai privati per l’unità immobiliare da riparare o ricostruire ovvero da acquistare, sostitutiva dell’abitazione principale distrutta.

Il comma 8-septies stabilisce che il termine di conclusione dell’istruttoria per il riconoscimento del contributi alla ricostruzione degli immobili privati danneggiati dal sisma, decorre dalla data in cui l’ufficio prende in carico la pratica comunicando all’istante l’avvio del procedimento.

Il comma 8-octies prevede che gli Uffici speciali si avvalgano del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.

Articolo 4, comma 8-quater

(Copertura oneri previsti per i territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009)

Il comma 8-quater, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede che agli oneri previsti dal presente articolo per i territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009 si fa fronte nei limiti delle risorse effettivamente disponibili di cui all’articolo 14, comma 1 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, che ha previsto l’assegnazione da parte del CIPE di una quota annuale, nell’ambito della dotazione dell’ex Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).

Articolo 4, comma 9-bis

(Pagamento debiti PA – Cassa Depositi e Prestiti SpA)

Il comma 9-bis, inserito nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, autorizza la Cassa depositi e prestiti S.p.A., al fine di consentire l’integrale attribuzione delle risorse aggiuntive autorizzate dal D.L. n. 102/2012, ad acquisire le richieste di anticipazione di liquidità da parte degli enti locali non pervenute entro i termini stabiliti a causa di errori meramente formali relativi alla trasmissione telematica.

Articolo 4, comma 9-ter

(Pagamento debiti PA)

Il comma 9-ter, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, integra le disposizioni dell’articolo 1, comma 10-bis, del D.L. n. 35/2013 (pagamento dei debiti delle PA), con riferimento specifico al pagamento dei debiti fuori bilancio, precisando il criterio contabile necessario per procedere al pagamento dei suddetti debiti fuori bilancio, in particolare, stabilendo, ove necessario, il previo incremento fino a pari importo degli stanziamenti iscritti in bilancio per il pagamento dei debiti pregressi, comunque denominati.

Articolo 4, comma 9-quater

(Deroga al Patto di stabilità interno)

Il comma 9-quater, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, dispone una deroga al patto di stabilità delle regioni e delle province autonome per l’anno 2014, già prevista per l’anno 2013 dal D.L. 35/2013. A tal fine, non rilevano, i trasferimenti effettuati dalle regioni e dalle province in favore degli enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali, effettuati a valere sulle entrate derivanti dalle norme che hanno stanziato apposite risorse per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni.

Articolo 4-bis

(Pubblicazione dei dati in formato aperto)

L’articolo 4-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati, dispone in ordine alla pubblicazione dei dati relativi alle opere infrastrutturali di cui agli articoli 1, 3 e 4: sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; secondo le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 82/2005); in formato aperto.

Articoli 5 e 5-bis

(Norme in materia di concessioni autostradali e dell’asse autostradale che connette l’autostrada A22, dal casello di Reggiolo-Rolo, con l’autostrada A23, al casello di Ferrara Sud, denominato «Autostrada Cispadana»)

L’articolo 5 consente, nel testo vigente ed invece impone, secondo le novelle approvate dalla Camera dei deputati,ai concessionari di tratte autostradali nazionali di avviare una procedura di modifica del rapporto concessorio e di predisporre un nuovo piano economico-finanziario per la stipula di un atto aggiuntivo o di un’apposita convenzione unitaria (commi 1-2), precisando che l’affidamento dei lavori, nonche dei servizi e delle forniture, ulteriori rispetto a quelli previsti nelle vigenti convenzioni (il testo vigente limita tale ambito agli interventi di importo superiore alla soglia comunitaria) devono essere affidati secondo le procedure di evidenza pubblica (comma 3). Lo stesso articolo approva gli schemi di convenzione e i relativi piani economico-finanziari relativi alle concessioni autostradali A21 “Piacenza Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda (PC)” e A3 “Napoli-Pompei-Salerno”. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 4-bis, al fine di precisare che l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, in esame, è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell’Unione europea. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 4-ter, al fine di destinare gli introiti pubblici derivanti dai canoni di concessioni autostradali, provenienti dalla modifica del rapporto concessorio: ad interventi di manutenzione delle rete stradale in gestione all’ANAS SPA, al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, per finalità di investimenti e compensazioni ambientali, al Fondo nazionale per la montagna. La Camera dei deputati ha aggiunto un nuovo articolo 5-bis che contiene norme relative al subentro del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rispetto alla Regione Emilia Romagna, nella concessione per la costruzione e la gestione dell’’Autostrada Cispadana, vale a dire dell’asse autostradale che connette la A22, dal casello di Reggiolo-Rolo con la A13, al casello di Ferrara sud.

Articolo 6, comma 1

(Agevolazioni per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga)

Il comma 1 prevede la concessione, fino al 31 dicembre 2015, di un credito d’imposta IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell’investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, attraverso l’introduzione, nell’articolo 33 del decreto-legge n. 179/2012, dei nuovi commi da 7-ter a 7-octies (sulla cui numerazione e contenuto impattano alcuni emendamenti approvati dalla Camera dei deputati).

Le caratteristiche degli interventi finanziabili sono definiti ai commi 7-ter, 7-quater e 7-quinquies, mentre i commi 7-septies e 7-octies indicano la procedura per l’accesso al credito e per il monitoraggio degli interventi. In particolare, il comma 7-sexies specifica che il credito d’imposta non costituisce ricavo ai fini IRAP e delle imposte dirette. Possono accedere al credito d’imposta gli interventi infrastrutturali, per i quali non siano previsti contributi pubblici a fondo perduto, destinati alla realizzazione di servizi a banda ultralarga all’utente (la Camera ha eliminato il requisito per cui sono realizzati su rete fissa e mobile, precisando invece che devono essere relativi alla rete di accesso); la nomenclatura è stata precisata dalla Camera dei deputati. Gli interventi devono essere nuovi e aggiuntivi e non rientranti in atti o piani approvati entro il 31 luglio 2014 (la Camera dei deputati ha aggiunto una clausola che lega tali atti all’entrata in vigore della disposizione); occorre che soddisfino un obiettivo di pubblico interesse previsto dalla comunicazione della Commissione europea relativa all’Agenda digitale; devono prevedano interventi di importo non inferiore a determinate soglie (per quella più alta la Camera dei deputati ha precisato che nel primo anno va assicurata la connessione di tutti gli edifici scolastici e che i benefici fiscali, se il termine di completamento è esteso a due anni, si prolungano sulle attività produttive relative al 2016); occorre anche che le condizioni di mercato siano insufficienti a garantire l’investimento privato sia realizzato entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (la Camera dei deputati ha precisato che il termine è di tre anni se gli investimenti superano i 50 milioni di euro).

La Camera dei deputati ha anche disposto che siano ammessi al beneficio tutti gli interventi infrastrutturali attraverso cui è possibile fornire il servizio, purché non ricadenti in aree nelle quali già sussistano idonee infrastrutture o vi sia già un fornitore di servizi di rete a banda ultralarga con le suddette caratteristiche di rete, eguali o superiori a quelle dell’intervento per il quale è richiesto il contributo. È ammessa al beneficio la costruzione di cavidotti, cavi in fibra ottica, armadi di terminazione ottica e tralicci. Non sono ammessi i costi per apparati tecnologici di qualunque natura. Per accedere al beneficio è necessario operare una manifestazione d’interesse per ciascuna area attraverso una “prenotazione” da effettuare sull’apposito sito web del Ministero (dotata di apposita sezione recante la classificazione delle aree, ai fini del Piano strategico banda ultralarga in cui sono distinti gli interventi a 30 Mbit/s e a 100 Mbit/s); il conflitto di prenotazione, l’obbligo di trasmettere un progetto esecutivo firmato digitalmente e l’indicazione di tutte le aree sono oggetto di previsioni introdotte dalla Camera dei deputati, che ha anche modificato la disposizione concernente i decreti attuativi.

Articolo 6, commi 2, 3 e 4

(Norme di semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici)

Il comma 2 modifica le norme di semplificazione in materia di procedure di scavo e posa dei cavi finalizzate alla diffusione della banda larga e ultralarga. Il comma 3 prevede che possano essere effettuate con un’autocertificazione descrittiva della variazione dimensionale, da inviare contestualmente alla realizzazione dell’intervento, le modifiche degli impianti già abilitati che comportino aumenti delle altezze non superiori a un metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, al fine di accelerare la realizzazione degli impianti di banda larga mobile che, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, si estende alle reti di comunicazione elettronica e comunque rispettando i limiti sulle esposizioni a campi elettrici ed elettromagnetici. La Camera dei deputati ha inserito un nuovo comma 3-bis prevedendo che le opere infrastrutturali in fibra ottica per la banda ultralarga, anche all’interno degli edifici, siano ricomprese tra gli oneri di urbanizzazione primaria. Il comma 4 introduce una deroga all’obbligo di autorizzazione paesaggistica per la installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile che, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, si estende alle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici.

Articolo 6, comma 3-bis

(Opere di urbanizzazione per comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica)

Il comma 3-bis – introdotto alla Camera – inserisce tra le opere di urbanizzazione primaria – attraverso una modifica della legge n. 847/1964 – le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione (di cui agli articoli 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche) e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga effettuate anche all’interno degli edifici.

Articolo 6, comma 5

(Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici)

Il comma 5 modifica il campo di applicazione dei valori di attenzione per la protezione dalle esposizioni a i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ad alte frequenze (quelli cioè generati da sorgenti fisse con frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz , quali ad es. gli impianti radiotelevisivi e quelli di telecomunicazioni) contemplati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003.

Articolo 6, commi 5-bis e 5-ter

(Installazione di nuove stazioni radio base su infrastrutture dell’autorità aeronautica)

I commi 5-bis e 5-ter, aggiunti dalla Camera dei deputati, semplificano l’installazione su infrastrutture dell’autorità aeronautica di nuove stazioni radio base e relative modifiche, qualora non comportino variazioni plano-altimetriche per direzioni e/o ingombro e non comportino rischi per la navigazione aerea; è dettata, altresì, la disciplina per i casi diversi da quelli di cui al comma 5-bis, cioè per le installazioni e le modifiche di stazioni radio base oggetto di valutazione di compatibilità per ostacoli e pericoli alla navigazione aerea; in tale caso i termini di rilascio del nulla osta da parte dell’autorità aeronautica competente si intendono conformi a quanto disciplinato da Codice delle comunicazioni elettroniche.

Articolo 6, comma 5-quater

(Oneri per occupazione – banda larga)

Il comma 5-quater dà facoltà alle pubbliche amministrazioni di esentare l’operatore dal pagamento di oneri, in caso di occupazione dei beni immobili pubblici o occupazione di spazi e aree pubbliche e dei beni del demanio idrico per colmare il divario digitale, in relazione alla banda larga. La norma conferma il solo obbligo di ripristino dello stato dei luoghi.

Articolo 6, comma 5-quinquies

(Facoltà di esonero del pagamento oneri, tasse o indennizzi degli operatori di reti a banda larga e ultralarga)

Il comma 5-quinquies, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede la possibilità che le pubbliche amministrazioni, regioni, province, comuni ed enti o società a partecipazione pubblica, nel caso di occupazione dei beni immobili pubblici nonché di occupazione di spazi e aree pubbliche, con esclusivo riferimento alle infrastrutture funzionali alla realizzazione di reti a banda larga e ultralarga, esentino l’operatore dal pagamento degli oneri, tasse o indennizzi.

Articolo 6, comma 5-sexies

(progetto nazionale della banda ultralarga)

Il comma 5-sexies – introdotto alla Camera – prevede che venga data attuazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, al progetto nazionale della banda ultralarga, autorizzato dalla Commissione europea, attraverso l’utilizzo di parte delle risorse già stanziate per 20,75 milioni di euro per l’anno 2014.

Articolo 6-bis

(Istituzione del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture)

L’articolo aggiuntivo – introdotto dalla Camera dei deputati – è finalizzato a individuare, mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, regole tecniche per la costituzione del sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture. Tale sistema dovrà essere realizzato con dati di tipo aperto ed interoperabile, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale. La norma reca anche una clausola di invarianza degli oneri, nonché l’obbligo di far confluire nel Sistema tutte le banche di dati contenenti informazioni sulle infrastrutture di banda larga e ultralarga.

Articolo 6-ter

(Disposizioni per l’infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica)

L’articolo 6-ter, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, al comma 1 introduce un comma 4-ter all’articolo 91 del decreto legislativo n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni) ove si prevede la possibilità per l’operatore di comunicazione durante la fase di sviluppo della fibra ottica di installare a proprie spese gli elementi di rete nei ed in appoggio ai percorsi aerei di altri servizi di pubblica utilità purché non venga alterato l’aspetto esteriore dell’immobile, né arrecati danno o pregiudizio al medesimo.

Il comma 2 aggiunge un articolo 135-bis al D.P.R. n. 380 del 2001, ove si prevede, al comma 1, l’obbligo di dotare gli edifici di nuova realizzazione – con domanda di autorizzazione edilizia presentata dopo il 1° luglio 2015 – di impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete. L’obbligo si applica non solo agli edifici di nuova costruzione, ma anche agli edifici preesistenti, quando siano oggetto di interventi per i quali venga comunque richiesto un permesso di costruire successivamente al 1° luglio 2015.

Articolo 7, commi 1-9-bis

(Norme in materia di gestione di risorse idriche; interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico)

Il comma 1 introduce una serie di modifiche al cd. Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006).

La lettera a) è finalizzata ad uniformare, in tutto il testo della parte III del Codice, le denominazioni degli organi di governo degli ambiti idrici, in seguito alla soppressione delle autorità d’ambito (AATO) e alla loro sostituzione con i nuovi soggetti individuati dalle leggi regionali.

La lettera b) prevede, al numero 1), l’obbligatorietà della partecipazione degli enti locali agli enti d’ambito e il conseguente trasferimento, a tali enti di governo, delle competenze spettanti agli enti locali in materia di gestione delle risorse idriche.

Una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati ha previsto il termine perentorio del 31 dicembre 2014 entro il quale le Regioni devono emanare una delibera di individuazione degli enti di governo dell’ambito territoriale ottimale (EGATO).

Il numero 2) della lettera b) prevede poteri sostitutivi in capo alla regione, nei casi di mancata adozione da parte dell’ente locale della delibera di adesione all’ente d’ambito.

A seguito di un emendamento approvato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il termine per l’adesione, da parte degli enti locali, agli enti di governo dell’ambito territoriale ottimale (EGATO).

Il numero 3) ripristina il requisito dell’unicità della gestione, in luogo di quello (meno stringente) dell’unitarietà, che era stato introdotto nel testo del Codice dal D.Lgs. 4/2008 (c.d. secondo correttivo al Codice).

Il numero 4) disciplina il caso in cui l’ambito territoriale ottimale (ATO) coincide con l’intero territorio regionale.

Nel corso dell’esame in prima lettura è stata introdotta una modifica alla lettera b), numero 4), del comma 1volta a fare salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

Nel corso dell’esame preso la Camera dei deputati è stata inserita una nuova lettera b-bis) del comma 1 in cui si prevede che il il programma degli interventi debba tener conto della domanda dell’utenza collocata nelle zone montane e/o a minore densità di popolazione

Le lettere c) e d) riscrivono la disciplina relativa alla scelta della forma di gestione e alle procedure di affidamento del servizio idrico.

La Camera dei deputati ha modificato la lettera d) del comma 1. La modifica riguarda in particolare il comma 1 del nuovo articolo 149-bis, che, tra l’altro, prevede che l’ente di governo dell’ATO provveda all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Tale comma viene integrato nel senso di stabilire che l’affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento europeo per la gestione cosiddetta in house, partecipata esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell’ATO.

La Camera dei deputati ha aggiunto alla lettera d) del comma 1 una nuova previsione volta a sopprimere la disciplina che regola la dismissione delle partecipazioni azionarie dell’Acquedotto pugliese detenute a livello regionale con procedure di evidenza pubblica nel rispetto della disciplina comunitaria in materia.

La Camera dei deputati ha altresì aggiunto alla lettera d) del comma 1 una disposizione secondo cui le procedure di gara per l’affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio. Conseguentemente, sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è stato aggiunto il numero 3-bis) alla lettera e) del comma 1 al fine di includere nel contenuto delle convenzioni tipo la previsione delle opere da realizzare durante la gestione del servizio, come individuate dal bando di gara.

La lettera e) contiene una serie di modifiche all’articolo 151 del Codice, che nel testo previgente disciplinava i rapporti tra autorità d’ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato soppresso il il numero 3) della lettera e) del comma 1 che ha riscritto la lettera b) del comma 2 dell’art. 151 del D.Lgs. 152/2006. Nell’operare tale riscrittura, oltre a confermare il limite trentennale per la durata dell’affidamento (già previsto dal testo previgente), è stata introdotta un’ulteriore disposizione volta a consentire il subaffidamento, ma solo previa approvazione espressa da parte dell’ente di governo dell’ambito.

La lettera f) interviene sull’articolo 153 del Codice, introducendo l’obbligo per il nuovo gestore affidatario del servizio idrico di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso.Un’altra modifica riguarda il comma 1 dell’art. 153 ed è finalizzata ad introdurre tempi certi e perentori per l’affidamento al gestore del servizio idrico integrato, in concessione d’uso gratuita, delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali.

La lettera g) interviene sull’articolo 156 del Codice che disciplina il caso in cui il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni.

La lettera h) introduce una specifica disciplina per l’approvazione dei progetti degli interventi previsti nei piani d’investimento compresi nei piani d’ambito e per l’individuazione dell’autorità espropriante.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato integrato il disposto della lettera h) del comma 1 – che introduce nel D.Lgs. 152/2006 l’art. 158-bis secondo cui l’approvazione, da parte dell’ente di governo dell’ambito, dei progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi dei piani d’ambito, costituisce variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale – al fine di precisare che tale variante urbanistico/territoriale deve essere coordinata con il Piano di protezione civile.

La lettera i) riscrive i commi da 1 a 5 dell’articolo 172 del Codice al fine di garantire che in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sia affidato a gestori unici.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata modificata la lettera i) del comma 1 al fine di posticipare al 30 settembre 2015 il termine entro il quale gli enti di governo degli ATO sono tenuti ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l’affidamento del servizio al gestore unico.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha introdotto una modifica alla lettera i) del comma 1 aggiungendo un comma 3-bis all’art. 172 del D.Lgs. 152/2006. Tale nuovo comma prevede l’obbligo, in capo all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), di presentare una relazione semestrale al Parlamento.

I commi da 2 a 5 contengono una serie di norme principalmente finalizzate all’utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi.

Il comma 2 dispone che, a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell’ambiente. Gli interventi sono invece individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del medesimo Ministero, ed attuati dal Presidente della Regione in qualità di Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati aggiunti quattro periodi, dopo il secondo periodo del comma 2, al fine di disciplinare l’utilizzo delle risorse finalizzate, a partire dalla programmazione 2015, al finanziamento di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.

Il comma 3 disciplina le modalità di revoca di risorse assegnate in passato alle Regioni e ad altri enti per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non sia stato pubblicato il bando di gara o non sia stato disposto l’affidamento dei lavori nonché per gli interventi che risultino difformi dalle finalità suddette.

Il comma 4 consente ai Presidenti delle Regioni di avvalersi di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica, per lo svolgimento di attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati il comma in esame è stato modificato al fine di prevedereche per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico previsti dagli accordi di programma stipulati con le Regioni, i Presidenti delle Regioni possono richiedere di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, non solamente di società in house (come prevede il testo vigente), ma di tutti i soggetti pubblici e privati, purché nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica.

Il comma 5 prevede una semplificazione delle procedure espropriative necessarie per la realizzazione degli interventi di cui al comma precedente.

Il comma 8 prevede l’assegnazione alle regioni la somma complessiva di 110 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 per interventi di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato aggiunto un comma 8-bis prevede l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti anche, alle medesime condizioni e per le stesse finalità, per i sedimenti spostati nell’ambito delle pertinenze idrauliche.

Il comma 9 precisa che nelle attività di pianificazione, istruttoria e ripartizione delle risorse finanziarie finalizzate alla realizzazione degli interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico, la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico opera di concerto con il Ministero dell’ambiente.

Con una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato previsto che la struttura di missione opera di concerto non solo con il Ministero dell’ambiente (come prevede il testo vigente) ma anchecon il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato, inoltre, inserito un comma 9-bis con il quale si estende l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo in esame alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.

La lettera l) del comma 1 integra il testo del comma 6 dell’art. 124 del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), in base al quale le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio, prevedendo che, qualora gli impianti siano già in esercizio, le regioni stesse possono disciplinare le fasi di autorizzazione provvisoria per il tempo necessario allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all’adempimento degli obblighi derivanti dalle norme dell’UE o al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione.

I commi 6 e 7 hanno l’obiettivo di accelerare la realizzazione degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione necessari a conformarsi alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell’UE concernenti l’applicazione della Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane.

A tal fine il comma 6 prevede l’istituzione di un apposito fondo, presso il Ministero dell’ambiente.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il comma in esame al fine di prevedere che le risorse del FSC (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione) stanziate dalla delibera CIPE n. 60/2012 e revocabili siano non solo quelle destinate ad interventi nel settore della depurazione delle acque, ma in generale quelle afferenti interventi nel settore idrico. Tra le ipotesi di revocabilità delle risorse viene inserita, in aggiunta a quelle previste, anche l’inerzia del soggetto attuatore.

Il comma 7, per le medesime finalità di accelerazione degli interventi, consente la nomina, da parte del Governo, di commissari straordinari e ne disciplina i poteri.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il comma in esame al fine di prevedere che l’attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo non è obbligatoria, ma facoltativa. Il termine per l’attivazione della procedura (scaduto il 30 settembre scorso) viene differito al 31 dicembre 2014.

Sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata introdotta un’integrazione al comma 7, stabilendo che ai commissari non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.

Articolo 7, commi 9-ter – 9-sexies

(Disposizioni in favore delle popolazioni colpite dal sisma del maggio 2012 nonché per i comuni della provincia di Bologna colpiti dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013)

I commi da 9-ter a 9-sexies, inseriti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, introducono disposizioni in favore delle popolazioni colpite dal sisma del maggio 2012 nonché per i comuni della provincia di Bologna colpiti dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013.

Il comma 9-ter proroga di un anno, quindi al 31 dicembre 2015, il termine dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del maggio 2012 in Emilia, Lombardia e Veneto.

Il comma 9-quater autorizza la spesa di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2016 per la copertura degli oneri derivanti dalle assunzioni con contratti di lavoro flessibile autorizzate per le finalità connesse alla situazione emergenziale prodottasi a seguito del sisma del maggio 2012 nelle succitate regioni.

Il comma 9-quinquies riscrive il comma 367 della legge di stabilità 2014 al fine di prorogare le citate possibilità assunzionali per gli anni 2015, 2016 e 2017.

Il comma 9-sexies estende ai territori dei comuni della provincia di Bologna, già colpiti dal sisma del maggio 2012 e dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013 le disposizioni che l’art. 1 del D.L. 74/2014 ha dettato in favore delle popolazioni della provincia di Modena colpite dall’alluvione del gennaio 2014 e dalla citata tromba d’aria, nonché per i comuni del modenese e del bolognese colpiti dagli eccezionali eventi atmosferici e dalla tromba d’aria del 30 aprile 2014.

Articolo 7, comma 9-septies

(Utilizzo delle disponibilità delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione)

Il comma 9-septies novella il comma 120 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), prevede l’utilizzo, anche delle disponibilità delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020, oltre a quelle del periodo 2007-2013, al fine di destinare una quota di 100 milioni di euro, a valere sulla quota nazionale, al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Articolo 7, comma 9-octies

(Riparto delle risorse per il sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata)

Il comma 9-octies, inserito nel corso dell’esame da parte della camera dei deputati, disciplina le modalità di riparto e le finalità di utilizzo delle risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 per il completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata.

Il comma aggiuntivo demanda l’individuazione delle citate modalità e finalità (anche per quanto riguarda la ricostruzione di edifici privati e ad uso produttivo) ad un apposito D.P.C.M. (emanato su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, d’intesa con le regioni interessate), ove sono definite le modalità di riparto delle risorse finalizzate ad assicurare l’autonoma sistemazione dei cittadini la cui prima abitazione è stata oggetto di ordinanza di sgombero.

Articolo 8

(Disciplina semplificata del deposito temporaneo e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto. Disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree con presenza di materiali di riporto)

L’articolo 8, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, autorizza il Governo all’adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare disposizioni per il riordino e la semplificazione della disciplina riguardante la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo.

In particolare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, deve essere adottato un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in base ad una serie di principi e criteri direttivi elencati nella norma tra i quali figura:

a) il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti;

b) l’indicazione esplicita delle norme abrogate;

c) la proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;

d) il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall’ordinamento europeo ed, in particolare, dalla direttiva 2008/98/UE, relativa ai rifiuti.

La Camera dei deputati, nel corso dell’esame in prima lettura, ha inserito al comma 1 le lettere a-bis), d-bis) e d-ter).

La lettera a-bis) del comma 1, introduce – tra i principi e i criteri direttivi il criterio relativo al deposito temporaneo.

Con la lettera d-bis) del comma 1 vengono inserite, tra i principi e i criteri direttivi, la razionalizzazione e la semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni finalizzati alla costruzione/manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati.

Con la lettera d-ter) è inserita, tra i principi e i criteri direttivi la garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti, e comunque coerenti con la normativa europea.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispone, nell’ambito dei principi e dei criteri direttivi per l’adozione del regolamento di delegificazione in materia di gestione di rocce da scavo, che la proposta di regolamento deve essere sottoposta ad una fase di consultazione pubblica.

Articolo 9, commi 1 e 2

(Interventi di estrema urgenza in materia di vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa in sicurezza degli edifici scolastici e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica – AFAM)

L’articolo 9, modificato nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, è volto a qualificare come interventi di “estrema urgenza” gli interventi, anche su impianti, arredi e dotazioni, funzionali alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio, all’adeguamento alla normativa antisismica e alla tutela ambientale e del patrimonio culturale (comma 1).

Per l’avvio di questi interventi sono introdotte disposizioni che modificano le procedure di scelta del contraente e le fasi delle procedure di affidamento dei contratti, previste nel D.Lgs. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) (comma 2).

Il comma 1 dell’articolo 9 prevede che costituisce estrema urgenza la situazione conseguente ad apposita ricognizione da parte dell’Ente interessato, al fine di certificare, come indifferibili, gli interventi funzionali:

– alla messa in sicurezza degli edifici scolastici;

– alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio (lettera b);

– all’adeguamento alla normativa antisismica (lettera c);

– alla tutela ambientale e del patrimonio culturale (lettera d).

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il comma 1 al fine di precisare che la qualificazione come interventi di “estrema urgenza” si applica ai lavori di importo non superiore alla soglia comunitaria (vale a dire di importo fino a 5,186 milioni di euro).

Le principali modifiche, introdotte al comma 2, determinano per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria:

– la possibilità di stipulare il contratto, prima del termine di 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva (lettera a);

– la possibilità di prescindere dalla richiesta della garanzia a corredo dell’offerta, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente (lettera a).

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha eliminato la parte della disposizione che consente alle stazioni appaltanti tale possibilità;

– la pubblicazione dei bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro solo sul sito informatico della stazione appaltante (lettera b);

– il dimezzamento dei tempi di ricezione delle offerte nelle procedure aperte, ristrette e negoziate (lettera c);

– la possibilità di affidare i lavori, per importi complessivi inferiori alla soglia comunitaria, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione e ricorrendo alla procedura negoziata senza bando invitando un minimo di tre soggetti. Per tali lavori, è consentito l’aumento al 30 per cento dell’importo della categoria prevalente per l’affidamento dei lavori a terzi mediante sub appalto o sub contratto (lettera d);

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata sostituita la lettera d) del comma 2 al fine di:

  • elevare da 3 a 10 il numero di operatori economici da invitare per l’affidamento di lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria (5,2 milioni di euro). Per l’affidamento di tali lavori viene altresì eliminato il vincolo che gli importi complessivi devono essere inferiori alla soglia comunitaria;
  • eliminare la parte della disposizione che consente, per i lavori affidati in seguito agli inviti di cui al punto precedente e relativi alla categoria prevalente, l’affidamento a terzi mediante subappalto o subcontratto ma nel limite del 30% dell’importo della medesima categoria.

– l’affidamento diretto, da parte del responsabile del procedimento, dei lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell’alta formazione artistica, museale e coreutica (AFAM) per importi fino a 200.000 euro, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione e con invito rivolto ad almeno cinque operatori economici (lettera e).

La Camera dei deputati, nel corso dell’esame in prima lettura ha modificato le lettere a), b) e c) del comma 2,al fine di escludere, per servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e per gli appalti integrati l’applicazione delle disposizioni di semplificazione dettate dalle medesime lettere con riferimento agli interventi oggetto dell’articolo in esame (edilizia scolastica, mitigazione dei rischi idrogeologici, adeguamento antisismico; tutela ambientale e del patrimonio culturale).

Articolo 9, comma 2-bis

(Obblighi informativi per gli appalti di cui ai commi 1 e 2)

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 2-bis, che prevede, in ogni caso, l’assoggettamento degli appalti disciplinati dai commi 1 e 2, dell’articolo 9, agli obblighi informativi di comunicazione all’Osservatorio dei contratti pubblici, per contratti di importo superiore a 50.000 euro, dei dati concernenti il contenuto dei bandi (con specificazione dell’eventuale suddivisione in lotti), dei verbali di gara, i soggetti invitati, l’importo di aggiudicazione definitiva, il nominativo dell’affidatario e del progettista, nonché, limitatamente ai settori ordinari, l’inizio, gli stati di avanzamento e l’ultimazione dei lavori, servizi, forniture, l’effettuazione del collaudo, l’importo finale; obblighi di pubblicazione delle informazioni relative alle procedure per l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, nonché, nel caso di procedura negoziata senza bando, della delibera a contrarre. Viene altresì stabilito che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) può disporre controlli a campione sugli affidamenti.

Articolo 9, comma 2-ter

(Finanziamenti Banca europea degli investimenti)

Il comma 2-ter dell’articolo 9 modificando il decreto-legge n. 185 del 2008, precisa che i soggetti beneficiari di contributi pubblici pluriennali possono richiedere il finanziamento da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) direttamente ovvero tramite intermediari bancari a cui fornisca la relativa provvista.

Articolo 9, comma 2-quater

(Mutui per gli immobili di proprietà pubblica utilizzati per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM))

Il comma 2-quater – inserito dalla Camera – dell’articolo 9 modifica l’articolo 10, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128), includendo il riferimento agli immobili di proprietà pubblica utilizzati per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) fra quelli per i quali le regioni, per la programmazione triennale 2013-2015, possono essere autorizzate dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a stipulare appositi mutui trentennali, con oneri di ammortamento a carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa, con la società Cassa depositi e prestiti Spa e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria, per interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico.

Articolo 9, comma 2-quinquies

(Finanziamento per l’edilizia scolastica e le attrezzature didattiche)

Il comma 2-quinquies – inserito dalla Camera – dell’articolo 9 incrementa, per il 2014, di 2 milioni di euro l’autorizzazione di spesa per la realizzazione di interventi di edilizia e per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni AFAM, prevista in 10 milioni di euro annui dall’articolo 1, comma 131, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ma ridotta di 1 milione di euro, a decorrere dall’anno 2014, dall’articolo 27, comma 2, lettera d), del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128). All’onere si provvede riducendo l’autorizzazione di spesa (di 3 milioni di euro per il 2014) prevista dall’articolo 3 dello stesso decreto-legge n. 104 del 2013 per la corresponsione di premi a favore degli studenti iscritti, nell’anno accademico 2013-2014, presso le stesse Istituzioni AFAM.

Articolo 9, comma 2-sexies

(Esigenze di tutela dell’incolumità pubblica e lavori pubblici)

Il comma – introdotto dalla Camera dei deputati stabilisce che le esigenze di tutela dell’incolumità pubblica figurino tra le “esigenze imperative connesse a un interesse generale” – in presenza delle quali il Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010, art. 121) consente di conservare efficacia al contratto di aggiudicazione di lavori pubblici stipulato in violazione di legge, che sarebbe altrimenti da annullare.

Inoltre, nel caso di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi ovvero di redazione di verbale di somma urgenza per interventi connessi allo stato di calamità ovvero ancora nei casi di cui al comma 1, se le esigenze di incolumità pubblica vengono evidenziate dalla stazione appaltante dinanzi al TAR adito in sede cautelare, il giudice amministrativo può concedere la sospensione del provvedimento solo se ritenga che l’estrema gravità e urgenza che motivano la domanda cautelare siano prevalenti sulle esigenze di incolumità pubblica.

Il TAR dovrà fissare l’udienza per la discussione nel merito del ricorso entro 30 giorni dalla pronuncia in sede cautelare.

Articolo 9, comma 2-septies

(Contratti pubblici per la mitigazione del rischio idrogeologico)

Il comma 2-septies, aggiunto dalla Camera dei deputati, esclude i lavori urgenti di realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico dall’applicazione dei commi 10 e 10-ter dell’articolo 11 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) che prevedono, rispettivamente, la stipula del contratto, solo dopo che sono trascorsi trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva da parte della stazione appaltante, e la sospensione dell’aggiudicazione del contratto, se proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare.

Articolo 10

(Disposizioni per il potenziamento dell’operatività di Cassa depositi e prestiti a supporto dell’economia)

Il comma 1 integra le disposizioni concernenti i finanziamenti concessi nell’ambito della “gestione separata” (che utilizza la raccolta del risparmio postale garantita dallo Stato) e della “gestione ordinaria” (che si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale) della Cassa depositi e prestiti.

Il comma 2 interviene sulla disciplina impositiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 per estendere il regime di esenzione della ritenuta sugli interessi e sugli altri proventi corrisposti a fronte di finanziamenti a medio e lungo termine concessi alle imprese da parte di enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europei anche agli Istituti di promozione dello sviluppo presenti negli Stati membri.

Il comma 2-bis, modificando la disciplina dell’attività di Cassa Depositi e Prestiti contenuta nel D.L. n. 269 del 2003, prevede che possano essere effettuate in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali le operazioni svolte da Cassa Depositi e Prestiti in seno alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo e si affida a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze l’individuazione di criteri e modalità per l’effettuazione di dette operazioni.

Articolo 11

(Disposizioni in materia di defiscalizzazione degli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto)

L’articolo 11 modifica la disciplina degli incentivi fiscali per la realizzazione di nuove infrastrutture, da realizzare con il ricorso a contratti di partenariato pubblico-privato (PPP), ampliandone l’ambito alle opere previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche e riducendo da 200 a 50 milioni di euro il valore dell’opera al di sopra del quale viene concesso l’incentivo. Viene chiarito che il valore delle opere non di rilevanza strategica nazionale previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche non può superare l’importo di 2 miliardi di euro.

Articolo 12

(Potere sostitutivo nell’utilizzo dei fondi europei)

L’articolo 12 reca norme sull’utilizzazione dei fondi strutturali europei, affidando nuove funzioni al Presidente del Consiglio dei ministri al fine di accelerare l’impiego delle relative risorse ed evitare il rischio di incorrere nell’attivazione delle sanzioni comunitarie, consistenti nel definanziamento delle risorse medesime.

Articolo 13

(Misure a favore dei project bond)

L’articolo 13 novella la disciplina dei cd. project bond, contenuta nell’articolo 157 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006). Viene precisata la nozione di “investitori qualificati” cui è riservata la detenzione e circolazione dei project bond, coordinando tale definizione coi regolamenti Consob emanati in attuazione del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo58/1998) TUF e chiarendo che per “investitori qualificati” si intendono anche le società e gli altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati; si interviene sul regime di circolazione dei project bond, che cessano di essere nominativi e potranno dunque essere dematerializzati; si elimina l’obbligo di riportare anche sul titolo l’avvertimento circa l’elevato profilo di rischio associato all’operazione; si specifica che ai titolari di obbligazioni e titoli similari si applica la disciplina concernente il subentro nella concessione, il privilegio sui crediti e il limite di riduzione del canone di disponibilità; è rimodellata la disciplina delle garanzie prestate sui predetti bond, che potranno essere costituite sia in favore dei sottoscrittori, sia di un loro rappresentante (tale modifica viene più in generale estesa alle obbligazioni); per quanto riguarda il regime fiscale degli atti di costituzione e trasferimento di garanzia, si estende l’applicazione dell’imposta di bollo in misura agevolata (misura fissa pari a 200 euro) alle sostituzioni di garanzia relative all’emissioni di project bond e ai trasferimenti di garanzie, anche qualora derivino dalla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito; viene resa strutturale l’applicazione dell’aliquota agevolata al 12,5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica.

Articolo 14

(Disposizioni in materia di standard tecnici)

L’articolo 14 stabilisce che per la progettazione delle opere pubbliche non possono più essere richieste modifiche rispondenti a standard tecnici, che prescrivono livelli di sicurezza superiori a quelli minimi definiti dalla normativa europea, e che tali modifiche devono essere eventualmente accompagnate da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria e da una stima dei tempi di attuazione dell’opera. La Camera dei deputati ha modificato la rubrica dell’articolo, sostituendo il riferimento alla “norma overdesign” con “Disposizioni in materia di standard tecnici”. La Camera dei deputati precisa che la formulazione delle richieste di modifiche dei progetti delle opere pubbliche deve provenire da parte degli organi competenti e che tali richieste di modifica devono essere accompagnate da una stima dei sovraccosti necessari e da un’analisi di sostenibilità economica e finanziaria non solo per il gestore dell’infrastruttura, ma anche per il gestore dell’opera. Inoltre, la Camera dei deputati prevede che non possono essere richieste modifiche dei progetti delle opere pubbliche rispondenti a standard tecnici, più stringenti rispetto a quelli (anziché superiori a quelli minimi) definiti a livello europeo. La modifica, pertanto, estende alla progettazione delle opere pubbliche la disciplina vigente in materia di divieto di overdesign per la progettazione e la costruzione delle infrastrutture ferroviarie nazionali.

Articolo 15

(Fondo di servizio per la patrimonializzazione delle imprese)

L’articolo 15 promuove l’istituzione di un Fondo di servizio, avente durata di dieci anni prorogabili, avente lo scopo di rilanciare le imprese industriali italiane caratterizzate da “equilibrio economico positivo” e che necessitino di adeguata patrimonializzazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ma attraverso nuove risorse che favoriscano, tra l’altro, processi di consolidamento industriale rivolgendosi alle imprese con un numero di addetti non inferiore a 150 e con prospettive di mercato, anche se oggetto di procedure di ristrutturazione societarie e del debito.

Le quote del Fondo potranno essere sottoscritte soltanto da investitori istituzionali e professionali e la sua operatività è subordinata alla dotazione minima di 1 miliardo di euro.

La gestione del Fondo è affidata ad una società di gestione del risparmio selezionata attraverso procedura ad evidenza pubblica gestita dai sottoscrittori, che assicuri la massima partecipazione, trasparenza e non discriminazione. Viene poi previsto l’obbligo di escludere le offerte che prevedano remunerazioni di carattere speculativo o un gestore del Fondo soggetto a partecipazione di controllo o di maggioranza da parte di uno o più sottoscrittori del Fondo, nonché quelle che non prevedano la presenza di un comitato di controllo. Inoltre l’offerta tecnica deve contenere la struttura organizzativa e remunerativa della società di gestione del risparmio. Il soggetto gestore del Fondo deve altresì operare in situazione di neutralità e imparzialità rispetto ai sottoscrittori. Deve inoltre rendere note ai sottoscrittori ed al Ministero dell’economia e delle finanze le operazioni in cui si trovi in conflitto di interesse. Infine è demandato ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico l’individuazione delle caratteristiche delle imprese beneficiarie dell’intervento del Fondo, le caratteristiche della tipologia di investimento nel Fondo, al fine di evitare remunerazioni di carattere speculativo, e le modalità organizzative del Fondo stesso, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 15-bis

(Misure per favorire l’accesso ai finanziamenti di cui alla legge 27 febbraio 1985, n. 49, da parte delle cooperative di lavoratori provenienti da aziende confiscate)

L’articolo 15-bis esclude che i crediti derivanti dai finanziamenti concessi a valere sul Fondo di rotazione per lo sviluppo della cooperazione o erogati dalle società finanziarie per interventi a salvaguardia dei livelli occupazionali abbiano privilegio anche sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata e concessi alle cooperative di lavoratori.

Articolo 15-ter

(Disposizione concernente la cessione dei crediti d’impresa)

L’articolo 15-ter estende l’ambito applicativo della cessione dei crediti di impresa, prevedendo che cessionario possa essere anche una banca o intermediario finanziario che svolge l’attività di acquisto di crediti da soggetti del proprio gruppo che non siano intermediari finanziari.

Articolo 16

(Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere)

I commi 1 e 2 dell’articolo 16 pongono due deroghe transitorie per la regione Sardegna, relative alla spesa sanitaria ed al triennio 2015-2017, con riferimento all’investimento straniero da realizzarsi, con carattere sperimentale, per l’ospedale ex San Raffaele di Olbia (struttura in passato mai ultimata). Il comma 2-bis – inserito dalla Camera – prevede che, nel medesimo periodo 2015-2017, la regione Sardegna e il Ministero della salute assicurino un monitoraggio sull’effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie della struttura in oggetto e sulla loro piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna nonché sulla mobilità sanitaria verso altre regioni.

Articolo 16-bis

(Disciplina degli accessi su strade affidate alla gestione della società ANAS Spa)

La Camera dei deputati ha aggiunto l’articolo 16-bis, che novella la disciplina degli accessi su strade affidate alla gestione della società ANAS S.p.A. Tali disposizioni vengono inserite dopo il comma 23 del citato articolo 55, della legge449/1997 che disciplina l’adeguamento delle entrate proprie dell’Ente nazionale per le strade derivanti dai canoni e dai corrispettivi dovuti per le concessioni e le autorizzazioni diverse. Il comma 23-bis dispone che, per gli accessi esistenti su strade affidate alla gestione di ANAS SpA, alla data del 31 dicembre 2014, già autorizzati dall’ANAS SpA. medesima, a decorrere dal 1° gennaio 2015 non è più dovuta alcuna somma fino al rinnovo dell’autorizzazione. Per il rinnovo si applica la disciplina prevista dal decreto del Ministro delle infrastrutture e del trasporti di cui al successivo comma 23-quinquies. Il comma 23-ter prevede che per gli accessi esistenti alla data del 31 dicembre 2014 privi di autorizzazione, ANAS S.p.A. provvede, a seguito dell’istanza di regolarizzazione da parte del titolare dell’accesso, alla verifica delle condizioni di sicurezza e determina, in base ai criteri contenuti nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui al successivo comma 23-quinquies, la somma da corrispondere in unica soluzione al fini del rilascio dell’autorizzazione. Il comma 23-quater stabilisce che le somme dovute e non corrisposte al 31 dicembre 2014 in base alla disciplina in vigore fino alla predetta data, sono ridotte nella misura del 70%, a condizione che il versamento avvenga in un’unica soluzione ovvero nella misura del 40% in nove rate annuali, oltre agli interessi legali. Il comma 23-quinquies stabilisce che, per i nuovi accessi la cui richiesta di autorizzazione é presentata successivamente al 31 dicembre 2014 é dovuta esclusivamente una somma ai fini del rilascio dell’autorizzazione da corrispondere ad ANAS SpA., in unica soluzione e determinata in base alle modalità ed ai criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e del trasporti da emanarsi entro il 31 dicembre 2014. Tale somma non potrà superare I’importo del canone preesistente all’entrata in vigore della legge 449/1997, aggiornato agli indici ISTAT dei prezzi al consumo. Il comma 23-sexies prevede che la disciplina di cui ai commi 23-bis, 23-ter, 23-quater e 23-quinquies non si applica agli accessi commerciali con impianti di distribuzione di carburanti annessi e agli accessi ad impianti di carburanti. Il comma 23-septies prevede che alle eventuali minori entrate di ANAS S.p.A. conseguenti alI’attuazione del commi 23-bis, 23-ter, 23-quater e 23-quinquies, si provvede nell’ambito delle risorse previste dal contratto di programma-parte servizi. Il comma 23-octies stabilisce che ANAS S.p.A. provveda, entro il 30 giugno 2015, al censimento di tutti gli accessi esistenti, autorizzati e non, sulle strade di propria competenza, al fine di garantire le condizioni di sicurezza della circolazione anche attraverso l’eventuale chiusura degli accessi abusivi, e ne trasmetta gli esiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Articolo 16-ter

(Disposizioni antincendio per le metropolitane in esercizio)

La Camera dei deputati ha aggiunto l’articolo 16-ter, che demanda ad un decreto del Ministro dell’interno, da emanarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, la definizione delle modalità e dei termini per l’effettuazione degli adempimenti antincendio relativi alle metropolitane in esercizio, da effettuarsi entro 24 mesi dall’emanazione del decreto ministeriale.

Articolo 17

(Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia)

L’articolo 17, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, apporta numerose modifiche al T.U. edilizia (D.P.R. 380/2001) negli ambiti di seguito indicati.

Opere interne e Comunicazione di Inizio Lavori (CIL)

Una prima modifica (lettera a), n. 1), del comma 1) riguarda la definizione di manutenzione straordinaria e comporta che per tali interventi non sia alterata la volumetria complessiva degli edifici, anziché i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari come prevedeva il testo previgente.

Connessa alle modifiche indicate è quella disposta dalla successiva lettera c).

Nel corso dell’esame in prima lettura presso la Camera dei deputati è stata modificata la lettera c) del comma 1 al fine di includere tra gli interventi di manutenzione ordinaria eseguibili senza titolo abilitativo, l’installazione di pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12kW.

Con la lettera c) numero 1), lett. a), si interviene sulle caratteristiche degli interventi di manutenzione straordinaria che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo.

Alle modifiche citate si accompagna quella disposta dalla lettera d) del medesimo comma 1, secondo cui non è più necessario il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano aumento di unità immobiliari, modifiche del volume o delle superfici.

Relativamente alle modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, il numero 1), lett. b), della lettera c) del comma 1 chiarisce che le stesse possono essere eseguite semplicemente previa CIL (comunicazione di inizio lavori), a condizione che gli interventi non riguardino le parti strutturali.

Connessa alle suesposte modifiche è quella operata dal numero 2) della lettera c). Tale numero 2) aggiunge, tra le finalità dell’asseverazione della CIL operata dal tecnico abilitato, quella di attestare che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio. Si segnala che nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il numero 2) della lettera c) del comma 1, stabilendo che all’amministrazione comunale deve essere trasmessa non solo la CIL asseverata ma anche l’elaborato progettuale. Con la modifica ora illustrata si precisa altresì che il tecnico che assevera la CIL deve attestare anche la compatibilità dell’intervento con la normativa sismica e sul rendimento energetico nell’edilizia.

Nel testo sono previste altre modifiche della normativa relativa alla documentazione di corredo della CIL. Rispetto alla normativa previgente, viene infatti eliminato l’obbligo di presentare all’amministrazione “una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali”. Viene altresì eliminato l’obbligo, limitatamente alle opere all’interno dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, di trasmettere le dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia per le imprese.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il numero 5) della lettera c) al fine di elevare da 258 a 1.000 euro la sanzione pecuniaria per la mancata presentazione della CIL o della CIL asseverata.

Nel corso dell’esame presso la Camera e stato modificato il numero 3 della lettera c) del comma 1 prevedendo che la Comunicazione di inizio lavori (CIL) venga integrata con la Comunicazione di fine lavori.

Con riguardo alle opere interne, infine, la lettera h), numero 1), del comma 1, stabilisce che, per gli interventi di manutenzione straordinaria effettuabili semplicemente previa CIL il contributo di costruzione sia commisurato alle sole opere di urbanizzazione.

La Camera ha modificato il numero 1) della lettera h) del comma 1, aggiungendo, quale condizione di applicabilità, che dall’intervento derivi un aumento della superficie calpestabile.

Interventi di conservazione.

La lettera b) del comma 1 introduce la definizione di “interventi di conservazione”.

La norma stabilisce che lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione e che, in tal caso, l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha modificato la lettera b) del comma 1 che introduce l’art. 3-bis nel T.U. edilizia, stabilendo che le citate forme di compensazione devono incidere sull’area interessata e non implicare aumenti della superficie coperta.

Permesso di costruire

La lettera e) del comma 1 introduce una nuova ipotesi di permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d’uso per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse.

La Camera dei deputati ha modificato tale previsione al fine di introdurre, quale requisito per l’applicazione della norma, che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione.

La lettera f) del comma 1 prevede la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, contemplati dal permesso di costruire, in caso di blocco degli stessi lavori causato da iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate.

La Camera dei deputati, modificando il numero 1) della lettera f) del comma 1, ha operato un’integrale riscrittura del comma 2 dell’art. 15 del T.U. edilizia. Viene introdotta una nuova fattispecie di proroga dei termini citati nel caso di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori.

La lettera g) del comma 1 contiene una serie di disposizioni che incidono sul contributo per il rilascio del permesso di costruire.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati soppressi i numeri 1) e 2) della lettera g) del comma 1.

Il numero 3) della medesima lettera g), aggiunge, ai criteri che la regione deve considerare nella redazione delle tabelle parametriche che i comuni devono utilizzare per la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, un criterio di differenziazione tra gli interventi finalizzato ad incentivare quelli di ristrutturazione edilizia anziché quelli di nuova costruzione.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato riscritto il numero 3) della lettera g) al fine di aggiungere, ai criteri suddetti anche un criterio di valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso.

I successivo numero 4) stabilisce che i criteri (parametri) citati debbano essere utilizzati dai comuni anche nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione.

Il successivo numero 5) consente ai comuni di deliberare, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che i costi di costruzione siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni.

La lettera h), numero 2), del comma 1 prevede una riduzione del contributo di costruzione in misura non inferiore al 20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni.

La Camera dei deputati ha modificato il numero 2) della lettera h) del comma 1, stabilendo che la riduzione sia applicabile nei casi non interessati da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso comportanti maggior valore rispetto alla destinazione originaria.

Il comma 1, lettera i), limita la possibilità di raddoppiare i termini dell’istruttoria, relativa alle istanze di permesso di costruire, ai soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.

La lettera q) del comma 1 introduce la disciplina del permesso di costruire convenzionato.

La Camera dei deputati ha modificato il nuovo art. 28-bis del T.U. edilizia (introdotto dalla lettera q) del comma 1), eliminando la parte del comma 1 che prevede il controllo del Comune.

Varianti eseguibili mediante SCIA

Il comma 1, lettera m), contiene disposizioni in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante

La lettera n) del comma 1 introduce nel T.U. edilizia un nuovo articolo 23-ter che contiene una disciplina finalizzata a stabilire quali mutamenti della destinazione d’uso siano urbanisticamente rilevanti e a consentire sempre il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale.

Il nuovo art. 23-ter chiarisce altresì che la destinazione d’uso del fabbricato/unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile.

La Camera dei deputati ha modifica la lettera n) del comma 1, prevedendo, in luogo della categoria “residenziale e turistico-ricettiva” due nuove categorie funzionali distinte: la categoria “residenziale” e quella “turistico-ricettiva”.

Sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata introdotta una disposizione volta a prevedere che le regioni adeguino la propria legislazione ai principi contenuti nel nuovo articolo 23-ter.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati aggiunti i commi 2-bis e 2-ter.

Il comma 2-bis prevede che le regioni a statuto ordinario emanino norme per la disciplina relativa all’effettuazione dei controlli sull’attività edilizia libera entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge di conversione.

Il comma 2-ter, che esclude l’applicazione della norma dettata dalla lettera i) del comma 1, per i comuni obbligati all’esercizio in forma associata della funzione fondamentale della pianificazione urbanistica ed edilizia, prima che sia decorso un anno dall’entrata in vigore della presente legge di conversione.

Il comma 3 impone alla legislazione regionale di assicurare l’attivazione del potere sostitutivo allo scadere dei termini assegnati ai comuni per l’adozione, da parte degli stessi, dei piani (urbanistici) attuativi.

Il comma 4 consente l’attuazione per stralci funzionali delle convenzioni di lottizzazione previste dalla legge urbanistica (art. 28 della L. 1150/1942) o degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale.

Il comma 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Articolo 17, comma 1, lettera q-bis

(Sanzioni amministrative pecuniarie in caso di inottemperanza accertata all’ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire)

La lettera q-bis del comma 1 dell’articolo 17 – introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati – interviene sull’articolo 31 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia ediliziaprevedendo l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di inottemperanza accertata all’ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, salva l’applicazione delle altre misure e sanzioni previste da norme vigenti.

Articolo 17-bis

(Regolamento unico edilizio)

L’art. 17-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede la conclusione, in sede di Conferenza unificata, di accordi o intese per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo al fine di semplificare ed uniformare le norme e gli adempimenti (nuovo comma 1-sexies dell’art. 4 del testo unico edilizia di cui al D.P.R. 380/2001).

Articolo 18

(Liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo)

L’articolo 18, nel testo originario integra la formulazione dell’art. 79 della legge 392 del 1978 (cd. legge sull’equo canone) relativamente alla disciplina sui patti contra legem prevedendo che, nei contratti di locazione, anche alberghiera, di maggior rilievo economico (canone superiore a 150.000 euro), le parti possano liberamente stabilire i termini e le condizioni contrattuali.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha modificato l’art. 18 al fine di:

  • restringere l’ambito di applicazione della norma. Viene infatti elevato da 150.000 a 250.000 euro l’importo contrattuale minimo per l’applicazione delle norma e vengono esclusi dalla liberalizzazione i contratti riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale (nuovo testo del comma 1);
  • precisare che la norma non si applica ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Viene altresì stabilito che ai giudizi in corso alla medesima data continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni previgenti (nuovo comma 2).

Articolo 19, comma 1-bis

(Disposizioni in materia di accordi di riduzione dei canoni di locazione)

Il comma 1-bis, dell’articolo 19, inserito nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, prevede che nella definizione degli accordi di riduzione dei canoni di locazione, anche nell’ambito di iniziative intraprese da agenzie o istituti per le locazioni, comunque denominati, le parti possono avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori, in relazione ai contratti di cui all’art. 2, commi 1, 3 e 5, della L. 431/1998 (contratti c.d. “4+4” e contratti a canone concordato “3+2”).

Lo stesso comma stabilisce che il conduttore, con propria comunicazione, può avanzare richiesta motivata di riduzione del canone contrattuale e che, ove la trattativa si concluda con la determinazione di un canone ridotto, è facoltà dei comuni riconoscere un’aliquota ridotta dell’IMU (imposta municipale propria).

Articolo 20, commi 1-3

(Misure per il rilancio del settore immobiliare)

L’articolo 20 interviene sulla disciplina delle Siiq (Società di investimento immobiliare quotate) per facilitare l’accesso al regime fiscale di favore previsto dall’articolo 1, commi 119-141, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), modificando i requisiti di partecipazione dei soci, uniformando, inoltre, il regime fiscale a quello dei fondi immobiliari e, infine, introducendo ulteriori agevolazioni e un nuovo regime fiscale di esenzione e distribuzione delle plusvalenze realizzate sugli immobili oggetto di locazione.

Articolo 20, comma 4

(Agevolazioni per le dismissioni immobiliari)

Il comma 4, lettere a) e b), al fine di semplificare la procedura per la dismissione degli immobili pubblici, esonera lo Stato, gli altri enti pubblici e le società di cartolarizzazione dall’obbligo di consegnare al momento della cessione le dichiarazioni di conformità catastale degli immobili.

La lettera c) prevede che, nelle operazioni di dismissione immobiliare menzionate nonché nelle operazioni di vendita anche in blocco di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, l’attestato di prestazione energetica (APE) può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non deve essere necessariamente allegato al contratto di vendita. La lettera c-bis) del comma 4, introdotta dalla Camera dei deputati dispone che agli immobili dell’INPS trasferiti ai fondi di investimento immobiliare pubblici si applicano le disposizioni previste relative ai diritti di opzione e prelazione per i conduttori. Proroga altresì al 31 dicembre 2013 il termine di riferimento per consentire agli occupanti privi di titolo e ai conduttori in base ad assegnazioni irregolari di tali immobili di esercitare i suddetti diritti di opzione e prelazione.

Articolo 20, comma 4-bis

(Requisiti per l’accesso alle prestazioni del Fondo di solidarietà)

Il comma 4-bis introduce al D.Lgs. n. 122 del 2005 un nuovo articolo 13-bis – recante una disposizione interpretativa in merito ai requisiti per l’accesso alle prestazioni del Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire, precisando che il requisito non viene meno anche nei casi di acquisto della proprietà o di conseguimento dell’assegnazione in virtù di accordi negoziali o di aggiudicazione di asta, avvenuti in qualunque procedura esecutiva.

Articolo 20, commi 4-ter e 4-quater

(Dismissione patrimonio immobiliare pubblico)

Il comma 4-ter prevede ulteriori ipotesi in cui continuano ad applicarsi le esenzioni e le agevolazioni tributarie, generalmente soppresse dall’articolo 10, comma 4 del D.Lgs. n. 23 del 2011 (salvo determinate esclusioni) nel caso di trasferimento immobiliare. Si tratta, in particolare delle operazioni di permuta tra beni immobili dello Stato e degli enti locali, della vendita a trattativa privata anche in blocco e delle procedure di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, anche attraverso fondi immobiliari e società di cartolarizzazione, nonché dei trasferimenti di proprietà per edilizia residenziale pubblica, della concessione del diritto di superficie sulle aree stesse e della cessione a titolo gratuito delle aree a favore dei comuni.

Il comma 4-quater estende a tutte le pubbliche amministrazioni le modalità di dismissione tramite trattativa privata, anche in blocco, di cui all’articolo 11-quinquies del decreto-legge n. 203 del 2005.

Articolo 20, comma 4-quinquies

(Modifiche alle procedure di dismissione dei beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale)

Il comma 4-quinquies – inserito dalla Camera – dell’articolo 20 modifica le procedure di dismissione dei beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale. In particolare, per quelli di interesse culturale e paesaggistico è soppressa la potestà del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di individuare i beni per i quali si ritiene prioritario mantenerne la proprietà. Per quelli ambientali si consente all’Agenzia del demanio di procedere alla dismissione in caso di inerzia del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo parere contrario di quest’ultimo.

Articolo 21

(Misure per l’incentivazione degli investimenti in abitazioni in locazione)

L’articolo 21 prevede una deduzione dal reddito del 20 del prezzo di acquisto per cento a favore di chi, al di fuori di un’attività commerciale, acquista dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio da un’impresa di costruzione o di ristrutturazione per destinarlo alla locazione a canone concordato per una durata minima di otto anni.

Articolo 22

(Conto termico)

L’articolo 22 riguarda l’incentivazione degli interventi: di produzione di energia termica da fonti rinnovabili; di incremento dell’efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011. La norma prevede che l’aggiornamento del sistema di incentivi venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l’accesso alle risorse stanziate (comma 1). La Camera dei deputati ha modificato la disposizione, per contemplare l’accessibilità per via telematica della modulistica e per prevedere l’accesso da parte dei soggetti di edilizia popolare e delle cooperative di abitanti alle categorie di incentivi della Pubblica Amministrazione. L’applicazione di tale nuovo sistema sarà monitorata entro il 31 dicembre 2015. Entro 60 giorni da tale data è prevista la possibilità di emanare un decreto correttivo in relazione agli esiti del monitoraggio (comma 2).

La Camera dei deputati ha introdotto due commi aggiuntivi: per il comma 2-bis, le amministrazioni interessate provvederanno all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente; il comma 2-ter, invece, interviene sul decreto legislativo di attuazione della direttiva sull’efficienza energetica (D.lgs. 102/2014), in materia di contabilizzazione dei consumi energetici.

Articolo 22-bis

(Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)

L’articolo aggiuntivo – introdotto dalla Camera dei deputati – interviene sul meccanismo del cd. spalma-incentivi, escludendovi gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili siano enti locali o scuole.

Articolo 23

(Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili)

L’articolo 23 disciplina le caratteristiche principali di una nuova tipologia contrattuale, quella – secondo la terminologia utilizzata nella rubrica dell’articolo – dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili.

Il comma 1 dell’articolo 23, alla luce del tenore della relazione di accompagnamento, parrebbe definire la nozione del contratto in questione facendo riferimento ai contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede che le parti debbano indicare nel contratto la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire, qualora non sia esercitato il diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito.

Il comma 2 stabilisce che il mancato pagamento di canoni di godimento può determinare la risoluzione del contratto.

Il comma 3 estende ai contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili alcune previsioni del codice civile relative al contratto preliminare.

Il comma 4 stabilisce che, se il contratto di godimento in funzione dell’alienazione dell’immobile ha ad oggetto un’abitazione, il notaio non può procedere alla stipula – e dunque non si può concedere il godimento dell’immobile – se anteriormente o contestualmente non si è proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile.

Il comma 5 disciplina gli effetti sulle parti della risoluzione del contratto per inadempimento.

Il comma 6 disciplina l’ipotesi di fallimento di una delle parti del contratto prevedendo che:

  • se a fallire è il concedente/proprietario dell’immobile, il contratto prosegue;
  • se a fallire è il conduttore/acquirente, in base all’articolo 72 della legge fallimentare l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal contratto stesso.

Il comma 7, la cui efficacia è subordinata al consenso della Commissione europea (v. infra comma 8), interviene sul recente decreto-legge n. 47 del 2014 (c.d. emergenza abitativa). La disciplina richiamata prevede la facoltà di inserire la clausola di riscatto dell’unità immobiliare e le relative condizioni economiche nelle convenzioni che disciplinano le modalità di locazione degli alloggi sociali. (comma 1). La previsione di cui al citato articolo 8 specifica inoltre la disciplina fiscale applicabile (commi 2 e 3). L’attuazione della disposizione è demandata a un decreto ministeriale (comma 4) tuttora non emanato, mentre la sua applicazione è limitata ai contratti di locazione stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge, a partire quindi dal 29 marzo 2014 (comma 5). Il decreto-legge in commento, inserendo il comma 5-bis nell’articolo 8 del decreto legge n. 47 del 2014, estende l’applicabilità delle predette disposizioni anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

L’estensione dell’ambito di applicazione dell’articolo articolo 8 del decreto-legge n. 47 del 2014, e quindi anche della disciplina fiscale di favore nello stesso contenuta, pare giustificare la previsione del comma 8, che subordina all’autorizzazione della Commissione europea l’efficacia del comma 7. La norma richiama l’articolo 107 del trattato dell’Unione, relativo agli aiuti di Stato.

Articolo 24

(Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio)

L’articolo 24, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede che i comuni possano definire, in relazione ad un determinato ambito del proprio territorio, criteri e condizioni per la realizzazione da parte di cittadini, singoli o associati, di interventi di valorizzazione del territorio urbano od extraurbano, quali la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade. A tal fine, l’ente locale può deliberare la concessione di una riduzione ovvero di un’esenzione di tributi locali inerenti alle attività poste in essere dai predetti soggetti. L’esenzione in ogni caso è concessa per un periodo di tempo limitato, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni.

La Camera dei deputati ha modificato l’articolo in esame, estendendo gli interventi al decoro urbano, al recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati e specificando che le agevolazioni vengono concesse prioritariamente a “comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”.

Articolo 25, comma 1

(Misure in materia di conferenza di servizi e di autotutela amministrativa)

Il comma 1 modifica due aspetti della disciplina della conferenza di servizi, dettata dagli articoli da 14 a 14-quinquiesdella L. n. 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo).

Innanzitutto, fissa – alla lettera a) – la decorrenza dei termini di validità degli atti di assenso, comunque denominati, acquisiti all’interno della conferenza, a far data dall’adozione del provvedimento finale – laddove, nella previsione della legge n. 241, l’efficacia di quegli atti endoprocedimentali decorre dalla loro espressione (un momento, dunque, precedente la conclusione della conferenza).

In secondo luogo, la disposizione – alla lettera b) – esplicita la natura di atto di alta amministrazione della deliberazione del Consiglio dei ministri, a cui l’amministrazione procedente rimette la decisione finale nei casi di motivato dissenso all’interno delle conferenza di servizi.

Insieme – ed è modifica, questa, apportata dalla Camera dei deputati in sede di conversione – prescrive che la pronunzia del Consiglio dei ministri, qualora contrasti con il motivato dissenso, debba essere motivata.

Integralmente mutuate dal disegno di legge A.S. n. 1577 sono le lettere b)-bis, b)-ter e b)-quater, introdotte dalla Camera dei deputati entro il corpo di questo articolo e comma, in sede di conversione.

La lettera b)-bis (identica all’articolo 5, lettera a) dell’unico comma – dell’A.S. n. 1577) circoscrive al pericolo di un danno artistico e culturale, ambientale, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, la condizione alla quale l’amministrazione possa procedere alla revoca e all’annullamento d’ufficio.

La lettera b)-ter (identica all’articolo 5, lettera b) dell’unico comma – dell’A.S. n. 1577) limita la revoca dei provvedimenti per mutamento della situazione ai soli casi non prevedibili al momento dell’adozione del provvedimento e, per i provvedimenti di autorizzazione e di sovvenzione, esclude la revoca per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

La lettera b)-quater (identica all’articolo 5, lettera c), numeri 1) e 3) dell’unico comma – dell’A.S. n. 1577) esclude che siano annullabili d’ufficio i provvedimenti ‘sostanzialmente legittimi’, vale a dire quelli il cui contenuto non sarebbe stato diverso, nonostante i vizi di procedimento o di forma o la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento (numero 1); mantiene ferme le responsabilità per l’adozione, e anche per il mancato annullamento, del provvedimento illegittimo (numero 2).

Articolo 25, commi 2-4

(Misure in materia di autorizzazione paesaggistica e verifica preventiva dell’interesse archeologico)

Il comma 2 prevede l’introduzione nel regolamento di delegificazione (non ancora emanato) che dovrebbe modificare la disciplina sull’autorizzazione paesaggistica per interventi di lieve entità, delle seguenti tipologie di interventi:

  • quelli per cui è esclusa la richiesta di autorizzazione paesaggistica sia nell’ambito degli interventi di lieve entità sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica;
  • quelli di lieve entità regolati anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali.

Quanto sopra disposto viene introdotto dal comma 2 in esame all’articolo 12, comma 2, del D.L. n. 83 del 2014, che prevede l’emanazione, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, del suddetto regolamento di delegificazione.

Il comma 3 interviene sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, sopprimendo le disposizioni (dettate dal primo e dal secondo periodo del co. 9 dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004) che consentivano all’amministrazione competente, in caso di mancata espressione del parere vincolante da parte del soprintendente entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, di poter indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipava o faceva pervenire il parere scritto, che doveva pronunciarsi entro 15 giorni.

Il nuovo testo ora prevede che, decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, L’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione.

Il comma 4 stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 sia emanato il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, recante le linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, previsto dall’articolo 96, comma 6 del D.Lgs 163 del 2006.

Articolo 26

(Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati)

L’articolo 26 reca una serie di disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati che si fondano sulla necessaria preventiva assegnazione o modifica della destinazione urbanistica, con l’intento di contribuire alla stabilità finanziaria nazionale anche ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione (pareggio di bilancio) e di promuovere iniziative di valorizzazione del patrimonio pubblico volte allo sviluppo economico e sociale.

In particolare, il comma 1 riconosce all’accordo di programma avente ad oggetto il recupero di immobili pubblici non utilizzati, sottoscritto tra le amministrazioni interessate, il valore di variante urbanistica; attribuisce al Comune il compito di presentare una proposta di recupero dell’immobile pubblico non utilizzato, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, che l’Agenzia del Demanio è tenuta a valutare entro 30 giorni. Il comma 1-bis stabilisce i criteri prioritari nella valutazione.

I successivi commi 2-8 dettano, poi, specifiche disposizioni riguardanti la semplificazione dei procedimenti di valorizzazione anche degli immobili attualmente in uso della Difesa e non più utili ai fini istituzionali, con riguardo alla definizione di tempi certi di conclusione del procedimento di dismissione e valorizzazione. Il comma 8-bis reca l’abrogazione di disposizioni, relative alle procedure di valorizzazione degli immobili della Difesa, superate dalla presente disciplina.

Articolo 27

(Misure urgenti in materia di patrimonio dell’INAIL)

L’articolo 27 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su

proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, l’individuazione delle opere di pubblica utilità da finanziare, in via d’urgenza, prioritariamente tra quelle in avanzato stato di realizzazione, nell’àmbito degli investimenti immobiliari dell’INAIL. Con una modifica inserita dalla Camera si fa particolare riferimento agli interventi per la bonifica dell’amianto e per la messa in sicurezza e l’incremento dell’efficienza energetica di scuole, asili nido, strutture socio-sanitarie, edilizia residenziale pubblica.

Articolo 28, commi 1 e 2

(Contribuzione previdenziale del personale navigante dell’aviazione civile e relativa norma di copertura finanziaria)

Il comma 1 dell’articolo 28, per il triennio 2015-2017, esclude per intero, anziché nella misura del 50%, dalla base imponibile ai fini della contribuzione previdenziale le indennità di volo del personale navigante dell’aviazione civile, previste dalla legge o dal contratto collettivo, confermando l’inclusione delle stesse indennità, nella misura già vigente del 50%, nel computo della base di calcolo del trattamento pensionistico.

Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla norma transitoria di cui al comma 1, quantificati in 28 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.

Articolo 28, commi 3, 8 e 8-bis

(Misure urgenti per migliorare la funzionalità aeroportuale)

Il comma 3 estende agli equipaggi che viaggiano per ragione di servizio, attestata dalla compagnia di appartenenza, il regime di esenzione dal pagamento del diritto di imbarco dovuto dai passeggeri sui voli nazionali e internazionali e specificamente nei seguenti casi: per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che, di base in un determinato aeroporto, devono raggiungere un altro aeroporto per prendere servizio (crew must go); per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che hanno terminato il servizio in un determinato aeroporto e che devono tornare in un altro aeroporto, assegnato dalla compagnia di appartenenza quale propria base operativa (crew returning to base). Il comma 8, integra il Codice della navigazione, per rendere sistematica la collaborazione tra Aeronautica militare ed ENAC ai fini della fornitura dei servizi di navigazione aerea e per individuare la normativa applicabile da parte del personale addetto al comando, alla guida e al pilotaggio di aeromobili, e del personale addetto ai servizi del traffico aereo e del personale militare chiamato a svolgere servizi di navigazione aerea per il traffico aereo generale. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 8-bis per prevedere la promozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli esteri, di nuovi accordi bilaterali del trasporto aereo, o la modifica di quelli vigenti; si prevede anche che, nelle more, l’ENAC possa rilasciare autorizzazioni temporanee, incluse autorizzazioni per la “quinta libertà”, cioè il diritto, sancito dalla Convenzione di Chicago del 1944, che si sostanzia nella possibilità per le compagnie aeree straniere di fare scalo negli aeroporti italiani, far scendere ed imbarcare passeggeri, posta o merci, e ripartire per qualsiasi altro Stato.

Articolo 28, commi 4-7

(Servizio di pronto soccorso sanitario negli aeroporti)

I commi da 4 a 7 dell’art. 28 riguardano lo svolgimento del servizio di pronto soccorso sanitario negli aeroporti civili ed in quelli aperti al traffico civile.

Articolo 29

(Pianificazione strategica della portualità e della logistica)

Il comma 1 prevede l’adozione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica finalizzato alla promozione della competitività del sistema portuale e logistico, anche con riferimento alla razionalizzazione, il riassetto e l’accorpamento delle autorità portuali esistenti nonchè, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, alla crescita dei traffici delle merci. La Camera dei deputati ha introdotto il parere delle competenti commissioni parlamentari sul piano nazionale strategico della portualità e della logistica, da rendere entro trenta giorni dall’assegnazione; decorso il termine il piano può essere comunque adottato. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 1-bis, che vincola le autorità portuali e marittime a valutare la destinazione di strutture o ambiti portuali idonei, allo stato sottoutilizzati o non diversamente utilizzabili per funzioni portuali di preminente interesse pubblico, ad approdo turistico. In base al comma 2, le autorità portuali dovranno presentare, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, un resoconto degli interventi inerenti la logistica portuale in corso di realizzazione o da intraprendere, con i relativi crono-programmi e piani finanziari. La Presidenza del Consiglio, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, selezionerà gli interventi ritenuti più urgenti, anche al fine di valutarne l’inserimento nel piano strategico previsto dal comma 1 ovvero di valutare interventi sostitutivi.

Articolo 29-bis

(Modifica all’articolo 5 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, in materia di requisiti di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto)

La Camera dei deputati ha introdotto l’articolo 29-bis che modifica il decreto legislativo 395/2000 sui requisiti per l’accesso alla professione di autotrasportatore, prevedendo il venir meno del requisito di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto qualora siano stati oggetto di un’informativa antimafia interdittiva.

Articolo 30

(Promozione straordinaria del Made in Italy e misure per l’attrazione degli investimenti)

L’articolo 30 prevede l’adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia. Il Piano è adottato dal Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, entro il 12 novembre 2014 (60 giorni dall’ entrata in vigore del D.L. in esame), d’intesa con il Ministro degli affari esteri e cooperazione internazionale e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni che riguardano il settore agroalimentare (comma 1).

Il Piano interviene a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, in particolare piccolo e medie, attraverso linee direttrici valevoli per tutti i settori economico produttivi interessanti, prevedendo, con le relative dotazioni finanziarie, le seguenti azioni: iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese in particolare piccole e medie; supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale; sostegno all’utilizzo degli strumenti di e-commerce da parte delle piccole e medie imprese; realizzazione di tipologie promozionali innovative per l’acquisizione e la fidelizzazione della domanda dei mercati esteri; erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher (sul punto, la Camera dei deputati ha inserito le start up tra i destinatari della previsione); sostegno ad iniziative di promozione delle opportunità di investimento in Italia, nonché di accompagnamento e assistenza degli investitori esteri in Italia. Per ciò che specificamente attiene al settore agroalimentare, sono quattro le direttrici di intervento del Piano: valorizzazione delle produzioni di eccellenza, in particolare agricole e agroalimentari, e tutela all’estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti; sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani nei diversi mercati; realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding; realizzazione di un segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari per favorirne la promozione all’estero e durante l’Esposizione Universale 2015. Sul punto, la Camera dei deputati ha inserito il requisito, per le produzioni agricole ed agroalimentari, che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano. Con riguardo ai requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei voucher il comma 4 dispone che siano stabiliti con decreto del Ministero dello sviluppo economico.

L’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, investita dal comma 3dell’attuazione delle prescrizioni del piano di cui al comma 1, in virtù del comma 3-bis introdotto dalla Camera dei deputati avrà anche il compito di presentare ogni anno alle competenti commissioni parlamentari una relazione sugli interventi svolti per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti esteri (relazione che si affianca all’altra che è presentata annualmente al Parlamento da MiSe e MiPAAF, ai sensi del comma 8). Per il comma 5, poi, l’ICE-Agenzia stipula una convenzione con il Ministero dello sviluppo economico. Si specifica, per quanto attiene alle modalità operative dell’ICE-Agenzia, che essa svolgerà l’attività di attrazione degli investimenti all’estero attraverso la propria rete estera che opera nell’ambito delle Rappresentanze Diplomatiche e consolari Italiane (comma 6). È soppresso il Desk Italia-Sportello attrazione degli investimenti esteri (comma 7). Il comma 9 dispone che la dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese – da assegnare all’ICE per le attività di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con l’estero – sia destinata anche all’attrazione degli investimenti di cui all’articolo nella sua integralità (e non solo agli investimenti esteri, come era il testo originario prima della modifica apportata dalla Camera dei deputati).

Articolo 31

(Misure per la riqualificazione degli esercizi alberghieri)

L’articolo 31 interviene in materia di esercizi alberghieri, con la finalità di incentivare gli investimenti nel settore, introducendo nell’ordinamento nazionale la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominatacondhotel. L’individuazione delle condizioni di esercizio dei condhotel è demandata dal comma 1 ad un decreto del Presidente del Consiglio da adottare, previa intesa tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali in sede di Conferenza Unificata. Il comma 2 demanda inoltre al sopracitato DPCM la definizione delle condizioni necessarie per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti, con esclusivo riferimento alle unità abitative a destinazione residenziale. È specificato, al riguardo, che il vincolo può essere rimosso, a richiesta del proprietario, previa restituzione dei contributi e delle agevolazioni pubbliche percepite, ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento. Il comma 3 stabilisce infine che le Regioni e le Province autonome adeguino i propri ordinamenti ai contenuti del decreto ministeriale che definisce i condhotel, entro un anno dalla pubblicazione del decreto stesso. Al riguardo è specificato che restano ferme, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002, recante il recepimento dell’accordo fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome sui principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.

Articolo 31-bis

(Operatività degli impianti a fune)

L’articolo 31-bis aggiunto dalla Camera dei deputati (comma 1) elimina i termini della vita tecnica complessiva massima degli impianti funicolari aerei e terrestri, quando gli stessi risultano positivi alle verifiche effettuate dai competenti uffici ministeriali secondo i criteri definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Il comma 2 nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 1, consente una proroga di un anno agli impianti la cui vita tecnica, compresa l’eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, non è scaduta, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali. Il comma 3 estende i benefici di cui ai commi 1 e 2 anche gli impianti la cui vita tecnica, compresa l’eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, è scaduta da non oltre due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio, da parte dei competenti uffici ministeriali.

Articolo 32

(Marina Resort e implementazione sistema telematico centrale nautica da diporto)

L’articolo 32 (comma 1) equipara, per un periodo di tempo limitato, alle strutture ricettive all’aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dall’attuazione dell’aliquota ridotta derivante dall’equiparazione disposta dal comma 1, valutati in 2 milioni di euro per l’anno 2014, si provvede mediante l’utilizzo delle somme versate entro il 15 luglio 2014 all’entrata del bilancio dello Stato derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante delle concorrenza e mercato. Il comma 3 precisa, attraverso una modifica della legge di stabilità 2013 (228/2012) che il sistema telematico centrale della nautica da diporto include, oltre all’archivio telematico centrale e allo sportello telematico del diportista, anche l’ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto.

Articolo 32-bis

(Disposizioni in materia di autotrasporto)

L’articolo 32-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati (comma 1) dispone in ordine alle sanzioni amministrative, fino al fermo amministrativo, in materia di cabotaggio stradale illegale da parte di veicoli immatricolati all’estero, aggiornando il riferimento normativo al più recente regolamento comunitario 1072/2009, di rifusione dei precedenti regolamenti in materia e disponendo sanzioni anche all’ipotesi di circolazione sul territorio nazionale di veicoli immatricolati all’estero per i quali sia accertata durante la circolazione la non corrispondenza fra le registrazioni del tachigrafo o di altri elementi e le prove documentali che devono essere fornite in base al regolamento 1072/2009, nonché qualora queste prove non siano conservate a bordo del veicolo ed esibite. Il comma 2 disciplina i contributi alle imprese di autotrasporto. Il comma 3 attribuisce al Comitato Centrale dell’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi, la competenza a decidere sui ricorsi contro gli Uffici della Motorizzazione civile in materia di iscrizione, sospensione, cancellazione e radiazione dall’Albo degli autotrasportatori, nonché di applicazione delle sanzioni disciplinari. Il comma 4 dispone che tutti i soggetti della filiera dei trasporti effettuino i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare.

Articolo 33

(Bonifica ambientale e riqualificazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli – Coroglio)

L’articolo 33, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, detta una disciplina speciale per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate sulla base di una delibera del Consiglio, e detta specifiche disposizioni per la realizzazione di tali interventi nel comprensorio Bagnoli-Coroglio (commi 1-10), che viene dichiarato dallo stesso articolo area di rilevante interesse nazionale (commi 11-12).

L’articolo 33, comma 3, prevede l’adozione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate con delibera del Consiglio dei Ministri, a cui partecipano i Presidenti delle Regioni interessate, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Il comma 1, dichiara che le disposizioni previste nell’articolo attengono alle materie riguardanti la tutela dell’ambiente e ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

In relazione a ciascuna area di interesse nazionale individuata con la delibera del Consiglio dei ministri sono predisposti un programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana.

Alla formazione, all’approvazione e all’attuazione dei due predetti documenti sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto attuatore (comma 4).

La Camera dei deputati ha modificato il comma 4, prevedendo che il Commissario straordinario del Governo e il Soggetto attuatore devono comunque operare nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sia per la progettazione che per l’esecuzione dei lavori, previste dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163 del 2006.

Il Commissario straordinario coordina gli interventi infrastrutturali pubblici e privati dell’area di rilevante interesse nazionale. Gli eventuali oneri derivanti dall’attività del Commissario sono a carico delle risorse del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 5).

Ai sensi del comma 6, il Soggetto Attuatore, nominato con un D.P.C.M., elabora e attua il programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Il soggetto attuatore svolge compiti di stazione appaltante per l’affidamento dei lavori previsti e opera in deroga alle procedure ad evidenza pubblica (comma 7).

Il comma 8 stabilisce il contenuto della proposta di programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana che il Soggetto Attuatore trasmette al Commissario straordinario di Governo la proposta di programma e il documento di indirizzo strategico.

Il Commissario straordinario di Governo, ricevuta la proposta di risanamento ambientale e rigenerazione urbana, convoca una conferenza di servizi che esamina il progetto di bonifica, il cronoprogramma di svolgimento dei lavori di bonifica del sito, la valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale. In caso di mancato accordo in sede di Conferenza il Consiglio dei Ministri è autorizzato a deliberare l’adozione del suddetto programma, anche in deroga alle vigenti previsioni di legge (comma 9).

Il programma di rigenerazione urbana e’ adottato dal Commissario straordinario, entro 10 giorni dalla conclusione della conferenza di servizi ed è approvato con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (comma 10).

Le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio, sito nel Comune di Napoli, perimetrate, per interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale, sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti delle disposizioni di cui ai precedenti commi (comma 11).

Per il comprensorio Bagnoli-Coroglio, il Soggetto Attuatore e la società per azioni costituita ai sensi del comma 12 partecipano alle procedure di definizione e di approvazione del programma di rigenerazione urbana e di bonifica ambientale, al fine di garantire la sostenibilità economica-finanziaria dell’operazione (comma 13).

La proprietà delle aree e degli immobili del comprensorio Bagnoli-Coroglio appartenenti alla società Bagnoli Futura S.p.A. in stato di fallimento, è trasferita, con il medesimo D.P.C.M. di nomina, al Soggetto Attuatore, con oneri a carico del medesimo Soggetto attuatore (comma 12).

La Camera dei deputati nel corso dell’esame ha aggiunto i commi 13-bis, 13-ter e 13-quater.

Il comma 13-bis, prevede l’obbligo di garantire la piena compatibilità e il rispetto dei piani di evacuazione per il rischio vulcanico del Vesuvio con il programma di rigenerazione urbana.

Il comma 13-ter, è finalizzato a consentire la partecipazione del comune di Napoli alla definizione del programma di rigenerazione urbana dell’area di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli-Coroglio.

Il comma 13-quater affida al Commissario straordinario di Governo la verifica del fabbisogno di personale necessario per le attività di competenza del Soggetto attuatore, o della società da questo costituita, ed assume ogni iniziativa utile al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori facenti capo alla Bagnoli Spa alla data di dichiarazione di fallimento.

Articolo 33-bis

(Interventi di bonifica da amianto da realizzare nei territori compresi nel Sito di Interesse Nazionale di “Casale Monferrato”)

L’articolo 33-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è volto ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno del comune di Casale Monferrato per l’anno 2015, le spese sostenute per gli interventi di bonifica dell’amianto da realizzare nei territori compresi nel sito di bonifica di interesse nazionale di “Casale Monferrato”, già sede di produzione di amianto e di beni in amianto.

Articolo 34

(Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel corso di attività di messa in sicurezza e di bonifica)

L’articolo 34, modificato nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, contiene una serie di disposizioni applicabili nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, che perseguono due distinte finalità. Una prima finalità, perseguita dai commi 1-6, è quella di semplificazione e accelerazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e di esecuzione degli stessi, operata mediante una serie di modifiche al D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).

Una seconda finalità, perseguita dal comma 7, è quella di consentire l’effettuazione, nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica, di una serie di interventi (interventi richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; manutenzione di impianti e infrastrutture; opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e altre opere lineari di pubblico interesse), alle condizioni indicate dal medesimo comma. I successivi commi 8, 9 e 10 introducono disposizioni volte a disciplinare, in dettaglio, le modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni/materiali movimentati.

Il comma 7-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera, integra la disciplina ordinaria in materia di bonifiche dettata dall’art. 242 del cd. Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) stabilendo che, per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione, in scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, inoltre, sono stati inseriti i commi 10-bis, che modifica in più punti la procedura semplificata per le operazioni di bonifica e 10-ter, che per gli affidamenti attinenti le bonifiche ambientali prevede l’obbligo di pubblicazione sul sito web dell’ente procedente.

Articolo 35

(Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene)

L’articolo 35, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di una rete nazionale di impianti di recupero energetico dei rifiuti, con determinate caratteristiche prestazionali. A tal fine viene demandata ad un apposito D.P.C.M. l’individuazione degli impianti di recupero di energia e di smaltimento esistenti e da realizzare, che vengono qualificati come “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente” (comma 1). Vengono inoltre definiti le caratteristiche prestazionali e i parametri di funzionamento degli impianti nuovi (commi 2-3-5). Al fine di garantire il rispetto di tali caratteristiche e parametri anche da parte degli impianti di recupero esistenti, si prevede che le autorità competenti procedano alle necessarie verifiche e ai conseguenti adeguamenti delle autorizzazioni già rilasciate. Si prevede, inoltre, il dimezzamento dei termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità, di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA) degli impianti di recupero da realizzare (comma 6), mentre il comma 7 prevede l’applicazione del potere sostitutivo in caso di mancato rispetto dei termini fissati per la verifica degli impianti e l’adeguamento delle autorizzazioni, nonché dei nuovi termini abbreviati delle procedure autorizzative.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha ampiamente modificato l’articolo 35prevedendo, da un lato, una serie di modifiche alla procedura per la realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti (commi 1, 3-6, 8 e 9), e dall’altro disposizioni aggiuntive in materia di: recupero dei rifiuti organici (comma 2); contributi economici per il trattamento energetico fuori regione dei rifiuti (comma 7); affidamento della nuova concessione del SISTRI dal 2016 (comma 10); deroga al divieto di smaltimento fuori regione dei rifiuti urbani nei casi di calamità naturali (comma 11); rifiuti di beni in polietilene (commi 12 e 13).

Articolo 36

(Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca degli idrocarburi)

Il comma 1 dell’articolo 36 esclude dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata la Camera dei deputati ha aggiunto, in proposito, gli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di mitigazione del rischio idrogeologico.

L’esclusione si calcola sulla base delle maggiori entrate delle aliquote di prodotto (royalties) destinate alle regioni che verranno versate dagli operatori: la Camera dei deputati ha modificato tale ultima previsione, prevedendo che operi nel limite delle aliquote di prodotto relative agli incrementi di produzione realizzati nel 2013.

Con la legge di stabilità per il 2015 (la Camera dei deputati ha aggiunto, in proposito, anche il riferimento alle leggi di stabilità successive) dovrà essere definito per le Regioni, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno delle spese in conto capitale finanziate con le entrate delle aliquote di prodotto aliquote destinate alle Regioni a statuto ordinario (comma 2).

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 2-bis, per prevedere che il fondo alimentato dall’aumento di aliquota sulle produzioni di idrocarburi liquidi, istituito dall’articolo 45 della legge n. 99/2009, sia destinato non alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti delle regioni interessate dall’estrazione di idrocarburi bensì alla promozione di misure di sviluppo economico e all’attivazione di una social card. Inoltre nella procedura di emanazione del decreto ministeriale con cui sono annualmente destinate le somme spettanti per le iniziative a favore dei residenti in ciascuna regione interessata si prevede la necessità dell’intesa con i Presidenti delle Regioni interessate.

Articolo 36-bis

(Interventi in favore dei territori con insediamenti produttivi petroliferi)

La Camera dei deputati ha inserito l’articolo aggiuntivo 36-bis, che interviene sulla disciplina della destinazione a progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi, di una quota delle maggiori entrate per l’erario garantite dalle risorse energetiche strategiche nazionali di idrocarburi. Al riguardo, con il comma 1, si specifica che le maggiori entrate sono quelle effettivamente realizzate attraverso i versamenti dei soggetti titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, con riferimento a progetti di sviluppo la cui autorizzazione all’esercizio sia rilasciata successivamente al 12 settembre 2013. Si specifica inoltre che la quota delle maggiori entrate da destinare alle suddette finalità, è determinata dalla misura del trenta per cento di tali maggiori entrate e per dieci periodi di imposta successivi all’entrata in esercizio dei relativi impianti

Articolo 37

(Misure urgenti per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale)

A norma dell’art. 37 in esame, i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse: rivestono carattere di interesse strategico; costituiscono una priorità a carattere nazionale; sono di pubblica utilità; sono indifferibili e urgenti (comma 1).

Le variazioni introdotte alla normativa vigente (contenuta nell’art. 52-quinquies, comma 2, del D.P.R. 327/2001) sono alcomma 2, secondo cui: le procedure autorizzative e di espropriazione per pubblica utilità concernenti le infrastrutture lineari energetiche facenti parte della rete nazionale dei gasdotti (nonché gli oleodotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto) vengono estese ai gasdotti di approvvigionamento dall’estero e alle operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse (in conseguenza di quest’ultima modifica, operata dalla Camera dei deputati, non si fa, pertanto, più riferimento alle opere accessorie, previste nel testo originario del decreto); viene chiarito che il potere, riconosciuto all’autorizzazione, di sostituire ogni altro provvedimento di assenso previsto dalle norme vigenti, non vale solo a fini urbanistici ed edilizi ma anche a fini paesaggistici; viene introdotta una procedura dettagliata per la risoluzione delle interferenze; mercè un intervento della Camera dei deputati, si prevede che, per le infrastrutture lineari energetiche facenti parte della rete nazionale dei gasdotti, l’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla costruzione è adottato d’intesa con le Regioni interessate, previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta decorsi i quali il parere si intende acquisito; vengono assoggettati ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) statale gli impianti di combustione facenti parte della rete nazionale dei gasdotti ed aventi potenza termica di almeno 50 MW.

Il comma 3 riguarda invece gli stoccaggi di gas naturale, con l’obiettivo di accrescere la risposta del sistema nazionale degli stoccaggi in termini di punta di erogazione. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a decorrere dal periodo di regolazione che inizia dal 2015, deve stabilire meccanismi (non più tariffari, ma regolatori, mercé l’intervento emendativo della Camera dei deputati) incentivanti gli investimenti per lo sviluppo di ulteriori prestazioni di punta effettuati a decorrere dal 2015. L’emendamento approvato dalla Camera dei deputati (oltre ad eliminare il rinvio alle previsioni, anche quantitative, di cui alla normativa vigente) apporta alcune integrazioni, in quanto, oltre alla punta di erogazione, aggiunge quella di iniezione; inoltre vi si precisa che i meccanismi regolatori di incentivazione per lo sviluppo delle prestazioni di punta del sistema nazionale degli stoccaggi (che l’AEEGSI deve stabilire) a decorrere dal periodo di regolazione che inizia dal 2015) possono essere anche asimmetrici.

Articolo 38

(Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali)

Il comma 1 dell’articolo 38, al fine dichiarato di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività: di interesse strategico; di pubblica utilità, urgenti e indifferibili in riferimento ai relativi titoli abilitativi (come la Camera dei deputati ha precisato). Ne deriva l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi e, per quanto disposto dal comma 2, se le opere da eseguire comportano variazione degli strumenti urbanistici, hanno effetto di variante urbanistica. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 1-bis, che demanda al Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell’ambiente, la predisposizione di un piano delle aree in cui sono consentite le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale. Il comma 3 trasferisce dalle Regioni al Ministero dell’ambiente la competenza al rilascio del provvedimento di VIA (valutazione di impatto ambientale) relativamente ai progetti relativi ad attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sulla terraferma. La Camera dei deputati ha aggiunto una modifica per coordinare il trasferimento dalle regioni al Ministero dell’ambiente della competenza al rilascio del provvedimento di VIA, con la corrispondente modifica dell’allegato III e IV del codice ambientale, eliminando dall’elenco dei progetti di competenza regionale i riferimenti alle attività citate relative agli idrocarburi. Il comma 4contiene una norma transitoria destinata a disciplinare gli effetti dello spostamento di competenze operato dal comma 3 sui procedimenti di VIA in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Per tali procedimenti viene previsto che se la Regione non conclude il procedimento entro il 31 marzo 2015 (come modificato dalla Camera dei deputati), la stessa dovrà provvedere alla trasmissione di tutta la documentazione al Ministero dell’ambiente per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico. Un’ulterioremodifica operata dalla Camera dei deputati precisa che, nei casi di trasferimento dei procedimenti al Ministero dell’ambiente, i conseguenti oneri istruttori rimangono a carico delle società proponenti e sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al Ministero medesimo. I commi da 5 a 8 modificano la disciplina per il conferimento di titoli minerari, con specifico riguardo al rilascio dei titoli abilitativi per la ricerca e la produzione di idrocarburi. La prima novità è l’introduzione di un “titolo concessorio unico” in luogo di due titoli distinti (permesso di ricerca e concessione di coltivazione). A seguito di una modifica della Camera dei deputati al comma 5, la proroga della fase di coltivazione da parte del Mise non è più automatica, ma subordinata al caso di rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico.

Secondo il comma 6, il titolo concessorio unico è accordato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e le Sezioni territoriali dell’Ufficio nazionale minerario idrocarburi e georisorse, d’intesa, per le attività da svolgere in terraferma, con la regione o la provincia autonoma di Trento o di Bolzano territorialmente interessata. A seguito di una modifica della Camera dei deputati, si specifica che la valutazione ambientale preliminare è svolta entro 60 giorni. Mercé una modifica della Camera dei deputati, è inserito un comma 6-bis che rinvia alla normativa comunitaria e alla seconda parte del Codice ambientale per il rilascio della VIA per i progetti di opere ed interventi relativi ad attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi; con il comma 6-ter, poi, la medesima Camera dispone che il rilascio del titolo concessorio unico sia subordinato alla presentazione di idonee garanzie bancarie o assicurative.

Il comma 7 prevede che, con disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, siano stabilite, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, le modalità di conferimento del titolo concessorio unico e le modalità di esercizio delle relative attività. Il comma 8 dispone l’applicazione delle nuove norme sul titolo concessorio unico anche ai titoli rilasciati successivamente alla data di entrata in vigore del Codice ambientale (e non più a tutti i titoli vigenti: ciò in ragione della modifica apportata dalla Camera dei deputati) e ai procedimenti in corso, su istanza del titolare o del richiedente, da presentare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento (termine innovato dalla Camera dei deputati, la quale ha inoltre fatta salva, con riguardo all’applicazione delle disposizioni sui procedimenti di VIA in corso presso le Regioni, l’opzione, da parte dell’istante, di proseguimento del procedimento di valutazione di impatto ambientale presso la Regione, da esercitarsi entro trenta giorni dal medesimo termine).

La Camera dei deputato ha soppresso il comma 9 del decreto-legge. Il comma 10 rende possibili progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti di idrocarburi in mare in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi. In virtù delle modifiche apportate dalla Camera dei deputati, si integra la norma per tutelare anche le risorse localizzate nel mare continentale e si inseriscono gli enti pubblici territoriali (oltre alle regioni e agli enti locali) tra gli enti territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche o dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti che hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale.

Il comma 11 semplifica la procedura per le attività di reiniezione delle acque di strato(ovvero l’acqua che proviene dalla roccia serbatoio e che viene estratta insieme a petrolio e gas naturale) o della frazione gassosa estratta in giacimento. Con l’integrazione disposta dalla Camera dei deputati, si prevede che le autorizzazioni relative alla reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa siano rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che esse non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-bis, riguardante i rifiuti solidi e liquidi delle attività estrattive, il comma 11-ter, che aumenta il limite massimo del contributo richiesto a carico dei soggetti richiedenti per le attività svolte dagli uffici della Direzione generale competente, il comma 11-quater, che vieta, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato, la ricerca e dell’estrazione di shale gas e shale oil, ed il comma 11-quinquies, in cui si demanda ad un decreto del MISE la definizione di condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell’energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili che alimentano siti industriali o artigianali.

Articolo 39, comma 1

(Revisione degli incentivi per i veicoli a basse emissioni complessive)

Il comma 1 dell’articolo 39 modifica alcuni dei criteri per la fruizione degli incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, attraverso una serie di interventi sulle disposizioni del decreto-legge n. 83 del 2012 che li aveva introdotti istituendo un programma triennale di incentivazione per l’acquisto di tutte le tipologie di veicoli aziendali (autovetture, veicoli commerciali, ciclomotori, motocicli e quadricicli), purché destinati all’esercizio di impresa o ad uso pubblico e a condizione che venisse rottamato un veicolo obsoleto, della stessa categoria, avente almeno 10 anni di anzianità, ovvero anche senza rottamazione ma nel caso di acquisto di veicoli aventi emissioni particolarmente basse (< 95g/km).

In particolare, viene consentita la rottamazione di uno qualsiasi dei veicoli delle categorie riportate dalla norma e non esattamente di un veicolo della stessa categoria del veicolo che si va ad acquistare, come previsto fino ad oggi. Inoltre, è consentita l’agevolazione anche nel caso di immatricolazione in Italia (e quindi anche di veicoli acquistati all’estero), oltre che di veicoli nuovi acquistati in Italia ed è eliminato il requisito del possesso o della proprietà da almeno 12 mesi. La misura del contributo non sarà più necessariamente pari, nei diversi casi previsti, al 15% o al 20%, ma può arrivare fino al 15% o fino al 20%. Si stabilisce poi che il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati a partire dalla data di operatività della piattaforma di prenotazione dei contributi, mentre tra le condizioni previste per fruire del contributo viene eliminato il requisito che il veicolo rottamato sia stato immatricolato da almeno dieci anni, nonché il requisito dell’intestazione da almeno 12 mesi allo stesso intestatario che acquista il veicolo nuovo.

L’articolo destina poi una quota delle risorse del Fondo per l’erogazione degli incentivi anche per i veicoli dati in disponibilità ai dipendenti in uso proprio e per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Articolo 39, comma 1-bis

(Rafforzamento della tutela degli ecosistemi terrestri e marini)

Il comma 1-bis dell’articolo 39, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è volto ad includere, nel novero degli interventi a cui è possibile destinare il 50% dei proventi delle aste del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, anche il rafforzamento della tutela degli ecosistemi terrestri e marini, a partire dalle aree e dai siti protetti nazionali, internazionali e dell’Unione europea, anche mediante l’impiego di idonei mezzi e strutture per il monitoraggio, il controllo e il contrasto dell’inquinamento (nuova lettera d-bis) del comma 6 dell’art. 19 del D.Lgs. 30/2013).

Articolo 39-bis

(Teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti)

La Camera dei deputati ha inserito l’articolo aggiuntivo 39-bis, volto ad innovare rispetto all’attuale definizione di teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti: potranno dirsi tali i sistemi che usano il 50 per cento di una combinazione che includa anche il calore cogenerato.

Articolo 40

(Rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga ed altre misure finanziarie)

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo 40 reca un incremento del finanziamento, per il 2014, degli ammortizzatori sociali in deroga. Il secondo periodo dello stesso comma e le lettere a) e b) del comma 2 operano una rimodulazione delle risorse per l’incentivo alle assunzioni di lavoratori giovani, mentre il comma 3 modifica la procedura del finanziamento del medesimo incentivo. Il comma 2 provvede altresì alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalcomma 1. I commi 4 e 5 recano norme finanziarie e contabili per alcune specifiche fattispecie di ammortizzatori sociali. Il comma 6 incrementa la dotazione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

Articolo 41

(Disposizioni urgenti in materia di trasporto pubblico locale nella regione Calabria)

I commi da 1 a 4 dell’articolo 41 intervengono in materia di risorse per il trasporto pubblico locale nella Regione Calabria per consentire la rimozione dello squilibrio finanziario derivante dagli oneri relativi all’esercizio 2013 posti a carico del bilancio della regione e concernenti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale, nonché per assicurare per il biennio 2014-2015 un contributo straordinario per la copertura dei costi del sistema di mobilità regionale di trasporto pubblico locale, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati. Il comma 5 differisce al 31 dicembre 2015 il blocco, scaduto il 30 giugno 2014, delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il trasporto ferroviario regionale nella regione Campania ed interessate dal piano di rientro dalla situazione di disavanzo.

Articolo 42, commi 1-14

(Disposizioni in materia di finanza delle Regioni)

L’articolo 42 opera diversi interventi concernenti la finanza regionale, disponendo:

  • in relazione al contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario di cui al D.L. 66/2014, anticipa dal 31 ottobre al 30 settembre il termine per l’intesa in Conferenza Stato-Regioni per l’anno 2015 e seguenti e dà attuazione all’attuazione all’intesa sancita in Conferenza Stato-Regioni il 29 maggio 2014, in relazione al contributo per il 2014, convenuto dalle regioni in una riduzione della spesa (in termini di all’indebitamento netto) per 500 milioni per il 2014. (comma 1);
  • posticipa alcuni termini in relazione al patto orizzontale tra le regioni (comma 2) e al “patto regionale verticale” tra le regioni e gli enti locali del proprio territorio (comma 3);
  • in relazione all’ulteriore concorso agli obiettivi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario di cui alla legge di stabilità 2014, posticipa dal 30 aprile al 31 ottobre 2014 il termine entro cui, in caso di mancato pagamento, gli importi dovuti da ciascuna regione sono sottratti dalle risorse dovute dallo Stato alla regione medesima (comma 4);
  • definisce gli obiettivi del patto di stabilità della Regione siciliana per gli anni 2014-2017, in attuazione dell’accordo del 9 giugno 2014, dando altresì attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2013 circa la illegittimità delle riserve all’erario sulle entrate tributarie spettanti alla Regione (commi 5-8);
  • stabilisce gli obiettivi del patto di stabilità della Regione Sardegna per gli anni 2014-2017, in attuazione dell’accordo del 21 luglio 2014: a tal fine determina l’importo dell’obiettivo per il 2014, disponendo nel contempo che a decorrere dal 2015 l’obiettivo medesimo dovrà essere il pareggio di bilancio (commi 9-13).

Articolo 42, comma 14-bis

(Individuazione delle regioni di riferimento per la determinazione del fabbisogno sanitario standard)

Il comma 14-bis – inserito dalla Camera – dell’articolo 42 pone una deroga, per l’anno 2014, alle procedure per l’individuazione delle tre regioni di riferimento per la determinazione del fabbisogno sanitario standard. Si prevede, infatti, ai fini dell’accelerazione delle procedure, la conferma diretta delle tre regioni – Umbria, Emilia-Romagna e Veneto – individuate, per il precedente anno 2013, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 5 dicembre 2013.

Articolo 42, comma 14-ter

(Quota premiale del finanziamento del Servizio sanitario nazionale)

Il comma 14-ter – inserito dalla Camera – dell’articolo 42 pone due norme transitorie, relative ad una quota premiale nell’àmbito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale; tale quota è relativa alle regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e l’aggiudicazione di procedure di gara per l’approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un determinato importo e per quelle che introducano misure idonee a garantire la piena applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere pubbliche, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.

Articolo 42, commi da 14-quater a 14-sexies

(Riduzioni debiti commerciali regione Sardegna)

I commi da 14-quater a 14-sexies, aggiunti nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, destinano alla riduzione dei debiti commerciali contratti dalla regione Sardegna le riserve all’erario, di cui all’articolo 1, comma 508, della legge n. 147 del 2013 , afferenti al territorio della regione. Al fine di compensare gli effetti finanziari, pari a 230 milioni di euro, si prevede una corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 64 del 2013, utilizzando la dotazione per l’anno 2014 della “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”.

Articolo 42-bis

(Termini per la richiesta di ammissione al finanziamento dei programmi di edilizia sanitaria)

L’articolo 42-bis – inserito dalla Camera – reca due norme transitorie, relative ai termini temporali per la richiesta di ammissione al finanziamento, da parte delle regioni e delle province autonome, per l’attuazione dei programmi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico.

Le modifiche transitorie in oggetto riguardano gli accordi di programma sottoscritti nell’anno 2013 – dalle regioni e dalle province autonome con il Ministero della salute (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome) -.

Articolo 43

(Misure in materia di utilizzo del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti territoriali e di fondo di solidarietà comunale)

I commi da 1 a 3 dell’articolo 43, modificando le disposizioni previste dal T.U.E.L., recano disposizioni finalizzate a consentire agli enti locali in situazione di c.d. “predissesto”, che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di utilizzare le risorse del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali» per il ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio.

Il comma 3-bis inserito in prima lettura provvede a limitare, per l’anno 2014, l’applicazione di talune sanzioni previste dalla normativa vigente per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2013 da parte degli enti locali.

Il comma 4 prevede l’attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, da parte del Ministero dell’interno, di un importo a titolo di anticipo su quanto spettante per l’anno 2014 sul Fondo di solidarietà comunale, da erogare entro il 20 settembre 2014.

Il comma 5 destina ad incremento del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2014 la somma di 49,9 milioni di euro.

Il comma 5-bis modifica il comma 729-quater della legge n. 147 del 2013 al fine di concedere ai comuni per cui non sia stato possibile recuperare sul fondo di solidarietà comunale 2014, prevedendo, per le somme risultanti a debito per effetto delle variazioni sulle assegnazioni del fondo di solidarietà 2013, come risultante dalla verifica del gettito IMU, la possibilità di chiedere la rateizzazione triennale, a decorrere dal 2015, delle somme ancora da recuperare, comprese quelle da trattenere per il tramite dell’Agenzia delle entrate..

Il comma 5ter modifica la percentuale dei pagamenti di debiti che le amministrazioni regionali devono aver certificato, al fine di poter accedere all’erogazione di anticipazioni di liquidità.

Il comma 5-quater disciplina il procedimento per l’adozione della nota metodologica riferita alla procedura di calcolo e della stima delle capacità fiscali per i singoli comuni delle regioni a statuto ordinario.

Articolo 43-bis

(Regioni a statuto speciale e province autonome)

L’articolo reca la clausola di applicazione nei riguardi delle autonomie speciali, prevedendo che le disposizioni del presente decreto siano applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

Articolo 44

(Disposizioni finali)

L’articolo 44 contiene la consueta clausola che autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le variazioni di bilancio, in termini di competenza e di residui, occorrenti per l’attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame.

Articolo 1, commi 1-9

(Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli – Bari e Palermo-Catania-Messina)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. L’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A è nominato, per la durata di due anni dall’entrata in vigore del presente decreto, Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari, di cui al Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e senza compensi aggiuntivi per l’attività di Commissario. L’incarico è rinnovabile con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto anche dei risultati conseguiti e verificati in esito alla rendicontazione di cui al comma 8. 1. L’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A è nominato, per la durata di due anni dall’entrata in vigore del presente decreto, Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari, di cui al Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L’incarico è rinnovabile con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto anche dei risultati conseguiti e verificati in esito alla rendicontazione di cui al comma 8. Al Commissario di cui al primo periodo non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati.
2. Per le finalità di cui al comma 1, ed allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l’effettiva realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari, in modo da poter avviare i lavori relativi a parte dell’intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015, il Commissario provvede all’approvazione dei relativi progetti. Al fine di ridurre i costi e i tempi di realizzazione dell’opera, con particolare riferimento alla tratta appenninica Apice-Orsara, il Commissario rielabora i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati. Anche sulla base dei soli progetti preliminari, il Commissario può bandire la gara e tassativamente entro centoventi giorni dall’approvazione dei progetti decorrenti dalla chiusura della conferenza di servizi provvede alla consegna dei lavori, anche adottando provvedimenti d’urgenza. Il mancato rispetto di tali scadenze non motivato comporta la revoca del mandato di Commissario. Il Commissario provvede inoltre all’espletamento di ogni attività amministrativa, tecnica ed operativa, comunque finalizzata alla realizzazione della citata tratta ferroviaria, utilizzando all’uopo le strutture tecniche di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in relazione all’avvalimento delle strutture tecniche citate. In sede di aggiornamento del Contratto di programma il Commissario trasmette al CIPE i progetti approvati, il cronoprogramma dei lavori e il relativo stato di avanzamento, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. Il contratto istituzionale di sviluppo sottoscritto in relazione all’asse ferroviario Napoli – Bari può essere derogato in base alle decisioni assunte dal Commissario di cui al comma 1. 2. Per le finalità di cui al comma 1, ed allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l’effettiva realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari, in modo da poter avviare i lavori relativi a parte dell’intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015, il Commissario provvede all’approvazione dei relativi progetti. Al fine di ridurre i costi e i tempi di realizzazione dell’opera, con particolare riferimento alla tratta appenninica Apice-Orsara, fatta salva la previsione progettuale, lungo la suddetta tratta, della stazione ferroviaria in superficie, il Commissario rielabora i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati. Anche sulla base dei soli progetti preliminari, il Commissario può bandire la gara e tassativamente entro centoventi giorni dall’approvazione dei progetti decorrenti dalla chiusura della conferenza di servizi provvede alla consegna dei lavori, anche adottando provvedimenti d’urgenza. Negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito il Commissario prevede che la mancata accettazione, da parte delle imprese, delle clausole contenute nei protocolli di legalità stipulati con le competenti prefetture-uffici territoriali del Governo, riferite alle misure di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro, costituisce causa di esclusione dalla gara e che il mancato adempimento degli obblighi previsti dalle clausole medesime, nel corso dell’esecuzione del contratto, comporta la risoluzione del contratto stesso. Il mancato inserimento delle suddette previsioni comporta la revoca del mandato di Commissario. Il Commissario provvede inoltre all’espletamento di ogni attività amministrativa, tecnica ed operativa, comunque finalizzata alla realizzazione della citata tratta ferroviaria, utilizzando all’uopo le strutture tecniche di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in relazione all’avvalimento delle strutture tecniche citate. In sede di aggiornamento del Contratto di programma il Commissario trasmette al CIPE i progetti approvati, il cronoprogramma dei lavori e il relativo stato di avanzamento, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. Il contratto istituzionale di sviluppo sottoscritto in relazione all’asse ferroviario Napoli – Bari può essere derogato in base alle decisioni assunte dal Commissario di cui al comma 1.
2-bis. Si applicano gli obblighi di pubblicazione di cui agli articoli 37, 38 e 39 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Resta altresì ferma l’applicazione dell’articolo 1, comma 17, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
3. Gli interventi da praticarsi sull’area di sedime della tratta ferroviaria Napoli – Bari, nonché quelli strettamente connessi alla realizzazione dell’opera, sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità. 3. Identico.
4. La conferenza di servizi per la realizzazione degli interventi sopra citati è convocata entro quindici giorni dall’approvazione dei progetti definitivi. Qualora alla conferenza di servizi il rappresentante di un’amministrazione invitata sia risultato assente, o, comunque, non dotato di adeguato potere di rappresentanza, la conferenza delibera prescindendo dalla sua presenza e dalla adeguatezza dei poteri di rappresentanza dei soggetti intervenuti. Il dissenso manifestato in sede di conferenza dei servizi deve essere motivato e recare, a pena di non ammissibilità, le specifiche indicazioni progettuali necessarie ai fini dell’assenso. In caso di motivato dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in deroga all’articolo 14-quater comma 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche e integrazioni è rimessa alla decisione del Commissario, che si pronuncia entro quindici giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l’intesa non è raggiunta entro sette giorni, la decisione del Commissario può essere comunque adottata. 4. La conferenza di servizi per la realizzazione degli interventi sopra citati è convocata entro quindici giorni dall’approvazione dei progetti. Qualora alla conferenza di servizi il rappresentante di un’amministrazione invitata sia risultato assente, o, comunque, non dotato di adeguato potere di rappresentanza, la conferenza delibera prescindendo dalla sua presenza e dalla adeguatezza dei poteri di rappresentanza dei soggetti intervenuti. Il dissenso manifestato in sede di conferenza dei servizi deve essere motivato e recare, a pena di non ammissibilità, le specifiche indicazioni progettuali necessarie ai fini dell’assenso. Con riferimento agli interventi di cui al presente comma, in caso di motivato dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico ovvero alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si applica l’articolo 14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni; in tal caso, tutti i termini previsti dal citato comma 3 sono ridotti alla metà.
5. I pareri, i visti ed i nulla-osta relativi agli interventi, necessari anche successivamente alla conferenza di servizi di cui al comma 4, sono resi dalle Amministrazioni competenti entro trenta giorni dalla richiesta e, decorso inutilmente tale termine, si intendono acquisiti con esito positivo. 5. Identico.
6. Con apposita convenzione a firma del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Commissario può avvalersi a titolo gratuito dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa ai fini dei rapporti con il territorio interessato per il miglior risultato nella realizzazione dell’opera. 6. Sulla base di apposita convenzione fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa, il Commissario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si avvale della predetta Agenzia per favorire l’informazione, il coinvolgimento e i rapporti con i territori interessati, ai fini della migliore realizzazione dell’opera.
7. La realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari è eseguita a valere sulle risorse previste nell’ambito del Contratto di programma stipulato tra RFI e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 7. Identico.
8. Il Commissario provvede alla rendicontazione annuale delle spese di realizzazione della tratta ferroviaria Napoli – Bari sulla scorta dei singoli stati di avanzamento dei lavori, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. 8. Il Commissario, entro il 31 gennaio dell’esercizio finanziario successivo a quello di riferimento, provvede alla rendicontazione annuale delle spese di realizzazione della tratta ferroviaria Napoli – Bari sulla scorta dei singoli stati di avanzamento dei lavori, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. Il rendiconto semestrale è pubblicato nei siti web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle regioni il cui territorio è attraversato dalla tratta ferroviaria Napoli-Bari.
8-bis. Al fine di non incorrere nelle limitazioni del patto di stabilità interno, il Commissario è autorizzato a richiedere i trasferimenti di cassa, in via prioritaria, a valere sulle risorse di competenza nazionale e, in via successiva, sulle risorse di competenza regionale, che insieme concorrono a determinare la copertura finanziaria dell’opera.
9. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 del presente articolo si applicano anche alla realizzazione dell’asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina. 9. Identico.

L’articolo 1 prevede la nomina dell’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari (comma 1) e ne disciplina i compiti e i poteri (comma 2). Ulteriori disposizioni riguardano la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza degli interventi (comma 3), nonché il loro finanziamento (comma 7), e le procedure di acquisizione degli atti di assenso sia in conferenza di servizi che successivamente. Le predette disposizioni per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari si applicano anche alla realizzazione dell’asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina (comma 9).

Nomina del Commissario (comma 1)

Il comma 1 prevede la nomina dell’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. “legge obiettivo”).

L’intervento “Nuovo asse ferroviario Napoli-Bari – Linea AV/AC Napoli-Bari: completamento e raddoppio Napoli-Cancello-Frasso Telesino-Apice-Orsara”, comprende una serie di opere per un importo complessivo di 5.505 milioni di euro, secondo quanto riportato nell’11° Allegato infrastrutture sul quale il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha espresso un parere favorevole nella seduta del 1° agosto 2014. Più della metà dei costi risultano ancora da finanziare(1) . A parte la “Variante Cancello-Napoli”(2) , il cui progetto preliminare è stato approvato con ladelibera CIPE n. 2 del 18 febbraio 2013 (e che ha un costo pari a 813 milioni di euro), tutte le altre opere che costituiscono l’intervento in questione sono allo stadio della progettazione preliminare. Un altro intervento deliberato dal CIPE è il “Raddoppio Cancello-Frasso Telesino”, ma relativamente alla delibera la Corte dei conti ha ricusato il visto e la registrazione(3) .

Il 2 agosto 2012 il Ministro per la Coesione territoriale, il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, le Regioni Campania, Basilicata e Puglia, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana hanno sottoscritto il Contratto Istituzionale di Sviluppo, che riguarda l’esecuzione di lavori sull’intera tratta ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto, il cui costo è pari a 7.116 milioni di euro per 22 interventi. Le disponibilità ammontano a 3.532 milioni.

L’incarico di Commissario ha una durata di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legge ed è rinnovabile con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia, sulla base anche dei risultati conseguiti e verificati in esito alla rendicontazione di cui al comma 8 (v. infra).

Il testo vigente precisa che l’incarico si svolgerà senza compensi aggiuntivi per l’attività del Commissario e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, la clausola predetta è riformulata prevedendo che al Commissario non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati.

In relazione alla nomina a Commissario per la realizzazione delle opere relative all’asse ferroviario Napoli-Bari, si ricorda che la normativa vigente prevede diverse figure di commissari straordinari nel settore delle opere pubbliche tra le quali il cd. commissario straordinario “sblocca cantieri”, il cd. commissario straordinario per le opere strategiche e i commissari straordinari per gli investimenti programmati nell’ambito del Quadro strategico nazionale.

La figura del commissario straordinario è stata introdotta per la prima volta dall’art. 13 del decreto-legge 67/1997(4) , provvedimento divenuto noto con il nome di «sbloccacantieri». Successivamente la normativa su tali Commissari straordinari ha subito ulteriori modifiche anche al fine di ampliarne i poteri (si veda l’art. 6 del decreto-legge n. 7 del 2005) e consentire ai commissari di operare in deroga alla normativa vigente e di assumere, a determinate condizioni, le funzioni di stazione appaltante.

L’art. 163, commi 5-10, del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo163/2006) prevede, al fine di agevolare la realizzazione delle opere strategiche, la nomina di commissari straordinari con poteri più limitati di quelli previsti dall’art. 13, del decreto legge n. 67 del 1997. Essi hanno infatti funzioni di indirizzo e coordinamento: sono tenuti, a seguire l’andamento delle opere e a provvedere alle opportune azioni di indirizzo e supporto, promuovendo le occorrenti intese tra i soggetti pubblici e privati interessati. Il Presidente del Consiglio Il ricorso ai poteri di cui all’articolo 13 del decreto legge n. 67 del 1997 è eventuale secondo quanto stabilito dal comma 7 del citato articolo.

Da ultimo, l’art. 20 del decreto-legge 185/2008(5) , espressamente finalizzato alla velocizzazione delle procedure esecutive di progetti facenti parte del Quadro strategico nazionale, ha previsto, tra l’altro, l’individuazione, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, commissari straordinari delegati chiamati a vigilare sul quadro finanziario degli investimenti e sui tempi di tutte le fasi di realizzazione degli investimenti medesimi con funzioni sia di indirizzo e di coordinamento, tra le quali si segnala la proposta di revoca dell’assegnazione delle risorse e l’esercizio di ogni potere di impulso attraverso il più ampio coinvolgimento degli enti e dei soggetti coinvolti, sia funzioni operative. Ai sensi del primo periodo del comma 4 del citato articolo 20, per l’espletamento dei compiti assegnati, il commissario ha, sin dal momento della nomina, con riferimento ad ogni fase dell’investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione, i poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari.

Compiti e poteri del Commissario (commi 2, 6 e 8)

Il comma 2 attribuisce al Commissario una serie di poteri tra i quali, in primo luogo, l’approvazione dei progetti allo scopo di avviare i lavori relativi a parte dell’intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015. La norma fa genericamente riferimento ai progetti dal che sembrerebbe desumersi che il Commissario è titolato all’approvazione di tutte le categorie di progetti (preliminari, definitivi ed esecutivi). Ciò configura un’attribuzione in deroga alle procedure definite dal Codice dei contratti pubblici, che assegnano al CIPE la competenza relativa all’approvazione dei progetti preliminari e definitivi a seguito delle istruttorie che vedono il coinvolgimento tra l’altro dei Ministeri e delle regioni e delle province autonome interessati sulla base del disposto degli articoli 165 (progetto preliminare), 166 (progetto definitivo) e 167, che contiene le norme generali sull’approvazione dei progetti. E’ lo stesso comma 2 a prevedere che il Commissario trasmetta al CIPE i progetti approvati, il cronoprogramma dei lavori e il relativo stato di avanzamento, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi.

Per finalità di riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione dell’opera, con particolare riguardo alla tratta appenninica Apice-Orsara, al Commissario, è assegnato il compito di rielaborare i progetti anche già approvati ma non ancora appaltati facendo salva, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, la previsione progettuale della stazione ferroviaria in superficie lungo la tratta appenninica Apice-Orsara.

La norma consente, inoltre, al Commissario di bandire la gara anche sulla base dei progetti preliminari.

La lettera c) del comma 2 dell’articolo 53 del Codice dei contratti, consente, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, lo svolgimento della gara sulla base del progetto preliminare se il contratto ha ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori.

Relativamente alle infrastrutture strategiche, ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 165 del Codice, il soggetto aggiudicatore provvede alla pubblicazione del bando di gara non oltre novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della delibera CIPE di approvazione del progetto preliminare, ove questo sia posto a base di gara. In caso di mancato adempimento il CIPE, su proposta del Ministero, può disporre la revoca del finanziamento a carico dello Stato.

Secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito predisposti dal Commissario si prevede che la mancata accettazione, da parte delle imprese, delle clausole contenute nei Protocolli di legalità stipulati con le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo competenti, riferite alle misure di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro, costituisce causa di esclusione dalla gara, e che il mancato adempimento degli obblighi previsti dalle clausole medesime, nel corso dell’esecuzione del contratto, comporta la risoluzione del contratto; inoltre, il mancato inserimento di tali previsioni (anziché il mancato rispetto delle scadenze non motivato come previsto nel testo vigente) comporta la revoca del mandato del Commissario.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 2-bis, che prevede l’applicazione degli obblighi di pubblicazione di cui agli articoli 37, 38 e 39 del decreto legislativo 33/2013(6) (recante il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni). Gli articoli citati disciplinano rispettivamente gli obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la pubblicità dei processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche, nonché la pubblicazione degli atti di pianificazione in materia di governo del territorio.

Lo stesso comma 2-bis precisa che resta ferma l’applicazione dell’articolo 1, comma 17, della legge 6 novembre 2012 n.190, ai sensi del quale le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.

Scadenze tassative sono poi stabilite dalla norma per la consegna dei lavori entro centoventi giorni dall’approvazione dei progetti decorrenti dalla conclusione della conferenza dei servizi. In tal caso dovrebbe farsi riferimento ai progetti definitivi considerato che – come dispone il comma 4 – la conferenza di servizi è convocata entro quindi giorni dall’approvazione dei progetti definitivi (v. infra). La norma prevede che il Commissario, per la consegna dei lavori, può adottare procedura d’urgenza.

Le decisioni assunte dal Commissario possono derogare a quanto contenuto nel contratto istituzionale di sviluppo del 2 agosto 2014.

Al fine di espletare ogni attività amministrativa, tecnica ed operativa, comunque finalizzata alla realizzazione della citata tratta ferroviaria, il Commissario si avvale delle strutture tecniche di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Ai sensi del comma 6 il Commissario può avvalersi a titolo gratuito, nell’ambito di una apposita convenzione firmata dal Ministro delle infrastrutture, dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. al fine di gestire i rapporti con i territori interessati per una migliore realizzazione delle opere. La Camera dei deputati ha sostituito il comma 6, prevedendo che con un’apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a. il Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari si avvalga della predetta Agenzia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al fine di favorire l’informazione, il coinvolgimento ed i rapporti con i territori interessati per migliorare la realizzazione dell’opera.

Il comma 8, impone al Commissario di provvedere alla rendicontazione annuale delle spese di realizzazione degli interventi, sulla scorta dei singoli stati di avanzamento dei lavori (SAL), segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini dell’eventuale valutazione di definanziamento degli interventi. Secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, è prevista la rendicontazione annuale delle spese di realizzazione della tratta ferroviaria Napoli-Bari, da parte del Commissario, entro il 31 gennaio dell’esercizio successivo a quello di riferimento e la pubblicazione del rendiconto semestrale sul sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle regioni interessate dall’attraversamento della tratta ferroviaria Napoli-Bari.

La Camera dei deputati ha aggiunto un comma 8-bis che, al fine di non superare i limiti del patto di stabilità, autorizza il Commissario a richiedere i trasferimenti di cassa, in via prioritaria, a valere sulle risorse di competenza nazionale, e, successivamente, sulle risorse di competenza regionale, che insieme concorrono a determinare la copertura finanziaria dell’opera.

Dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza degli interventi (comma 3)

In base al comma 3, gli interventi da realizzare sull’area di sedime della tratta ferroviaria Napoli-Bari, nonché quelli strettamente connessi alla realizzazione dell’opera, sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità.

In merito alla dichiarazione di pubblica utilità, si ricorda che essa accerta l’esistenza di ragioni di pubblico interesse alla realizzazione di un’opera e attribuisce all’opera medesima una determinata qualità giuridica, che costituisce presupposto per le procedure espropriative.

Diversi sono gli atti che possono comportare la dichiarazione di pubblica utilità: ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. 327/2001, infatti, la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta:

a) quando l’autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità, ovvero quando sono approvati il piano particolareggiato, il piano di lottizzazione, il piano di recupero, il piano di ricostruzione, il piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ovvero quando è approvato il piano di zona;

b) in ogni caso, quando in base alla normativa vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l’approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti.

La disciplina concernente l’occupazione d’’urgenza è contenuta nell’art. 22-bis del D.P.R. 327/2001

Relativamente alle infrastrutture strategiche, l’articolo 166 del Codice dei contratti reca la disciplina del progetto definitivo e del procedimento di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Conferenza di servizi e acquisizione di pareri, visti e nulla osta (commi 4 e 5)

Il comma 4 prevede, per gli interventi in questione, la convocazione di una conferenza di servizi entro 15 giorni dall’approvazione dei progetti definitivi. La Camera dei deputati ha soppresso il riferimento ai progetti definitivi per consentire l’anticipazione della convocazione della conferenza dei servizi anche entro quindici giorni dall’approvazione dei progetti preliminari.

Lo stesso comma disciplina i casi di assenza o di dissenso, prevedendo che:

  • qualora il rappresentante di un’amministrazione invitata sia assente o, comunque, non dotato di adeguato potere di rappresentanza, la conferenza delibera prescindendo dalla sua presenza e dall’adeguatezza del citato potere;
  • il dissenso manifestato in sede di conferenza dei servizi deve essere motivato e recare, a pena di non ammissibilità, le specifiche indicazioni progettuali necessarie ai fini dell’assenso;
  • in caso di motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, territoriale, del patrimonio culturale o della salute, la questione è rimessa alla decisione del Commissario, che si pronuncia entro quindici giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro sette giorni, la decisione del Commissario può essere comunque adottata.

Un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, trasferisce dal Commissario alla deliberazione del Consiglio dei Ministri la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo della conferenza di servizi nei casi di motivato dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Rispetto al testo attualmente vigente, che affida la decisione al Commissario derogando alla regola generale che disciplina la conferenza di servizi (art. 14-quater, comma 3, della L. 241/1990), il nuovo testo del comma 4 riconduce la conferenza di servizi nell’alveo della regola generale che però, per espressa previsione della norma, non si applica ad infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale (in cui rientra la tratta ferroviaria Napoli Bari). Rispetto alla regola generale viene, altresì, previsto il dimezzamento dei termini da essa contemplati.

Una speciale disciplina è prevista dall’articolo 165 Codice dei contratti per lo svolgimento della conferenza dei servizi che si svolge sul progetto preliminare con riguardo alla realizzazione delle infrastrutture strategiche. Il comma 6 di tale articolo disciplina il procedimento in caso di motivato dissenso delle regioni o province autonome.

L’art. 14-quater della L. 241/1990 dispone, al comma 1, che il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso. Lo stesso comma precisa che resta fermo quanto previsto dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in materia di valutazione di impatto ambientale. Il comma 3 dell’art. 14-quater, al primo periodo prevede che “al di fuori…delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni” ove venga espresso motivato dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Il comma 5 stabilisce che i pareri, i visti e i nulla-osta relativi agli interventi in questione, necessari anche successivamente alla conferenza di servizi, devono essere resi dalle amministrazioni competenti entro 30 giorni dalla richiesta e, decorso inutilmente tale termine, si intendono acquisiti con esito positivo (silenzio-assenso).

Finanziamento degli interventi (comma 7)

Il comma 7 prevede che la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari è eseguita a valere sulle risorse previste nell’ambito del Contratto di programma stipulato tra RFI e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina (comma 9)

Il comma 9 estende l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 alla realizzazione dell’asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina.

L’asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina è anch’esso incluso nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001.

Il 28 febbraio 2013 il Ministro per la Coesione territoriale, il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, la Regione Siciliana, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana hanno sottoscritto il Contratto Istituzionale di Sviluppo, che riguarda l’esecuzione di lavori sulla direttrice ferroviaria Messina-Catania-Palermo, il cui costo è pari a 5.106 milioni di euro per 14 interventi. Le disponibilità ammontano a 2.426 milioni.


1) Nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, viene confermato il costo di 5.505 milioni indicato nel precedente allegato con un fabbisogno stimato in 3.480,8 milioni.

2) La scheda relativa, tratta dall’8° rapporto sull’attuazione della legge obiettivo, è disponibile al linkhttp://silos.infrastrutturestrategiche.it/admin/scheda.aspx?id=1788.

3) La scheda relativa, tratta dall’8° rapporto sull’attuazione della legge obiettivo, è disponibile al linkhttp://silos.infrastrutturestrategiche.it/admin/scheda.aspx?id=1789

4) Decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 “Disposizioni urgenti per favorire l’occupazione”.

5) Decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”.

6) Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Articolo 1, commi 10-11-quater

(Approvazione del Contratto di Programma con RFI; Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria;approvazione dei contratti di programma sottoscritti dall’ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale; investimenti negli aeroporti e regolazione dei diritti aeroportuali)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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10. Per accelerare la conclusione del contratto il cui periodo di vigenza è scaduto e consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale, è approvato il Contratto di Programma 2012-2016 parte Investimenti stipulato tra Rete Ferroviaria Italiana e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 8 agosto 2014. Una quota pari a 220 milioni di euro delle risorse stanziate dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, quale contributo in conto impianti a favore di RFI è finalizzata agli interventi di manutenzione straordinaria previsti nel Contratto di Programma parte Servizi 2012-2014, con conseguente automatico aggiornamento delle relative tabelle contrattuali. 10. Per accelerare la conclusione del contratto il cui periodo di vigenza è scaduto e consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale, il contratto di programma 2012-2016 parte investimenti, sottoscritto in data 8 agosto 2014 tra la società Rete ferroviariaitaliana (RFI) Spa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Lo schema di decreto di cui al primo periodo è trasmesso alle Camere entro trenta giorni dalla predetta data, per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. I pareri sono espressi entro trenta giorni dalla data di assegnazione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere emanato. Una quota pari a 220 milioni di euro delle risorse stanziate dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, quale contributo in conto impianti a favore di RFI è finalizzata agli interventi di manutenzione straordinaria previsti nel Contratto di Programma parte Servizi 2012-2014, con conseguente automatico aggiornamento delle relative tabelle contrattuali. Agli enti locali che hanno sottoscritto, entro il 31 dicembre 2013, apposite convenzioni con la società RFI Spa per l’esecuzione di opere volte all’eliminazione di passaggi a livello, anche di interesse regionale, pericolosi per la pubblica incolumità, è concesso di escludere, nei limiti di tre milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, dal computo del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015 le spese da essi sostenute per la realizzazione di tali interventi, a condizione che la società RFI Spa disponga dei relativi progetti esecutivi, di immediata cantierabilità, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Ai relativi oneri si provvede per l’anno 2014 a valere sulle risorse di cui all’articolo 4, comma 3, e per l’anno 2015 a valere sulle risorse di cui al comma 5 del medesimo articolo. Alla ripartizione degli spazi finanziari tra gli enti locali si provvede con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
10-bis. Al fine di rendere cantierabili nel breve termine opere di interesse pubblico nazionale o europeo nel settore ferroviario, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti redige il Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria, con il quale individua, secondo criteri di convenienza economica per il sistema-Paese, le linee ferroviarie da ammodernare, anche tramite l’impiego dei fondi della Connecting Europe Facility, sia per il settore delle merci sia per il trasporto dei passeggeri. Il Piano è redatto in collaborazione con le associazioni di categoria del settore ed è tempestivamente reso pubblico nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
11. Per consentire l’avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma degli aeroporti di interesse nazionale di cui all’articolo 698 del codice della navigazione sono approvati, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che deve esprimersi improrogabilmente entro trenta giorni, i contratti di programma sottoscritti dall’ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale. Per gli stessi aeroporti il parere favorevole espresso dalle Regioni e dagli enti locali interessati sui piani regolatori aeroportuali in base alle disposizioni del regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, e successive modificazioni, comprende ed assorbe, a tutti gli effetti, la verifica di conformità urbanistica delle singole opere inserite negli stessi piani regolatori. 11. Per consentire l’avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma degli aeroporti di interesse nazionale di cui all’articolo 698 del codice della navigazione sono approvati, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che deve esprimersi improrogabilmente entro trenta giorni, i contratti di programma sottoscritti dall’ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale. Per gli stessi aeroporti il parere favorevole espresso dalle Regioni e dagli enti locali interessati sui piani regolatori aeroportuali in base alle disposizioni del regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, e successive modificazioni, comprende ed assorbe, a tutti gli effetti, la verifica di conformità urbanistica delle singole opere inserite negli stessi piani regolatori.
11-bis. Al fine di garantire la tempestività degli investimenti negli aeroporti, il modello tariffario e il livello dei diritti aeroportuali sono elaborati entro ottanta giorni dall’apertura della procedura di consultazione e trasmessi all’Autorità di regolazione dei trasporti per la successiva approvazione entro i successivi quaranta giorni. Decorsi tali termini la tariffa aeroportuale entra in vigore, fatti salvi i poteri dell’Autorità di sospendere il regime tariffario ai sensi dell’articolo 80, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Per i contratti di programma vigenti e per la loro esecuzione resta ferma la disciplina in essi prevista in relazione sia al sistema di tariffazione, sia alla consultazione, salvo il rispetto del termine di centoventi giorni dall’apertura della procedura di consultazione per gli adeguamenti tariffari.
11-ter. In attuazione degli articoli 1, paragrafo 5, e 11, paragrafo 6, della direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, la procedura per la risoluzione di controversie tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto non può essere promossa quando riguarda il piano di investimento approvato dall’Ente nazionale per l’aviazione civile e le relative conseguenze tariffarie né quando il piano di investimento risulta già approvato dalle competenti amministrazioni.
11-quater. Per consentire la prosecuzione degli interventi previsti nel piano di investimento degli aeroporti i cui contratti di programma risultano scaduti alla data del 31 dicembre 2014, i corrispettivi tariffari per l’anno 2015 sono determinati applicando il tasso di inflazione programmato ai livelli tariffari in vigore per l’anno 2014. Tali corrispettivi si applicano, previa informativa alla International Air Transportation Association ai fini dell’aggiornamento dei sistemi di biglietteria presso le agenzie di vendita dei titoli di viaggio, dal 1° gennaio 2015 fino alla data di entrata in vigore dei livelli tariffari determinati in applicazione dei modelli di tariffazione di cui al capo II del titolo III del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni.

Approvazione del contratto di programma con RFI e assegnazione di fondi per investimenti (comma 10)

Il comma 10 dell’art. 1 dispone:

  1. l’approvazione ex-lege del Contratto di Programma 2012-2016 parte Investimenti tra RFI e MIT, stipulato l’8 agosto 2014, con la finalità di consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale; secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, che ha riformulato la predetta disposizione il contratto:
  • è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
  • di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
  • entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge;
  • lo schema di decreto:
    • è previamente trasmesso alle Camere entro trenta giorni dalla predetta data;
    • per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia;
    • i pareri sono espressi entro trenta giorni dalla data di assegnazione;
    • decorso tale termine, il decreto può comunque essere emanato.
  1. l’assegnazione di una quota pari a 220 milioni di euro di risorse già stanziate, quale contributo in conto impianti a favore di RFI per gli interventi di manutenzione straordinaria previsti nel Contratto di Programma parte Servizi 2012-2014, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati sono aggiunte le seguenti disposizioni:
  • agli enti locali che hanno sottoscritto, entro il 31 dicembre 2013, apposite convenzioni con la società RFI Spa per l’esecuzione di opere volte all’eliminazione di passaggi a livello, anche di interesse regionale, pericolosi per la pubblica incolumità;
  • è concesso di escludere, nei limiti di tre milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, dal computo del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015 le spese da essi sostenute per la realizzazione di tali interventi;
  • a condizione che la società RFI Spa disponga dei relativi progetti esecutivi, di immediata cantierabilità, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge;
  • ai relativi oneri si provvede:
    • per l’anno 2014 a valere sulle risorse di cui all’articolo 4, comma 3;
    • per l’anno 2015 a valere sulle risorse di cui all’articolo 4, comma 5;
    • alla ripartizione degli spazi finanziari tra gli enti locali si provvede con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Per quanto riguarda l’approvazione del Contratto di programma, parte investimenti, 2012-2016, il decreto-legge16/2014(7) (art. 17, comma 4-bis), aveva autorizzato il proseguimento della regolazione dei rapporti tra lo Stato e il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria (Rete ferroviaria italiana S.p.A.) sulla base del Contratto di programma 2007-2011, fino alla conclusione della procedura di approvazione del Contratto di programma -parte investimenti 2012-2016, al fine di consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale e l’attuazione dei relativi programmi di investimento. La norma aveva fissato il termine massimo del 30 giugno 2014 per la conclusione della procedura di approvazione del Contratto di programma, parte investimenti 2012-2016.

Per quanto riguarda la procedura di approvazione dei Contratti di Programma. l’art. 1 della legge n. 238 del 1993 prevede la trasmissione al Parlamento dei contratti di programma e dei contratti di servizio delle Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., stabilendo in particolare che il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti trasmetta al Parlamento, per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, i contratti di programma, i contratti di servizio ed i relativi aggiornamenti, corredati del parere, ove previsto, del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica

L’art. 14 del decreto legislativo 188/2003(8) dispone che i rapporti tra il gestore dell’infrastruttura ferroviaria e lo Stato sono disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma. Il contratto di programma mira alla realizzazione dell’equilibrio finanziario e degli obiettivi tecnici e commerciali e indica i mezzi per farvi fronte. Il contratto di programma disciplina, nei limiti delle risorse annualmente iscritte nel bilancio dello Stato, la concessione di finanziamenti per far fronte a nuovi investimenti, per la manutenzione ed il rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria, per il miglioramento della qualità dei servizi, per lo sviluppo dell’infrastruttura stessa e per assicurare il rispetto dei livelli di sicurezza compatibili con l’evoluzione tecnologica.

Con l’atto di concessione quarantennale di cui al decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138-T, la gestione dell’infrastruttura ferroviaria è stata affidata in un primo tempo a Ferrovie dello Stato Spa, alla quale è subentrata, a decorrere dal 2001, la controllata RFI Spa. La società, controllata al 100% dal gruppo Ferrovie dello Stato Spa, a sua volta controllato al 100% dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata costituita il 1° luglio 2001, in adempimento delle direttive comunitarie che hanno decretato la separazione fra il gestore della rete e il fornitore dei servizi di trasporto.

Per quanto riguarda l’assegnazione di una quota pari a 220 milioni di euro di risorse già stanziate, quale contributo in conto impianti a favore di RFI per gli interventi di manutenzione straordinaria previsti nel Contratto di Programma parte Servizi 2012-2014, si ricorda che tale parte Servizi del Contratto di programma è stata approvata con Delibera CIPE n. 22 del 18 marzo 2013 e sullo schema di Contratto le Competenti Commissioni parlamentari hanno espresso parere.

Si ricorda che il contratto di programma consta di una parte investimenti, che disciplina la realizzazione degli investimenti per l’infrastruttura ferroviaria e le relative modalità di finanziamento, e di una parte servizi, che disciplina la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete ferroviaria, e le attività di safety, security e navigazione ferroviaria, secondo adeguati livelli di efficienza, sicurezza e affidabilità, nonché le modalità di finanziamento delle suddette attività. La suddivisione del contratto di programma in questi due atti distinti è stata richiesta dalla delibera CIPE n. 4/2012 del 20 gennaio 2012, con la quale è stato approvato l’aggiornamento 2010/2011 del contratto di programma 2007-2011.

Il contratto di programma – parte servizi 2012-2014 prevede stanziamenti complessivi, per il triennio 2012-2014 pari a 4.575 milioni di euro, dei quali 720 milioni di euro sono indicati come risorse ancora “da reperire”, imputate all’annualità 2014 (il totale dello stanziamento per il 2014 è 975 milioni di euro). In proposito, il parere approvato dalla IX Commissione, segnala che, come già evidenziato nel parere espresso dal CIPE del 22 marzo 2013, “l’importo di 720 milioni di euro per l’anno 2014 si riferisce a fabbisogni non correlati a una specifica copertura finanziaria, per cui gli obblighi assunti dal Gestore in riferimento al programma di manutenzione straordinaria per il 2014 devono intendersi subordinati all’individuazione di tale copertura”; al riguardo, la legge di stabilità 2014 (147/2013, art. 1, co. 73) ha previsto un’integrazione delle risorse disponibili di 500 milioni di euro mentre con la disposizione in commento si provvede al reperimento di 220 milioni di euro residui.

Il Contratto di programma, parte Servizi 2012-2014, contiene anche, all’allegato 6, indicazioni sulle linee di intervento previste da RFI in materia di manutenzione straordinaria e l’articolo 5 prevede l’obbligo, per il gestore, di avviare una revisione dei processi manutentivi, con l’obiettivo di garantire le performance di rete contrattualizzate e conseguire un risparmio di spesa di circa 250 milioni di euro all’anno rispetto al dato storico dei costi di manutenzione.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 10-bis che prevede la redazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria che individui le linee da ammodernare sia nel settore merci che in quello passeggeri. Il piano dovrà essere redatto in collaborazione con le associazioni di categoria e reso pubblico secondo le modalità del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo82/2005(9) ).

L’articolo 68, comma 3, del citato Codice intende per:

  1. formato dei dati di tipo aperto, un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi;
  2. dati di tipo aperto, i dati che presentano le seguenti caratteristiche:
    1. sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato;
    2. sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti ai sensi della lettera a), sono adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati;
    3. sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione. L’Agenzia per l’Italia digitale deve stabilire, con propria deliberazione, i casi eccezionali, individuati secondo criteri oggettivi, trasparenti e verificabili, in cui essi sono resi disponibili a tariffe superiori ai costi marginali. In ogni caso, l’Agenzia, nel trattamento dei casi eccezionali individuati, si attiene alle indicazioni fornite dalladirettiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, recepita con il decreto legislativo 36/2006.

Una disposizione analoga è prevista nell’articolo 4-bis del decreto-legge oggetto della presente scheda di lettura, con riferimento alla pubblicazione dei dati relativi alle opere infrastrutturali di cui agli articoli 1, 3 e 4.

Approvazione dei contratti di programma sottoscritti dall’ENAC (co. 11)

Il comma 11 dispone l’approvazione con decreto ministeriale dei contratti di programma sottoscritti dall’ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale, per consentire l’avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma.

La procedura delineata prevede l’approvazione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che dovrà esprimersi improrogabilmente entro trenta giorni; secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, il termine per l’adozione del predetto decreto è fissato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge oggetto della presente scheda di lettura.

Si ricorda che il gestore aeroportuale è il soggetto al quale è affidato, insieme ad altre attività, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori presenti nello scalo, riconoscendogli il ruolo di soggetto responsabile dell’efficienza ed operatività dell’aeroporto in regolarità e sicurezza. Esistono tre diverse tipologie di gestione aeroportuale:

  • aeroporti affidati in gestione totale
  • aeroporti affidati in gestione parziale anche in regime precario
  • aeroporti in gestione diretta dello Stato

I contratti di programma sono stipulati tra l’Enac e le società di gestione aeroportuale. Essi disciplinano il profilo tariffario, la realizzazione del piano degli investimenti e il rispetto degli obiettivi di qualità e di tutela ambientale.

L’ENAC ha anche il compito di predisporre le convenzioni che disciplinano l’affidamento in concessione delle gestioni aeroportuali totali e di definire i metodi e gli strumenti per il controllo degli obblighi convenzionali da parte dei gestori. L’affidamento della gestione totale avviene a società di capitali. L’idoneità del gestore aeroportuale ad espletare le attività è attestata dalla certificazione rilasciata dall’Enac.

Per quanto riguarda gli aeroporti di interesse nazionale, l’art. 698 del Codice della navigazione(10) impone l’individuazione degli aeroporti e sistemi aeroportuali di interesse nazionale, da individuare (con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni-Province autonome) in base ai seguenti criteri: ruolo strategico; ubicazione territoriale; dimensioni e tipologia di traffico; – previsioni dei progetti europei TEN.

La normativa generale (art. 10, comma 10 della legge 537/1993(11) ) prevede che i singoli contratti di programma siano approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia. In tal senso la disposizione in commento innova la normativa della legge n. 537/1993 consentendo l’approvazione di tutti i contratti di programma con un unico atto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e individuando termini perentori per la stipula dei contratti.

Si segnala inoltre che gli articoli da 71 a 82 del decreto-legge 1/2012(12) hanno recepito la direttiva 2009/12/CE in materia di diritti aeroportuali. In particolare, l’articolo 76 prevede che il gestore aeroportuale provveda, previa consultazione degli utenti aeroportuali (le compagnie aeree operanti nello scalo), alla scelta di uno dei modelli tariffari per la determinazione dei diritti individuati dall’autorità di regolazione di settore, cioè l’Autorità di regolazione dei trasporti istituita dall’articolo 37 del decreto-legge n. 1/2012.

In base alla norma transitoria dell’articolo 22, comma 3, del decreto-legge n. 5/2012 la nuova normativa avrebbe dovuto essere applicata ai contratti di programma stipulati successivamente al 31 dicembre 2012; tuttavia essa non ha fin qui trovato applicazione in assenza dell’individuazione da parte dell’Autorità dei trasporti dei modelli tariffari.

L’Autorità, operativa dal gennaio 2014, ha infatti avviato con la delibera n. 16/2014 una consultazione sui modelli tariffari, conclusa nel giugno 2014. Il provvedimento di adozione dei modelli tariffari è stato adottato dall’Autorità il 22 settembre 2014, successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge.

L’effetto della disposizione potrebbe pertanto essere quello di consentire la chiusura di tutti i contratti di programma in itinere prima dell’adozione dei modelli tariffari da parte dell’Autorità dei trasporti, rinviando così alla scadenza dei contratti di programma ora stipulati la prima applicazione della disciplina recata dal decreto-legge n. 1/2012, in recepimento della direttiva 2009/12/CE, che prevede anche la consultazione degli utenti aeroportuali.

Risultano, dal sito Enac, già stipulate le convenzioni con i seguenti aeroporti:

  • Gestioni totali per legge speciale: Roma Fiumicino e Ciampino, Milano Linate e Malpensa, Venezia Tessera, Torino Caselle, Genova, Bergamo;
  • Gestioni totali ex DM 521/97): Bari, Brindisi, Foggia, Taranto, Napoli, Firenze, Olbia, Bologna, Pisa, Cagliari, Catania, Palermo, FVG Ronchi dei Legionari, Alghero, Pescara, Verona Villafranca, Lamezia Terme, Brescia Montichiari, Ancona, Trapani, Treviso, Parma, Cuneo, Perugia.
  • Gestione diretta dello Stato: Pantelleria, Lampedusa e Roma Urbe.

Dal confronto tra tali elenchi risultano ancora non approvate le convenzioni relative ai seguenti aeroporti: Rimini (avviata la procedura di gara per l’affidamento della concessione di gestione totale ai sensi dell’art. 704 del Codice della Navigazione), Salerno (sottoscritta la convenzione di gestione totale con Aeroporto di Salerno s.p.a.. per la durata di 20 anni), Reggio Calabria (istruttoria in corso), Crotone (in gestione parziale con istruttoria sospesa per società di gestione in concordato preventivo). L’aeroporto di Comiso è uno scalo affidato dalla Regione Siciliana al Comune di Comiso.

Dal sito ENAC risultano già stipulati tra Enac e società di gestione e già efficaci a seguito di approvazione con Decreto Interministeriale (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero dell’Economia e delle Finanze) i seguenti contratti di programma:

Enac – SAC (Aeroporto di Catania)

Enac – SAVE (Aeroporto di Venezia)

Enac – GESAP (Aeroporto di Palermo)

Enac – SAT (Aeroporto di Pisa)

Enac – GESAC (Aeroporto di Napoli)

Enac – AdP (Aeroporto di Bari)

Enac – AdP (Aeroporto di Brindisi)

Enac – SAB (Aeroporto di Bologna)

Enac – SEA (Aeroporti di Milano)

Enac – ADR (Aeroporti di Roma)

Enac – SOGAER (Aeroporto di Cagliari).

Il “Piano Nazionale degli Aeroporti”, adottato dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2014, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e del Trasporti, dovrà essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica; esso individua 11 aeroporti strategici e 26 aeroporti di interesse nazionale. Gli aeroporti strategici sono: Milano Malpensa; Venezia; Bologna; Pisa/Firenze (a condizione che realizzino una gestione unitaria); Roma Fiumicino; Napoli; Bari; Lamezia; Catania; Palermo; Cagliari. I restanti aeroporti di interesse nazionale sono Milano Linate, Torino, Bergamo, Genova, Brescia, Cuneo, Verona, Treviso, Trieste, Rimini, Parma, Ancona, Roma Ciampino, Perugia, Pescara, Salerno, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Crotone, Comiso, Trapani, Pantelleria, Lampedusa, Olbia, Alghero.

Il comma 11 prevede poi, per gli stessi aeroporti di interesse nazionale, che il parere favorevole espresso dalle Regioni e dagli enti locali interessati sui piani regolatori aeroportuali in base alle disposizioni del regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, comprenda ed assorba, a tutti gli effetti, la verifica di conformità urbanistica (quale quella prevista rispetto agli strumenti di programmazione urbanistica e territoriale dei diversi enti territoriali) delle singole opere inserite negli stessi piani regolatori.

In base all’articolo 702 del codice della navigazione, “l’approvazione dei progetti di costruzione, di ampliamento, di ristrutturazione, di manutenzione straordinaria e di adeguamento delle infrastrutture aeroportuali […] è di spettanza dell’ENAC, anche per la verifica di conformità alle norme di sicurezza, nel rispetto delle funzioni di pianificazione, programmazione e di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.

Il D.P.R. 383/1994(13) disciplina i procedimenti di localizzazione delle opere pubbliche da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e delle opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti. La realizzazione delle infrastrutture aeroportuali rientra quindi nell’ambito di applicazione del DPR.

L’art. 2 di tale decreto disciplina l’accertamento di conformità delle citate opere alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi. Tale accertamento è svolto, ai sensi del medesimo articolo, dallo Stato di intesa con la regione interessata, entro sessanta giorni dalla richiesta da parte dell’amministrazione statale competente.

Qualora l’accertamento di conformità dia esito negativo oppure l’intesa non si perfezioni entro il termine stabilito, la decisione viene demandata ad una conferenza di servizi a cui partecipano la regione e, previa deliberazione degli organi rappresentativi, il comune o i comuni interessati, nonché le altre amministrazioni dello Stato e gli enti comunque tenuti ad adottare atti di intesa, o a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti dalle leggi statali e regionali.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-bis, prevedendo che il modello tariffario e il livello dei diritti aeroportuali dei singoli aeroporti siano elaborati entro ottanta giorni dall’apertura della consultazione tra gestore e utenti (le compagnie che operano nello scalo) e siano trasmessi all’Autorità di regolazione dei trasporti che li deve approvare entro i successivi quaranta giorni (termine, quest’ultimo, già previsto dall’art. 76 del decreto-legge 1/2012(14) ); decorso il termine la tariffa aeroportuale entra in vigore, fatta salva la possibilità dell’Autorità di sospenderla successivamente; per i contratti di programma vigenti resta ferma la disciplina prevista dai medesimi contratti, salvo il rispetto del termine complessivo di centoventi giorni dall’apertura della consultazione con gli utenti sopra indicato per la definizione dei livelli tariffari.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-ter escludendo che possa essere promossa la procedura di soluzione delle controversie tra i gestori aeroportuali e gli utenti aeroportuali, quando essa riguarda il piano di investimento approvato dall’Ente nazionale per l’aviazione civile e le relative conseguenze tariffarie né quando il piano di investimento risulta già approvato dalle competenti amministrazioni.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-quater, dettando un regime speciale per la fissazione dei diritti aeroportuali per il 2015, relativamente agli aeroporti i cui contratti di programma siano scaduti al 31 dicembre 2014; tale regime prevede l’applicazione del tasso di inflazione programmata ai livelli 2014, fino all’entrata in vigore dei livelli tariffari elaborati dai gestori aeroportuali previa consultazione degli utenti sulla base dei modelli approvati dall’Autorità di regolazione dei trasporti; l’Autorità ha reso noti i modelli tariffari il 22 settembre 2014, successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge.


7) Decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 “Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonche’ misure volte a garantire la funzionalita’ dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche”.

8) Decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 “Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria”.

9) Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale”.

10) Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 “Codice della navigazione”.

11) Legge 24 dicembre 1993, n. 537 “Interventi correttivi di finanza pubblica”

12) D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.

13) Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 384 “Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale”.

14) D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.

Articolo 2

(Semplificazioni procedurali per le infrastrutture strategiche affidate in concessione)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 174, è aggiunto, in fine, il seguente comma: 1. All’articolo 174 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«4-ter. Il bando di gara, può altresì prevedere, nell’ipotesi di sviluppo del progetto per stralci funzionali o, nei casi più complessi di successive articolazioni per fasi, l’integrale caducazione della relativa concessione, con la conseguente possibilità in capo al concedente di rimettere a gara la concessione per la realizzazione dell’intera opera, qualora, entro un termine non superiore a tre anni, da indicare nel bando di gara stesso, dalla data di approvazione da parte del CIPE del progetto definitivo dello stralcio funzionale immediatamente finanziabile, la sostenibilità economico finanziaria degli stralci successivi non sia attestata da primari istituti finanziari.». «4-ter. Il bando di gara può altresì prevedere, nell’ipotesi di sviluppo del progetto per stralci funzionali o nei casi più complessi di successive articolazioni per fasi, l’integrale caducazione della relativa concessione, con la conseguente possibilità in capo al concedente di rimettere a gara la concessione per la realizzazione dell’intera opera, qualora, entro un termine non superiore a tre anni, da indicare nel bando di gara stesso, dalla data di approvazione da parte del CIPE del progetto definitivo dello stralcio funzionale immediatamente finanziabile, la sostenibilità economico finanziaria degli stralci successivi non sia attestata da primari istituti finanziari.».
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica alle concessioni ed alle procedure in finanza di progetto con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Identico.
3. All’articolo 175, comma 5-bis sono aggiunte, infine, le seguenti parole: «si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 174». 3. All’articolo 175, comma 5-bis, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono aggiunte, infine, le seguenti parole: «Si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 174».
4. Al comma 2 dell’articolo 19 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, l’ultimo periodo: «né agli interventi da realizzare mediante finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico interesse alla data di entrata in vigore del presente decreto» è soppresso. 4. Al comma 2 dell’articolo 19 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, le parole: «né agli interventi da realizzare mediante finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico interesse alla data di entrata in vigore del presente decreto» sono soppresse.

L’articolo 2 introduce la possibilità di caducazione delle concessioni relative a infrastrutture strategiche nel caso di mancata attestazione della sostenibilità economico-finanziaria dei vari stralci delle infrastrutture stesse e disciplina l’applicazione di alcune norme in materia di concessioni alle infrastrutture in finanza di progetto le cui proposte sono dichiarate di pubblico interesse.

In particolare, il comma 1 introduce una disposizione che – con riferimento alla realizzazione di infrastrutture strategiche in concessione, nell’ipotesi di sviluppo del progetto per stralci funzionali o, nei casi più complessi, di successive articolazioni per fasi – consente al bando di gara di prevedere l’integrale caducazione della concessione stessa, con la conseguente possibilità in capo al concedente di rimettere a gara la concessione per la realizzazione dell’intera opera. Tale norma viene inserita attraverso il comma 4-ter, che è aggiunto alla fine dell’articolo 174 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) che disciplina le concessioni relative alle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale individuate con il programma di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 443/2001(15) .

Tale facoltà potrà essere esercitata qualora, entro un termine (da indicare nel bando stesso) non superiore a 3 anni dalla data di approvazione da parte del CIPE del progetto definitivo dello stralcio/i funzionale/i immediatamente finanziabile/i, la sostenibilità economico finanziaria degli stralci successivi non sia attestata da primari istituti finanziari.

La disposizione è pressoché identica a quella contemplata dal primo periodo del secondo capoverso del nuovo punto 5.2 della delibera CIPE n. 1/2013 (così modificato dalla delibera CIPE n. 72/2013, pubblicata nella G.U. n. 135 del 13 giugno scorso), intitolata “Direttiva in materia di attuazione delle misure di compensazione fiscale previste dall’articolo 18, della legge n. 183/2011”.

La delibera 1/2013 ha attuato il sistema di misure agevolate (defiscalizzazione) per le infrastrutture strategiche da realizzare con contratti di partenariato pubblico-privato (PPP) finalizzate ad assicurare la sostenibilità economica dell’operazione di PPP.

La motivazione alla base della modifica del punto 5.2. della delibera 1/2013 è rinvenibile nelle premesse della delibera 72/2013, che fanno riferimento alle considerazioni contenute nel parere n. 7 del 6 novembre 2013 del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilita (NARS), in merito allo schema di convenzione concernente il «Corridoio di viabilità autostra- dale Dorsale centrale Civitavecchia – Orte – Mestre: tratta E45-E55 (collegamento autostradale Orte – Mestre)», che ha condiviso tale modifica, avanzata dal Ministero di settore e finalizzata a rafforzare le prerogative del concedente e assicurare il preminente interesse pubblico dell’opera, e ha rilevato l’opportunità di inserirla nella delibera 1/2013 al fine di disciplinare esplicitamente la fattispecie ed evitare divergenze interpretative. La modifica ora assurge a norma di rango primario in conseguenza del suo inserimento nell’articolo 174 del Codice dei contratti pubblici, che disciplina le infrastrutture strategiche affidate in concessione.

Il comma 2 detta una disposizione transitoria al fine di precisare che la disposizione non si applica alle concessioni ed alle procedure in finanza di progetto con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del presente decreto legge.

Il comma 3 provvede ad estendere a regime l’applicazione di tutta la disciplina relativa alle infrastrutture strategiche affidate in concessione di cui all’articolo 174 del Codice, incluso ovviamente il nuovo comma 4-ter inserito dal comma 1 dell’articolo in commento, alle procedure in finanza di progetto; tale estensione è operata attraverso l’integrazione del comma 5-bis dell’articolo 175 del Codice dei contratti, che disciplina le infrastrutture strategiche in finanza di progetto.

L’articolo 41, comma 5-bis, del decreto-legge 201/2011(16) ha integralmente sostituito l’articolo 175 del Codice introducendo una nuova procedura per la finanza di progetto relativamente alle infrastrutture strategiche.

Il comma 5-bis dell’articolo 175, su cui interviene la disposizione in commento, già prevede che, al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e il coinvolgimento del sistema bancario nelle predette operazioni, si applichino in quanto compatibili, le disposizioni contenute all’articolo 144, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater del Codice, introdotte dal comma 1 dell’articolo 19 del D.L. 69/2013, che disciplinano i contenuti dei bandi relativi alle concessioni di lavori pubblici relativamente alla previsione della consultazione preliminare, di una dichiarazione sottoscritta da uno o più istituti finanziatori di manifestazione di interesse a finanziare l’operazione (che deve accompagnare l’offerta), nonché della risoluzione del rapporto in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento o in mancanza della sottoscrizione o del collocamento delle obbligazioni di progetto di cui all’articolo 157, entro un congruo termine fissato dai bandi medesimi.

Il comma 4 interviene sull’applicazione delle norme in materia di concessioni introdotte dal comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge 69/2013(17) , estendendola agli interventi da realizzare in finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico interesse alla data di entrata in vigore del citato decreto legge.

Il comma 2 dell’articolo 19 del decreto-legge 69/2013 detta una disciplina transitoria per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettere b), c), d) ed e) dello stesso articolo 19.

Si tratta, in sintesi, dei commi 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’articolo 144 del Codice, introdotti dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 19 e precedentemente descritti, nonché dell’applicabilità di tali disposizioni, in quanto compatibili, alla disciplina delle concessioni in finanza di progetto relative ai lavori “ordinari” e all’affidamento di opere strategiche, al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e il coinvolgimento del sistema bancario nell’operazione.

Tali disposizioni, in conseguenza della novella in commento, non si applicano alle procedure in finanza di progetto, di cui agli articoli 153 e 175 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del decreto n. 69/2013. E’ stato, infatti, soppresso il riferimento agli interventi da realizzare mediante finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico interesse alla data di entrata in vigore del decreto n. 69/2013. Si ricorda che la valutazione del pubblico interesse delle proposte è disciplinata dai commi 16 e 19 dell’articolo 153 del d.lgs. 163/2006, che disciplina le procedure di finanza di progetto relative ai lavori ordinari.

La norma in commento sembra venire incontro alle richieste della Corte dei conti contenute nella deliberazione n. SCCLEG/16/2014/PREV, con cui è stato ricusato il visto e la registrazione della delibera n. 73 dell’8 novembre 2013 avente ad oggetto l’approvazione del progetto preliminare del collegamento autostradale E45-E55 Orte – Mestre. La Corte dei conti ha, infatti, eccepito l’assenza di una norma che escludesse l’opera dall’ambito di applicazione dell’articolo 19, comma 2, del D.L. 69/2013, ossia consentisse di estendere a tale opera le disposizioni introdotte dal comma 1 del citato articolo 19, considerato che l’opera in questione è stata dichiarata di pubblico interesse il 9 dicembre 2003 e quindi ben prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 69 del 2013. La mancanza della norma è stata “considerata presupposto imprescindibile ai fini della pubblicazione del bando di gara”. Relativamente al collegamento Orte Mestre, le misure di defiscalizzazione – secondo quanto si evince dalla deliberazione della Corte dei conti – ammonterebbero a circa 9.237 milioni da intendere come limite massimo riconoscibile che non potrà essere superato durante l’intera durata della concessione.


15) Legge 21 dicembre 2001, n. 443 “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”.

16) D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, recante, “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”.

17) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

Articolo 3, commi 1-7

(Fondo “sblocca cantieri”)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Per consentire nell’anno 2014 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori, il Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è incrementato di complessivi 3.890 milioni di euro, di cui 39 milioni per l’anno 2013, 26 milioni per l’anno 2014, 231 milioni per l’anno 2015, 159 milioni per l’anno 2016, 1.073 milioni per l’anno 2017, 2.066 milioni per l’anno 2018 e 148 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020. 1. Per consentire nell’anno 2014 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori, il Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è incrementato di complessivi 3.851 milioni di euro, di cui 26 milioni per l’anno 2014, 231 milioni per l’anno 2015, 159 milioni per l’anno 2016, 1.073 milioni per l’anno 2017, 2.066 milioni per l’anno 2018 e 148 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
1-bis. Il fondo di cui al comma 1 è altresì incrementato, per un importo pari a 39 milioni di euro, mediante utilizzo delle disponibilità, iscritte in conto residui, derivanti dalle revoche disposte dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e confluite nel fondo di cui all’articolo 32, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
2. Con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, quanto alle opere di cui alle lettere a) e b), nonché entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, quanto alle opere di cui alla lettera c), sono finanziati, a valere sulle risorse di cui al comma 1: 2. Con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, quanto alle opere di cui alle lettere a) e b), nonché entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, quanto alle opere di cui alla lettera c), sono finanziati, a valere sulle risorse di cui ai commi 1 e 1-bis:
a) i seguenti interventi ai sensi degli articoli 18 e 25 del decreto-legge n. 69 del 2013 cantierabili entro il 31 dicembre 2014: Completamento della copertura del Passante ferroviario di Torino; Completamento sistema idrico Basento – Bradano, Settore G; Asse autostradale Trieste – Venezia; Interventi di soppressione e automazione di passaggi a livello sulla rete ferroviaria, individuati, con priorità per la tratta terminale pugliese del corridoio ferroviario adriatico da Bologna a Lecce; Tratta Colosseo – Piazza Venezia della Linea C di Roma; a) identica;
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b) i seguenti interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015: ulteriore lotto costruttivo Asse AV/AC Verona Padova; Completamento asse viario Lecco – Bergamo; Messa in sicurezza dell’asse ferroviario Cuneo – Ventimiglia; Completamento e ottimizzazione della Torino – Milano con la viabilità locale mediante l’interconnessione tra la SS 32 e la SP 299-Tangenziale di Novara-lotto 0 e lotto 1; Terzo Valico dei Giovi – AV Milano Genova; Continuità interventi Nuovo Tunnel del Brennero; Quadrilatero Umbria – Marche; Completamento Linea 1 metropolitana di Napoli; rifinanziamento dell’articolo 1, comma 70, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, relativo al superamento delle criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie; Messa in sicurezza dei principali svincoli della Strada Statale 131 in Sardegna; b) i seguenti interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015: ulteriore lotto costruttivo Asse AV/AC Verona Padova; Completamento asse viario Lecco – Bergamo; Messa in sicurezza dell’asse ferroviario Cuneo – Ventimiglia; Completamento e ottimizzazione della Torino – Milano con la viabilità locale mediante l’interconnessione tra la SS 32 e la SP 299-Tangenziale di Novara-lotto 0 e lotto 1; Terzo Valico dei Giovi – AV Milano Genova; Quadrilatero Umbria – Marche; Completamento Linea 1 metropolitana di Napoli; rifinanziamento dell’articolo 1, comma 70, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, relativo al superamento delle criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie; Messa in sicurezza dei principali svincoli della Strada Statale 131 in Sardegna;
c) i seguenti interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015: metropolitana di Torino; tramvia di Firenze; Lavori di ammodernamento ed adeguamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria, dallo svincolo di Rogliano allo svincolo di Atilia; Autostrada Salerno – Reggio Calabria svincolo Lauretana Borrello; Adeguamento della strada statale n. 372 «Telesina» tra lo svincolo di Caianello della Strada statale n. 372 e lo svincolo di Benevento sulla strada statale n. 88; Completamento della S.S. 291 in Sardegna; Variante della «Tremezzina» sulla strada statale internazionale 340 «Regina»; Collegamento stradale Masserano – Ghemme; Ponte stradale di collegamento tra l’autostrada per Fiumicino e l’EUR; Asse viario Gamberale – Civitaluparella in Abruzzo; Primo lotto Asse viario S.S. 212 Fortorina; Quadruplicamento della linea ferroviaria Lucca Pistoia; aeroporti di Firenze e Salerno; Completamento sistema idrico integrato della Regione Abruzzo; opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 o richieste inviate ai sensi dell’art. 18, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013. c) i seguenti interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015: metropolitana di Torino; tramvia di Firenze; Lavori di ammodernamento ed adeguamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria, dallo svincolo di Rogliano allo svincolo di Atilia; Autostrada Salerno – Reggio Calabria svincolo Laureana di Borrello; Adeguamento della strada statale n. 372 «Telesina» tra lo svincolo di Caianello della Strada statale n. 372 e lo svincolo di Benevento sulla strada statale n. 88; Completamento della S.S. 291 in Sardegna; Variante della «Tremezzina» sulla strada statale internazionale 340 «Regina»; Collegamento stradale Masserano – Ghemme; Ponte stradale di collegamento tra l’autostrada per Fiumicino e l’EUR; Asse viario Gamberale – Civitaluparella in Abruzzo; Primo lotto Asse viario S.S. 212 Fortorina; Continuità interventi nuovo tunnel del Brennero;Quadruplicamento della linea ferroviaria Lucca Pistoia; aeroporti di Firenze e Salerno; Completamento sistema idrico integrato della Regione Abruzzo; opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 o richieste inviate ai sensi dell’articolo 18, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013.
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3. Le richieste di finanziamento inoltrate dagli enti locali relative agli interventi di cui al comma 2, lett. c), sono istruite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Una quota pari a 100 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 1 è destinata ai Provveditorati interregionali alle opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di loro competenza. 3. Le richieste di finanziamento inoltrate dagli enti locali relative agli interventi di cui al comma 2, lett. c), sono istruite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e finalizzate, nel limite massimo di 100 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 1, a nuovi progetti di interventi, secondo le modalità indicate con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, assegnando priorità: a) alla qualificazione e manutenzione del territorio, mediante recupero e riqualificazione di volumetrie esistenti e di aree dismesse, nonché alla riduzione del rischio idrogeologico; b) alla riqualificazione e all’incremento dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico, nonché alla realizzazione di impianti di produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili; c) alla messa in sicurezza degli edifici pubblici, con particolare riferimento a quelli scolastici, alle strutture socio-assistenziali di proprietà comunale e alle strutture di maggiore fruizione pubblica. Restano in ogni caso esclusi dall’attribuzione di tali risorse i comuni che non abbiano rispettato i vincoli di finanza pubblica ad essi attribuiti.Una quota pari a 100 milioni di euro a valere sulle risorse di cui ai commi 1e 1-bis è destinata ai Provveditorati interregionali alle opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di loro competenza.
4. Agli oneri derivanti dal comma 1 del presente articolo si provvede: 4. Identico:
a) quanto a 39 milioni per l’anno 2013 mediante utilizzo delle disponibilità iscritte in conto residui derivanti dalle revoche disposte dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e confluite nel fondo di cui all’articolo 32, comma 6, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; a) soppressa;
b) quanto a 11 milioni per l’anno 2014, mediante parziale utilizzo delle disponibilità derivanti dalle revoche disposte dall’articolo 13, comma 1, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e confluite nel fondo di cui all’articolo 32, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; b) quanto a 11 milioni di euro per l’anno 2014, mediante parziale utilizzo delle disponibilità derivanti dalle revoche disposte dall’articolo 13, comma 1, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e confluite nel fondo di cui all’articolo 32, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
c) quanto a 15 milioni per l’anno 2014, quanto a 5,200 milioni per l’anno 2015, quanto a 3,200 milioni per l’anno 2016 e quanto a 148 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 6 febbraio 2009, n. 7; c) quanto a 15 milioni di euro per l’anno 2014, quanto a 5,200 milioni per l’anno 2015, quanto a 3,200 milioni per l’anno 2016 e quanto a 148 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 6 febbraio 2009, n. 7;
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d) quanto a 94,8 milioni per l’anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 186, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; d) quanto a 94,8 milioni di euro per l’anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 186, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;
e) quanto a 79,8 milioni per l’anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 212, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; e) quanto a 79,8 milioni di euro per l’anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 212, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;
f) quanto a 51,200 milioni per l’anno 2015, a 155,8 milioni per l’anno 2016, a 925 milioni per l’anno 2017 e a 1.918 milioni per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 – di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. f) quanto a 51,2 milioni di euro per l’anno 2015, a 155,8 milioni per l’anno 2016, a 925 milioni per l’anno 2017 e a 1.918 milioni per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 – di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
5. Il mancato rispetto dei termini fissati al comma 2, lettere a), b) e c), per l’appaltabilità e la cantierabilità delle opere determinano la revoca del finanziamento assegnato ai sensi del presente decreto. 5. Il mancato rispetto dei termini fissati al comma 2, lettere a), b) e c), per l’appaltabilità e la cantierabilità delle opere determina la revoca del finanziamento assegnato ai sensi del presente decreto.
6. Le risorse revocate ai sensi del comma 5 confluiscono nel Fondo di cui all’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e sono attribuite prioritariamente: 6. Identico:
a) al primo lotto funzionale asse autostradale Termoli – San Vittore; a) identica;
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b) al completamento della rete della Circumetnea; b) identica;
c) alla metropolitana di Palermo: tratto Oreto – Notarbartolo; c) identica;
d) alla metropolitana di Cagliari: adeguamento rete attuale e interazione con l’hinterland. d) identica;
d-bis) all’elettrificazione della tratta ferroviaria Martina Franca- Lecce-Otranto-Gagliano del Capo, di competenza della società Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici;
d-ter) al potenziamento del Sistema ferroviario metropolitano regionale veneto (SFMR), attraverso la chiusura del quadrilatero Mestre-Treviso-Castelfranco-Padova;
d-quater) all’ammodernamento della tratta ferroviaria Salerno-Potenza-Taranto;
d-quinquies) al prolungamento della metropolitana di Genova da Brignole a piazza Martinez;
d-sexies) alla strada statale n. 172 «dei Trulli», tronco Casamassima-Putignano.
7. Con i provvedimenti di assegnazione delle risorse di cui al comma 1 sono stabilite, in ordine a ciascun intervento, le modalità di utilizzo delle risorse assegnate, di monitoraggio dell’avanzamento dei lavori e di applicazione di misure di revoca. 7. Identico.

Il comma 1 prevede un rifinanziamento di 3.890 milioni di euro del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal comma 1 dell’articolo 18 del 69/2013(18) (cd. “sblocca cantieri”, d’ora in avanti Fondo) con la seguente articolazione temporale; la Camera dei deputati, ha ridotto il rifinanziamento di 39 milioni di euro, fissando in 3.851 milioni di euro, poiché ha eliminato lo stanziamento relativo all’anno 2013 e stanziando ex-novola medesima cifra di 39 milioni di euro con il nuovo comma 1-bis:

  • 39 milioni di euro per il 2013, soppresso dalla Camera dei deputati;
  • 26 milioni di euro per il 2014;
  • 231 milioni di euro per il 2015;
  • 159 milioni di euro per il 2016;
  • 1.073 milioni di euro per il 2017;
  • 2.066 milioni di euro nel 2018;
  • 148 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

La norma precisa che il rifinanziamento del Fondo è volto a consentire nell’anno 2014 la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori.

La Camera dei deputati ha introdotto un nuovo comma 1-bis che stanzia la predetta somma di 39 milioni di euro sul Fondo utilizzando le disponibilità, iscritte in conto residui, derivanti dalle revoche disposte dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 145/2013(19) , come precisato nella relazione tecnica e al successivo comma 4, lettera a).

Il comma 1 dell’articolo 18 del decreto-legge 69/2013(20) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro ripartita per cinque anni, dal 2013 al 2017. L’individuazione degli interventi a cui assegnare le risorse è stata demandata rispettivamente a decreti interministeriali (comma 2) o a delibere del CIPE (comma 3). Il comma 11 ha previsto la revoca dei finanziamenti assegnati a valere sul Fondo, nel caso in cui, entro il 31 dicembre 2013, non siano conseguite le finalità indicate al comma 1, la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori(21) . Il comma 11-bis dell’articolo 25 del citato decreto legge n. 69 del 2013 ha attribuito prioritariamente le risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, revocate in base a quanto disposto dal comma 11 del medesimo articolo, ad alcuni interventi ed infrastrutture ivi elencati.

Interventi finanziabili (commi 2 e 3)

Il comma 2 prevede l’emanazione di uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con cui si provvede all’assegnazione delle risorse occorrenti, a valere sulle risorse del fondo stanziate dai commi 1 e 1-bis. Rispetto alle modalità di assegnazione del Fondo definite nell’articolo 18 del D.L. 69/2013, che fanno rinvio a decreti interministeriali e a delibere del CIPE, si prevede, pertanto, solo l’emanazione di decreti interministeriali.

E’ lo stesso comma 2 ad elencare gli specifici interventi da finanziare suddividendoli in tre categorie e a disporre che, per gli interventi compresi nelle opere di cui alle lettere a) e b), i decreti vengano adottati entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, mentre, per gli interventi inclusi nella lettera c), vengano adottati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La norma non precisa l’entità delle risorse che verranno destinate ai singoli interventi in quanto l’assegnazione delle risorse è demandata ai decreti interministeriali; una stima indicativa dei fabbisogni è indicata nella relazione tecnica. L’unico vincolo nella destinazione delle risorse fissato nella norma è quello stabilito nel comma 3, che riserva 100 milioni di euro agli interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di competenza dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche. La Camera dei deputati ha novellato il comma 3 specificando che le richieste di finanziamento inoltrate dagli enti locali relative alle opere segnalate dai comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri dal 2 al 15 giugno 2014 o alle domande inviate nell’ambito del Programma “Seimila Campanili” di cui al comma 9 dell’articolo 18 del decreto legge n. 69 del 2013 (si tratta degli interventi elencati alla lettera c) del comma 2) sono finalizzate, nel limite massimo di 100 milioni di euro, a valere sulle risorse di cui al comma 1, a nuovi progetti di interventi prioritariamente volti:

  • alla qualificazione e alla manutenzione del territorio, mediante recupero e riqualificazione di volumetrie esistenti e di aree dismesse, nonché alla riduzione del rischio idrogeologico;
  • alla riqualificazione ed all’incremento dell’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico, nonché alla realizzazione di impianti di produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili;
  • alla messa in sicurezza degli edifici pubblici, con particolare riferimento a quelli scolastici, alle strutture socio-assistenziali di proprietà comunale e alle strutture di maggiore fruizione pubblica;

Si precisa, infine, che restano in ogni caso esclusi dall’attribuzione di tali risorse i comuni che non abbiano rispettato i vincoli di finanza pubblica ad essi attribuiti.

Di seguito sono dettagliati gli interventi finanziabili, raggruppati nelle tre diverse categorie di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2.

Interventi ex articoli 18 e 25 del D.L. 69/2013 cantierabili entro il 31 dicembre 2014 (lettera a)

  • Completamento della copertura del Passante ferroviario di Torino;

L’intervento è riportato nella lettera a) del comma 11-bis dell’articolo 25 del D.L. 69/2013, tra quelli a cui sono attribuite prioritariamente le risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, revocate in base a quanto disposto dal comma 11 del medesimo articolo.

  • Asse autostradale Trieste-Venezia;

La lettera d) del comma 11-bis dell’articolo 25 del D.L. 69/2013, include la realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d’Altino-Villesse-Gorizia, tra quelli a cui sono attribuite prioritariamente le risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, revocate in base a quanto disposto dal comma 11 del medesimo articolo, al fine di consentire l’attuazione dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3702/2008. Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, l’opera ha un costo di 1.684,720 milioni di euro interamente disponibili(22) .

  • Completamento del sistema idrico Basento – Bradano, Settore G;

L’intervento non risulta compreso tra quelli di cui agli articoli 18 e 25 del decreto legge n. 69 del 2013, articoli che sono richiamati nella lettera a) del comma 2 dell’articolo in commento.

L’opera “Completamento schema idrico Basento Bradano-Attrezzamento settore G”, che è compresa nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”), contribuisce alla razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse idriche della Regione Basilicata e riguarda le opere necessarie per l’adduzione e la distribuzione irrigua del distretto G (che si estende per circa 13.050 ha) nel piano di utilizzazione dello Schema idrico Basento-Bradano(23) . Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, l’opera ha un costo di 85,7 milioni di euro interamente disponibili. Il comma 1 dell’articolo 13 del decreto-legge 145/2013 ha previsto, tra l’altro, che le assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 146 del 17 novembre 2006 per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano, con riferimento alle annualità disponibili iscritte in bilancio, sono revocate e assegnate al cosiddetto Fondo revoche – istituito dall’articolo 32, comma 6, del decreto- legge 98/2011(24) – presso il capitolo 7685 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  • Interventi di soppressione e automazione di passaggi a livello sulla rete ferroviaria, individuati, con priorità per la tratta terminale pugliese del corridoio ferroviario adriatico da Bologna a Lecce;

Gli interventi sono riportati nella lettera e) del comma 11-bis dell’articolo 25 del D.L. 69/2013, tra quelli a cui sono attribuite prioritariamente le risorse del Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, revocate in base a quanto disposto dal comma 11 del medesimo articolo. Rispetto alla formulazione del comma 11-bis, oltre che all’adozione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ai fini dell’individuazione degli interventi, si fa riferimento alla costruzione di idonei manufatti sostitutivi o deviazioni stradali o di miglioramento delle condizioni di esercizio di passaggi a livello non eliminabili. La tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, prevede interventi sull’Asse ferroviario Bologna-Bari-Lecce-Taranto, per un costo di 1.434,04 milioni di euro di cui disponibili 759,26, e interventi di automazione dei passaggi a livello area sub-barese, per un costo di 20,980 interamente disponibili(25) .

  • Tratta Colosseo -Piazza Venezia della Linea C di Roma.

Il tracciato della Linea C della metropolitana di Roma comprende 42 stazioni per una lunghezza complessiva di 42 km, in parte ad automazione integrale (treni con guida senza macchinista). Nel dettaglio il tracciato fondamentale si articola in 6 tratte: – T2: Clodio/Mazzini–Fori Imperiali/Colosseo – T3: Fori Imperiali/Colosseo-San Giovanni – T4: San Giovanni-Malatesta – T5: Malatesta-Teano-Alessandrino – T6A: Alessandrino-Bivio Torrenova – T7: Bivio Torrenova-Pantano e deposito graniti. L’opera è finanziata nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”) (26) . Il comma 6 dell’articolo 18 del D.L. 69/2013 prevedeva che, entro il 30 ottobre 2013, venisse sottoposto al CIPE il progetto definitivo della tratta Colosseo – Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma da finanziarsi a valere sul Fondo di cui al comma 1 dell’articolo 18, a condizione che la tratta completata della stessa linea C da Pantano a Centocelle fosse messa in pre-esercizio entro il 15 dicembre 2013. Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Metropolitana C” è di 3.486,870 milioni di euro, interamente disponibili, di cui: 769,44 milioni per la tratta T2; 792 milioni per la tratta T3; 995,4 milioni per le tratte T4 e T5; 930,03 milioni per le tratte T6A, T7 e Deposito Graniti. La disposizione in commento fa riferimento alla tratta Colosseo – Piazza Venezia nell’ambito della linea T2. Il CIPE, nella seduta del 1° agosto 2014, ha recepito un’informativa del MIT e del MEF concernente la rimodulazione del quadro economico, a parità di costo complessivo, della Linea C della Metropolitana di Roma.

Interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015 (lettera b)

  • Ulteriore lotto costruttivo dell’Asse AV/AC Verona Padova;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Tratta AV / AC Verona Padova” è di 5.130,00 milioni di euro di cui 160,03 disponibili(27) .

  • Completamento asse viario Lecco – Bergamo;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo del collegamento “Bergamo Lecco:variante alla SS 639 nel territorio della provincia di Lecco” è di 130,500 milioni di euro di cui 93,670 disponibili. L’opera è articolata in due lotti: L.S. Gerolamo del costo di 93,670 milioni di euro interamente disponibili; L. Lavello del costo di 36,830 milioni di euro interamente da finanziare(28) . Per quanto riguarda invece il collegamento Lecco-Bergamo: Variante di Cisano Bergamasco, secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, il costo complessivo della “Bergamo Lecco: variante ex SS 639 Cisano Bergamasco” è di 54,390 milioni di euro di cui 30,820 disponibili.

  • Messa in sicurezza dell’asse ferroviario Cuneo – Ventimiglia;
  • Completamento e ottimizzazione della Torino – Milano con la viabilità locale mediante l’interconnessione tra la SS 32 e la SP 299-Tangenziale di Novara-lotto 0 e lotto 1;
  • Terzo Valico dei Giovi – AV Milano Genova;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Tratta AV/AC III Valico Giovi” è di 6.278,600 milioni di euro di cui 1.578,600 disponibili. L’opera è articolata in sei lotti costruttivi(29) .

  • Continuità degli interventi del Nuovo Tunnel del Brennero; secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, l’intervento è spostato dall’insieme di interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015 (lettera b) all’insieme di interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015 (lettera c);
  • Quadrilatero Umbria – Marche;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo del “Nuovo Valico del Brennero” è di 2.507,690 milioni di euro di cui 1.721,04 disponibili. L’opera è articolata in 21 lotti di cui 13 stradali e 8 relativi a aree leader(30) .

  • Completamento della Linea 1 della metropolitana di Napoli;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo dell’opera “Metro Napoli Linea 1 tratta Centro Direzionale Capodichino Di Vittorio I stralcio” è di 635,58 milioni di euro interamente disponibili. La delibera CIPE 88/2013, pubblicata nella GURI n. 112 del 16/05/2014, approva il progetto definitivo, aggiorna il costo a 652,410 milioni, di cui 593,100 milioni per la realizzazione delle opere e 59,310 milioni per IVA, e dispone l’assegnazione definitiva al Comune di Napoli di 113,100 milioni a valere sul fondo di cui all’art. 18, comma 1, del decreto legge n. 69/2013, già assegnato programmaticamente con delibera CIPE 61/2013. Inoltre nella sezione dedicata all’aspetto attuativo si riporta che il cronoprogramma prevede il completamento dell’opera entro gennaio 2018.

  • rifinanziamento dell’articolo 1, comma 70, della legge 27 dicembre 2013, n.147, relativo al superamento delle criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie;

I commi 2 e 10 dell’articolo 18 del D.L. n. 69/2013 hanno previsto rispettivamente stanziamenti, a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 1, per il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie e per un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA. (da emanare con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti). Il comma 70 della legge n. 147 del 2013, infatti, che è richiamato dalla norma, ha di fatto ampliato il novero degli interventi finanziabili nell’ambito del programma di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale gestita da ANAS S.p.A., al fine di ricomprendervi anche l’attuazione di ulteriori interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell’infrastruttura viaria, con priorità nell’assegnazione delle risorse, alle opere stradali volte alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Le risorse per il triennio a legislazione vigente sono state rifinanziate dalla legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) e, pertanto, lo stanziamento complessivo è pari a 306 milioni per il 2014, 231 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016 (cap. 7538 del MIT).

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo del “Programma piccoli interventi ANAS” è di 300 milioni di euro interamente disponibili(31) .

  • Messa in sicurezza dei principali svincoli della Strada Statale 131 in Sardegna;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo dell’intervento “Svincoli e messa in sicurezza Km146+800 Km209+600” è di 120 milioni interamente da finanziare.

Interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015 (lettera c)

  • Metropolitana di Torino;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo dell’intervento “Linea 1 – Prolungamento ovest – Tratta funzionale 3: Collegno (Deposito)-Cascine Vica” è di 304 milioni interamente da finanziare.

  • Tramvia di Firenze;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo dell’intervento “Firenze – Sistema Tramviario” è di 1.025,100 milioni di cui 654,900 disponibili.

  • Lavori di ammodernamento ed adeguamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria, dallo svincolo di Rogliano allo svincolo di Altilia;

Nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, sono riportati due lotti: Sa-Rc km 270+700-280+350 Maxilotto 4/2 -1 stralcio (Rogliano –Viadotto Stupino) con un costo di 437,780 milioni di euro interamente da finanziare; Sa-Rc km 280+350-286+050 Maxilotto 4/2 -2stralcio ((Viadotto Stupino-Altilia) con un costo di 343 milioni di euro interamente da finanziare(32) .

  • Autostrada Salerno – Reggio Calabria svincolo Lauretana Borrello;

Nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, è riportato il seguente intervento: Sa-Rc Svincolo Laureana km 377+750 con un costo di 38,090 milioni di euro interamente da finanziare(33)

  • Adeguamento della strada statale n.372 “Telesina” tra lo svincolo di Caianello della Strada statale n.372 e lo svincolo di Benevento sulla strada statale n.88;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Adeguamento Telesina dal Km 0+000 al km 60+900” è di 588,640 milioni interamente disponibili.(34)

  • Completamento della S.S. 291 in Sardegna;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014 sono riportati i seguenti quattro lotti di cui il lotto 1 e il lotto 4 non presentano costi, mentre il lotto 2 ha un costo di 29,830 milioni, con una disponibilità di 49,180 milioni, e il lotto 3 ha un costo 35,610 milioni con una disponibilità di 54,670 milioni.

  • Variante della “Tremezzina” sulla strada statale internazionale 340 “Regina”;
  • Collegamento stradale Masserano -Ghemme;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Collegamento autostradale Pedemontana piemontese” è di 654,500 milioni interamente disponibili.

  • Ponte stradale di collegamento tra l’autostrada per Fiumicino e l’EUR;
  • Asse viario Gamberale – Civitaluparella in Abruzzo;

L’intervento non è incluso nella tabella 0 del 12° Allegato infrastrutture, ma è contenuto nell’allegato alla nuova intesa generale quadro sottoscritta con la regione Abruzzo il 10 aprile 2013. In particolare nel documento è presente la seguente opera: SS. 652 – “Fondovalle Sangro” – Lavori di costruzione del tratto compreso tra le stazioni di Gamberale e Civitaluparella (2° lotto – 2° stralcio – 2° tratto) con una previsione di spesa di 160 milioni di euro.

  • Primo lotto Asse viario S.S. 212 Fortorina;
  • Quadruplicamento della linea ferroviaria Lucca Pistoia;
  • aeroporti di Firenze e Salerno;

L’aeroporto di Firenze è attualmente affidato in gestione totale, in base al DM 521/97, alla società Aeroporti di Firenze (AdF S.p.a), con la Convenzione n. 28 del 14/12/2001 per la durata di 40 anni decorrenti dall’11/2//2003. Per l’aeroporto di Salerno risulta invece una convenzione sottoscritta dall’ENAC, ma non ancora approvata dal Ministero, per la gestione totale con la società Aeroporto di Salerno s.p.a.. per la durata di 20 anni.

Il futuro “Piano Nazionale degli Aeroporti”, annunciato dal Ministro delle infrastrutture e trasporti e che dovrà essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, individua 11 aeroporti strategici e 26 aeroporti di interesse nazionale. L’aeroporto di Pisa/Firenze viene individuato come aeroporto strategico, ma alla condizione che tra questi due scali si realizzi la piena integrazione societaria e industriale, quindi la gestione unitaria. Salerno rientra invece tra i 26 aeroporti di interesse nazionale.

  • Completamento del sistema idrico integrato della Regione Abruzzo;

Nell’allegato alla nuova intesa generale quadro sottoscritta con la regione Abruzzo il 10 aprile 2013 sono comprese tra, l’altro, opere di mitigazione del rischio idraulico dei bacini idrografici (2 lotti del costo complessivo di 210 milioni) e relative alla gestione integrata delle acque destinate ad usi umani e plurimi (5 lotti del costo complessivo di 938 milioni di euro).

  • opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 o richieste inviate nell’ambito del programma “Seimila Campanili” ai sensi dell’articolo 18, comma 9, del decreto-legge n.69 del 2013.

Quest’ultimo punto sembra far riferimento, in primo luogo, alla procedura informale avviata dal Governo con la “lettera ai sindaci” inviata il 2 giugno scorso dal Presidente del Consiglio, ove si invitavano i Comuni a segnalare, entro il 15 giugno 2014, opere e cantieri fermi, al fine di un loro eventuale inserimento all’interno del pacchetto di misure “Sblocca Italia”. In alternativa si fa riferimento alle richieste inviate dai comuni nell’ambito del programma “Seimila Campanili”. A quest’ultimo proposito, si ricorda che il comma 9 dell’articolo 18 del D.L. 69/2013 ha destinato 100 milioni di euro a contributi statali a favore dei piccoli comuni (con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), e a favore delle unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e dei comuni risultanti da fusione tra comuni, ciascuno dei quali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti: per interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici, compresi gli interventi per l’adozione di misure antisismiche; per la realizzazione e manutenzione di reti viarie e delle infrastrutture accessorie e funzionali alle stesse o delle reti telematiche di nuova generazione (NGN) e Wi-fi; per la salvaguardia e la messa in sicurezza del territorio. Con il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 27 dicembre 2013 è stato approvato l’elenco degli interventi ammessi al finanziamento del Primo Programma «6000 Campanili», nei limiti dell’importo disponibile di 100 milioni di euro, mentre con il decreto ministeriale 13 febbraio 2014, n. 46, è stato approvato l’elenco degli interventi ammessi al Primo programma «6000 Campanili» e finanziati dalla legge di stabilità del 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che ha destinato 50 milioni di euro allo stesso programma.

  • Continuità degli interventi del Nuovo Tunnel del Brennero; secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, l’intervento è spostato dall’insieme di interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015 (lettera b) all’insieme di interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015 (lettera c);

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo del “Nuovo Valico del Brennero” è di 4.865,000 milioni di euro interamente disponibili. L’opera è articolata in sei lotti di cui 5 costruttivi.(35) .

Copertura finanziaria (comma 4)

Il comma 4 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal rifinanziamento del Fondo di cui al comma 1, pari a 3.890 milioni di euro per gli anni dal 2013 al 2020. Ad essi si provvede:

  • quanto a 39 milioni per il 2013 in conto residui e a 11 milioni per il 2014 in conto competenza, mediante l’utilizzo delle disponibilità iscritte, rispettivamente, in conto residui e in conto competenza, derivanti dalle revoche disposte dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 145 del 2013 e confluite nel c.d. “Fondo revoche” istituito presso il MIT dall’articolo 32, comma 6, del D.L. n. 98 del 2011 (cap. 7685/MIT); tale copertura è stata soppressa dalla Camera dei deputati in conseguenza della novella al comma 1 ed all’inserimento del nuovo comma 1-bis;
  • Si tratta delle assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 146 del 17 novembre 2006 per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano e dalla delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010 per il potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona
  • quanto a 15 milioni per il 2014, 5,2 milioni per il 2015, 3,2 milioni per il 2016 e 148 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 1, della legge n. 7 del 2009 di ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008 (cap. 7800/MIT);

L’articolo 5 della legge n. 7/2009 reca gli stanziamenti per l’attuazione delle norme del citato Trattato. Originariamente si trattava di 180 milioni per ciascuno degli anni dal 2009 al 2028, destinati alla realizzazione di progetti infrastrutturali da realizzarsi da parte dell’Italia, sulla base delle proposte avanzate dalla Grande Giamahiria araba libica.

Nel corso degli anni l’autorizzazione legislativa di spesa in oggetto è stata ridotta da numerosi provvedimenti legislativi:

  • 5 milioni per il 2011 dall’articolo 17, comma 9, del D.L. n. 98 del 2011, quale copertura del finanziamento in favore dell’INMP (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà);
  • 100 milioni relativi alla quota 2013 sono stati utilizzati dall’articolo 4, comma 1, lettera c), n. 2 del D.L. n. 54/2013, a parziale copertura degli interventi in esso previsti in materia di cassa integrazione guadagni;
  • il D.L. n. 63/2013, all’articolo 21, comma 3, lettera b), ha ulteriormente ridotto le disponibilità a parziale copertura della proroga delle detrazione fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia ed efficienza energetica, nella misura pari a 44,8 milioni per il 2014, a 54,7 milioni per il 2015, a 34,7 milioni per il 2016 e a 31,8 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023, contestualmente disponendone un incremento di 413,1 milioni di euro per l’anno 2024;
  • 50 milioni per il 2013, 120 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e 142 milioni per il 2016 dall’articolo 18, comma 13, del D.L. n. 69 del 2013 per il finanziamento del Fondo per il finanziamento di infrastrutture cantierate o cantierabili previsto dal medesimo articolo al comma 1;
  • il D.L. n. 102/2013, all’articolo 15, comma 3, lettera b) e all’allegato 3, ha disposto una riduzione di 30 milioni per il 2013 dell’articolo 5, comma 1, lettera c).

Infatti la legge di stabilità 2014, alla tabella E, indica per l’articolo 5, della legge n. 7 del 2009 una dotazione di 15,2 milioni per il 2014, 5,3 milioni per il 2015, di 3,3 milioni per il 2016 e di 2.350 milioni per le annualità successive fino all’anno 2028.

Per effetto delle riduzioni disposte dalla norma in esame l’autorizzazione di spesa risulterebbe annullata per le annualità dal 2014 al 2020, mentre risulterebbero stanziamenti residuali pari a 148,2 milioni per ciascuna annualità 2021-2023, a 593,1 milioni per il 2014 e a 180 milioni per ciascuna delle restanti annualità 2025-2028.

  • quanto a 94,8 milioni per il 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa in favore dell’Autorità portuale di Venezia per il finanziamento delle attività finalizzate alla realizzazione di una piattaforma d’altura davanti al porto di Venezia (cap. 7270/MIT).

L’articolo 1, comma 186, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) aveva autorizzato tale spesa nella misura di 5 milioni per il 2013 e di 95 milioni per il 2015.

  • quanto a 79,8 milioni per il 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per la realizzazione dell’asse autostradale «Pedemontana Piemontese» (cap. 7504/MIT);

L’articolo 1, comma 212, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) aveva assegnato a tale scopo alla regione Piemonte un contributo di 80 milioni per il 2015.

  • quanto a 51,2 milioni per il 2015, a 155,8 milioni per il 2016, a 925 milioni per il 2017 e a 1.918 milioni per il 2018, mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 (cap. 8425/MEF).

legge di stabilità 2014 (147/2013) all’articolo 1, comma 6, ha disposto una dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relativamente al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, nella misura complessiva di 54.810 milioni. La norma ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente alla misura dell’80 per cento (43.848 milioni). Per il triennio 2014-2016, gli importi iscritti in bilancio sono pari a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel 2015 e a 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata dalla tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo di 42.298 milioni. Per quanto concerne la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), la relativa iscrizione in bilancio avverrà all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate. Il successivo comma 8 ha disposto che entro il 1° marzo 2014 il CIPE avrebbe dovuto effettuare la ripartizione programmatica tra le amministrazioni interessate della quota relativa all’80 per cento delle risorse. Alla data odierna tale adempimento non risulta attuato.

Nella successiva tabella sono riepilogate le coperture indicate dal comma 4 in esame degli oneri relativi all’incremento disposto dal comma 1, per complessivi 3.890 milioni, del c.d. Fondo “slocca cantieri”, istituito dal comma 1 dell’articolo 18 del D.L. n. 69/2013.

Milioni di euro 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
Fondo MIT revoche 39,0
Fondo MIT revoche 11,0
Realizzazione in Libia di progetti infrastrutturali 15,0 5,2 3,2 148,0 148,0 148,0 148,0
Piattaforma d’altura al porto di Venezia 94,8
Pedemontana Piemontese 79,8
Fondo sviluppo e coesione 51,2 155,8 925,0 1.918,0
TOTALE ONERI 39,0 26,0 231,0 159,0 1.073,0 2.066,0 148,0 148,0

Revoca delle risorse e attribuzione prioritaria delle risorse revocate (commi 5, 6 e 7)

Il comma 5 prevede la revoca dei finanziamenti assegnati a valere sulle risorse del Fondo – in conseguenza del rifinanziamento disposto ai sensi del comma 1 dell’articolo in commento – per il mancato rispetto dei termini fissati dalle lettere a), b) e c) per l’appaltabilità e la cantierabilità degli interventi ivi elencati ossia:

  • qualora gli interventi di cui alla lettera a) del comma 2 non siano cantierati entro il 31 dicembre 2014;
  • qualora gli interventi di cui alla lettera b) del comma 2 non siano appaltati entro il 31 dicembre 2014 e cantierati entro il 30 giugno 2015;
  • qualora gli interventi di cui alla lettera c) non siano appaltati entro il 30 aprile 2015 e cantierati entro il 31 agosto 2015.

In base al comma 7, con i medesimi decreti interministeriali di assegnazione delle risorse sono stabilite, in ordine a ciascun intervento, le modalità di:

  • utilizzo delle risorse assegnate;
  • monitoraggio dell’avanzamento dei lavori;
  • applicazione di misure di revoca.

Ai sensi del comma 6, le risorse revocate confluiscono nel “Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di cui all’articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798” istituito dall’art. 32, comma 1, del D.L. 98/2011.

Le risorse di tale Fondo sono allocate nel capitolo 7514 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La dotazione di competenza di tale capitolo per il 2014 è pari a 146,1 milioni di euro per il 2014, 13,4 milioni per il 2015 e 77,1 milioni per il 2016.

La dotazione di tale capitolo risulta notevolmente inferiore allo stanziamento di 1 miliardo di euro autorizzato, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, dal citato comma 1 dell’art. 32 del D.L. 98, in virtù delle riduzioni derivanti sia da tagli che dai riparti già effettuati.

E’ lo stesso comma 6 a stabilire l’attribuzione prioritaria delle risorse revocate ai seguenti interventi:

  • al primo lotto funzionale dell’asse autostradale Termoli – San Vittore;

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Coll. Merid. A1-A14: Termoli-S.Vittore Tratta 1” è di 1.137,350 milioni di cui 236,600 disponibili.

  • al completamento della rete della Circumetnea;

L’intervento, suddiviso nelle Tratte Stesicoro-Aeroporto e Borgo-Nesima-Misterbianco, secondo quanto riportato nell’allegato al DEF 2014, ha un costo di 527,750 milioni e una disponibilità di 192,750 milioni.

  • alla metropolitana di Palermo relativamente alla tratta Oreto – Notarbartolo;
  • alla metropolitana di Cagliari con riguardo all’adeguamento della rete attuale e al collegamento on l’hinterland.

Nella tabella 0 del 12° Allegato infrastrutture è incluso il completamento del Sistema Metropolitano Area Metropolitana di Cagliari. L’opera è articolata in 5 lotti dell’importo complessivo di 137,090 milioni di cui 28,090 disponibili.

La Camera dei deputati ha integrato il comma 6 includendo, tra gli interventi da finanziare prioritariamente, con le risorse revocate per il mancato rispetto delle scadenze previste per l’utilizzo del c.d. Fondo sblocca cantieri:

  • l’elettrificazione delle ferrovie Sud Est – tratta Martina Franca – Lecce – Otranto – Gagliano del Capo (nuova lettera d-bis);
  • il potenziamento del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale Veneto (SFMR), attraverso la chiusura del quadrilatero Mestre-Treviso-Castelfranco-Padova (nuova lettera d-ter);
  • l’ammodernamento della tratta ferroviaria Salerno-Potenza-Taranto (nuova lettera d-quater);
  • il prolungamento della metropolitana di Genova da Brignole a Piazza Martinez (nuova lettera d-quinquies);
  • la Strada Statale dei Trulli (S.S. n. 172) – Tronco Casamassima – Putignano (nuova lettera d-sexies).


18) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

19) Decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 “Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015”.

20) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

21) Per una disamina delle modalità di revoca delle risorse del Fondo e di utilizzazione delle risorse al 31 ottobre 2013 si rinvia all’approfondimento contenuto nell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, e precisamente nel volume Nota di sintesi e focus tematici.

22) Si veda la scheda 15, dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

23) Si veda la scheda n. 154 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, che reca dati sullo stato di attuazione dell’opera al 31 ottobre 2013

24) D.L. 6 luglio 2011, n. 98, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”.

25) Per quest’ultimo intervento si veda anche la scheda 117

26) Per una descrizione delle principali caratteristiche dell’opera si rinvia alla scheda 105 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, che reca dati sullo stato di attuazione al 31 ottobre 2013

27) Si veda la scheda 7 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

28) Si veda la scheda 26 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

29) Si veda la scheda 39 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

30) Si veda la scheda 71 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

31) Si veda anche http://www.stradeanas.it/index.php?/content/index/arg/manut_straordinaria

32) Si veda anche la scheda 53 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

33) Si veda anche la scheda 53 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

34) Si veda anche la scheda 77 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

35) Si veda la scheda 3 dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

Articolo 3, commi 8, 9, 9-bis e 11

(Ulteriori disposizioni riguardanti le opere strategiche)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
Pag. 94-95
Pag. 96-97
8. Per consentire la continuità dei cantieri in corso, sono confermati i finanziamenti pubblici assegnati al collegamento Milano – Venezia secondo lotto Rho – Monza, di cui alla delibera CIPE 60 del 2013; nonché sono definitivamente assegnate all’Anas S.P.A. per il completamento dell’intervento «Itinerario Agrigento – Caltanissetta – A19 – Adeguamento a quattro corsie della SS 640 tra i km 9 800 e 44 400», le somme di cui alla tabella «Integrazioni e completamenti di lavori in corso» del Contratto di programma tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ANAS S.p.A. relativo all’anno 2013, pari a 3 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2013 e di 42,5 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2012. 8. Per consentire la continuità dei cantieri in corso, sono confermati i finanziamenti pubblici assegnati al collegamento Milano – Venezia secondo lotto Rho – Monza, di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 8 agosto 2013, n. 60/2013, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2014; nonché sono definitivamente assegnate all’Anas S.P.A. per il completamento dell’intervento «Itinerario Agrigento – Caltanissetta – A19 – Adeguamento a quattro corsie della SS 640 tra i km 9 800 e 44 400», le somme di cui alla tabella «Integrazioni e completamenti di lavori in corso» del Contratto di programma tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ANAS S.p.A. relativo all’anno 2013, pari a 3 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2013 e a 42,5 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2012. Le risorse relative alla realizzazione degli interventi concernenti il completamento dell’asse strategico nazionale autostradale Salerno-Reggio Calabria di cui alla delibera del CIPE 3 agosto 2011, n. 62/2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011, sono erogate direttamente alla società ANAS Spa, a fronte dei lavori già eseguiti.
Pag. 102-103
9. Le opere elencate nell’XI allegato infrastrutture approvato ai sensi dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, dal CIPE nella seduta del 1 agosto 2014, che, alla data del presente decreto non sono state ancora avviate e per le quali era prevista una copertura parziale o totale a carico del Fondo Sviluppo e Coesione 2007 – 2013 confluiscono automaticamente nel nuovo periodo di programmazione 2014 – 2020. Entro il 31 ottobre 2014, gli Enti che a diverso titolo partecipano al finanziamento e o alla realizzazione delle opere di cui al capoverso precedente, confermano o rimodulano le assegnazioni finanziarie inizialmente previste. 9. Le opere elencate nell’XI allegato infrastrutture approvato ai sensi dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, dal CIPE nella seduta del 1 agosto 2014, che, alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono state ancora avviate e per le quali era prevista una copertura parziale o totale a carico del Fondo Sviluppo e Coesione 2007 – 2013 confluiscono automaticamente nel nuovo periodo di programmazione 2014 – 2020. Entro il 31 ottobre 2014, gli Enti che a diverso titolo partecipano al finanziamento e o alla realizzazione delle opere di cui alprimo periodo confermano o rimodulano le assegnazioni finanziarie inizialmente previste.
9-bis. Le opere elencate nell’XI allegato infrastrutture approvato ai sensi dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, dal CIPE nella seduta del 1 agosto 2014, che siano già state precedentemente qualificate come opere strategiche da avviare nel rispetto dell’articolo 41 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dallalegge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, e per le quali alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sia stata indetta la conferenza di servizi di cui all’articolo 165 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono trasmesse in via prioritaria al CIPE, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai fini dell’assegnazione delle risorse finanziarie necessarie per la loro realizzazione, previa verifica dell’effettiva sussistenza delle risorse stesse.
10. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è confermato Autorità Nazionale capofila e Capo Delegazione dei Comitati di Sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON e URBACT, in considerazione di quanto già previsto dalla delibera CIPE n. 158 del 2007 ed in relazione alla missione istituzionale di programmazione e sviluppo del territorio propria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 10. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è confermato Autorità Nazionale capofila e Capo Delegazione dei Comitati di Sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON e URBACT, in considerazione di quanto già previsto dalla delibera del CIPE 21 dicembre 2007, n. 158/2007, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2008, ed in relazione alla missione istituzionale di programmazione e sviluppo del territorio propria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
11. È abrogato il comma 11-ter dell’articolo 25 del decreto legge n. 69 del 2013, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013. 11. Identico.

Il comma 8 prevede la conferma del finanziamento pubblico assegnato al collegamento Milano-Venezia – secondo lotto Rho-Monza, disposto dalla delibera CIPE 60/2013.

L’art. 18, comma 3, del decreto-legge 69/2013(36) , ha consentito l’assegnazione, con apposita delibera CIPE, di una parte delle risorse del fondo “sblocca cantieri” (istituito dal comma 1 del medesimo articolo) ad una serie di opere, tra cui il secondo lotto Rho-Monza del collegamento Milano-Venezia.

In attuazione di tale norma la delibera CIPE 8 agosto 2013 (pubblicata sulla G.U. n. 60 del 13 marzo 2014) ha assegnato, all’intervento denominato “Riqualificazione con caratteristiche autostradali della S.P. 46 Rho-Monza – Lotto 2: Variante di attraversamento ferroviario in sotterraneo della linea Milano-Saronno” un finanziamento di 55 milioni di euro (nella delibera viene precisato che la residua copertura finanziaria dell’intera opera, primo e secondo lotto, dovrà essere posta interamente a carico della concessionaria Milano Serravalle-Milano Tangenziali S.p.A).

La delibera n. 60 ha però anche stabilito una serie di termini e condizioni da rispettare, pena la revoca del finanziamento. Il mancato rispetto dei citati termini (peraltro scaduti in data antecedente alla pubblicazione della medesima delibera) ha indotto la Corte dei conti (con la delibera n. SCCLEG/4/2014/PREV, depositata il 19 marzo 2014) a ribadire l’obbligo di provvedere alla revoca del finanziamento di 55 milioni.

Secondo quanto indicato nella tabella 0 del 12° allegato infrastrutture, presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Rho – Monza II lotto variante: attraversamento in sotterranea linea ferroviaria Milano-Saronno” è di 55 milioni interamente disponibili. L’intervento fa parte del progetto ”Riqualificazione della SP46 Rho-Monza”, articolato in 3 lotti del costo complessivo di circa 370 milioni di euro dei quali 260 milioni relativi ai lotti 1 e 2, di competenza Milano Serravalle, e 110 milioni relativi al lotto 3, di competenza di Autostrade per l’Italia.

Il comma 8, inoltre, provvede ad assegnare definitivamente alla società ANAS S.p.A. le risorse finanziarie per il completamento dell’intervento “Itinerario Agrigento – Caltanissetta – A19 – Adeguamento a quattro corsie della SS 640 tra i km 9+800 e 44+400”. La disposizione fa riferimento alle somme di cui alla tabella “Integrazioni e completamenti di lavori in corso” del Contratto di programma tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ANAS S.p.A. relativo all’anno 2013, pari a 3 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2013 e di 42,5 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2012.

Quanto all’opera in questione, rilevano due interventi: il primo intervento riguarda l’adeguamento a quattro corsie della S.S. 640 di Porto Empedocle – tratto dal km 9+800 al km 44+400 il cui costo nel 12° Allegato infrastrutture è pari a 499,550 milioni interamente disponibili. Tale costo, secondo quanto risulta dai dati forniti dall’ANAS(37) è pari a 545 milioni di euro. Relativamente all’adeguamento a quattro corsie della S.S. 640 di Porto Empedocle – tratto dal km 44 al km 74+300, il costo risultante dal 12° allegato infrastrutture è pari a 990,000 milioni, interamente disponibili.

La Camera dei deputati ha integrato il comma 8 con un nuovo periodo, in base al quale le risorse relative alla realizzazione degli interventi concernenti il completamento dell’asse autostradale Salerno-Reggio Calabria di cui alla delibera CIPE 62/2011 sono erogate direttamente ad ANAS S.p.A., a fronte dei lavori già eseguiti. Tale delibera, con cui sono state individuate e ripartite risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l’attuazione del Piano nazionale per il Sud, ha assegnato per il completamento degli interventi in corso relativi all’asse autostradale Salerno-Reggio Calabria l’importo di 217,1 milioni di euro.

Il comma 9 disciplina il finanziamento delle opere strategiche incluse nell’11° allegato infrastrutture che:

  • alla data della data di entrata in vigore del decreto-legge non sono state ancora avviate;
  • per le quali era prevista una copertura parziale o totale a carico delle annualità 2007-2013 del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC).

La norma prevede che tali opere confluiscono automaticamente nel nuovo periodo di programmazione 2014-2020. Entro il 31 ottobre 2014, gli enti che a diverso titolo partecipano al finanziamento e/o alla realizzazione di tali opere, provvedono alla conferma/rimodulazione delle assegnazioni finanziarie inizialmente previste.

La Camera dei deputati ha aggiunto un nuovo comma 9-bis, che introduce una procedura per il finanziamento in via prioritaria delle opere incluse nell’XI Allegato infrastrutture che soddisfano tutte le seguenti condizioni:

  • sono state già precedentemente qualificate come opere strategiche da avviare in via prioritaria sulla base dei criteri dettati dall’art. 41 del D.L. 201/2011;
  • sia stata indetta, per tali opere, entro la data di entrata in vigore della presente legge di conversione, la conferenza di servizi istruttoria sul progetto preliminare (prevista dall’art. 165 del D.Lgs. 163/2006);
  • previa verifica dell’effettiva sussistenza delle risorse stesse.

Per tali opere viene previsto che siano trasmesse in via prioritaria al CIPE entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, ai fini dell’assegnazione delle risorse finanziarie necessarie per la loro realizzazione.

Il comma 11 abroga le disposizioni riguardanti gli interventi di adeguamento della SS “Telesina” e il collegamento Termoli-San Vittore contenute nel comma 11-ter dell’articolo 25 del decreto legge n. 69 del 2013. Tale norma stabiliva che le proposte dei soggetti promotori per l’approvazione dei progetti preliminari, anche suddivisi per lotti funzionali in coerenza con le risorse finanziarie disponibili, degli interventi di adeguamento della SS “Telesina” e del collegamento Termoli-San Vittore dovessero essere sottoposte all’approvazione dal CIPE entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 69. Si prevedeva, inoltre, che la mancata approvazione delle proposte avrebbe determinato l’annullamento della procedura avviata e la revoca dei soggetti promotori. Per quanto riguarda la SS 372 “Telesina”, la norma, inoltre, precisava che le risorse già assegnate con delibera Cipe n. 100 del 2006 e quelle a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate con delibera CIPE n. 62 del 2011 relativa al Piano sud fossero destinate esclusivamente alla realizzazione degli interventi di adeguamento della predetta opera.

Per quanto riguarda il collegamento “Termoli-San Vittore” l’articolo 3, comma 6, del decreto-legge in esame, attribuisce risorse finanziarie.


36) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

37) http://www.stradeanas.it/index.php?/content/index/arg/agrigento_caltanissetta

Articolo 3, comma 10

(Ruolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nei programmi ESPON e URBACT)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
10. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è confermato Autorità Nazionale capofila e Capo Delegazione dei Comitati di Sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON e URBACT, in considerazione di quanto già previsto dalla delibera CIPE n. 158 del 2007 ed in relazione alla missione istituzionale di programmazione e sviluppo del territorio propria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 10. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è confermato Autorità Nazionale capofila e Capo Delegazione dei Comitati di Sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON e URBACT, in considerazione di quanto già previsto dalla delibera del CIPE 21 dicembre 2007, n. 158/2007, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2008, ed in relazione alla missione istituzionale di programmazione e sviluppo del territorio propria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il comma 10 conferma il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti autorità nazionale capofila e capo delegazione dei Comitati di sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON (acronimo di European Spatial Planning Observatory Network) e URBACT. La stessa norma precisa che tale conferma viene sancita in considerazione di quanto già previsto dalla delibera CIPE n. 158/2007 ed in relazione alla missione istituzionale di programmazione e sviluppo del territorio propria del Ministero.

La citata delibera CIPE 158/2007, di attuazione del Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013 – Progetto di cooperazione territoriale europea, ha stabilito che, nell’ambito della propria responsabilità istituzionale di coordinamento della politica di coesione e come amministrazione capofila per il FESR, il Ministero dello sviluppo economico (MISE)-DPS è l’Autorità nazionale di riferimento per la Commissione europea e per gli altri Stati membri, in relazione all’obiettivo di cooperazione territoriale europea.

Con riferimento alle delegazioni italiane in seno ai Comitati di sorveglianza che verranno istituiti per l’attuazione dei programmi, la medesima delibera, nel caso dei programmi di cooperazione interregionale URBACT e ESPON, ha disposto che la delegazione che rappresenta l’Italia è costituita da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture, che esercita le funzioni di capo delegazione e di persona di contatto nazionale, da un rappresentante regionale designato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome a rappresentare tutte le Regioni e Province autonome italiane e da un rappresentante del MISE-DPS, eventualmente con il ruolo di osservatore qualora le disposizioni attuative del programma prevedessero un limite di due persone per delegazione.

Articolo 3, comma 12

(Infrastrutture carcerarie)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
12. Dopo l’articolo 6-bis, comma 2, del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 117, è aggiunto il seguente comma: 12. Identico:
«2-bis. Le risorse disponibili sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2012, allegato al decreto-legge 1 luglio 2013, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze a uno o più capitoli di bilancio dello Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della giustizia secondo le ordinarie competenze definite nell’ambito del decreto di cui al comma 2.». «2-bis. Le risorse disponibili sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2012, allegato al decreto-legge 1 luglio 2013, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, sono versate nell’anno 2014 all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze a uno o più capitoli di bilancio dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della giustizia secondo le ordinarie competenze definite nell’ambito del decreto di cui al comma 2.».

Il comma 12 integra il contenuto dell’art. 6-bis del decreto-legge 92/2014(38) prevedendo il trasferimento alle amministrazioni interessate delle risorse disponibili sulla contabilità speciale intestata al commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie, cessato dalle sue funzioni il 31 luglio 2014.

L’articolo 6-bis del decreto-legge 92/2014(39) ha anticipato di cinque mesi la proroga delle funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie già fissate dall’art. 4, comma 1, del 78/2013(40) al 31 dicembre 2014.

Per consentire il completamento delle opere del programma di edilizia penitenziaria, il nuovo comma 2-bis dell’art. 6-bis prevede che le risorse indicate siano versate, nel 2014, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, all’entrata del bilancio dello Stato per essere oggetto di riassegnazione, con DM Economia, ai Ministeri delle Infrastrutture e trasporti e della Giustizia in base alle ordinarie competenze.

Tali competenze sono definite dal decreto di natura non regolamentare previsto dal comma 2 dell’art. 6-bis che, adottato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dovrà dettare le misure necessarie per assicurare la continuità e il raccordo delle attività già svolte dalla precedente gestione commissariale.


38) Decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92 “Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, nonche’ di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile”.

39) Decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92 “Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, nonche’ di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile”.

40) Decreto-legge 1° luglio 2013, n. 78 “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”.

Articolo 3, commi 12-bis e 12-ter

(Viabilità a servizio della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
12-bis. Per il completamento degli interventi infrastrutturali di viabilità stradale di cui all’articolo 1, comma 452, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 487.000 euro per l’anno 2014.
12-ter. All’onere derivante dal comma 12-bis si provvede, per l’anno 2014, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 2, comma 3, della legge 18 giugno 1998, n. 194.

Il comma 12-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati, autorizza la spesa di 487.000 per il 2014 per il completamento degli interventi infrastrutturali di viabilità stradale necessari a garantire l’integrale attuazione della Convenzione tra l’Italia e la Francia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970 di cui all’articolo 1, comma 452, della legge finanziaria 2005 (311/2004) riguardante il tratto situato in territorio francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia. Al relativo onere si provvede, secondo quanto previsto dal nuovo comma 12-ter, mediante la corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 3 dell’articolo 2 della legge 194/1998(41) che autorizza, tra l’altro, un limite di impegno quindicennale di 70 miliardi di lire a decorrere dall’anno 2000 relativamente ai mutui che le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate alla società Ferrovie dello Stato S.p.a. dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 , e le aziende esercenti servizi ad impianti fissi di competenza statale in regime di concessione, sono autorizzate a contrarre per le finalità di cui all’articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 422/1997(42) (copertura dei disavanzi maturati alla data del conferimento di cui al citato articolo 8, ivi compresi gli oneri per il trattamento di fine rapporto).


41) Legge 18 giugno 1998, n. 194 “Interventi nel settore dei trasporti”.

42) D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

Articolo 4, commi 1 e 2

(Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti Locali)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014, per le quali la problematica emersa attenga al mancato concerto tra Amministrazioni interessate al procedimento amministrativo, è data facoltà di riconvocare la Conferenza di Servizi, ancorché già definita in precedenza, funzionale al riesame dei pareri ostativi alla realizzazione dell’opera. Ove l’Ente abbia necessità di definire il procedimento in tempi celeri, i termini di cui all’articolo 14-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono ridotti alla metà. Resta ferma la facoltà, da parte del Comune o dell’unione dei Comuni procedenti, di rimettere il procedimento alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 14-quater, comma 3, della legge 241 del 1990, i cui termini sono ridotti alla metà. 1. Al fine di favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 e di quelle inserite nell’elenco-anagrafe di cui all’articolo 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per le quali la problematica emersa attenga al mancato concerto tra Amministrazioni interessate al procedimento amministrativo, è data facoltà di riconvocare la Conferenza di Servizi, ancorché già definita in precedenza, funzionale al riesame dei pareri ostativi alla realizzazione dell’opera. Ove l’Ente proceda ad una riconvocazione, i termini di cui all’articolo 14-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono ridotti alla metà. Resta ferma la facoltà, da parte del Comune o dell’unione dei Comuni procedenti, di rimettere il procedimento alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 14-quater, comma 3, della legge 241 del 1990, i cui termini sono ridotti alla metà.
2. In caso di mancato perfezionamento del procedimento comunque riconducibile ad ulteriori difficoltà amministrative, è data facoltà di avvalimento a scopo consulenziale – acceleratorio dell’apposita cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 2. Identico.

L’articolo 4 stabilisce alcune misure dirette a favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014.

La disposizione sembra far riferimento alla procedura informale avviata dal Governo con la “lettera ai sindaci” inviata il 2 giugno scorso dal Presidente del Consiglio, ove si invitavano i Comuni a segnalare, entro il 15 giugno 2014, opere e cantieri fermi, al fine di un loro eventuale inserimento all’interno del pacchetto di misure “Sblocca Italia”.

In base alla relazione di accompagnamento, le misure introdotte rispondono a diverse tipologie di difficoltà segnalate dagli enti locali: a) mancanza di accordo in caso di coinvolgimento di più amministrazioni nel procedimento funzionale alla realizzazione dell’opera; b) difficoltà burocratiche variamente intese; c) mancanza di risorse; d) problemi di pagamento in forza dei vincoli del patto di stabilità.

L’articolo in esame sembra recare disposizioni che dovrebbero trovare applicazione unicamente per fattispecie determinate – i procedimenti relativi alle opere segnalate – che, tuttavia, la norma stessa non individua precisamente, neanche mediante rinvio ad altra fonte normativa o atto amministrativo.

In particolare, il comma 1 prevede che, in caso di mancato accordo tra le amministrazioni partecipanti al procedimento per la realizzazione dell’opera, vi sia la possibilità di riconvocare la conferenza di servizi al fine di riesaminare i pareri ostativi. In tal caso, qualora l’ente abbia necessità di definire il procedimento in tempi celeri, tutti i termini dei lavori della conferenza, previsti dalla disciplina generale in materia (art. 14 ss., L. n. 241/1990) sono ridotti della metà.

Dalla formulazione della disposizione, parrebbe quindi che la riduzione dei termini sia rimessa alla discrezionalità dell’ente interessato, in relazione alla necessità di definizione in tempi brevi del procedimento.

La legge definisce le procedure e i termini di convocazione della conferenza, dello svolgimento e della conclusione dei lavori (art. 14-ter). In base a tale disciplina, la prima riunione della conferenza deve essere convocata entro 15 giorni, ovvero 30 (in caso di particolare complessità dell’istruttoria), dalla data di indizione.

Le amministrazioni convocate (con comunicazione pervenuta almeno 5 giorni prima) possono chiedere (entro i successivi 5 giorni) che la riunione della conferenza si svolga in una data diversa e comunque entro 10 giorni successivi alla prima.

Nella prima riunione della conferenza, le amministrazioni che vi partecipano stabiliscono il termini per l’adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono comunque superare i novanta giorni, ad eccezione dei casi in cui sia richiesta la VIA (valutazione di impatto ambientale). In tali ipotesi, infatti, l’art. 14-ter, comma 4, impone una sospensione del termine di 90 giorni per un massimo di ulteriori 90 giorni. Decorso tale termine, in mancanza di una pronuncia sulla compatibilità ambientale, l’amministrazione procedente adotta ugualmente il provvedimento entro i successivi 30 giorni, prorogabili per altri 30 se sono necessari approfondimenti istruttori. Pertanto, nel caso in cui sia necessaria la VIA; la durata massima della conferenza di servizi non può superare i 240 giorni.

Infine, in ogni caso, la durata del procedimento può essere allungata dal dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili per un massimo di 90 giorni (art. 14-quater, co. 3).

La disposizione fa salva la possibilità per l’amministrazione procedente, in caso di dissenso motivato da parte delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (salute, pubblica incolumità, paesaggio, ambiente), di demandare la decisione al Consiglio dei Ministri, che dovrà comunque intervenire nei termini ridotti.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 14-quater, co. 3, della L. 241/1990 prevede che in caso di motivato dissenso da un amministrazione preposta alla tutela di un interesse qualificato, quale la tutela dell’ambiente, del paesaggio e del territorio, del patrimonio storico-artistico o la tutela della salute e della pubblica incolumità, l’amministrazione procedente rimette la decisione al Consiglio dei ministri, che si pronuncia entro 60 giorni previa intesa – se necessario – con le regioni, le province autonome e gli enti locali(43) . Se l’intesa non è raggiunta, il procedimento può comunque andare avanti con una deliberazione del Consiglio dei Ministri nei successivi 30 giorni.

Il comma 1 è stato modificato dalla Camera dei deputati in sede di conversione.

Si tratta di una duplice modifica.

La prima: estende l’applicazione dell’articolo in esame (che stabilisce, si è ricordato, misure dirette a favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014) anche alle opere inserite nell’Elenco-anagrafe nazionale delle opere incompiute istituita dall’art. 44-bis del D.L. 201/2011.

La seconda: stabilisce che il dimezzamento dei termini della conferenza di servizi non opera, come prevede il testo vigente, ove vi sia la necessità di definire il procedimento in tempi celeri, bensì in caso riconvocazione della conferenza stessa.

L’elenco anagrafe delle opere incompiute è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi dell’articolo 44-bis, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

L’elenco-anagrafe ha la finalità di coordinare, a livello informativo e statistico, i dati sulle opere pubbliche incompiute in possesso delle amministrazioni statali, regionali o locali. L’elenco è ripartito in due sezioni, relative, rispettivamente, alle opere di interesse nazionale e alle opere di interesse regionale e degli enti locali.

Per «opera pubblica incompiuta» si intende l’opera che non è stata completata:

a) per mancanza di fondi;

b) per cause tecniche;

c) per sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge;

d) per il fallimento dell’impresa appaltatrice;

e) per il mancato interesse al completamento da parte del gestore

Si considera in ogni caso opera pubblica incompiuta un’opera non rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo e che non risulta fruibile dalla collettività.

Entro il 31 marzo di ciascun anno, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e gli altri soggetti aggiudicatori individuano le opere incompiute di rispettiva competenza. Entro il predetto termine, i medesimi soggetti, ciascuno secondo l’ambito territoriale, trasmettono la lista delle opere individuate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ovvero alla Regione e alla Provincia autonoma di appartenenza.

Per ogni opera pubblica incompiuta, nell’elenco-anagrafe sono indicati i seguenti elementi informativi:

a) il codice unico di progetto (CUP) ai sensi dell’articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3;

b) denominazione della stazione appaltante, ovvero dell’ente aggiudicatore, o di altro soggetto aggiudicatore individuato ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) localizzazione dell’opera (regione, provincia e comune di ubicazione), secondo la classificazione adottata dal sistema CUP;

d) descrizione dell’opera e dati dimensionali;

e) classificazione dell’opera secondo l’appartenenza della stessa al settore di intervento, e al relativo sottosettore, tra quelli riportati nella tabella di cui all’allegato 1 al presente decreto e che ne forma parte integrante, desunta dalla classificazione prevista dal sistema CUP;

f) importo complessivo dell’intervento e importo per lavori risultanti dall’ultimo quadro economico approvato e oneri necessari per l’ultimazione dei lavori;

g) percentuale di avanzamento dei lavori rispetto all’ultimo progetto approvato;

h) fonti di finanziamento;

i) cause tra quelle previste all’articolo 1, comma 1, che hanno comportato l’incompiutezza dell’opera e possibili soluzioni;

l) indicazione, sentita, per le opere di interesse nazionale, l’Agenzia del demanio, del possibile utilizzo dell’opera anche con destinazioni d’uso alternative a quella inizialmente prevista nonché dell’eventuale utilizzo ridimensionato rispetto alle previsioni del progetto iniziale;

m) indicazione se l’opera incompiuta si inserisce in una specifica infrastruttura a rete (quale un’infrastruttura stradale, ferroviaria, idrica, informatica) rispetto alla quale l’incompiutezza dell’opera costituisce una discontinuità nella rete medesima.

Sulla base dei dati così forniti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le Regioni e Province autonome redigono, ciascuno per le sezioni di rispettiva competenza, una graduatoria secondo alcuni criteri, nella quale le opere pubbliche incompiute sono ordinate in ordine di priorità, tenendo conto dello stato d’avanzamento raggiunto nella realizzazione dell’opera e di un possibile utilizzo dell’opera stessa anche con destinazioni d’uso alternative a quella inizialmente prevista.

Le graduatorie così predisposte costituiscono uno strumento conoscitivo volto a consentire di individuare in modo razionale ed efficiente le soluzioni ottimali per l’utilizzo delle opere pubbliche incompiute attraverso il completamento ovvero il riutilizzo ridimensionato delle stesse, anche con diversa destinazione rispetto a quella originariamente prevista.

Quella sopra ricordata è la disciplina attuativa – dettata dal D.M. 13 marzo 2013, n. 42 (Regolamento recante le modalità di redazione dell’elenco-anagrafe delle opere pubbliche incompiute, di cui all’articolo 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) – che ha dato applicazione alla alla previsione legislativa (il citato articolo 44-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 come convertito dalla legge n. 214) istitutiva dell’Elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute.

Nel caso in cui il procedimento per la realizzazione dell’opera segnalata non si sia perfezionato per altre difficoltà amministrative, il comma 2 riconosce in capo ai comuni la facoltà di avvalersi di una cabina di regia, appositamente istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Gli enti potranno avvalersi di tale organismo a “scopo consulenziale- acceleratorio” senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Al fine di evitare incertezze in sede applicativa, potrebbero ritenersi suscettibili di chiarimento tanto i presupposti dell’intervento della cabina di regia (“ulteriori difficoltà amministrative”) che i compiti e i poteri attribuiti al medesimo organismo, di cui il testo si limita ad enunciare la finalità (“scopo consulenziale-acceleratorio”).


43) In caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, si richiede la previa intesa con la regione e le regioni e le province autonome interessate. Invece, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, si richiede l’intesa con la regione o gli enti locali interessati.

Articolo 4, commi 3-4, 5-7 e 9

(Esclusione di pagamenti effettuati dagli enti territoriali dai vincoli del patto di stabilità e rifinanziamento di interventi di ricostruzione in Abruzzo)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
3. I pagamenti connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel limite di 250 milioni di Euro per l’anno 2014, sono esclusi dal patto di stabilità interno alle seguenti condizioni, accertate a seguito di apposita istruttoria a cura degli Uffici della medesima Presidenza del Consiglio dei Ministri, da concludere entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto: 3. Identico:
a) le opere alle quali si riferiscono i pagamenti devono essere state preventivamente previste nel Piano Triennale delle opere pubbliche; a) le opere alle quali si riferiscono i pagamenti devono essere state preventivamente previste nel Programma Triennale delle opere pubbliche;
b) i pagamenti devono riguardare opere realizzate, in corso di realizzazione o per le quali sia possibile l’immediato avvio dei lavori da parte dell’ente locale richiedente; b) identica;
c) i pagamenti per i quali viene richiesta l’esclusione del patto di stabilità devono essere effettuati entro il 31 dicembre 2014. c) identica;
c-bis) i pagamenti per i quali viene richiesta l’esclusione dal patto di stabilità devono riguardare prioritariamente l’edilizia scolastica, gli impianti sportivi, il contrasto del dissesto idrogeologico, la sicurezza stradale.
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4. Entro 15 giorni dalla conclusione dell’istruttoria di cui al comma 3, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati i Comuni che beneficiano della esclusione dal patto di stabilità interno e l’importo dei pagamenti da escludere. 4. Identico.
4-bis. Al comma 88 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo le parole: «26 febbraio 1992, n. 211,» sono inserite le seguenti: «e del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,».
5. Sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno, per un importo complessivo di 300 milioni di euro, i pagamenti sostenuti successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015. L’esclusione opera per 200 milioni di euro relativamente all’anno 2014 e per 100 milioni di euro relativamente all’anno 2015. I suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti in conto capitale: 5. Sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno, per un importo complessivo di 300 milioni di euro, i pagamenti, sostenuti successivamentealla data di entrata in vigore del presente decreto, relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015. L’esclusione opera per 200 milioni di euro relativamente all’anno 2014 e per 100 milioni di euro relativamente all’anno 2015. I suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti in conto capitale:
a) certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013; a) identica;
b) per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013; b) identica;
c) riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013 ovvero che presentavano i requisiti per il riconoscimento di legittimità entro la medesima data. c) identica.
Rilevano ai fini della predetta esclusione solo i debiti presenti in piattaforma elettronica per la certificazione di crediti connessi a spese ascrivibili ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2512 per gli enti locali e ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2138 per le regioni, escluse le spese afferenti la sanità. 5-bis. Rilevano ai fini dell’esclusione prevista dal comma 5 solo i debiti presenti in piattaforma elettronica per la certificazione di crediti connessi a spese ascrivibili ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2512 per gli enti locali e ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2138 per le regioni, escluse le spese afferenti la sanità.
Pag. 110-111
6. Per l’anno 2014, l’esclusione di cui al secondo periodo del comma 5 è destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni, ivi inclusi quelli ascrivibili ai codici gestionali da 2139 a 2332, che beneficiano di entrate rivenienti dall’applicazione dell’articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni. Ai fini della distribuzione del rimanente importo dell’esclusione tra i singoli enti territoriali, i comuni, le province e le regioni comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze, mediante il sito web«http://certificazionecrediti.mef.gov.it» della Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio del 30 settembre 2014, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere nel 2014 i pagamenti di cui al periodo precedente ed entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015. Ai fini del riparto, si considerano solo le comunicazioni pervenute entro il predetto termine. Con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle predette comunicazioni, entro il 10 ottobre 2014 e il 15 marzo 2015 sono individuati per ciascun ente, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno rispettivamente nel 2014 e 2015. 6. Per l’anno 2014, l’esclusione di cui al secondo periodo dell’alinea del comma 5 è destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni sostenuti successivamente alla data del 1 luglio 2014, ivi inclusi quelli ascrivibili ai codici gestionali da 2139 a 2332, che beneficiano di entrate rivenienti dall’applicazione dell’articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni. Ai fini della distribuzione del rimanente importo dell’esclusione tra i singoli enti territoriali, i comuni, le province e le regioni comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze, mediante il sito web«http://certificazionecrediti.mef.gov.it» della Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio del 30 settembre 2014, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere nel 2014 i pagamenti di cui al periodo precedente ed entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015. Ai fini del riparto, si considerano solo le comunicazioni pervenute entro il predetto termine. Con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle predette comunicazioni, entro il 10 ottobre 2014 e il 15 marzo 2015 sono individuati per ciascun ente, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno rispettivamente nel 2014 e 2015.
7. Al comma 9-bis dell’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modifiche: 7. Identico.
a) al primo periodo, dopo le parole «i pagamenti in conto capitale sostenuti» sono inserite «nel primo semestre»;
b) al terzo periodo, le parole «derivanti dal periodo» sono sostituite da «derivanti dall’esclusione di cui al periodo» e le parole «nel primo semestre dell’anno» sono sostituite da «entro l’anno».
Pag. 116-117
(…) (…)
9. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dai commi 3, 5 e 8, pari a complessivi 450 milioni per l’anno 2014, 180 milioni per l’anno 2015, 100 milioni per l’anno 2016 e 70 milioni per l’anno 2017, si provvede: 9. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dai commi 3, 5 e 8, pari a complessivi 450 milioni di euro per l’anno 2014, 180 milioni per l’anno 2015, 100 milioni per l’anno 2016 e 70 milioni per l’anno 2017, si provvede:
a) quanto a 29 milioni di euro per l’anno 2014, mediante corrispondente utilizzo di quota dei proventi per interessi derivanti dalla sottoscrizione dei Nuovi strumenti finanziari, di cui agli articoli da 23-sexies a 23-duodeciesdel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, non necessari al pagamento degli interessi passivi da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi ai fini dell’acquisizione delle risorse necessarie alle predetta sottoscrizione che, a tal fine, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato; a) identica;
b) quanto a 221 milioni di euro per l’anno 2014, mediante utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite di 221 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato; b) identica;
c) quanto a 150 milioni di euro per l’anno 2014, 180 milioni per l’anno 2015, 100 milioni per l’anno 2016 e 70 milioni per l’anno 2017, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni; c) identica;
d) quanto a 50 milioni per l’anno 2014, a valere sugli spazi finanziari concessi e non utilizzati al 30 giugno 2014 di cui al comma 9-bisdell’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183. d) quanto a 50 milioni di euro per l’anno 2014, a valere sugli spazi finanziari concessi e non utilizzati al 30 giugno 2014 di cui al comma 9-bisdell’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183.

Al fine favorire la realizzazione delle opere segnalate alla Presidenza del Consiglio, i commi 3-4 prevedono l’esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti, effettuati dai comuni, connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La deroga è concessa nel limite di 250 milioni di euro per l’anno 2014.

Ai fini dell’esclusione dei pagamenti dai vincoli del patto, la norma prevede l’accertamento, con apposita istruttoria a cura degli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri da effettuare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, della sussistenza di determinate condizioni. In particolare, deve trattarsi di pagamenti:

a) riferiti ad opere che siano state preventivamente inserite nel Programma Triennale delle opere pubbliche;

b) riguardanti opere già realizzate ovvero in corso di realizzazione o per le quali sia possibile l’immediato avvio dei lavori da parte dell’ente locale richiedente;

c) effettuati entro il 31 dicembre 2014.

Con un emendamento approvato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata inserita la lettera c-bis) che introduce una ulteriore condizione ai fini della individuazione dei pagamenti dei comuni – connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione alla presidenza del Consiglio – che possono essere esclusi dai vincoli del patto di stabilità per il 2014. In particolare, si precisa che deve trattarsi di pagamenti che riguardano prioritariamente edilizia scolastica, impianti sportivi, contrasto al dissesto idrogeologico, sicurezza stradale.

I Comuni che beneficiano della esclusione dal patto di stabilità interno e l’importo dei pagamenti da escludere sono individuati, entro ulteriori 15 giorni dalla conclusione dell’istruttoria, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

I commi 5 e 6 disciplinano l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015 dei pagamenti relativi a debiti in conto capitale, sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, per un importo complessivamente pari a 300 milioni di euro.

In particolare, il comma 5 esclude dai vincoli del patto le spese sostenute dalle province, dai comuni e dalle regioni, successivamente all’entrata in vigore del presente provvedimento, per il pagamento dei debiti in conto capitale:

  • che risultino certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013,
  • per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013,
  • riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013, ovvero che presentavano, a tale data, i requisiti per il loro riconoscimento di legittimità.

Una modifica introdotta nel corso dell’esame alla Camera dei deputati ha trasformato l’ultimo periodo del comma 5 nel comma 5-bis.

Il comma 5-bis stabilisce che rilevano ai fini della predetta esclusione solo i debiti presenti nella apposita piattaforma elettronica per la certificazione di crediti(44) , connessi a determinate tipologie di spesa (in particolare, quelli ascrivibili ai codici gestionali SIOPE(45) da 2101 a 2512 per gli enti locali(46) e ai codici gestionali SIOPE da 2101 a 2138 per le regioni(47) ), escluse le spese afferenti la sanità.

L’esclusione opera nel limite di 200 milioni per l’anno 2014 e di 100 milioni per l’anno 2015.

Con la norma in esame si intende, dunque, introdurre per gli anni 2014 e 2015 una ulteriore deroga ai vincoli del patto di stabilità del tutto analoga a quella già consentita per il 2014 dalla legge di stabilità 2014 con riferimento ai debiti maturati al 31 dicembre 2012 (art. 1, commi 546-549, legge n. 147/2013), estendendola peraltro ai pagamenti di debiti maturati fino al 31 dicembre 2013.

I commi citati, si ricorda, hanno disposto un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per gli enti territoriali per l’anno 2014, al fine di consentire a tali enti l’utilizzo di risorse proprie disponibili per il pagamento dei debiti di conto capitale, certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, per un importo complessivo di 500 milioni di euro nel corso del 2014. Ai fini della distribuzione del beneficio, gli enti sono tenuti a comunicare al Ministero dell’economia gli spazi finanziari di cui necessitano per i pagamenti in questione. Si ricorda, altresì, che, il comma 549 prevede l’esercizio dell’azione da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti, per l’accertamento di responsabilità nei casi di inadempimento da parte degli enti interessati, che, senza giustificato motivo, non hanno richiesto gli spazi finanziari nei termini e secondo le modalità di cui al comma 547, ovvero non hanno effettuato, entro l’esercizio finanziario 2014, pagamenti per almeno il 90 per cento degli spazi concessi.

Per quanto concerne l’operatività della norma di deroga, il comma 6 dispone che, per l’anno 2014, l’esclusione dai vincoli del patto – che, si ricorda, è concessa nel limite complessivo di 200 milioni di euro – sia destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni che beneficiano di entrate rivenienti dalle aliquote di prodotto della coltivazione di idrocarburi, ai sensi dell’articolo 20, commi 1 e 1-bis, del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 625(48) , superiori a 100 milioni.

Con un emendamento approvato nel corso dell’esame del provvedimento alla Camera dei deputati viene modificato il comma 6 specificando che l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per il 2014 nella misura di 50 milioni per i pagamenti dei debiti delle regioni che beneficiano di entrate provenienti da aliquote di prodotto della coltivazione degli idrocarburi, riguarda i pagamenti dei debiti sostenuti dopo il 1° luglio 2014.

Poiché la norma in esame riserva lo spazio finanziario di 50 milioni di euro ai pagamenti di debiti delle sole regioni che beneficiano di entrate da estrazione di idrocarburi in misura superiore a 100 milioni, sembrerebbe che della esclusione dai vincoli del patto possa beneficiarne soltanto la regione Basilicata.

Rilevano ai fini della predetta esclusione anche i pagamenti di debiti relativi a ulteriori tipologie di spesa rispetto a quelle indicate dal comma precedente, ed in particolare quelle ascrivibili ai codici gestionali SIOPE da 2139 a 2332, che fanno riferimento ai trasferimenti in conto capitale ad amministrazioni, ad imprese ed altri soggetti.

Ai fini della distribuzione del rimanente importo della esclusione, sia quello restante per l’anno 2014 (150 milioni) che quello previsto per il 2015 (100 milioni), i comuni, le province e le regioni sono tenuti a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze entro il termine perentorio del 30 settembre 2014 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti di debiti nel 2014 ed entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015 (comma 6). La comunicazione è effettuata tramite il sito web «http://certificazionecrediti. mef.gov.it». Partecipano al riparto soltanto gli enti le cui comunicazioni risultano pervenute entro il predetto termine.

Sulla base delle comunicazioni pervenute, rispettivamente entro il 10 ottobre 2014 e il 15 marzo 2015, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sono individuati per ciascun ente locale, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

Il comma 7 interviene sulla disposizione della legge di stabilità 2012 che ha introdotto, per incentivare gli investimenti degli enti locali, l’esclusione dal calcolo del saldo rilevante ai fini del patto di stabilità interno dei pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni nell’anno 2014, per un importo complessivo di 1.000 milioni di euro (di cui 850 milioni di euro ai comuni e 150 milioni di euro alle province).

Si ricorda che il comma 9-bis nell’articolo 31 della legge n. 183/2011 – introdotto dall’articolo 1, comma 535, della legge n. 147/2013 – ha disposto, nell’ambito della disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali, l’esclusione dal computo del saldo finanziario, in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali per il 2014, i pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni. Ai fini della distribuzione degli importi da escludere dal patto tra i singoli enti locali, il comma prevede l’assegnazione a ciascun ente di uno spazio finanziario calcolato in proporzione all’obiettivo di saldo finanziario fino a concorrenza dell’importo complessivamente messo a disposizione (1.000 milioni). La norma precisa, altresì, che gli enti locali sono tenuti ad utilizzare tali maggiori spazi finanziari esclusivamente per pagamenti in conto capitale da sostenere nel primo semestre del 2014 dandone evidenza in sede di monitoraggio.

Le modifiche apportate dal comma 7 in esame sono volte a precisare che l’esclusione dal computo del saldo riguarda soltanto i pagamenti effettuati nei primi sei mesi dell’anno 2014 (e non tutti quelli effettuati nel corso dell’anno) e che gli spazi finanziari resi disponibili dalla predetta esclusione, operante nel primo semestre, devono essere utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale da sostenere nel corso dell’intero anno 2014, e non soltanto nel primo semestre.

Si evidenzia che, sulla base dei dati di monitoraggio del patto di stabilità interno relativi al primo semestre 2014(49) , la relazione tecnica evidenzia un mancato utilizzo degli spazi finanziari attribuiti agli enti locali sulla base delle disposizioni qui citate, per un importo pari a 50 milioni di euro.

Il comma 9 reca la norma di compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dalle disposizioni recate dai commi 3, 5 e 8 dell’articolo in esame, quantificati in complessivi 450 milioni per il 2014, 180 milioni per il 2015, 100 milioni per il 2016 e 70 milioni per il 2017.

Si tratta, in particolare, degli effetti finanziari derivanti:

– dall’esclusione dei pagamenti effettuati dagli enti territoriali dai vincoli del patto di stabilità interno, ai sensi dei commi 3 e 5, pari a 450 milioni per il 2014 (di cui 250 milioni ai sensi del comma 3 e 200 milioni ai sensi del comma 5) e a 100 milioni per il 2015 (comma 5);

– dal rifinanziamento degli interventi di ricostruzione in Abruzzo disposto dal precedente comma 8, che vengono quantificati, nella relazione tecnica, in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, pari a 80 milioni per il 2015, 100 milioni per il 2016 e a 70 milioni per il 2017.

Alla compensazione di tali effetti complessivi si provvede:

a) quanto a 29 milioni per l’anno 2014, mediante l’utilizzo dei proventi per interessi derivanti dalla sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari, di cui agli articoli da 23-sexies a 23-duodecies del D.L. n. 95/2012, non necessari al pagamento degli interessi passivi da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi ai fini dell’acquisizione delle risorse necessarie alla predetta sottoscrizione che, a tal fine, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato;

b) quanto a 221 milioni per l’anno 2014, mediante utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell’articolo 148 della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388/2000), che alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non risultano ancora riassegnate alla spesa e che vengono, pertanto, acquisite, nel predetto limite di 221 milioni, definitivamente al bilancio dello Stato;

c) quanto a 150 milioni di euro per l’anno 2014, 180 milioni per l’anno 2015, 100 milioni per l’anno 2016 e 70 milioni per l’anno 2017, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative;

d) quanto a 50 milioni per l’anno 2014, a valere sugli spazi finanziari concessi e non utilizzati al 30 giugno 2014 dagli enti locali, per l’effettuazione di spese in conto capitale in deroga ai vincoli del patto di stabilità interno, di cui al comma 9-bis dell’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (sul punto, si veda quanto già detto al comma 7).


44) http://certificazionecrediti.mef.gov.it/CertificazioneCredito/home.xhtml. Si ricorda che, ai fini del pagamento dei debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, la disciplina vigente richiede alle pubbliche amministrazioni di registrarsi sulla apposita piattaforma elettronica predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze – RGS. La piattaforma consente ai creditori della P.A. di chiedere la certificazione dei crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali e di tracciare le eventuali successive operazioni di anticipazione, compensazione, cessione e pagamento, a valere sui crediti certificati. La piattaforma consente, altresì, un monitoraggio permanente dei debiti delle pubbliche amministrazioni e dei relativi tempi di pagamento, al fine di accelerare il pagamento dei debiti arretrati e prevenire la formazione di un nuovo stock di debito.

45) Si ricorda che il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche (frutto della collaborazione tra la Ragioneria generale dello Stato, la Banca d’Italia e l’ISTAT). Il SIOPE è disciplinato dall’articolo 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009. Esso è uno strumento volto alla rilevazione in tempo reale del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (superando la tradizionale rilevazione dei flussi trimestrali di cassa) e ad una più puntuale predisposizione delle statistiche trimestrali di contabilità nazionale, ai fini della verifica delle regole previste dall’ordinamento comunitario (procedura su disavanzi eccessivi e Patto di stabilità e crescita).

46) Sulla base del D.M. Economia 28 luglio 2014, n. 59960, che reca la “Codifica Siope degli incassi e dei pagamenti degli enti locali”, i codici da 2101 a 2512 riguardano i pagamenti in conto capitale per acquisizione di beni immobili (terreni, infrastrutture, fabbricati, strade, impianti, ecc.) e di beni mobili, macchine e attrezzature tecnico-scientifiche.

47) Sulla base del D.M. Economia 31 agosto 2012, che reca l’”Aggiornamento della Codifica Siope delle regioni e delle province autonome”, i codici da 2101 a 2138 riguardano i pagamenti in conto capitale per acquisizione di beni immobili (terreni, infrastrutture, fabbricati, strade, impianti, ecc.) e di beni mobili e prodotti informatici.

48) L’articolo 20 del D.Lgs. n. 625 del 1996 interviene circa la destinazione delle aliquote di prodotto della coltivazione di idrocarburi alle regioni a statuto ordinario. In particolare, il comma 1 dispone che per ciascuna concessione di coltivazione situata in terraferma il valore dell’aliquota è corrisposto per il 55% alla regione a statuto ordinario e per il 15% ai comuni interessati: conseguentemente il restante 30% è destinato alla Stato. Il comma 1-bis prevede che a decorrere dal 1° gennaio 1999 alle regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno spetta, per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata nelle aree di estrazione e adiacenti, anche l’aliquota destinata allo Stato, oltre all’aliquota in via generale spettante, ai sensi del precedente comma 1, a tutte le regioni a statuto ordinario.

49) Si ricorda, in merito, che ai sensi del comma 19 dell’articolo 31 della legge n. 138/2011, gli enti locali sono tenuti a trasmettere semestralmente al Ministero dell’economia e finanze, entro 30 giorni dalla fine del periodo di riferimento, le informazioni riguardanti le risultanze in termini di competenza mista.

Articolo 4, comma 4-bis

(Modifica al comma 88 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
4-bis. Al comma 88 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo le parole: «26 febbraio 1992, n. 211,» sono inserite le seguenti: «e del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,».

Il comma 4-bis, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, inserisce tra i finanziamenti oggetto di revoca da parte del CIPE, quelli previsti dal decreto-legge n. 112/2008, qualora non si sia proceduto al relativo bando di gara, ai sensi dell’art. 1, co. 88(50) , della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), al fine di finanziare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane.

L’articolo 1, comma 88, della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013) prevede, al fine di accelerare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane che il CIPE, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua, con apposita delibera, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli interventi da revocare ai sensi dell’articolo 32, commi da 2 a 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché quelli finanziati dalla legge 26 febbraio 1992, n. 211, sul sistema metropolitano che, alla data di entrata in vigore della legge n. 147/2013, non siano stati affidati con apposito bando di gara. Le risorse rivenienti dalle revoche di cui al periodo precedente confluiscono in apposita sezione del Fondo istituito ai sensi dell’articolo 32, comma 6, del citato decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e sono finalizzate dal CIPE con priorità per la metrotramvia di Milano-Limbiate, e per quelle di Padova e di Venezia.

Al riguardo, si rileva che non risulta indicato a quale specifica norma del decreto-legge n. 112/2008 si faccia riferimento


50) Al fine di accelerare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane il CIPE, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua, con apposita delibera, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli interventi da revocare ai sensi dell’articolo 32, commi da 2 a 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché quelli finanziati dalla legge 26 febbraio 1992, n. 211, sul sistema metropolitano che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non siano stati affidati con apposito bando di gara. Le risorse rivenienti dalle revoche di cui al periodo precedente confluiscono in apposita sezione del Fondo istituito ai sensi dell’articolo 32, comma 6, del citato decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e sono finalizzate dal CIPE con priorità per la metrotramvia di Milano-Limbiate, e per quelle di Padova e di Venezia.

Articolo 4, comma 8

(Rifinanziamento della ricostruzione in Abruzzo)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
8. Al fine di consentire la prosecuzione dell’emanazione dei provvedimenti di concessione dei contributi finalizzati alla ricostruzione in Abruzzo, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, è rifinanziata di 250 milioni per l’anno 2014 in termini di sola competenza. Al relativo onere in termini di saldo netto da finanziare si provvede: 8. Identico:
a) quanto a 29 milioni di euro per l’anno 2014, mediante corrispondente utilizzo di quota dei proventi per interessi derivanti dalla sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari, di cui agli articoli da 23-sexies a 23-duodeciesdel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, non necessari al pagamento degli interessi passivi da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi ai fini dell’acquisizione delle risorse necessarie alla predetta sottoscrizione che, a tal fine, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato; a) identica;
b) quanto a 221 milioni di euro per l’anno 2014, mediante utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite nel predetto limite di 221 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato. b) quanto a 221 milioni di euro per l’anno 2014, mediante utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite nel predetto limite di 221 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato.

Il comma 8 dell’articolo 4 dispone il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l’anno 2014, in termini di sola competenza (vale a dire in termini di solo saldo netto da finanziare), dell’autorizzazione di spesa finalizzata alla prosecuzione degli interventi per la ricostruzione privata nei territori della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, al fine di consentire la prosecuzione della concessione dei contributi finalizzati alla ricostruzione in Abruzzo, provvedendo, altresì, alla relativa copertura finanziaria.

Il comma provvede, altresì, alla relativa copertura finanziaria, a valere:

  • quanto a 29 milioni di euro per l’anno 2014, su quota parte dei proventi per interessi derivanti dalla sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari, di cui agli articoli da 23-sexies a 23-duodecies del D.L. n. 95/2012, non necessari al pagamento degli interessi passivi da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi ai fini dell’acquisizione delle risorse necessarie alla predetta sottoscrizione che, a tal fine, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato;
  • quanto a 221 milioni di euro per l’anno 2014 su quota parte delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell’art. 148 della legge finanziaria per il 2001, che alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non risultano ancora riassegnate alla spesa.

Per la compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dal rifinanziamento disposto dal comma in esame si veda il comma 9 dell’articolo 4.

Articolo 4, commi 8-bis, 8ter e da 8-quinquies a 8-octies

(Misure per la ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
8-bis. All’articolo 3 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. I finanziamenti contratti dalle banche ai sensi del comma 3 sono assistiti dalla garanzia dello Stato, incondizionata, esplicita, irrevocabile e a prima richiesta, che resta in vigore fino alla scadenza del termine di rimborso di ciascun finanziamento. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è concessa la garanzia dello Stato di cui al presente comma e sono definiti i criteri e le modalità di operatività della stessa. La garanzia dello Stato di cui al presente comma è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 31 della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
8-ter. Al fine di assicurare la prosecuzione dell’assistenza abitativa alla popolazione, e in particolare il sostegno dei nuclei familiari con componenti disabili o in condizioni di disagio economico e sociale, i contratti di locazione e gli interventi di sostegno abitativo alternativo di cui all’articolo 10 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3870 del 21 aprile 2010 e all’articolo 27 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3917 del 30 dicembre 2010 possono essere prorogati, in relazione alle effettive esigenze, fino all’anno 2016, entro il tetto di spesa di 900.000 euro per l’anno 2015 e di 300.000 euro per l’anno 2016, ferma restando l’erogazione delle somme nei limiti di stanziamento annuali iscritti in bilancio.
(…) ()
8-quinquies. Tutti gli assegnatari di alloggi del Progetto CASE e dei moduli abitativi provvisori (MAP) sono tenuti al pagamento del canone concessorio stabilito dai comuni e a sostenere le spese per la manutenzione ordinaria degli stessi e delle parti comuni. Per la gestione della complessa situazione emergenziale delineatasi a seguito degli eventi sismici, per l’edilizia residenziale pubblica, Progetto CASE e MAP, i comuni ripartiscono i consumi rilevati per ogni edificio, anche per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria, secondo le superfici lorde coperte degli alloggi. La manutenzione straordinaria degli alloggi del Progetto CASE e dei MAP è effettuata dai comuni nei cui territori sono ubicati gli alloggi, nei limiti delle risorse disponibili stanziate per la ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 e assegnate a tale finalità con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, nell’ambito delle risorse destinate alle spese obbligatorie, sulla base delle esigenze rilevate dagli Uffici speciali per la ricostruzione e su proposta del coordinatore della struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 giugno 2014.
8-sexies. In fase di esecuzione delle sentenze di condanna dei comuni e degli Uffici speciali di cui all’articolo 67-ter del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dallalegge 7 agosto 2012, n. 134, a provvedere sulle domande disciplinate, rispettivamente, dall’articolo 2 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3790 del 9 luglio 2009, e successive modificazioni, e dall’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 febbraio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2013, il commissario ad acta, nominato dall’autorità giudiziaria, è tenuto a rispettare l’ordine di priorità nell’erogazione dei contributi predisposto dai comuni in conformità ai vincoli della pianificazione della ricostruzione e della programmazione finanziaria e di bilancio e della registrazione in protocollo delle richieste di contributo.
8-septies. Il termine di conclusione dell’istruttoria per il riconoscimento dei contributi alla ricostruzione degli immobili privati danneggiati dal sisma decorre dalla data in cui l’ufficio, in ragione dei criteri di priorità definiti e resi pubblici, prende in carico la pratica comunicando all’istante l’avvio del procedimento. Tale termine non può comunque superare centottanta giorni.
8-octies. Al comma 3 dell’articolo 67-ter del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «Gli Uffici speciali si avvalgono del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 1 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611».

I commi 8-bis, 8ter e da 8-quinquies a 8-octies, introdotti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, sono volti a introdurre alcune misure per la ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009.

Il comma 8-bis, prevede una garanzia dello Stato per i finanziamenti erogati per la ricostruzione, infatti, aggiungendo il comma 3-bis all’articolo 3 del D.L. n. 39 del 2009 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile) prevede che i finanziamenti contratti dalle banche al fine di concedere finanziamenti assistiti da garanzia dello Stato, a favore di persone fisiche, per la ricostruzione o riparazione di immobili adibiti ad abitazione principale ovvero per l’acquisto di nuove abitazioni sostitutive dell’abitazione principale distrutta dal sisma in Abruzzo del 2009, sono a loro volta assistiti dalla garanzia dello Stato, concessa con D.M. da adottare entro 15 giorni dall’entrata in vigore dalla legge di conversione del decreto legge.

Il comma 8-ter riguarda la proroga dei contratti di locazione per nuclei familiari con disabili o in situazioni di disagio economico-sociale e concede la facoltà di prorogare fino al 2016, entro il tetto di spesa annuo di euro 900.000 per l’anno 2015 e euro 300.000 per l’anno 2016, in relazione alle effettive esigenze, i contratti di locazione e gli interventi di sostegno abitativo alternativo previsti rispettivamente, dall’articolo 10 dell’O.P.C.M. del 21 aprile 2010 n. 3870 e daIl’articolo 27 dell’O.P.C.M. del 30 dicembre 2010 n. 3917, per i nuclei familiari con componenti disabili o in condizioni di disagio economico e sociale, ferma restando l’erogazione delle somme nei limiti di stanziamento annuali iscritti in bilancio.

Si rammenta che l’articolo 10 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio del ministri del 21 aprile 2010 n. 3870, al fine di poter disporre degli strumenti di intervento previsti dalla legge n. 328 del 2000 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), in favore dei nuclei familiari in condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio derivanti da inadeguatezza del reddito e difficoltà sociali, autorizza il sindaco del comune di L’Aquila a stipulare specifici contratti di locazione per acquisire la disponibilità di alloggi del Fondo immobiliare costituito per l’acquisto di unità abitative residenziali già ultimate o in fase di ultimazione da adibire alla locazione temporanea, di cui all’art. 5, comma 5, dell’O.P.C.M. n. 3789 del 9 luglio 2009, entro il tetto di spesa annuo di euro 250.000 (incrementate di ulteriori 250.000 euro dall’art. 2, comma 2, Ordinanza 23 dicembre 2011, n. 3990) e per la durata di tre anni.

Agli oneri derivanti si fa fronte con le risorse del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente di cui all’art. 14, comma 5, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (comma 2).

Per le medesime finalità indicate dall’articolo 10 dell’O.P.C.M. del 21 aprile 2010 n. 3870, l’articolo 27 dell’O.P.C.M. del 30 dicembre 2010 n. 3917, in caso di indisponibilità di alloggi del suddetto Fondo Immobiliare di cui all’art. 5, comma 5, dell’O.P.C.M. n. 3789 del 9 luglio 2009, autorizza il Sindaco del comune dell’Aquila a destinare le risorse stanziate ai sensi dell’art. 10 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3870 del 21 aprile 2010, per la stipula di contratti di affitto anche con privati ovvero per interventi di sostegno abitativo alternativo.

Il comma 8-quinquies interviene sulle competenze sulla gestione delle abitazioni del Progetto Case e dei Moduli abitativi provvisori (MAP) e stabilisce l’obbligo per tutti gli assegnatari di alloggi del Progetto Case e MAP del pagamento del canone concessorio fissato dai comuni e delle spese per Ia manutenzione ordinaria degli stessi e delle parti comuni. Per Ia gestione della complessa situazione emergenziale delineatasi a seguito degli eventi sismici, per l’Edilizia Residenziale Pubblica, Progetto C.A.S.E. e MAP, i comuni ripartiscono i consumi rilevati per ogni edificio, anche per il riscaldamento e Ia produzione di acqua calda sanitaria, secondo le superfici lorde coperte degli alloggi.

La manutenzione straordinaria degli alloggi del progetto C.A.S.E. e del M.A.P. è a carico dei comuni in cui sono ubicati gli alloggi, nei limiti delle risorse disponibili stanziate per Ia ricostruzione del territori della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, e assegnate a tale finalità con delibera CIPE, nell’ambito delle risorse destinate alle spese obbligatorie, sulla base delle esigenze rilevate dagli Uffici Speciali per la ricostruzione e su proposta del Coordinatore della Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo nel territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, prevista dal decreto del Presidente del Consiglio del Ministri del 1 giugno 2014.

I commi 8-sexies e 8-septies riguardano l’erogazione e il riconoscimento dei contributi per la ricostruzione di immobili privati.

Il comma 8-sexies prevede l’obbligo, in fase di esecuzione delle sentenze di condanna dei Comuni e degli Uffici speciali di cui all’articolo 67-ter del D.L. n. 83 del 2012, a carico del commissario ad acta, nominato dall’Autorità giudiziaria, di rispettare l’ordine di priorità nell’erogazione dei contributi a fondo perduto, predisposto dal Comuni in conformità ai vincoli della pianificazione della ricostruzione e della programmazione finanziaria e di bilancio e della assunzione a protocollo delle richieste di contributo, in merito alle domande presentate dai privati per l’unità immobiliare da riparare o ricostruire ovvero da acquistare, sostitutiva dell’abitazione principale distrutta, come disciplinate, dall’articolo 2 delI’O.P.C.M. n. 3790 del 9 luglio 2009, per il Comune di L’Aquila e dei Comuni del cratere, e dall’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio del Ministri 4 febbraio 2013, per la ricostruzione privata dei centri storici del Comune di L’Aquila e degli altri Comuni danneggiati dal sisma.

Il comma 8-septies stabilisce che il termine di conclusione dell’istruttoria per il riconoscimento del contributi alla ricostruzione degli immobili privati danneggiati dal sisma, decorre dalla data in cui l’ufficio, in ragione del criteri di priorità definiti e resi pubblici, prende in carico la pratica comunicando all’istante l’avvio del procedimento. Tale termine non può comunque superare i 180 giorni.

Il comma 8-octies, che modifica l’art. 67-ter, comma 3 del D.L. 83/2012, prevede che gli Uffici speciali si avvalgano del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi del R.D. del 30 ottobre 1933, n. 1611.

Si rammenta che l’art. 67-ter del D.L. 83/2012 ha previsto l’Ufficio speciale per i comuni del cratere, costituito dai comuni interessati con sede in uno di essi, ai sensi dell’articolo 30, commi 3 e 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, previa intesa con il Ministro per la coesione territoriale, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il presidente della regione Abruzzo, con i presidenti delle province dell’Aquila, di Pescara e di Teramo e con un coordinatore individuato dai 56 comuni del cratere, coordina gli otto uffici territoriali delle aree omogenee di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 marzo 2012, n. 4013.

L’Ufficio speciale per la città dell’Aquila è costituito dal comune dell’Aquila, previa intesa con il Ministro per la coesione territoriale, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il presidente della regione Abruzzo e con il presidente della provincia dell’Aquila. Nell’ambito delle citate intese, da concludere entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto, sono determinati l’organizzazione, la struttura, la durata, i rapporti con i livelli istituzionali centrali, regionali e locali, gli specifici requisiti e le modalità di selezione dei titolari, la dotazione di risorse strumentali e umane degli Uffici speciali, nel limite massimo di 50 unità, di cui, per un triennio, nel limite massimo di 25 unità a tempo determinato, per ciascun Ufficio. A ciascuno dei titolari degli Uffici speciali con rapporto a tempo pieno ed esclusivo è attribuito un trattamento economico onnicomprensivo non superiore a 200.000 euro annui, al lordo degli oneri a carico dell’amministrazione.

Articolo 4 comma 8-quater

(Copertura oneri previsti per i territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
8-quater. Agli oneri previsti dal presente articolo si fa fronte nei limiti delle risorse effettivamente disponibili di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77.

Il comma 8-quater, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede che agli oneri previsti dal presente articolo si fa fronte nei limiti delle risorse effettivamente disponibili di cui all’articolo 14, comma 1 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, che ha previsto l’assegnazione da parte del CIPE di una quota annuale, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e con le assegnazioni già disposte, non inferiore a 2.000 milioni e non superiore a 4.000 milioni di euro nell’ambito della dotazione dell’ex Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), ora Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il periodo di programmazione 2007-2013, a valere sulle risorse complessivamente assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, nonché un importo pari a 408,5 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo infrastrutture di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b), del citato decreto-legge n. 185 del 2008. Tali importi possono essere utilizzati anche senza il vincolo di cui al comma 3 del citato articolo 18 (destinazioni alle Regioni del Mezzogiorno dell’85 per cento delle risorse e del restante 15 per cento alle Regioni del Centro-Nord).

Si ricorda che l’articolo 18, comma 1, del richiamato decreto legge n. 185 del 2005, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell’utilizzo delle risorse disponibili, ha demandato al CIPE il compito di assegnare una quota delle risorse nazionali disponibili del FAS:

• al Fondo sociale per occupazione e formazione, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (articolo 18, comma 1, lettera a));

• al Fondo infrastrutture, già istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 6- quinquies del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

• al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 18, comma 1, lettera b-bis)).

Potrebbe ritenersi che possa essere sostituito il riferimento agli “oneri previsti dal presente articolo” esplicitando le disposizioni relative alle misure destinate ai territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009 contenute nel presente articolo dalle quali derivano gli oneri a cui il comma 8-quater fa fronte in termini di copertura finanziaria.

Articolo 4, comma 9-bis

(Pagamento debiti PA – Cassa Depositi e Prestiti SpA)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
9-bis. Dopo il comma 9 dell’articolo 13 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, è aggiunto il seguente:
«9-bis. Al fine di consentire l’integrale attribuzione delle risorse di cui al comma 8, la società Cassa depositi e prestiti Spa acquisisce le richieste di anticipazione di liquidità di cui al comma 9 da parte degli enti locali non pervenute entro i termini stabiliti a causa di errori meramente formali relativi alla trasmissione telematica».

Il comma 9-bis, inserito nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, integra le disposizioni dell’articolo 13 del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, in materia di anticipazioni di liquidità agli enti locali delle risorse autorizzate dal D.L. medesimo (complessivamente 7,2 miliardi che si sono aggiunti alle risorse inizialmente stanziate dal D.L. n. 35/2013) per il pagamento dei debiti commerciali contratti dagli enti locali.

Si ricorda che l’articolo 1 comma 10 del D.L. decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (legge n. 64/2013) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti territoriali.

Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio), “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”.

In particolare, il comma 9-bis aggiunge un nuovo comma all’articolo 13 citato, con il quale si autorizza la Cassa depositi e prestiti S.p.A., al fine di consentire l’integrale attribuzione delle risorse aggiuntive autorizzate dal D.L. n. 102/2012, ad acquisire le richieste di anticipazione di liquidità da parte degli enti locali non pervenute entro i termini stabiliti a causa di errori meramente formali relativi alla trasmissione telematica.

Articolo 4, comma 9-ter

(Pagamento debiti PA)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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9-ter. All’articolo 1, comma 10-bis, primo periodo, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dallalegge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, dopo le parole: «in data successiva» sono inserite le seguenti: «, ove necessario, previo contestuale incremento fino a pari importo degli stanziamenti iscritti in bilancio, in conformità alla legislazione vigente, per il pagamento dei debiti pregressi, comunque denominati».

Il comma 9-ter, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, integra le disposizioni dell’articolo 1, comma 10-bis, del D.L. n. 35/2013 (pagamento dei debiti delle PA), relativamente al pagamento dei debiti commerciali da parte delle regioni, con riferimento specifico al pagamento dei debiti fuori bilancio, che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data del 31 dicembre 2012, anche se riconosciuti in bilancio in data successiva.

Il comma è volto a precisare la procedura contabile necessaria per procedere al pagamento dei suddetti debiti fuori bilancio, in particolare, stabilendo, ove necessario, il previo incremento fino a pari importo degli stanziamenti iscritti in bilancio per il pagamento dei debiti pregressi, comunque denominati.

Articolo 4, comma 9-quater

(Deroga al Patto di stabilità interno)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
9-quater. Per l’anno 2014, ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno delle regioni e delle province autonome, non rilevano i trasferimenti effettuati a valere sui residui passivi di parte corrente a fronte di corrispettivi residui attivi degli enti locali, effettuati a valere sulla liquidità riveniente dalle disposizioni dei decreti-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, e 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

Il comma 9-quater, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, conferma (e specifica) una deroga al patto di stabilità delle regioni e delle province autonome per l’anno 2014, già prevista per l’anno 2013 dal D.L. 35/2013. Nell’ambito delle disposizioni per favorire il pagamento dei debiti della P.A., infatti, l’art. 1, comma 7, del D.L. n. 35/2013, ha stabilito che per l’anno 2013 non rilevano, ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto delle regioni e delle province autonome, i trasferimenti da esse effettuati in favore degli enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali.

La norma dispone analoga deroga per il 2014, in riferimento ai trasferimenti, effettuati a valere sui residui passivi di parte corrente a fronte di corrispettivi residui attivi degli enti locali, effettuati a valere sulle entrate derivanti dalle seguenti norme, che hanno stanziato apposite risorse per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni:

  • D.L. 35/2013, recante “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione”;
  • D.L. 102/2013, recante “Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici”.
  • D.L. 66/2014, recante “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”.

Articolo 4-bis

(Pubblicazione dei dati in formato aperto)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. I dati relativi alle opere di cui agli articoli 1, 3 e 4 sono resi pubblici in formato aperto nel sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

L’articolo 4-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati, dispone in ordine alla pubblicazione dei dati relativi alle opere infrastrutturali di cui agli articoli 1, 3 e 4:

  • sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
  • secondo le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 82/2005(51) );
  • in formato aperto.

L’articolo 68, comma 3, del citato Codice intende per:

  1. formato dei dati di tipo aperto, un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi;
  2. dati di tipo aperto, i dati che presentano le seguenti caratteristiche:
    1. sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato;
    2. sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti ai sensi della lettera a), sono adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati;
    3. sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione. L’Agenzia per l’Italia digitale deve stabilire, con propria deliberazione, i casi eccezionali, individuati secondo criteri oggettivi, trasparenti e verificabili, in cui essi sono resi disponibili a tariffe superiori ai costi marginali. In ogni caso, l’Agenzia, nel trattamento dei casi eccezionali individuati, si attiene alle indicazioni fornite dalladirettiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, recepita con il decreto legislativo 36/2006.

Una disposizione analoga è prevista nell’articolo 1, comma 10-bis, relativamente al Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria.


51) Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale”.

Articoli 5 e 5-bis

(Norme in materia di concessioni autostradali e dell’asse autostradale che connette l’autostrada A22, dal casello di Reggiolo-Rolo, con l’autostrada A23, al casello di Ferrara Sud, denominato «Autostrada Cispadana»)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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Articolo 5.(Norme in materia di concessioni autostradali). Articolo 5.(Norme in materia di concessioni autostradali).
1. Nel rispetto dei princìpi dell’Unione europea, al fine di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento, adeguamento strutturale, tecnologico ed ambientale delle infrastrutture autostradali nazionali, nel rispetto dei parametri di sicurezza più avanzati prescritti da disposizioni comunitarie, nonché un servizio reso sulla base di tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti, i concessionari di tratte autostradali nazionali possono, entro il 31 dicembre 2014, proporre modifiche del rapporto concessorio anche mediante l’unificazione di tratte interconnesse, contigue, ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria. Il concessionario predispone un nuovo piano economico finanziario per la stipula di un atto aggiuntivo o di un’apposita convenzione unitaria che devono intervenire entro il 31 agosto 2015. 1. Nel rispetto dei princìpi dell’Unione europea, al fine di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento, adeguamento strutturale, tecnologico e ambientale delle infrastrutture autostradali nazionali, nel rispetto dei parametri di sicurezza più avanzati prescritti da disposizioni dell’Unione europea, nonché per assicurare un servizio reso sulla base di tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti, i concessionari di tratte autostradali nazionali, entro il 31 dicembre 2014,sottopongono al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti lemodifiche del rapporto concessorio in essere finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione anche mediante l’unificazione di tratte interconnesse, contigue ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria. Entro la medesima data il concessionario sottopone al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti un nuovo piano economicofinanziario, corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati, per la stipulazione di un atto aggiuntivo o di apposita convenzione unitaria, che devono intervenire entro il 31 agosto 2015. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita per quanto di sua competenza l’Autorità di regolazione dei trasporti, trasmette gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione e i relativi piani economico-finanziari, corredati dei pareri prescritti dalla normativa vigente, ivi compreso quello del Comitato interministeriale per la programmazione economica, alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine, il procedimento può comunque avere corso. Le richieste di modifica di cui al presente articolo prevedono nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione.
2. Il piano deve assicurare l’equilibrio economico finanziario, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, nonché la disponibilità delle risorse necessarie per la realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti nelle originarie concessioni e di quelli ulteriori per l’attuazione delle finalità di cui al comma 1 e per il mantenimento di un regime tariffario più favorevole per l’utenza. 2. Il piano deve assicurare l’equilibrio economicofinanziario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nonché la disponibilità delle risorse necessarie per la realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti nelle originarie concessioni e di quelli ulteriori per l’attuazione delle finalità di cui al comma 1 e per il mantenimento di un regime tariffario più favorevole per l’utenza.
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3. L’affidamento dei lavori, nonché delle forniture e dei servizi di importo superiore alla soglia comunitaria, ulteriori rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni, avviene nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal decreto legislativo n. 163 del 2006. Ai relativi affidamenti si applica l’articolo 11, comma 5, lettera f), della legge 23 dicembre 1992, n. 498. 3. L’affidamento dei lavori, nonché delle forniture e dei servizi, ulteriori rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni, avviene nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Ai relativi affidamenti si applica l’articolo 11, comma 5, lettera f), della legge 23 dicembre 1992, n. 498.
4. Al fine di accelerare l’iter relativo al riaffidamento delle concessioni autostradali A21 «Piacenza-Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda (PC)» e A3 «Napoli-Pompei-Salerno» sono approvati gli schemi di convenzione, come modificati secondo le prescrizioni del NARS rese con i pareri nn. 6 e 7 del 7 agosto 2014 da considerarsi parte integrante della Convenzione, e i relativi piani economici finanziari già trasmessi al CIPE. 4. Al fine di accelerare l’iter relativo al riaffidamento delle concessioni autostradali A21 «Piacenza-Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda (PC)» e A3 «Napoli-Pompei-Salerno» sono approvati gli schemi di convenzione, come modificati secondo le prescrizioni del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) rese con i pareri nn. 6 e 7 del 7 agosto 2014 da considerarsi parte integrante della Convenzione, e i relativi piani economico-finanziari già trasmessi al CIPE.
4-bis. L’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell’Unione europea.
4-ter. Gli introiti pubblici derivanti da canoni di concessioni autostradali provenienti dall’applicazione del comma 1 sono destinati, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, a interventi di manutenzione della rete stradale affidata in gestione alla società ANAS Spa, nonché ad alimentare il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, di cui all’articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e, per finalità di investimenti e compensazioni ambientali, il Fondo nazionale per la montagna, di cui all’articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni.
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Articolo 5-bis.(Disposizioni in materia di autostrade).
1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può subentrare alla regione Emilia-Romagna nelle funzioni di concedente e conseguentemente in tutti i rapporti attivi e passivi derivanti dalla concessione di costruzione e gestione dell’asse autostradale che connette l’autostrada A22, dal casello di Reggiolo-Rolo, con l’autostrada A23, al casello di Ferrara Sud, denominato «Autostrada Cispadana», previo parere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). A tale fine il CIPE valuta, anche con riguardo alla ricognizione dei rapporti attivi e passivi in essere e alla partecipazione finanziaria della regione Emilia-Romagna alla costruzione dell’opera, la sostenibilità finanziaria del progetto e del piano economico-finanziario, da cui non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

L’articolo 5 consente, nel testo vigente ed invece impone, secondo le novelle approvate dalla Camera dei deputati,ai concessionari di tratte autostradali nazionali di avviare una procedura di modifica del rapporto concessorio e di predisporre un nuovo piano economico-finanziario per la stipula di un atto aggiuntivo o di un’apposita convenzione unitaria (commi 1-2), precisando che l’affidamento dei lavori, nonche dei servizi e delle forniture, ulteriori rispetto a quelli previsti nelle vigenti convenzioni (il testo vigente limita tale ambito agli interventi di importo superiore alla soglia comunitaria) devono essere affidati secondo le procedure di evidenza pubblica (comma 3). Lo stesso articolo approva gli schemi di convenzione e i relativi piani economico-finanziari relativi alle concessioni autostradali A21 “Piacenza Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda (PC)” e A3 “Napoli-Pompei-Salerno”. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 4-bis, al fine di precisare che l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, in esame, è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell’Unione europea. La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 4-ter, al fine di destinare gli introiti pubblici derivanti dai canoni di concessioni autostradali, provenienti dalla modifica del rapporto concessorio: ad interventi di manutenzione delle rete stradale in gestione all’ANAS SPA, al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, per finalità di investimenti e compensazioni ambientali, al Fondo nazionale per la montagna. La Camera dei deputati ha aggiunto un nuovo articolo 5-bis che contiene norme relative al subentro del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rispetto alla Regione Emilia Romagna, nella concessione per la costruzione e la gestione dell’’Autostrada Cispadana, vale a dire dell’asse autostradale che connette la A22, dal casello di Reggiolo-Rolo con la A13, al casello di Ferrara sud.

Modifiche dei rapporti concessori (comma 1-3)

Il comma 1 consente ai concessionari di tratte autostradali nazionali di avviare una procedura di modifica del rapporto concessorio articolata in due fasi e secondo una tempistica predeterminata:

  • entro il 31 dicembre 2014, il concessionario possa avanzare una proposta di modifica del rapporto concessorio anche mediante l’unificazione di tratte interconnesse, contigue, ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria;
  • entro il 31 agosto 2015, lo stesso concessionario provveda alla predisposizione di un nuovo piano economico-finanziario (PEF) per la stipula di un atto aggiuntivo o di un’apposita convenzione unitaria.

La disposizione consente una rivisitazione complessiva dei rapporti concessori attraverso la rielaborazione dei piani economico-finanziari, che potrebbe comportare una rimodulazione degli investimenti programmati in conseguenza dell’unificazione di tratte connesse e complementari. La norma non fa esplicitamente riferimento alla possibilità di prolungare concessioni in essere oltre il termine di scadenza, ma si limita a precisare che le modifiche del rapporto concessorio avverranno nel rispetto dei principi dell’UE al fine di assicurare:

  • gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento, adeguamento strutturale, tecnologico ed ambientale delle infrastrutture autostradali nazionali, nel rispetto dei parametri di sicurezza più avanzati prescritti da disposizioni comunitarie;
  • nonché un servizio reso sulla base di tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti.

Tali finalità sono ribadite dal comma 2, secondo cui il nuovo PEF deve assicurare l’equilibrio economico finanziario, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, nonché la disponibilità delle risorse necessarie:

  • per la realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti nelle originarie concessioni e di quelli ulteriori per l’attuazione delle finalità di cui al comma 1;
  • per il mantenimento di un regime tariffario più favorevole per l’utenza.

La Camera dei deputati ha novellato l’articolo 5 prevedendo, rispetto al testo vigente, che:

  • le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, sottoposte entro il 31 dicembre 2014 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere. Nel contempo la sottoposizione delle predette modifiche al Ministro non è più formulata in termini di facoltatività come invece previsto nel testo vigente (comma 1);
  • le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedono nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione (comma 1).
  • il nuovo piano economico-finanziario, che deve essere anch’esso sottoposto al Ministro delle infrastrutture, deve essere corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati (comma 1);
  • gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione e i relativi piani economico-finanziari, corredati dei pareri prescritti dalla normativa vigente, ivi compreso quello del Comitato interministeriale per la programmazione economica, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il procedimento può avere comunque corso. Gli atti sono trasmessi alle Camere da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita per quanto di sua competenza l’Autorità di regolazione dei trasporti (comma 1);
  • il piano economico finanziario non deve recare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2);
  • tutti gli affidamenti dei lavori, nonché delle forniture e dei servizi, ulteriori rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni, avvengono nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006); il testo vigente, invece limita l’applicazione di tali procedure agli affidamenti di importo superiore alla soglia comunitaria, (comma 3).

Le procedure riguardanti gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 201/2011(52) sono disciplinate dall’articolo 43 del medesimo decreto. Una differente procedura è invece disciplinata dal comma 84 dell’articolo 2 decreto-legge 262/2006(53) , per l’approvazione degli schemi di convenzione unica. Il riferimento ai “pareri prescritti dalla normativa vigente” citato nella norma fa riferimento ai pareri del CIPE e al coinvolgimento del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida sulla regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) previsti nelle citate procedure.

La rete autostradale italiana è gestita attraverso il sistema delle concessioni il cui quadro normativo di riferimento è mutato nel corso degli anni a partire dalla legge n. 463 del 1955. Una sintesi dell’evoluzione normativa è riportata nelprimo rapporto dell’Autorità di regolazione dei trasporti, presentato al Parlamento nel mese di luglio di quest’anno, in cui, relativamente alle modalità di affidamento, si ricordano le proroghe delle concessioni esistenti sino agli anni 90 “senza ricorso ad alcuna gara pubblica, giustificati solo dall’esigenza di realizzare nuovi investimenti” e il rinnovo di quasi tutte le concessioni tra il 1999 e il 2000. Nella segnalazione al Parlamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici AS 336 del 28 marzo 2006, e segnatamente nelle considerazioni, si segnala che nel settore autostradale “tutte le concessioni sono state affidate con il sistema della trattativa privata, pur ricordando che detti affidamenti sono stati effettuati prima dell’entrata in vigore della legge n. 109/1994”.

Un nuovo assetto delle concessioni autostradali è stato definito con il sistema della “convenzione unica”, disciplinato dai commi 82, 83, 85, 86 e 89 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, sostitutiva ad ogni effetto della convenzione originaria, nonché di tutti i relativi atti aggiuntivi, e con l’articolo 8-duodecies del D.L. 59/2008 che, oltre a novellare il citato comma 82, ha disposto l’approvazione ex lege di tutti gli schemi di convenzione con la società ANAS S.p.A. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali alla data di entrata in vigore del decreto n. 59 del 2008.

Elementi di informazione circa l’elenco delle società concessionarie e la durata delle concessioni sono contenute nelprimo rapporto dell’Autorità di regolazione dei trasporti, presentato al Parlamento nel mese di luglio di quest’anno, e nella documentazione consegnata nel corso dell’audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti svoltasi il 22 gennaio 2014 presso la 8a Commissione del Senato. Da tali documenti si ricava che gran parte delle concessioni ha una durata molto lunga e scadenze lontane fatta eccezione per talune concessioni scadute o in scadenza a breve termine.

Per quanto riguarda il rispetto dei principi dell’Unione europea, rilevano due profili concernenti la compatibilità con:

  • la normativa in materia di concessioni integrata dai principi dettati dalla giurisprudenza europea;
  • la disciplina relativa alla applicazione delle regole di concorrenza – e in particolare di quelle sugli aiuti di Stato – alle imprese pubbliche o che godano di diritti speciali (articoli 106 e 107 del Trattato sul Funzionamento dell’UE – TFUE, ex artt. 86-87 del TCE).

Con riferimento al primo profilo, la direttiva 2004/18/CE, recepita dal Codice dei contratti, dedica il titolo III alla disciplina delle concessioni di lavori pubblici. Con riferimento ai principi dettati dalla giurisprudenza europea, vale la pena ricordare la sentenza della Corte di Giustizia 13 aprile 2010, C-91/08, ove viene sottolineato che “qualora le modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle che abbiano giustificato l’aggiudicazione del contratto di concessione iniziale e siano, di conseguenza, idonee a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale contratto, devono essere concessi, conformemente all’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato, tutti i provvedimenti necessari per reintrodurre la trasparenza nel procedimento, ivi compresa anche la possibilità di un nuovo procedimento di aggiudicazione (v., per analogia con il settore degli appalti pubblici, sentenze 5 ottobre 2000, causa C-337/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I-8377, punti 44 e 46, nonché 19 giugno 2008, causa C-454/06, Pressetext Nachrichtenagentur, Racc. pag. I-4401, punto 34)”.

La nuova direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 reca norme sull’aggiudicazione dei contratti di concessione anche sulla base della giurisprudenza elaborata in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. La direttiva ribadisce il principio (già contenuto nel primo paragrafo dell’articolo 58 della direttiva 2004/18/CE), in base al quale le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che intendono aggiudicare una concessione rendono nota tale intenzione per mezzo di un bando di concessione. A differenza della direttiva 2004/18, l’articolo 43 della nuova direttiva elenca i casi in cui è possibile modificare le concessioni senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione

Con riferimento al secondo aspetto si ricorda che l’art. 106, par. 2, del TFUE, stabilisce, tra l’altro, che “le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”.

Secondo il successivo art. 107, par. 1, “salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. I successivi paragrafi 2 e 3 elencano alcune ipotesi di possibile compatibilità, tra cui rientrano, ad esempio, gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, nonché gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

Normativa applicabile ai nuovi affidamenti

Circa le procedure per l’affidamento di lavori, forniture e servizi (comma 3) si prevede l’applicazione:

  • delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti pubblici;
  • e dell’art. 11, comma 5, lettera f), della legge 498/1992(54) , che disciplina la nomina delle commissioni di gara e i poteri di vigilanza dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ora sostituita dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

Relativamente ai lavori affidati dalle concessionarie autostradali, profilo che si distingue da quello delle modalità di selezione delle concessionarie medesime di cui si è precedentemente parlato, si ricorda che il comma 25 dell’articolo 253 del Codice dei contratti prevede che i titolari di concessioni già assentite alla data del 30 giugno 2002, ivi comprese quelle rinnovate o prorogate ai sensi della legislazione successiva, sono tenuti ad affidare a terzi una percentuale minima del 60 per cento dei lavori, agendo, esclusivamente per detta quota, a tutti gli effetti come amministrazioni aggiudicatrici.

Approvazione degli schemi di convenzione relativi ad alcune concessioni (A21 e A3)

Il comma 4 detta disposizioni riguardanti le concessioni A21 «Piacenza-Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda (PC)» e A3 «Napoli-Pompei-Salerno», e segnatamente l’approvazione ex lege:

  • degli schemi di convenzione, come modificati secondo le prescrizioni del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida sulla regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) rese con i pareri nn. 6 e 7 del 7 agosto 2014, da considerarsi parte integrante della convenzione;
  • e dei relativi piani economici-finanziari già trasmessi al CIPE.

La norma precisa che la suddetta approvazione è finalizzata ad accelerare il riaffidamento delle predette concessioni che, come si evince dalla tabella sulla durata delle concessioni (consultabile ai link precedentemente indicati) sono scadute rispettivamente il 30 settembre 2011 e il 31 dicembre 2012. Sono stati, inoltre, pubblicati dall’ANAS i relativi bandi di gara per l’affidamento delle concessioni medesime.

In particolare, nella Gazzetta ufficiale del 13 giugno 2012 Anas ha pubblicato il bando di gara per l’affidamento in concessione delle attività di costruzione, gestione e manutenzione dell’Autostrada A21 Piacenza-Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d’Arda (PC) di km 88,6, compreso il completamento della realizzazione di tutti gli interventi previsti nella convenzione sottoscritta in data 7 novembre 2007 tra l’ANAS S.p.A. e la Società Autostrade Centro Padane S.p.A.”. L’importo complessivo degli investimenti ammonta a Euro 683.000.000,00 di cui Euro 260.000.000,00 per valore massimo di indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, Euro 363.000.000,00 per la prosecuzione degli investimenti in corso alla data del 30 settembre 2013 ed Euro 60.000.000,00 per nuovi interventi di manutenzione straordinaria. Il termine per il ricevimento delle domande di partecipazione è scaduto il 6 agosto 2014. Nell’interrogazione 5-01345, svoltasi in Commissione ambiente il rappresentante del Governo ha segnalato che “il nuovo Schema di convenzione e il relativo Piano economico finanziario sono all’esame del CIPE, il quale, ad oggi, non si è ancora espresso e che a seguito dell’approvazione del citato Schema di convenzione e del relativo Piano economico finanziario sarà possibile procedere agli adempimenti per la conclusione della gara ed il conseguente affidamento al nuovo concessionario”.”

Il bando di gara per l’affidamento in concessione delle attività di gestione e manutenzione dell’Autostrada A3 Napoli-Pompei-Salerno di km 51,6, nonché il completamento della realizzazione di tutti gli interventi previsti nella convenzione sottoscritta in data 28 luglio 2009 tra l’ANAS S.p.A. e la Società Autostrade Meridionali S.p.A.” è stato pubblicato il 10 agosto 2012 L’importo complessivo degli investimenti ammonta a Euro 799.200.000,00 di cui Euro 410.000.000,00 per valore massimo di indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, Euro 101.000.000,00 per la prosecuzione degli investimenti in corso alla data del 31 dicembre 2012 ed Euro 288.200.000,00 per nuovi interventi di manutenzione straordinaria per un totale di Euro 389.200.000,00 (di cui, per oneri di progettazione, stimati in Euro 11.670.000,00). Il termine per il ricevimento delle domande di partecipazione è scaduto il 9 ottobre 2012. Nell’interrogazione 5-02579, svoltasi in Commissione ambiente, il rappresentante del Governo ha fornito elementi di informazione circa l’esame della documentazione relativa all’affidamento della concessione di gestione e manutenzione dell’Autostrada A3 Napoli-Pompei-Salerno, nonché del completamento di tutti gli interventi previsti nella convenzione sottoscritta in data 28 luglio 2009 tra l’Anas S.p.A. e la Società Autostrade Meridionali S.p.A..

La norma in commento approvando direttamente gli schemi di convenzione e il piano economico finanziario deroga alle procedure riguardanti gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto disciplinate dall’articolo 43 del D.L. 201/2011. Una differente procedura è invece disciplinata dal comma 84 dell’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, per l’approvazione degli schemi di convenzione unica.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 4-bis, al fine di precisare che l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, in esame, è subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell’Unione europea.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 4-ter, al fine di destinare gli introiti pubblici derivanti dai canoni di concessioni autostradali, provenienti dalla modifica del rapporto concessorio, ai sensi del comma 1 dell’articolo 5, ad interventi di manutenzione delle rete stradale in gestione all’ANAS SPA, al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, di cui all’art. 16-bis del decreto-legge 95/2012(55) , nonché, per finalità di investimenti e compensazioni ambientali, al Fondo nazionale per la montagna, di cui all’art. 2 della legge 97/1994. La destinazione degli introiti alle predette finalità è definita in un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze sentite le commissioni parlamentari competenti per materia.

La Camera dei deputati ha aggiunto un nuovo articolo 5-bis che contiene norme relative alla concessione per la costruzione e la gestione dell’’Autostrada Cispadana, vale a dire dell’asse autostradale che connette la A22, dal casello di Reggiolo-Rolo con la A13, al casello di Ferrara sud.

Si consente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:

  • di subentrare alla regione Emilia Romagna nelle funzioni di concedente e conseguentemente in tutti i rapporti attivi e passivi derivanti dalla concessione di costruzione e gestione dell’asse autostradale che connette l’A22, dal casello di Reggiolo/Rolo, con l’A23 al casello di Ferrara Sud, di seguito denominato Autostrada Cispadana, previo parere del Comitato interministeriale per la programmazione economica;
  • a tal fine il CIPE valuta:
  • anche con riguardo:
    • alla ricognizione dei rapporti attivi e passivi in essere;
    • alla partecipazione finanziaria alla costruzione dell’opera della Regione Emilia Romagna;
  • la sostenibilità finanziaria del progetto e del piano economico finanziario da cui non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.


52) D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, recante, “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”.

53) Decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.

54) Legge 23 dicembre 1992, n. 498 “Interventi urgenti in materia di finanza pubblica”.

55) Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”.

Articolo 6, comma 1

(Agevolazioni per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. All’articolo 33 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo il comma 7-bissono inseriti i seguenti: 1. Dopo il comma 7-bis dell’articolo 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono inseriti i seguenti:
«7-ter. In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, possono essere ammessi ai benefìci di cui al comma 7-quinquies interventi infrastrutturali, per i quali non sono previsti contributi pubblici a fondo perduto, realizzati sulla rete fissa e mobile, su impianti wireless e via satellite, inclusi gli interventi infrastrutturali di backhaul, relativi all’accesso primario e secondario attraverso cui viene fornito il servizio a banda ultralarga all’utente per i quali ricorrano le seguenti condizioni: «7-ter. In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, possono essere ammessi ai benefìci di cui al comma 7-sexies interventi infrastrutturali, per i quali non sono previsti contributi pubblici a fondo perduto, realizzati sulla rete a banda ultralarga, relativi alla rete di accesso attraverso cui viene fornito il servizio a banda ultralarga all’utente, per i quali ricorrano le seguenti condizioni:
a) siano interventi infrastrutturali nuovi e aggiuntivi non già previsti in piani industriali o finanziari o in altri idonei atti approvati entro il 31 luglio 2014, funzionali ad assicurare il servizio a banda ultralarga a tutti i soggetti potenzialmente interessati insistenti nell’area considerata; a) siano interventi infrastrutturali nuovi e aggiuntivi non già previsti in piani industriali o finanziari o in altri idonei atti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, funzionali ad assicurare il servizio a banda ultralarga a tutti i soggetti potenzialmente interessati insistenti nell’area considerata;
b) soddisfino un obiettivo di pubblico interesse previsto dall’Agenda Digitale Europea, di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245 definitivo/2 del 26 agosto 2010; b) soddisfino un obiettivo di pubblico interesse previsto dall’Agenda digitaleeuropea, di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245 definitivo/2 del 26 agosto 2010;
c) prevedano un investimento privato non inferiore alle soglie di seguito indicate finalizzato all’estensione della rete a banda ultralarga: c) identico:
1) nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti: investimento non inferiore a 200 mila euro e completamento degli interventi infrastrutturali entro 9 mesi dalla data di prenotazione di cui al successivo comma 7-sexies; 1) nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti: investimento non inferiore a 200.000 euro e completamento degli interventi infrastrutturali entro nove mesi dalla data della prenotazione di cui al comma 7-septies;
2) nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 10.000 abitanti: investimento non inferiore a 500 mila euro e completamento degli interventi infrastrutturali entro 12 mesi dalla data di prenotazione di cui al successivo comma 7-sexies; 2) nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 10.000 abitanti: investimento non inferiore a 500.000 euro e completamento degli interventi infrastrutturali entro dodici mesi dalla data della prenotazione di cui al comma 7-septies;
3) nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti: investimento non inferiore a 1 milione di euro e completamento degli interventi infrastrutturali entro 12 mesi dalla data di prenotazione di cui al successivo comma 7-sexies. Il suddetto termine di completamento è esteso a 24 mesi per investimenti superiori a 10 milioni di euro e a 30 mesi per investimenti superiori a 50 milioni di euro; 3) nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti: investimento non inferiore a 1 milione di euro e completamento degli interventi infrastrutturali entro dodici mesi dalla data della prenotazione di cui al comma 7-septies. Il suddetto termine di completamento è esteso a ventiquattro mesi per investimenti superiori a 10 milioni di euro e a trenta mesi per investimenti superiori a 50 milioni di euro, ma in tal caso deve essere assicurata la connessione a tutti gli edifici scolastici nell’area interessata entro i primi dodici mesi. Nei casi previsti al secondo periodo, i benefìci di cui al comma 7-sexies sono estesi all’imposta sul reddito e all’imposta regionale sulle attività produttive relative all’anno 2016;
d) le condizioni del mercato siano insufficienti a garantire che l’investimento privato sia realizzato entro 2 anni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge. d) le condizioni del mercato siano insufficienti a garantire che l’investimento privato sia realizzato entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il termine è di tre anni in caso di investimenti superiori a 50 milioni di euro.
7-quater. Ai fini del presente articolo si intende per:
a) rete a banda ultralarga a 30 Mbit/s: l’insieme delle infrastrutture e delle tecnologie in grado di erogare un servizio di connettività con banda di download di almeno 30 Mbit/s e diupload di almeno 3 Mbit/s su una determinata area;
b) rete a banda ultralarga a 100 Mbit/s: l’insieme delle infrastrutture e tecnologie in grado di erogare un servizio di connettività con banda di download di almeno 100 Mbit/s e diupload di almeno 10 Mbit/s su una determinata area;
c) servizio a banda ultralarga: un servizio di connettività con la banda di cui alle lettere a) e b) e con l’obbligo di copertura di tutti i potenziali utenti (residenziali, pubbliche amministrazioni, imprese) di una determinata area geografica con un fattore di contemporaneità di almeno il 50 per cento della popolazione residente servita e assicurando la copertura di tutti gli edifici scolastici dell’area interessata.
7-quater. Non sono comunque ammessi ai benefìci di cui al comma 7-quinquies gli interventi ricadenti in aree nelle quali già sussistono idonee infrastrutture ed operi già un fornitore di servizi di rete a banda ultralarga e non possono essere concessi i suddetti benefìci a più di un soggetto nella stessa area; nei Comuni superiori a 50.000 abitanti sono tuttavia ammessi ai benefìci gli interventi tendenti a realizzare reti infrastrutturali in grado di assicurare connessioni pari o superiori a 100 Mbs a tutti gli utenti potenzialmente interessati 24 ore su 24, anche qualora operi già un fornitore di servizi di rete a banda ultralarga che non sia in grado di assicurare tali connessioni e non garantisca di farlo nei successivi tre anni. 7-quinquies. Sono ammessi al beneficio tutti gli interventi infrastrutturali attraverso cui è possibile fornire il servizio di cui alla lettera c) del comma 7-quater, purché non ricadenti in aree nelle quali già sussistano idonee infrastrutture o vi sia già un fornitore di servizi di rete a banda ultralarga con caratteristiche di rete, di cui alle lettere a) e b) del comma 7-quater, eguali o superiori a quelle dell’intervento per il quale è richiesto il contributo. È ammessa al beneficio la costruzione di cavidotti, cavi in fibra ottica, armadi di terminazione ottica e tralicci. Non sono ammessi i costi per apparati tecnologici di qualunque natura. I benefìci di cui al comma 7-sexies possono essere concessi ad un solo soggetto nella stessa area.
7-quinquies. Gli interventi che abbiano le caratteristiche di cui al comma 7-ter possono usufruire del credito d’imposta a valere sull’IRES e sull’IRAP complessivamente dovute dall’impresa che realizza l’intervento infrastrutturale, entro il limite massimo del 50 per cento del costo dell’investimento. Il credito d’imposta non costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP ed è utilizzato in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. 7-sexies. Identico.
7-sexies. Al fine di ottenere i benefìci di cui al comma 7-quinquies, l’operatore interessato alla realizzazione dell’investimento deve dare evidenza pubblica all’impegno che intende assumere, manifestando il proprio interesse per la specifica area attraverso prenotazione tramite apposito formulario pubblicato sul sito web dedicato alla classificazione delle aree ai fini del Piano Strategico banda ultralarga del Ministero dello Sviluppo Economico. Sullo stesso sito sarà segnalata la conclusione dei lavori, che dovrà avvenire entro i termini di cui al comma 7-ter, lettera c). La registrazione sul sito della conclusione dei lavori da diritto ai benefìci di cui al comma 7-quinquies a favore dell’operatore che abbia rispettato i suddetti termini ed integra l’obbligo di mettere a disposizione degli altri operatori l’accesso all’infrastruttura realizzata secondo le determinazioni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Non potranno essere accettate ulteriori manifestazioni di interesse di operatori che, relativamente ad una precedente manifestazione di interesse, non abbiano rispettato il termine di conclusione dei lavori. 7-septies. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 31 gennaio 2015, per ottenere i benefìci di cui al comma 7-sexies, l’operatore interessato alla realizzazione dell’investimento deve dare evidenza pubblica all’impegno che intende assumere, manifestando il proprio interesse per ciascuna area attraversouna prenotazione da effettuare nel sito web del Ministero dello sviluppo economico. Nel sito web è inserita un’apposita sezione con laclassificazione delle aree ai fini del Piano strategico banda ultralarga in cui sono distinti gli interventi a 30 Mbit/s e a 100 Mbit/s. Nei casi di conflitto di prenotazione, ossia per tutte le aree in cui vi sia più di una prenotazione, il beneficio è riconosciuto all’operatore che presenta il progetto con una maggiore copertura del territorio e livelli di servizio più elevati, corredati di soluzioni tecnologiche più evolute. Nei tre mesi successivi alla prenotazione l’operatore, a pena di decadenza, deve trasmettere un progetto esecutivo firmato digitalmente, conformemente a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea C(2012) 9833 final, del 18 dicembre 2012. Entro il 30 aprile 2015 il Ministero dello sviluppo economico pubblica l’indicazione di tutte le aree oggetto di intervento privato con richiesta di contributo e di tutte le aree bianche rimanenti. Dopo il completamento dell’intervento l’operatore è tenuto ad inviare una comunicazione certificata del collaudo tecnico dell’intervento, affinché l’amministrazione possa verificare la conformità dell’intervento rispetto agli impegni assunti, e deve mettere a disposizione degli altri operatori l’accesso all’infrastruttura passiva, secondo le determinazioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sia in fase di progettazione sia in fase di gestione, il Ministero dello sviluppo economico ha la facoltà di predisporre ogni tipo di controllo necessario per verificare la conformità dell’intervento rispetto agli impegni assunti.
7-septies. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti condizioni, criteri, modalità ed altre disposizioni attuative dei commi da 7-ter a 7-sexies, nonché il procedimento, analogo e congruente a quello previsto dal comma 2, per l’individuazione, da parte del CIPE, del limite degli interventi agevolabili. I decreti definiscono, altresì, le modalità atte ad assicurare l’effettiva sussistenza del carattere nuovo e aggiuntivo dell’intervento infrastrutturale proposto, la modulazione della struttura delle aliquote del credito di imposta di cui lo stesso beneficia, anche in funzione delle specifiche condizioni di mercato dell’area interessata, e le forme di controllo e di monitoraggio, onde garantire il conseguimento delle finalità sottese al benefico concesso, tenuto conto della decisione della Commissione europea C(2012) 9833 final del 18 dicembre 2012.». 7-octies. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentiti, per quanto di loro competenza, i Ministeri competenti nonché l’Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti condizioni, criteri, modalitàoperative, di controllo e attuative dei commi da 7-ter a 7-septies, nonché il procedimento, analogo e congruente rispetto a quello previsto dal comma 2, per l’individuazione, da parte del CIPE, del limite degli interventi agevolabili. Il decreto di cui al primo periodo definisce altresì le modalità atte ad assicurare l’effettiva sussistenza del carattere nuovo e aggiuntivo dell’intervento infrastrutturale proposto, la modulazione della struttura delle aliquote del credito d’imposta di cui lo stesso beneficia, anche in funzione delle specifiche condizioni di mercato dell’area interessata, e le forme di controllo e di monitoraggio, per garantire il conseguimento delle finalità sottese al beneficio concesso, tenuto conto della decisione della Commissione europea C(2012) 9833 final, del 18 dicembre 2012».

Il comma 1 prevede la concessione, fino al 31 dicembre 2015, di un credito d’imposta IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell’investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, attraverso l’introduzione, nell’articolo 33 del decreto-legge n. 179/2012, dei nuovi commi da 7-ter a 7-octies (sulla cui numerazione e contenuto impattano alcuni emendamenti approvati dalla Camera dei deputati).

In particolare, il comma 7-sexies prevede la concessione di un credito d’imposta IRES e IRAP del 50 per cento. Si specifica altresì che il credito d’imposta non costituisce ricavo ai fini IRAP e delle imposte dirette.

Le caratteristiche degli interventi finanziabili sono definiti ai commi 7-ter, 7-quater e 7-quinquies, mentre i commi 7-septies e 7-octies indicano la procedura per l’accesso al credito e per il monitoraggio degli interventi.

In base al comma 7-ter possono accedere al credito d’imposta gli interventi infrastrutturali, per i quali non siano previsti contributi pubblici a fondo perduto, destinati alla realizzazione di servizi a banda ultralarga all’utente (la Camera ha eliminato il requisito per cui sono realizzati su rete fissa e mobile, precisando invece che devono essere relativi alla rete di accesso); la nomenclatura è stata precisata – abbandonando il riferimento agli impianti wireless e via satellite, compresi gli interventi di backhaul(56) , contenuto nel testo originario del decreto – nel nuovo comma 7-quaterintrodotto dalla Camera dei deputati(57) .

Gli interventi, in base al comma 7-ter, devono possedere inoltre le seguenti caratteristiche:

  • siano interventi nuovi e aggiuntivi e non rientranti in atti o piani approvati entro il 31 luglio 2014 (la Camera dei deputati ha aggiunto una clausola che lega tali atti all’entrata in vigore della disposizione, secondo la prassi redazionale(58) che si è sviluppata in deroga al § 4.18(59) della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001)(60) ;
  • soddisfino un obiettivo di pubblico interesse previsto(61) dalla comunicazione della Commissione europea(62) relativa all’Agenda digitale COM (2010) 245;
  • prevedano interventi di importo non inferiore alle seguenti soglie: a) 200000 euro, con realizzazione degli interventi entro nove mesi dalla data di prenotazione, nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti; b) 500000 euro, con realizzazione degli interventi entro dodici mesi dalla data di prenotazione, nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 10.000 abitanti; c) un milione di euro, con realizzazione degli interventi entro dodici mesi dalla data di prenotazione, nei comuni con popolazione compresa superiori ai 10000 abitanti (in quest’ultimo caso la Camera dei deputati ha precisato che nel primo anno va assicurata la connessione di tutti gli edifici scolastici e che i benefici fiscali, se il termine di completamento è esteso a due anni, si prolungano sulle attività produttive relative al 2016);
  • le condizioni di mercato(63) siano insufficienti a garantire l’investimento privato sia realizzato entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (la Camera dei deputati ha precisato che il termine è di tre anni se gli investimenti superano i 50 milioni di euro).

In base al comma 7-quinquies, come emendato dalla Camera dei deputati, sono ammessi al beneficio tutti gli interventi infrastrutturali attraverso cui è possibile fornire il servizio, purché non ricadenti in aree nelle quali già sussistano idonee infrastrutture o vi sia già un fornitore di servizi di rete a banda ultralarga con le suddette caratteristiche di rete, eguali o superiori a quelle dell’intervento per il quale è richiesto il contributo. È ammessa al beneficio la costruzione di cavidotti, cavi in fibra ottica, armadi di terminazione ottica e tralicci. Non sono ammessi i costi per apparati tecnologici di qualunque natura. I benefìci non possono inoltre essere concessi a più di un soggetto nella stessa area.

Per accedere al beneficio è necessario – in base al comma 7-septies, come emendato dalla Camera dei deputati – operare(64) una manifestazione d’interesse per ciascuna area attraverso una “prenotazione” da effettuare sull’apposito sito web del Ministero (dotata di apposita sezione recante la classificazione delle aree, ai fini del Piano strategico banda ultralarga in cui sono distinti gli interventi a 30 Mbit/s e a 100 Mbit/s). Nei casi di conflitto di prenotazione (ossia per tutte le aree in cui vi sia più di una prenotazione, come precisa il testo), il beneficio è riconosciuto all’operatore che presenta il progetto con una maggiore copertura del territorio e livelli di servizio più elevati, corredati di soluzioni tecnologiche più evolute. Nei tre mesi successivi alla prenotazione l’operatore, a pena di decadenza, deve(65)trasmettere un progetto esecutivo firmato digitalmente, conformemente a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea C(2012) 9833 final, del 18 dicembre 2012. Entro il 30 aprile 2015 il Ministero dello sviluppo economico pubblica l’indicazione di tutte le aree oggetto di intervento privato con richiesta di contributo e di tutte le aree bianche rimanenti. Dopo il completamento dell’intervento l’operatore “è tenuto ad inviare” una comunicazione certificata del collaudo tecnico dell’intervento, affinché l’amministrazione possa verificare la conformità dell’intervento rispetto agli impegni assunti, e deve mettere a disposizione degli altri operatori l’accesso all’infrastruttura passiva, secondo le determinazioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sia in fase di progettazione sia in fase di gestione, il Ministero dello sviluppo economico ha la facoltà di predisporre ogni tipo di controllo necessario per verificare la conformità dell’intervento rispetto agli impegni assunti.

Il comma 7-octies rinvia la definizione delle modalità di attuazione della disposizione in commento ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, (la Camera dei deputati ha eliminato il concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’economia, prevedendo che siano sentiti i Ministeri genericamente “competenti”, unitamente al) l’Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dall’approvazione della legge di conversione. In particolare, questi decreti dovranno regolamentare:

  • condizioni, criteri e modalità (mercé la Camera dei deputati, operative e di controllo, nonché) di attuazione;
  • procedimento per l’individuazione da parte del CIPE del limite degli interventi agevolabili; tale procedimento dovrà risultare analogo e congruente a quello previsto dal comma 2 dell’articolo 33 del decreto-legge n. 179/2012 per il credito di imposta per le opere infrastrutturali introdotto dal medesimo articolo 33;
  • verifica dell’effettiva sussistenza del carattere nuovo e aggiuntivo dell’intervento infrastrutturale proposto;
  • modulazione del credito d’imposta anche in funzione delle specifiche condizioni di mercato dell’area interessata;
  • forme di controllo e monitoraggio da adottare anche ai sensi della comunicazione(66) della Commissione europea (2012)9833 final.


56) Si ricorda che per backhaul, si intende la “dorsale”, cioè la parte centrale delle reti di comunicazione, in contrapposizione all’”ultimo miglio”, cioè le diramazioni terminali delle reti destinati al raggiungimento degli utenti finali.

57) Rete a banda ultralarga a 30 Mbit/s: l’insieme delle infrastrutture e delle tecnologie in grado di erogare un servizio di connettività con banda di download di almeno 30 Mbit/s e di upload di almeno 3 Mbit/s su una determinata area. Rete a banda ultralarga a 100 Mbit/s: l’insieme delle infrastrutture e tecnologie in grado di erogare un servizio di connettività con banda di download di almeno 100 Mbit/s e diupload di almeno 10 Mbit/s su una determinata area. Servizio a banda ultralarga: un servizio di connettività con la banda di cui sopra e con l’obbligo di copertura di tutti i potenziali utenti (residenziali, pubbliche amministrazioni, imprese) di una determinata area geografica con un fattore di contemporaneità di almeno il 50 per cento della popolazione residente servita e assicurando la copertura di tutti gli edifici scolastici dell’area interessata.

58) V. ex multis, articolo 1, comma 9 della legge 28 giugno 2012, n. 92, lettera f), capoverso 2-bis, secondo periodo (“entro …. dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”).

59) «Con riferimento all’entrata in vigore o alla decorrenza di efficacia di una disposizione introdotta con il sistema della novella, occorre evitare che il momento di decorrenza sia falsato per effetto dell’introduzione in un testo normativo gia’ in vigore. A tale fine la decorrenza non va inserita nel testo novellato, bensì in autonoma disposizione ad esso estranea (v. par. 3.3)».

60) Circolare n.1/1.1.26/10888/9.92, recante “Guida alla redazione dei testi normativi”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 3 maggio 2001, S.O. n. 105. La relativa prescrizione (“Occorre inserire correttamente eventuali termini per l’adozione di atti previsti da una «novella»: infatti l’espressione «dalla data di entrata in vigore della presente legge (o del presente decreto)», inserita nella «novella», comporta la decorrenza dalla data di entrata in vigore dell’atto modificato. Pertanto, ove si intenda far decorrere il termine dalla data di entrata in vigore dell’atto modificante, occorre inserirlo in autonoma disposizione posta fuori della «novella»“) è contenuta anche al § 3 lettera d) della circolare “Regole e raccomandazioni per la formulazione dei testi legislativi”, emanata in pari data dalle Presidenze delle Camere e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 20 aprile 2001, che sul punto era riproduttivo degli atti precedenti da essa stessa sostituiti (v. le circolari delle Presidenze delle Camere del 28 febbraio 1986 e di quella in identico testo della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 1986, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 1986, S.O. n. 40).

61) In particolare, in attuazione della comunicazione, la comunicazione (2010)472 della Commissione europea prevede i seguenti obiettivi:
– Banda larga veloce entro il 2020: copertura con banda larga pari o superiore a 30 Mbps per il 100% dei cittadini UE (Valore di riferimento: nel gennaio 2010 il 23% degli abbonamenti a servizi di banda larga prevedeva una velocità di almeno 10 Mbps);
– Banda larga ultraveloce entro il 2020: il 50% degli utenti domestici europei dovrebbe avere abbonamenti per servizi con velocità superiore a 100 Mbps (Nessun valore di riferimento).

62) Per quanto riguarda la diffusione della banda larga, l’Agenda digitale europea (COM (2010) 245), una delle sette iniziative faro della Strategia Europa 2020, ha fissato i seguenti obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 (obiettivo raggiunto); accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020; entro la stessa data almeno il 50% delle famiglie dovrebbe essere abbonata a internet con connessioni al di sopra di 100 Mbps. Come risulta dall’ultima valutazione della Commissione di giugno 2014 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda digitale, l’Italia è: all’ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità (velocità pari o superiori a 30Mbps), considerando il numero di sottoscrizioni tra privati e imprese; al penultimo posto (seguita solo dalla Grecia) per quanto riguarda la diffusione della banda larga ultra veloce (velocità pari o superiori a 100Mbps) e ad uno degli ultimi posti (dopo l’Italia, Romania, Bulgaria e Grecia) per quanto riguarda la percentuale di individui che utilizzano regolarmente internet (intorno al 56% a fronte dell’obiettivo europeo del 75% entro il 2015). Nell’ambito del quadro finanziario pluriennale dell’UE 2014-2020 sono previsti due canali di finanziamento per interventi volti a migliorare la diffusione della banda larga: 1) il principale è rappresentato dai Fondi strutturali. In particolare, il regolamento generale (regolamento (UE) n. 1303/2013) prevede che Stati membri e regioni disegnino Strategie per la specializzazione intelligente che includano piani per la crescita digitale e la diffusione di reti di accesso di nuova generazione. Si segnala che – nel progetto di accordo di partenariato per la programmazione dei fondi europei 2014-2020 deliberato dal CIPE lo scorso 9 settembre – il Governo italiano prevede di destinare 1,925 miliardi di euro di stanziamenti UE (cui dovrebbe aggiungersi una quota di cofinanziamento nazionale) all’obiettivo tematico n. 2 “migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime”; 2) il secondo è costituito dal Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility – CEF, recante uno stanziamento di 33 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, il CEF è disegnato specificamente per promuovere crescita, occupazione e competitività attraverso investimenti infrastrutturali a livello europeo), nel cui ambito è previsto uno stanziamento pari a 1 miliardo di euro (nel periodo 2014-2020) per investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci.

63) Si ricorda che in base a quanto previsto dal progetto nazionale banda ultra-larga, elaborato dal Ministero dello sviluppo economico, ed approvato dalla Commissione europea con la decisione (9833)2012, solo il 19 per cento della popolazione nazionale risulta residente in territori nei quali almeno un operatore ha manifestato interesse per l’installazione di un servizio di banda ultra-larga; il resto del territorio nazionale è quindi considerato “area bianca”, cioè non raggiunto dalla banda “ultra-larga” ed oggetto quindi di possibili interventi.

64) Anche qui il termine si lega all’entrata in vigore della novella, per cessare il 31 gennaio 2015.

65) La citata circolare dei Presidenti delle Camere 20 aprile 2001, recante Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi, al capitolo 4 lettera c) prescrive: “È evitato l’uso del verbo servile diretto a sottolineare la imperatività della norma («deve»; «ha l’obbligo di»; «è tenuto a»).” La regola si ricava anche dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001 (Circolare n. 1/1.1.26/10888/9.92, recante “Guida alla redazione dei testi normativi”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 3 maggio 2001, S.O. n. 105), che sul punto era riproduttiva degli atti precedentemente emanati in materia di drafting legislativo (v. le circolari delle Presidenze delle Camere del 28 febbraio 1986 e di quella in identico testo della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 1986, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 1986, S.O. n. 40).

66) Approvata nella forma della decisione, del dicembre 2012, con essa è stato approvato il progetto nazionale banda ultra-larga, al riguardo cfr. supra. In ordine al monitoraggio la decisione prevede che gli offerenti selezionati saranno sottoposti ad obblighi di separazione contabile in relazione ai progetti sovvenzionati, per facilitare il monitoraggio da parte delle amministrazioni aggiudicatrici della realizzazione dei progetti e degli eventuali extraprofitti generati (gli eventuali extraprofitti dovranno infatti essere recuperati o reinvestiti per lo sviluppo della rete); sarà inoltre attuato un meccanismo di parametrazione (benchmarking) per evitare che gli offerenti dichiarino costi di investimento gonfiati e quindi si verifichino eccessi di compensazione di tali imprese. La decisione prevede inoltre che l’individuazione delle aree dove finanziare i progetti avvenga in base a una dettagliata ricerca di mercato e a una trasparente consultazione degli operatori economici; l’aggiudicazione del finanziamento dovrà avvenire tramite gara d’appalto a procedura aperta, utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Articolo 6, commi 2, 3 e 4

(Norme di semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
2. All’articolo 6, comma 4-ter del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, sono apportate le seguenti modifiche: 2. All’articolo 6, comma 4-ter, del decretolegge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole: «ripristino del manto stradale» sono inserite le seguenti: «nonché la posa di cavi o tubi aerei su infrastrutture esistenti»; a) identica;
b) dopo le parole: «banda larga e ultralarga», è soppressa la parola: «anche». b) identica.
3. All’articolo 87 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259«Codice delle comunicazioni elettroniche», e successive modificazioni, dopo l’articolo 87-bis è inserito il seguente: 3. Dopo l’articolo 87-bis del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, è inserito il seguente:
«Art. 87-ter (Variazioni non sostanziali degli impianti)1. Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di modifiche delle caratteristiche degli impianti già provvisti di titolo abilitativo, che comportino aumenti delle altezze non superiori a 1 metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, è sufficiente una autocertificazione descrittiva della variazione dimensionale, da inviare contestualmente all’attuazione dell’intervento ai medesimi organismi che hanno rilasciato i titoli.». «Art. 87-ter. – (Variazioni non sostanziali degli impianti)1. Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento delle reti di comunicazione elettronica, nel caso di modifiche delle caratteristiche degli impianti già provvisti di titolo abilitativo, che comportino aumenti delle altezze non superiori a 1 metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, è sufficienteun’autocertificazione descrittiva della variazione dimensionale e del rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all’articolo 87, da inviare contestualmente all’attuazione dell’intervento ai medesimi organismi che hanno rilasciato i titoli».
3-bis. All’articolo 4, primo comma, della legge 29 settembre 1964, n. 847, dopo la lettera g) è aggiunta la seguente:
«g-bis) infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga effettuate anche all’interno degli edifici».
4. In deroga all’articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica la installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati. Resta ferma l’applicazione degli articoli 20 e seguenti del citato decreto legislativo. 4. In deroga all’articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica l’installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati. Resta ferma l’applicazione degli articoli 20 e seguenti del codice di cui al citato decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni.

Il comma 2 modifica le norme di semplificazione in materia di procedure di scavo e posa dei cavi finalizzate alla diffusione della banda larga e ultralarga introdotte dall’articolo 6, comma 4-ter, del decreto-legge 145/2013(67) .

In particolare, con le modifiche apportate dalle lett. a) e b), si prevede che il relativo provvedimento attuativo, cioè il decreto del Ministro per lo sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, con il quale saranno definite le misure di posa in opera delle infrastrutture in questione, dovrà modificare le specifiche tecniche contenute nel decreto del MISE del 1° ottobre 2013 (lettera b).

Il decreto dovrà inoltre fare riferimento alle tecniche innovative che prevedono la posa di cavi o tubi aerei su infrastrutture esistenti e non solo a quelle che non richiedono il ripristino del manto stradale (lettera a).

Il citato decreto-legge 145/2013 (art. 6, commi da 1 a 7 ) ha introdotto varie norme per favorire la digitalizzazione e la connettività, tra cui la semplificazione delle procedure per lo scavo e l’installazione delle infrastrutture digitali (comma 4-bis) che prevede l’applicazione anche allo scavo per l’installazione dei ricoveri delle infrastrutture digitali necessarie per il collegamento degli edifici alle reti di telecomunicazioni, delle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2013 che reca, in attuazione dell’art. 14, co. 3, del decreto-legge 179/2012(68) , le specifiche tecniche delle operazioni di scavo e ripristino per la posa di infrastrutture digitali nelle infrastrutture stradali. Nel caso di installazione delle infrastrutture contemporanea all’effettuazione dello scavo, l’Ente operatore presenta un’istanza unica per lo scavo e l’installazione all’Ente locale competente o alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree, ai sensi dell’art. 88 del Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 259/2003).

Il comma 3 prevede che possano essere effettuate con un’autocertificazione descrittiva della variazione dimensionale, da inviare contestualmente alla realizzazione dell’intervento, le modifiche degli impianti già abilitati che comportino aumenti delle altezze non superiori a un metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, al fine di accelerare la realizzazione degli impianti di banda larga mobile che, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, si estende alle reti di comunicazione elettronica. La modifica avviene attraverso un’integrazione del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 259/2003), introducendo un nuovo articolo 87-ter. La Camera dei deputati prevede che, per poter essere realizzati previa presentazione della sola autocertificazione descrittiva, le modifiche degli impianti radioelettrici devono comunque rispettare i limiti sulle esposizioni a campi elettrici ed elettromagnetici previsti dalla legge n. 36/2001 e richiamati dall’articolo 87 del codice delle comunicazioni elettroniche, oltre agli altri requisiti previsti dalla disposizione (aumento dell’altezza non superiore a un metro e aumento della superficie di sagoma non superiore a 1,5 metri quadrati).

Nel Codice delle Comunicazioni elettroniche, l’art. 87-bis prevede procedure semplificate per favorire l’investimento in determinate tipologie di impianti per il completamento della rete di banda larga mobile, consentendo la segnalazione certificata di inizio attività, sempre nel rispetto dei principi generali dell’art. 87 per le infrastrutture di comunicazione elettronica di tipo radioelettrico.

La Camera dei deputati ha inserito un nuovo comma 3-bis prevedendo (attraverso una modifica della legge847/1964(69) ) che le opere infrastrutturali in fibra ottica per la banda ultralarga, anche all’interno degli edifici, siano ricomprese tra gli oneri di urbanizzazione primaria.

Il comma 4 dell’articolo 6 introduce una deroga all’obbligo di autorizzazione paesaggistica per la installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile che, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati,si estende alle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici; la deroga riguarda gli impianti da eseguire su edifici o tralicci preesistenti che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezze non superiore a 1,5 metri e di superficie delle antenne non superiori a 0,5 metri quadrati, fatte salve le misure di protezione e di conservazione relative ai beni culturali disciplinate dall’articolo 20 e seguenti del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 42/2004).

L’autorizzazione paesaggistica, prevista dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004) prevede un regime ordinario e un regime semplificato per interventi di lieve entità, e costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio (art. 146, comma 4). Per gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III (Beni paesaggistici) del Codice, indicati nell’elenco di cui all’allegato del D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139, emanato ai sensi dell’articolo 146, comma 9, del D.Lgs. n. 42 del 2004, è prevista una procedura semplificata per il rilascio dell’autorizzazione.


67) Decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 “Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015”.

68) D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”.

69) Legge 29 settembre 1964, n. 864 “Autorizzazione ai Comuni e loro Consorzi a contrarre mutui per l’acquisizione delle aree ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 167”.

Articolo 6, comma 3-bis

(Opere di urbanizzazione per comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
3-bis. All’articolo 4, primo comma, della legge 29 settembre 1964, n. 847, dopo la lettera g) è aggiunta la seguente:
«g-bis) infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga effettuate anche all’interno degli edifici».

Il comma 3-bis – introdotto alla Camera – inserisce tra le opere di urbanizzazione primaria – attraverso una modifica della legge n. 847/1964 – le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione (di cui agli articoli 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche) e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga effettuate anche all’interno degli edifici.

Si tratta delle opere che il numero 127-quinquies) della Tabella A, parte III del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto) include tra beni e servizi soggetti all’aliquota del 10 per cento.

Articolo 6, comma 5

(Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
5. All’articolo 14, comma 8, lettera a), numero 2), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le parole: «degli edifici come ambienti abitativi» sono soppresse e dopo le parole: «pertinenze esterne» sono aggiunte le seguenti: «con dimensioni abitabili». 5. All’articolo 14, comma 8, lettera a), numero 2), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le parole: «degli edifici come ambienti abitativi» sono soppresse e dopo le parole: «pertinenze esterne» sono inserite le seguenti: «con dimensioni abitabili».

Il comma 5 modifica il campo di applicazione dei valori di attenzione per la protezione dalle esposizioni a i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ad alte frequenze (quelli cioè generati da sorgenti fisse con frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz , quali ad es. gli impianti radiotelevisivi e quelli di telecomunicazioni) contemplati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003.

La norma in esame, che modifica l’art. 14, comma 8, lettera a), numero 2), del D.L. n. 179 del 2012, specifica che i valori di attenzione, che si assumono a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti anche a lungo termine eventualmente connessi con le predette esposizioni, tra l’altro, si applicano nelle pertinenze esterne con dimensioni abitabili (balconi, terrazzi, cortili), con permanenze non inferiori alle quattro ore continuative giornaliere.

Il testo previgente non faceva riferimento alle dimensioni delle pertinenze, ma poneva il requisito (ora eliminato) dell’utilizzazione degli edifici come ambienti abitativi.

Si tratta di una modifica che appare in linea con quanto stabilito dall’art. 3, comma 2 del D.P.C.M. 8 luglio 2003 , il quale prevede l’applicazione dei valori di attenzione indicati nella tabella 2 all’allegato B del medesimo decreto, quale misura cautelare per la protezione della popolazione nel lungo periodo, “all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari”

Articolo 6, commi 5-bis e 5-ter

(Installazione di nuove stazioni radio base su infrastrutture dell’autorità aeronautica)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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5-bis. Per la realizzazione di nuove stazioni radio base e le modifiche delle medesime che non comportino variazioni plano-altimetriche per dimensioni o ingombro su infrastrutture dell’autorità aeronautica competente deve essere esclusivamente inviata una comunicazione all’Ente nazionale per l’aviazione civile, all’Aeronautica militare e alla società ENAV Spa per eventuali accertamenti, contestualmente alla loro attivazione.
5-ter. Fuori dei casi di cui al comma 5-bis, per le installazioni e le modifiche di stazioni radio base oggetto di valutazione di compatibilità per ostacoli e pericoli alla navigazione aerea i termini di rilascio del nulla osta da parte dell’autorità aeronautica competente si intendono conformi a quanto disciplinato dagli articoli 87 e 87-bis del codice di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259.

Il comma 5-bis, aggiunto dalla Camera dei depuati, semplifica l’installazione su infrastrutture dell’autorità aeronautica di nuove stazioni radio base e relative modifiche, che non comportino variazioni plano-altimetriche per direzioni e/o ingombro e non comportino rischi per la navigazione aerea; in tale caso, si deve inviare esclusivamente una comunicazione all’Ente nazionale per l’aviazione civile, all’Aeronautica militare e alla società ENAV Spa per eventuali accertamenti, contestualmente all’attivazione.

Il comma 5-ter, aggiunto dalla Camera dei deputati, detta la disciplina per i casi diversi da quelli di cui al comma 5-bis, cioè per le installazioni e le modifiche di stazioni radio base oggetto di valutazione di compatibilità per ostacoli e pericoli alla navigazione aerea; in tale caso i termini di rilascio del nulla osta da parte dell’autorità aeronautica competente si intendono conformi a quanto disciplinato dagli articoli 87 e 87-bis del Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 259/2003).

Nel Codice delle Comunicazioni elettroniche, l’art. 87-bis prevede procedure semplificate per favorire l’investimento in determinate tipologie di impianti per il completamento della rete di banda larga mobile, consentendo la segnalazione certificata di inizio attività, sempre nel rispetto dei principi generali dell’art. 87 per le infrastrutture di comunicazione elettronica di tipo radioelettrico.

Articolo 6, comma 5-quater

(Oneri per operatori – banda larga )

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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5-quater. Al fine di colmare il divario digitale in relazione alla banda larga e ultralarga, nel caso di occupazione dei beni immobili pubblici appartenenti, in gestione o affidati in concessione a qualsiasi pubblica amministrazione od organismo di diritto pubblico o privato, nonché nel caso di occupazione di spazi e aree pubbliche e dei beni del demanio idrico di cui agli articoli 86 e 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, con esclusivo riferimento alle infrastrutture funzionali alla realizzazione di reti a banda larga e ultralarga, le pubbliche amministrazioni, le regioni, le province, i comuni, gli enti o le società a partecipazione pubblica possono esentare l’operatore dal pagamento degli oneri, tasse o indennizzi, fermo restando il solo obbligo di ripristino dello stato dei luoghi di cui all’articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni.

Il comma 5-quater dà facoltà alle pubbliche amministrazioni, alle regioni, alle province, ai comuni, agli enti o alle società a partecipazione pubblica di esentare l’operatore dal pagamento di oneri, tasse o indennizzi in caso di:

– occupazione dei beni immobili pubblici appartenenti, in gestione o affidati in concessione a qualsiasi pubblica amministrazione od organismo di diritto pubblico o privato,

– occupazione di spazi e aree pubbliche e dei beni del demanio idrico di cui agli articoli 86 e 89 del d. l.vo n. 112 del 1998 che affida a Regioni ed enti locali le funzioni in materia di demanio idrico, ripartendole tra esse.

La norma fa, esplicitamente, esclusivo riferimento alle infrastrutture funzionali alla realizzazione di reti a banda larga e ultralarga confermando, anche come finalità, quella di colmare il divario digitale in relazione alla banda larga e ultralarga.

La norma conferma tuttavia il solo obbligo di ripristino dello stato dei luoghi di cui all’articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche (d. l.vo n. 259 del 2003).

Articolo 6, comma 5-quinquies

(Facoltà di esonero del pagamento oneri, tasse o indennizzi degli operatori di reti a banda larga e ultralarga)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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5-quinquies. All’articolo 86, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, dopo le parole: «reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88,» sono inserite le seguenti: «e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga, effettuate anche all’interno degli edifici».

Il comma 5-quinquies, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede la possibilità che le pubbliche amministrazioni, regioni, province, comuni ed enti o società a partecipazione pubblica, nel caso di occupazione dei beni immobili pubblici appartenenti, in gestione o affidati in concessione a qualsiasi pubblica amministrazione od organismo di diritto pubblico o privato, nonché di occupazione di spazi e aree pubbliche e dei beni del demanio idrico di cui agli articoli 86 e 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, con esclusivo riferimento alle infrastrutture funzionali alla realizzazione di reti a banda larga e ultralarga, esentino l’operatore dal pagamento degli oneri, tasse o indennizzi, fermo restando il solo obbligo di ripristino dello stato dei luoghi di cui all’articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni.

La finalità della norma è di colmare il divario digitale in relazione alla banda larga e ultralarga.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003, le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge. Inoltre, gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’Ente locale. Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all’articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.

Articolo 6, comma 5-sexies

(Progetto nazionale della banda ultralarga)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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5-sexies. All’articolo 1, comma 97, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo le parole: «[aiuto di Stato n. SA 33807 (2011/N) – Italia],» sono inserite le seguenti: «nonché per l’avvio del Progetto strategico nazionale per la banda ultralarga autorizzato dalla Commissione europea».

Il comma 5-sexies – introdotto alla Camera – prevede che venga data attuazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, al progetto nazionale della banda ultralarga, autorizzato dalla Commissione europea, attraverso l’utilizzo di parte delle risorse (20,75 milioni di euro per l’anno 2014) di cui all’articolo 1, comma 97, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Articolo 6-bis

(Istituzione del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al fine di elaborare soluzioni innovative volte a colmare il divario digitale in relazione alla banda larga e ultralarga e di conseguire una mappatura delle infrastrutture di banda larga e ultralarga presenti nel territorio nazionale, il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, stabilisce le regole tecniche per la definizione del contenuto del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture, le modalità di prima costituzione, di raccolta, di inserimento e di consultazione dei dati, nonché le regole per il successivo aggiornamento, lo scambio e la pubblicità dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti e dagli altri soggetti titolari o gestori di infrastrutture di banda larga e ultralarga. I dati così ricavati devono essere resi disponibili in formato di tipo aperto e interoperabile, ai sensi del comma 3 dell’articolo 68 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, elaborabili elettronicamente e georeferenziati, senza compromettere il carattere riservato dei dati sensibili. All’attuazione del presente articolo si provvede nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Al fine di agevolare la condivisione delle infrastrutture e la pianificazione degli interventi entro i centoventi giorni successivi alla sua costituzione devono confluire nel Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture tutte le banche di dati contenenti informazioni sulle infrastrutture di banda larga e ultralarga di tipo sia nazionale sia locale o comunque i dati ivi contenuti devono essere resi accessibili e compatibili con le regole tecniche del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture.

La Camera dei deputati ha inserito l’articolo in esame al fine di individuare, mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, regole tecniche per la costituzione del sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (comma 1), per elaborare soluzioni innovative volte a colmare il divario digitale in relazione alla banda larga e ultralarga e di conseguire una mappatura delle infrastrutture di banda larga e ultralarga presenti nel territorio nazionale.

Tale sistema dovrà essere realizzato con dati di tipo aperto ed interoperabile, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale: si tratterà di dati elaborabili elettronicamente e georeferenziati, ma si richiede che tale caratteristica non comprometta il carattere riservato dei dati sensibili. La norma reca anche una clausola di invarianza delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, il che, stante la destinazione multipla della previsione, attiene a tutte le amministrazioni coinvolte nonché ai soggetti titolari o gestori delle infrastrutture interessate.

L’obbligo di condivisione è evaso o conferendo (al Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture, entro i centoventi giorni successivi alla sua costituzione) tutte le banche di dati contenenti informazioni sulle infrastrutture di banda larga e ultralarga di tipo sia nazionale sia locale, oppure rendendo comunque accessibili e compatibili i dati ivi contenuti.

Articolo 6-ter

(Disposizioni per l’infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Dopo il comma 4-bis dell’articolo 91 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, è inserito il seguente:
«4-ter. L’operatore di comunicazione, durante la fase di sviluppo della rete in fibra ottica, può installare a proprie spese gli elementi di rete, cavi, fili, ripartilinee o simili, nei percorsi aerei di altri servizi di pubblica utilità sia esterni sia interni all’immobile e in appoggio ad essi, a condizione che sia garantito che l’installazione medesima non alteri l’aspetto esteriore dell’immobile né provochi alcun danno o pregiudizio al medesimo. Si applica in ogni caso l’ultimo periodo del comma 4-bis».
2. Nel capo VI della parte III del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, dopo l’articolo 135 è aggiunto il seguente:
«Art. 135-bis. – (Norme per l’infrastrutturazione digitale degli edifici). – 1. Tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate dopo il 1 luglio 2015 devono essere equipaggiati con un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete. Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal 1 luglio 2015, in caso di opere che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c). Per infrastruttura fisica multiservizio interna all’edificio si intende il complesso delle installazioni presenti all’interno degli edifici contenenti reti di accesso cablate in fibra ottica con terminazione fissa o senza fili che permettono di fornire l’accesso ai servizi a banda ultralarga e di connettere il punto di accesso dell’edificio con il punto terminale di rete.
2. Tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate dopo il 1 luglio 2015 devono essere equipaggiati di un punto di accesso. Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal 1 luglio 2015, in caso di opere di ristrutturazione profonda che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell’articolo 10. Per punto di accesso si intende il punto fisico, situato all’interno o all’esterno dell’edificio e accessibile alle imprese autorizzate a fornire reti pubbliche di comunicazione, che consente la connessione con l’infrastruttura interna all’edificio predisposta per i servizi di accesso in fibra ottica a banda ultralarga.
3. Gli edifici equipaggiati in conformità al presente articolo possono beneficiare, ai fini della cessione, dell’affitto o della vendita dell’immobile, dell’etichetta volontaria e non vincolante di “edificio predisposto alla banda larga”. Tale etichetta è rilasciata da un tecnico abilitato per gli impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, e secondo quanto previsto dalle Guide CEI 306-2 e 64-100/1, 2 e 3».

L’articolo 6-ter, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, al comma 1 introduce un comma 4-ter all’articolo 91 del decreto legislativo n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni)(70) ove si prevede la possibilità per l’operatore di comunicazione durante la fase di sviluppo della fibra ottica di installare a proprie spese gli elementi di rete (cavi, fili e simili) nei ed in appoggio ai percorsi aerei di altri servizi di pubblica utilità sia esterni che interni purché non venga alterato l’aspetto esteriore dell’immobile, né arrecati danno o pregiudizio al medesimo. Nel nuovo comma 4-ter dell’articolo 91 del codice comunicazioni elettroniche si prevede altresì l’applicazione del comma 4-bis dell’articolo 91 nella parte in cui dispone l’obbligo per l’operatore di rete di ripristinare le parti comuni degli edifici condominiali oggetto di intervento.

Il comma 2 aggiunge un articolo 135-bis al D.P.R. n. 380 del 2001(71) , ove si prevede, al comma 1, l’obbligo di dotare gli edifici di nuova realizzazione – con domanda di autorizzazione edilizia presentata dopo il 1° luglio 2015 – di impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete (“un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete”).

Il testo contiene anche una definizione di tale infrastruttura fisica multiservizio, secondo la quale essa costituisce il complesso delle installazioni contenenti reti di accesso cablate in fibra ottica che permettono di fornire l’accesso ai servizi a banda ultralarga.

L’obbligo si applica non solo agli edifici di nuova costruzione, ma anche agli edifici preesistenti, quando siano oggetto di interventi per i quali venga comunque richiesto un permesso di costruire successivamente al 1° luglio 2015.

Il comma 2 del nuovo articolo 135-bis del D.P.R. n. 380 del 2001prevede l’obbligo di dotare gli edifici di nuova realizzazione – con domanda di autorizzazione edilizia presentata dopo il 1° luglio 2015 – di un punto di accesso. Secondo la definizione contenuta nello stesso comma 2, per punto di accesso si intende il punto, situato all’interno o all’esterno dell’edificio, che consente la connessione con l’infrastruttura interna all’edificio predisposta per i servizi di accesso in fibra ottica a banda ultralarga.

Analogamente a quanto previsto nel precedente al comma 1, l’obbligo riguarda non solo agli edifici di nuova costruzione, ma anche agli edifici preesistenti, quando siano oggetto di interventi per i quali venga comunque richiesto un permesso di costruire successivamente al 1° luglio 2015, tuttavia in tale caso l’obbligo appare limitato agli interventi di ristrutturazione per i quali è necessario il permesso di costruire.

Si rammenta che il Capo II del D.P.R. n. 380 del 2001, riguardante il permesso di costruire, contiene l’articolo 10 che di tale permesso ne definisce nozione e caratteristiche. In particolare al comma 1 lettera c) vengono inclusi fra gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia subordinati a permesso di costruire c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli.

Il comma 3 del nuovo articolo 135-bis del D.P.R. n. 380 del 2001stabilisce che ; gli edifici così equipaggiati potranno su base volontaria ricevere l’etichetta di “edificio predisposto alla banda larga”, rilasciata da un tecnico abilitato.


70) D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche.

71) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia

Articolo 7, commi 1-9-bis

(Norme in materia di gestione di risorse idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il superamento delle procedure di infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-10 del 19 luglio 2012 e C-85-13 del 10 aprile 2014; norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia ambientale» sono apportate le seguenti modificazioni: 1. Identico:
a) nella Parte III, ovunque ricorrano, le parole «l’Autorità d’ambito» sono sostituite dalle seguenti: «l’ente di governo dell’ambito» e le parole «le Autorità d’ambito» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell’ambito»; a) identica;
b) all’articolo 147 sono apportate le seguenti modifiche: b) identico:
1) al comma 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Gli enti locali partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1.»; 1) al comma 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell’ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine si applica l’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito,individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1.»;
2) dopo il comma 1 è inserito il seguente: 2) identico:
«1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell’ambito individuati ai sensi del comma precedente entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell’articolo 172, comma 4.»; «1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell’ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell’articolo 172, comma 4.»;
3) al comma 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) unicità della gestione»; 3) identico;
4) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: 4) identico:
«2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane.»; «2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148 »;
b-bis) all’articolo 149, comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densità di popolazione»;
c) l’articolo 150 è abrogato; c) identica;
d) dopo l’articolo 149 è inserito il seguente: d) identico:
«Articolo 149-bis(Affidamento del servizio). «Articolo 149-bis(Affidamento del servizio).
1. L’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito di cui all’articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. 1. L’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito di cui all’articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.L’affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell’ambito territoriale ottimale.
2. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l’efficienza, l’efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l’ente di governo dell’ambito dispone l’affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell’affidamento previgente. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.»; 2. Identico.
2-bis. Al fine di ottenere un’offerta più conveniente e completa e di evitare contenziosi tra i soggetti interessati, le procedure di gara per l’affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio.
2-ter. L’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, come sostituito dal comma 4 dell’articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è soppresso»;
e) all’articolo 151 sono apportate le seguenti modificazioni: e) identico:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Il rapporto tra l’ente di governo dell’ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato da una convenzione predisposta dall’ente di governo dell’ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a quanto previsto dall’articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall’articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, come convertito, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.»; 1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Il rapporto tra l’ente di governo dell’ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato da una convenzione predisposta dall’ente di governo dell’ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a quanto previsto dall’articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall’articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.»;
2) al comma 2, l’alinea è sostituita dalla seguente: «A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare:»; 2) al comma 2, l’alinea è sostituito dal seguente: «A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare:»;
3) al comma 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) la durata dell’affidamento, non superiore a trenta anni, e la possibilità di subaffidamento solo previa approvazione espressa da parte dell’ente di governo dell’ambito»; 3) soppresso
3-bis) al comma 2, dopo la lettera b) è inserita la seguente:
«b-bis) le opere da realizzare durante la gestione del servizio come individuate dal bando di gara»;
4) al comma 2, lettera c), dopo le parole: «l’obbligo del raggiungimento», sono aggiunte le seguenti: «e gli strumenti per assicurare il mantenimento»; 4) identico;
5) al comma 2, lettera m), sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, nonché la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell’affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed i criteri e le modalità per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente»; 5) al comma 2, lettera m), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell’affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed i criteri e le modalità per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente»;
6) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1 o, in mancanza di questa, sulla base della normativa vigente, l’ente di governo dell’ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati della procedura di gara. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2, secondo le modalità stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico»; 6) identico;
7) il comma 7 è soppresso; 7) il comma 7 è abrogato;
f) all’articolo 153 sono apportate le seguenti modificazioni: f) identica;
1) al comma 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Gli enti locali proprietari provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione. Nelle ipotesi di cui all’articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza dell’affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell’articolo 172. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale.»;
2) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il gestore è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico.»;
g) all’articolo 156 sono apportate le seguenti modificazioni: g) identica;
1) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, in base a quanto stabilito dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico.»;
2) al comma 2 le parole: «della regione» sono sostituite dalle seguenti: «dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico»;
h) dopo l’articolo 158 è inserito il seguente: h) identico:
«Articolo 158-bis(Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell’autorità espropriante). «Articolo 158-bis(Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell’autorità espropriante).
1. I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi dei piani d’ambito di cui all’articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che provvedono alla convocazione di apposita conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere, interventi ed impianti. 1. I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi nei piani d’ambito di cui all’articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che provvedono alla convocazione di apposita conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere, interventi ed impianti.
2. L’approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici. 2. L’approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici. Qualora l’approvazione costituisca variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
3. L’ente di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1 costituisce autorità espropriante per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo. L’ente di governo può delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato, nell’ambito della convenzione di affidamento del servizio i cui estremi sono specificati in ogni atto del procedimento espropriativo.»; 3. Identico»;
i) all’articolo 172, i commi da 1 a 5 sono sostituiti dai seguenti: i) identico:
«1. Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d’Ambito di cui all’articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio di un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l’affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente. «1. Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d’Ambito di cui all’articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio del 30 settembre 2015, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l’affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplinapro tempore vigente.
2. Al fine di garantire il rispetto del principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, agli ulteriori soggetti operanti all’interno del medesimo ambito territoriale. Qualora detti soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege, il gestore del servizio idrico integrato subentra alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. 2. Identico.
3. In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale, l’ente di governo dell’ambito, nel rispetto della normativa vigente e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l’affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell’articolo 150-bis alla scadenza di una o più gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico così individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel più breve tempo possibile, all’affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di cui al primo periodo, l’ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, dispone l’affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento. 3. In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale, l’ente di governo dell’ambito, nel rispetto della normativa vigente e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l’affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell’articolo 149-bis alla scadenza di una o più gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico così individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel più breve tempo possibile, all’affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di cui al primo periodo, l’ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, dispone l’affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento.
3-bis. Entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico presenta alle Camere una relazione sul rispetto delle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:
a) a carico delle regioni, per la costituzione degli enti di governo dell’ambito;
b) a carico degli enti di governo dell’ambito, per l’affidamento del servizio idrico integrato;
c) a carico degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli enti di governo dell’ambito e in merito all’affidamento in concessione d’uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio.
4. Qualora l’ente di governo dell’ambito non provveda nei termini stabiliti agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 o, comunque, agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge, il Presidente della regione esercita, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali e avviando entro trenta giorni le procedure di affidamento. In tali ipotesi, i costi di funzionamento dell’ente di governo riconosciuti in tariffa sono posti pari a zero per tutta la durata temporale dell’esercizio dei poteri sostitutivi. Qualora il Presidente della regione non provveda nei termini così stabiliti, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, entro i successivi trenta giorni, segnala l’inadempienza al Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell’ente inadempiente. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale. 4. Identico.
5. Alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all’ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.»; 5. Identico.»;
l) all’articolo 124, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «oppure, se già in esercizio, allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione»; l) identica;
2. A partire dalla programmazione 2015 le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che definisce altresì la quota di cofinanziamento regionale. Gli interventi sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’attuazione degli interventi è assicurata dal Presidente della Regione in qualità di Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico con i compiti, le modalità, la contabilità speciale e i poteri di cui all’articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. 2. A partire dalla programmazione 2015 le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che definisce altresì la quota di cofinanziamento regionale. Gli interventi sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le risorse sono prioritariamente destinate agli interventi integrati, finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità, ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. In particolare, gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare ulteriormente l’equilibrio sedimentario dei corsi d’acqua, bensì tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata. A questo tipo di interventi integrati, in grado di garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, in ciascun accordo di programma deve essere destinata una percentuale minima del 20 per cento delle risorse. Nei suddetti interventi assume priorità la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità. L’attuazione degli interventi è assicurata dal Presidente della Regione in qualità di Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico con i compiti, le modalità, la contabilità speciale e i poteri di cui all’articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi di Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), previo parere favorevole dell’Autorità di distretto territorialmente competente, provvede alla revoca, anche parziale, delle risorse assegnate alle Regioni e agli altri enti con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, con i decreti ministeriali ex articolo 16 della legge 31 luglio 2002, n. 179, nonché con i decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dell’articolo 2, commi 321, 331, 332, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con il decreto ministeriale adottati ai sensi dell’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con i decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non è stato pubblicato il bando di gara o non è stato disposto l’affidamento dei lavori, nonché per gli interventi che risultano difformi dalle finalità suddette. L’ISPRA assicura l’espletamento degli accertamenti ed i sopralluoghi necessari all’istruttoria entro il 30 novembre 2014. Le risorse rinvenienti dalle suddette revoche confluiscono in un apposito fondo, istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sono riassegnate per la medesima finalità di mitigazione del rischio idrogeologico secondo i criteri e le modalità di finanziamento degli interventi definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 11, dell’articolo 10, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. 3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), previo parere favorevole dell’Autorità di distretto territorialmente competente, provvede alla revoca, anche parziale, delle risorse assegnate alle Regioni e agli altri enti con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, con i decreti ministeriali ex articolo 16 della legge 31 luglio 2002, n. 179, nonché con i decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dell’articolo 2, commi 321, 331, 332, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con il decreto ministeriale adottato ai sensi dell’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con i decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non è stato pubblicato il bando di gara o non è stato disposto l’affidamento dei lavori, nonché per gli interventi che risultano difformi dalle finalità suddette. L’ISPRA assicura l’espletamento degli accertamenti ed i sopralluoghi necessari all’istruttoria entro il 30 novembre 2014. Le risorse rivenienti dalle suddette revoche confluiscono in un apposito fondo, istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sono riassegnate per la medesima finalità di mitigazione del rischio idrogeologico secondo i criteri e le modalità di finanziamento degli interventi definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 11 dell’articolo 10 del decreto-legge24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
4. Per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui agli accordi di programma stipulati con le Regioni ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, i Presidenti delle Regioni, nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, possono richiedere di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica, attraverso i Ministeri competenti che esercitano il controllo analogo sulle rispettive società, ai sensi della disciplina nazionale ed europea. 4. Per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui agli accordi di programma stipulati con le Regioni ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, i Presidenti delle Regioni, nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, possono richiedere di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di tutti i soggetti pubblici e privati, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica prescritte dal codice di cui aldecreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ivi comprese società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica, attraverso i Ministeri competenti che esercitano il controllo analogo sulle rispettive società, ai sensi della disciplina nazionale ed europea.
5. I Presidenti delle Regioni, per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione degli interventi inclusi negli accordi di cui al comma 4, emanato il relativo decreto, provvedono alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti delle Regioni o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento. 5. Identico.
6. Al fine di garantire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa europea in materia di gestione dei servizi idrici, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un apposito Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche. Il Fondo è finanziato mediante la revoca delle risorse già stanziate dalla Delibera CIPE n. 60/2012 destinate ad interventi nel settore della depurazione delle acque per i quali, alla data del 30 settembre 2014, non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti e per i quali, a seguito di specifiche verifiche tecniche effettuate dall’ISPRA, risultino accertati obiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanistico. Restano ferme le previsioni della stessa delibera CIPE n. 60/12 relative al monitoraggio, alla pubblicità, alla assegnazione del codice unico di progetto e, ad esclusione dei termini alle modalità attuative. I Presidenti delle Regioni o i commissari straordinari comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’elenco degli interventi, di cui al presente comma, entro il 31 ottobre 2014. Entro i successivi sessanta giorni ISPRA procede alle verifiche di competenza riferendone al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’utilizzo delle risorse del Fondo è subordinato all’avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell’Ambito territoriale ottimale, il quale è tenuto a garantire una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all’entità degli investimenti da finanziare. I criteri, le modalità e l’entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. 6. Al fine di garantire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa europea in materia di gestione dei servizi idrici, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un apposito Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche. Il Fondo è finanziato mediante la revoca delle risorse già stanziate dalladelibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 30 aprile 2012, n. 60/2012, pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 160 dell’11 luglio 2012, destinate ad interventi nel settore idrico per i quali, alla data del 30 settembre 2014, non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti e per i quali, a seguito di specifiche verifiche tecniche effettuate dall’ISPRA, risultino accertati obiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanisticoovvero situazioni di inerzia del soggetto attuatore. Per quanto non diversamente previsto dal presente comma, restano ferme le previsioni della stessa delibera del CIPE n. 60/2012 e della delibera del CIPE n. 21/2014 del 30 giugno 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 22 settembre 2014, relative al monitoraggio, alla pubblicità, all’assegnazione del codice unico di progetto e, ad esclusione dei termini, alle modalità attuative. I Presidenti delle Regioni o i commissari straordinari comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’elenco degli interventi, di cui al presente comma, entro il 31 ottobre 2014. Entro i successivi sessanta giorni ISPRA procede alle verifiche di competenza riferendone al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’utilizzo delle risorse del Fondo è subordinato all’avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell’Ambito territoriale ottimale, il quale è tenuto a garantire una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all’entità degli investimenti da finanziare. I criteri, le modalità e l’entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
7. Al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione europea in ordine all’applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, entro il 30 settembre 2014, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è attivata la procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo secondo quanto previsto dall’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche con la nomina di appositi commissari straordinari, che possono avvalersi della facoltà di cui al comma 4 del presente articolo. I commissari sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei successivi quindici giorni. I commissari esercitano comunque i poteri di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014. 7. Al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione europea in ordine all’applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, entro il 31 dicembre 2014, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, può essere attivata la procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo secondo quanto previsto dall’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche con la nomina di appositi commissari straordinari, che possono avvalersi della facoltà di cui al comma 4 del presente articolo. I commissari sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei successivi quindici giorni. I commissari esercitano comunque i poteri di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014. Ai commissari non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.
8. Al fine di fronteggiare le situazioni di criticità ambientale delle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione, previa istruttoria del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico appositamente istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è assegnata alle Regioni, la somma complessiva di 110 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2007-2013 per interventi di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua. 8. Identico.
8-bis. Al comma 3 dell’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo le parole: «i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali» sono inserite le seguenti: «o nell’ambito delle pertinenze idrauliche».
9. La struttura di missione di cui al comma 8 opera di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nelle attività pianificatorie, istruttorie e di ripartizione delle risorse finanziarie finalizzate alla realizzazione degli interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico. 9. La struttura di missione di cui al comma 8 opera di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per quanto di competenza, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nelle attività pianificatorie, istruttorie e di ripartizione delle risorse finanziarie finalizzate alla realizzazione degli interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico.
9-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Norme in materia di gestione di risorse idriche (comma 1)

Il comma 1 introduce una serie di modifiche al cd. Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006).

La lettera a) è finalizzata ad uniformare, in tutto il testo della parte III del Codice, le denominazioni degli organi di governo degli ambiti idrici, in seguito alla soppressione delle autorità d’ambito (AATO) e alla loro sostituzione con i nuovi soggetti individuati dalle leggi regionali. A tal fine l’espressione “autorità d’ambito” viene sostituita con “ente di governo dell’ambito”.

Per una rassegna delle legislazioni regionali e dei soggetti da queste individuati in luogo delle AATO si veda la tavola 4.1 a pag. 226 della Relazione annuale dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) del marzo 2014.

La lettera b) prevede, al numero 1), l’obbligatorietà della partecipazione degli enti locali agli enti d’ambito e il conseguente trasferimento, a tali enti di governo, delle competenze spettanti agli enti locali in materia di gestione delle risorse idriche, ivi comprese le funzioni di programmazione delle infrastrutture idriche (nuovo ultimo periodo del comma 1 dell’art. 147 del Codice).

Si tratta di una norma che riproduce, per i nuovi enti d’ambito, quanto già disposto per le autorità d’ambito (AATO) dall’art. 148 del Codice.

Una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati ha previsto il termine perentorio del 31 dicembre 2014 entro il quale le Regioni devono emanare una delibera di individuazione degli enti di governo dell’ambito territoriale ottimale (EGATO). Decorso inutilmente tale termine si applicano le norme per l’esercizio del potere sostitutivo. Con riferimento all’obbligo in capo agli enti locali, che viene confermato, di partecipare all’ente di governo dell’ambito, viene chiarito che tale obbligo riguarda gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale.

Il numero 2) della lettera b) prevede poteri sostitutivi in capo alla regione, nei casi di mancata adozione (entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione) da parte dell’ente locale della delibera di adesione all’ente d’ambito (nuovo comma 1-bis dell’art. 147 del Codice). Le relative spese sono a carico dell’ente inadempiente.

A seguito di un emendamento approvato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il termine per l’adesione, da parte degli enti locali, agli enti di governo dell’ambito territoriale ottimale (EGATO). In luogo del termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge viene previsto che il termine sia fissato dalle regioni e dalle province autonome e che comunque tale termine non superi i 60 giorni dalla delibera di individuazione dell’ente di governo. Viene altresì modificato il termine decorso il quale è previsto l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Presidente della regione: in luogo di un termine di 30 giorni successivi alla diffida ad adempiere, viene previsto un termine di 60 giorni dalla succitata delibera di individuazione.

Il numero 3) ripristina il requisito dell’unicità della gestione, in luogo di quello (meno stringente) dell’unitarietà, che era stato introdotto nel testo del Codice dal D.Lgs. 4/2008 (c.d. secondo correttivo al Codice).

Si ricorda quanto rilevato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 307 del 2009, che, nell’analizzare il contesto normativo relativamente alla non separabilità tra gestione della rete ed erogazione del servizio idrico, sottolinea che “indipendentemente da ogni considerazione sul valore semantico dei termini «unicità» ed «unitarietà» della gestione, è, infatti evidente che parlare di «unitarietà», anziché di «unicità» delle gestioni, non vale a consentire l’opposto principio della separazione delle gestioni stesse. In altri termini, le due gestioni, quella delle reti e quella dell’erogazione, alla luce della sopravvenuta disciplina statale, potranno anche essere affidate entrambe a più soggetti coordinati e collegati fra loro, ma non potranno mai fare capo a due organizzazioni separate e distinte”.

La modifica in esame elimina altresì la parte della lettera b) del comma 2 dell’art. 147 del Codice ove si richiedeva, comunque, il superamento della frammentazione verticale delle gestioni.

Il numero 4) disciplina il caso in cui l’ambito territoriale ottimale (ATO) coincide con l’intero territorio regionale, consentendo – ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza – l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane (nuovo comma 2-bis dell’art. 147 del Codice).

Nel corso dell’esame in prima lettura è stata introdotta una modifica alla lettera b), numero 4), del comma 1volta a fare salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5 dell’art. 148 del d.lgs. 152/2006.

Tale comma ha infatti previsto che l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d’ambito competente.

Nel corso dell’esame preso la Camera dei deputati è stata inserita una nuova lettera b-bis) del comma 1 in cui si prevede che il il programma degli interventi (che rappresenta una componente del piano d’ambito, ai sensi dell’art. 149 del D.Lgs. 152/2006) debba – nell’individuare le manutenzioni e le nuove opere da realizzare per garantire il raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio e soddisfare la complessiva domanda dell’utenza – tener conto della domanda dell’utenza collocata nelle zone montane e/o a minore densità di popolazione

Le lettere c) e d) riscrivono la disciplina relativa alla scelta della forma di gestione e alle procedure di affidamento del servizio idrico.

La lettera c) dispone infatti l’abrogazione dell’art. 150 del Codice, ove era contenuta la disciplina previgente l’entrata in vigore del presente decreto-legge, che viene ora collocata, con una serie di modifiche, nel nuovo articolo 149-bis, introdotto nel testo del Codice dalla lettera d) del comma in esame.

In estrema sintesi la nuova disciplina prevede che l’ente d’ambito deliberi la forma di gestione e le modalità di affidamento del servizio, nel rispetto della disciplina europea e nazionale.

La Camera dei deputati ha modificato la lettera d) del comma 1. La modifica riguarda in particolare il comma 1 del nuovo articolo 149-bis, che, tra l’altro, prevede che l’ente di governo dell’ATO provveda all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Tale comma viene integrato nel senso di stabilire che l’affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento europeo per la gestione cosiddetta in house, partecipata esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell’ATO.

La Camera dei deputati ha aggiunto alla lettera d) del comma 1 una nuova previsione volta a sopprimere la disciplina – di cui all’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 25 della legge n. 448/2001 (Finanziaria 2002) – che regola la dismissione delle partecipazioni azionarie dell’Acquedotto pugliese detenute a livello regionale con procedure di evidenza pubblica nel rispetto della disciplina comunitaria in materia. La soppressione della citata disposizione opera attraverso l’inserimento di un nuovo comma 2-bis all’articolo 149-bis del d.lgs. 152/2006 introdotto dalla lettera d) del comma 1 dell’articolo in esame.

Il comma 4 dell’articolo 25 della legge n. 448/2001 ha modificato l’articolo 4 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 141, che ha disposto la trasformazione dell’Ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni (a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59), prevedendo, al primo periodo, il trasferimento, senza oneri, entro il 31 gennaio 2002, delle quote dell’Acquedotto pugliese Spa di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze alle regioni Puglia e Basilicata secondo il criterio della consistenza numerica della popolazione. Il secondo ed ultimo periodo dell’articolo 4 del d.lgs. 141/99, che l’emendamento abroga, prevede l’avvio, da parte delle predette regioni, della dismissione delle rispettive quote azionarie entro i sei mesi successivi al termine del 31 gennaio 2002 fissato nel primo periodo per il trasferimento senza oneri delle azioni.

La Camera dei deputati ha altresì aggiunto alla lettera d) del comma 1 una disposizione secondo cui le procedure di gara per l’affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio. Tale disposizione, che viene inserita in un nuovo comma 2-bis dell’art. 149-bis del d.lgs. 152/2006 è espressamente finalizzata ad ottenere un’offerta più conveniente e completa e ad evitare contenziosi tra i soggetti interessati.

Conseguentemente, sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è stato aggiunto il numero 3-bis) alla lettera e) del comma 1 al fine di includere nel contenuto delle convenzioni tipo – che ai sensi dell’art. 151 del d.lgs. 152/2006 devono regolare il rapporto tra l’ente di governo dell’ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato – la previsione delle opere da realizzare durante la gestione del servizio, come individuate dal bando di gara.

La lettera e) contiene una serie di modifiche all’articolo 151 del Codice, che nel testo previgente disciplinava i rapporti tra autorità d’ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.

Prescindendo dalle modifiche conseguenti al mutato assetto organizzativo (sostituzione dell’AATO con l’ente di governo dell’ambito e – in virtù dell’unicità della gestione imposta dalla lettera b), numero 3) del comma in esame – di più soggetti gestori con un unico soggetto gestore), la novità più rilevante sembra essere la soppressione della possibilità (prevista dal comma 7), per l’affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell’AATO, di gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all’intero ambito territoriale ottimale.

Rispetto al testo previgente viene attribuita all’AEEGSI, anziché alle regioni e alle province autonome, la competenza a predisporre le convenzioni-tipo che dovranno essere usate dall’ente di governo dell’ambito per regolare i rapporti con il gestore.

Tale passaggio di competenze era già stato sancito, a favore dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua (che non è mai stata istituita, e nelle cui funzioni è subentrata l’AEEGSI, ai sensi dell’art. 21, comma 19, del D.L. 201/2011), dal comma 14 dell’art. 10 del D.L. 70/2011.

Ulteriori modifiche riguardano l’individuazione, nelle convenzioni-tipo, degli strumenti per mantenere l’equilibrio economico-finanziario nonché (secondo quanto previsto dal numero 5) della lettera in esame) della disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell’affidamento e dei criteri per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato soppresso il il numero 3) della lettera e) del comma 1 che ha riscritto la lettera b) del comma 2 dell’art. 151 del D.Lgs. 152/2006. Nell’operare tale riscrittura, oltre a confermare il limite trentennale per la durata dell’affidamento (già previsto dal testo previgente), il decreto-legge in esame ha introdotto una ulteriore disposizione volta a consentire il subaffidamento, ma solo previa approvazione espressa da parte dell’ente di governo dell’ambito.

Con la modifica suddetta è quindi eliminata tale disposizione e il dettato della lettera b) del comma 2 dell’art. 151 viene riportato alla sola previsione di un limite trentennale di affidamento.

La lettera f) interviene sull’articolo 153 del Codice, introducendo l’obbligo per il nuovo gestore affidatario del servizio idrico di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso (nuovo ultimo periodo del comma 2 dell’art. 153 del Codice).

Tale disposizione sembra collegarsi a quella prevista dalla lettera e), numero 5), del comma in esame, cui si è accennato in precedenza.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione sottolinea che tale obbligo viene introdotto in analogia a quanto già accade nel settore della distribuzione del gas naturale e con l’obiettivo di facilitare l’accesso al mercato del credito, “strutturando un modello che fornisca ai finanziatori maggiori certezze circa la sorte di finanziamenti concessi al gestore in prossimità della scadenza delle concessioni in essere”.

Un’altra modifica riguarda il comma 1 dell’art. 153 ed è finalizzata ad introdurre tempi certi e perentori per l’affidamento al gestore del servizio idrico integrato, in concessione d’uso gratuita, delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali.

La lettera g) interviene sull’articolo 156 del Codice che disciplina il caso in cui il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni.

In tali casi l’articolo 156 stabilisce che la tariffa sia riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori.

Le modifiche operate dalla lettera g) in esame sono finalizzate a sottoporre al controllo dell’AEEEGSI il riparto, tra i diversi gestori, delle tariffe riscosse e delle spese di riscossione.

La lettera h) introduce una specifica disciplina per l’approvazione dei progetti degli interventi previsti nei piani d’investimento compresi nei piani d’ambito e per l’individuazione dell’autorità espropriante (nuovo articolo 158-bis del Codice).

L’approvazione dei progetti viene attribuita alla competenza degli “enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell’articolo 3-bis del D.L. 138/2011”, che provvedono alla convocazione di un’apposita conferenza di servizi. Gli stessi enti sono autorità esproprianti e possono delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato.

L’articolo 3-bis citato ha previsto che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano organizzino lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio e istituendo o designando gli enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012.

Secondo il medesimo articolo la dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato integrato il disposto della lettera h) del comma 1 – che introduce nel D.Lgs. 152/2006 l’art. 158-bis secondo cui l’approvazione, da parte dell’ente di governo dell’ambito, dei progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi dei piani d’ambito, costituisce variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale – al fine di precisare che tale variante urbanistico/territoriale deve essere coordinata con il Piano di protezione civile, ribadendo così l’obbligo di coordinamento previsto dall’art. 3, comma 6, della L. 225/1992.

Tale comma 6 prevede che i piani e i programmi di gestione, tutela e risanamento del territorio devono essere coordinati con i piani di emergenza di protezione civile. Si osserva che nel disporre tale obbligo, la norma fa riferimento sia ai piani comunali sia al piano regionale di protezione civile.

La lettera i) riscrive i commi da 1 a 5 dell’articolo 172 del Codice al fine di garantire che in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sia affidato a gestori unici.

Si ricorda che il comma 2 dell’art. 13 del D.L. 150/2013 (v. box) ha previsto che la mancata istituzione o designazione dell’ente di governo dell’ambito territoriale ovvero la mancata deliberazione dell’affidamento entro il termine del 30 giugno 2014, comportano l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Prefetto competente per territorio, le cui spese sono a carico dell’ente inadempiente, che provvede agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento entro il 31 dicembre 2014. Ai sensi del successivo comma 3 il mancato rispetto dei termini citati comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.

Occorre anche ricordare che al fine di garantire la continuità del servizio, laddove l’ente responsabile dell’affidamento ovvero, ove previsto, l’ente di governo dell’ambito abbia invece già avviato le procedure di affidamento il servizio è espletato dal gestore o dai gestori già operanti fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014.

Il nuovo comma 1 dell’art. 172 disciplina il caso in cui il piano di ambito non sia stato redatto o l’ente di governo dell’ambito non abbia ancora scelto la forma di gestione e avviato le procedure di affidamento. In tali casi viene introdotto il termine perentorio del 13 settembre 2015 (vale a dire un anno dall’entrata in vigore del presente decreto-legge) per la conclusione di procedure di affidamento ad un gestore unico, con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata modificata la lettera i) del comma 1 al fine di posticipare al 30 settembre 2015 il termine (previsto dal comma 1 del citato art. 172) entro il quale gli enti di governo degli ATO che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d’Ambito o non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l’affidamento del servizio al gestore unico.

Il successivo comma 2 prevede invece, in via generale, l’immediato subentro (decorrente dall’entrata in vigore del presente decreto-legge) del gestore del servizio idrico integrato agli ulteriori soggetti operanti all’interno del medesimo ambito territoriale.

Ai sensi dell’ultimo periodo del medesimo comma 2, qualora detti soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege, il subentro decorrerà dalla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto.

Il comma 3 prevede che, “fuori dai casi contemplati dal comma 1” (ossia nei casi in cui il piano di ambito sia stato redatto e l’ente di governo dell’ambito abbia scelto la forma di gestione e avviato le procedure di affidamento), in sede di prima applicazione, l’ente di governo dell’ambito dispone l’affidamento ad un gestore unico alla scadenza di una o più gestioni esistenti, tra quelle fatte salve dall’ultimo periodo del comma 2, aventi un bacino complessivo almeno pari al 25% della popolazione dell’ambito.

Il gestore unico così individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto.

Nelle more del raggiungimento della citata percentuale del 25%, l’ultimo periodo del comma 3 prevede un affidamento “temporaneo” per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate (dall’ultimo periodo del comma 2) gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25% della popolazione ricadente nell’ambito territoriale.

Volendo schematizzare, il contenuto dei commi 1, 2 e 3 può essere così sintetizzato:

Dall’entrata in vigore del presente decreto-legge avviene il subentro del gestore del servizio idrico integrato agli ulteriori soggetti operanti all’interno del medesimo ambito territoriale, esclusi i soggetti contemplati dall’ultimo periodo del comma 2, che volendo utilizzare un’espressione sintetica saranno indicati come “soggetti residui”. Tali “soggetti residui” sono quei soggetti che gestiscono il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege. Per tali “soggetti residui” il subentro decorrerà dalla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto (comma 2).Per quanto riguarda le procedure di affidamento vengono distinti due casi:
CASO 1 (comma 1)
Il piano di ambito non è stato redatto o l’ente di governo dell’ambito non ha ancora scelto la forma di gestione e avviato le procedure di affidamento
CASO 2 (comma 3)
Il piano di ambito è stato redatto e l’ente di governo dell’ambito ha scelto la forma di gestione e avviato le procedure di affidamento (“fuori dai casi di cui al comma 1”)
Obbligo di concludere le procedure di affidamento ad un gestore unico
entro il 30 settembre 2015
(in sede di prima applicazione) Procedura per disporre l’affidamento ad un gestore unico alla scadenza di una o più gestioni “residue” esistenti, aventi un bacino complessivo almeno pari al 25% della popolazione dell’ambito.Il gestore unico così individuato subentra agli ulteriori soggetti “residui” alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha introdotto una modifica alla lettera i) del comma 1 aggiungendo un comma 3-bis all’art. 172 del D.Lgs. 152/2006. Tale nuovo comma prevede l’obbligo, in capo all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), di presentare una relazione semestrale al Parlamento (entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno) relativa al rispetto delle prescrizioni disposte dal d.lgs. 152/2006). La relazione dovrà riguardare, in particolare, il rispetto degli obblighi posti a carico:

a)delle Regioni, per la costituzione degli EGATO;

b)degli EGATO, per l’affidamento del servizio idrico integrato (SII);

c)degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli EGATO e in merito all’affidamento in concessione d’uso gratuito delle infrastrutture del SII ai gestori affidatari del servizio.

Il nuovo comma 4 dell’art. 172 stabilisce che, qualora l’ente di governo dell’ambito non provveda nei termini stabiliti all’attuazione dei commi precedenti viene prevista l’attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo regionale e, in caso di mancato esercizio dello stesso, di quello del Governo, mediante la nomina di un commissario ad acta..

Il comma 5 prevede che alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all’ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.

Tale disposizione appare analoga a quella già prevista dal corrispondente comma del testo previgente.

Servizi pubblici locali: il referendum del 12 e 13 giugno 2011, la successiva giurisprudenza costituzionale in materia ed i più recenti interventi normativi

Sulla materia dei servizi pubblici locali, con particolare riguardo alle modalità di affidamento della relativa gestione, si sono succedute diverse discipline normative, nel cui ambito si sono inserite sia un’abrogazione referendaria sia una pronuncia di illegittimità costituzionale. Tali interventi sono susseguiti in un ristretto contesto temporale e sono stati adottati, per lo più, con provvedimenti d’urgenza, a partire dall’art. 23-bis del D.L. n. 112/2008.

Per quanto attiene al riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, la disciplina sulle modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali (SPL) di rilevanza economica è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto attiene alla materia della tutela della concorrenza, tenuto conto della diretta incidenza sul mercato e perché strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio (Corte cost., sentenza 20 marzo 2013, n. 46).

La disciplina normativa abrogata dal referendum del 2011

L’art. 23-bis del D.L. 112/2008 è intervenuto sulla disciplina del comparto dei servizi pubblici locali (SPL), affermando l’obiettivo di favorire la diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi. A tal fine il principio della gara è stato posto come regola generale degli affidamenti di servizi ed è stata stabilita una specifica normativa in deroga per le fattispecie che “non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato”. Al contempo è stata prevista un’ampia delegificazione del settore. Questa riforma ha inciso sulla normativa contenuta principalmente nell’articolo 113 D.Lgs. 267/2000 (TUEL) ed è stata poi modificata in vari punti dall’articolo 15 del D.L. 135/2009, e successivamente completata in via di delegificazione dal regolamento governativo adottato con D.P.R. 168/2010.

Il referendum del 12 e 13 giugno 2011 e la normativa successiva

L’art. 23-bis del D.L. 112/2008, nel testo risultante dalle modifiche successivamente approvate, è stato dichiarato abrogato con il dPR 113/2011, a seguito degli esiti delle consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno 2011.

Per colmare il conseguente vuoto normativo è quindi intervenuto sulla materia l’articolo 4 del D.L. 138/2011. Tale articolo ha previsto una nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali le cui linee portanti in tema di affidamenti hanno ripreso quelle della disciplina varata nel 2008, come successivamente modificata e integrata in sede di delegificazione.

Tali disposizioni sono state poi oggetto di ulteriori parziali modifiche per effetto dell’articolo 9, co. 2, della legge 183/2011, legge di stabilità 2012 e dell’art. 25, comma 1, del D.L. 1/2012 (c.d. D.L. Liberalizzazioni) che ha introdotto, l’art. 3-bis nel D.L. 138/2011, per disciplinare gli ambiti territoriali e i criteri di organizzazione dei servizi pubblici locali allo scopo di economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza dei servizi stessi. Il D.L. liberalizzazioni ha anche novellato l’art. 4 del D.L. 138/2011 con l’obiettivo di limitare ulteriormente le possibilità di ricorrere alle gestioni dirette e di incentivare le gestioni concorrenziali nei diversi segmenti del comparto. Ulteriori novelle, di entrambi gli articoli, 3-bis e 4, sono state disposte dall’art. 53 del D.L. 83/2012 (c.d. D.L. Crescita del Paese).

Le nuove regole hanno stabilito non solo disposizioni in tema di affidamenti, ma anche norme in tema di incompatibilità e divieti di incarichi nelle società e nelle commissioni di gara, di valutazione della tutela dell’occupazione nell’ambito delle offerte nelle gare, di virtuosità degli enti affidanti, di assoggettamento delle società in house al patto di stabilità interno, alla normativa in tema di acquisto di beni e servizi da parte di soggetti pubblici, ai principi che regolano criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche.

Tale disciplina ha previsto una clausola di generale applicazione di tutte le norme ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, con prevalenza sulle relative discipline di settore incompatibili, escludendo dall’ambito applicativo, oltre al servizio idrico integrato, i seguenti servizi, disciplinati da normative di settore: servizio di distribuzione di gas naturale; servizio di distribuzione di energia elettrica; servizio di trasporto ferroviario regionale; gestione delle farmacie comunali.

La sentenza della Corte costituzionale 199/2012

Su tale disciplina è intervenuta la sentenza 199/2012 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni adottate, dopo il referendum del giugno 2011, con l’art. 4 del D.L. 138/2011 e delle successive modificazioni, in quanto dirette sostanzialmente a reintrodurre la disciplina abrogata dalla volontà popolare col suddettoreferendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall’art. 75 Cost.

La Corte ha infatti rilevato che, nonostante l’esclusione dall’ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato, “risulta evidente l’analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell’art. 4 rispetto a quella dell’abrogato art. 23-bis e l’identità della ratio ispiratrice”.

La declaratoria di illegittimità ha riguardato non solo l’art. 4, ma anche le successive modificazioni dello stesso articolo disposte dalle seguenti fonti: art. 9, co. 2, della legge 183/2011; art. 25 del decreto-legge 1/2012; art. 53 del decreto-legge 83/2012. Non è invece incluso nel perimetro dell’illegittimità il predetto art. 3-bis, introdotto dal citato art. 25 del D.L. 1/12.

Nella sentenza in questione la Corte costituzionale ha rilevato come il suddetto art. 23-bis, abrogato a seguito delreferendum popolare, si caratterizzava per il fatto di dettare una normativa generale di settore, inerente a quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi, volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni, la cui puntuale regolamentazione veniva demandata ad un regolamento governativo (adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 168). La Corte ha quindi ricordato come con la suddetta consultazione referendaria tale normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l’intento referendario di «escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)» (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa comunitaria conferente.

A distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, si è intervenuti sulla materia con il richiamato art. 4, il quale ha dettato una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che – ha ritenuto la Corte – “non solo è contraddistinta dalla medesimaratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel d.P.R. n. 168 del 2010”.

La Corte ha rilevato come venisse resa ancor più remota l’ipotesi dell’affidamento diretto dei servizi, in quanto non solo limitava, in via generale, «l’attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità» (comma 1), analogamente a quanto disposto dall’art. 23-bis (comma 3) del d.l. n. 112 del 2008, ma la àncorava anche al rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, il superamento della quale determina automaticamente l’esclusione della possibilità di affidamenti diretti. Tale effetto – ha precisato la Corte – si verifica a prescindere da qualsivoglia valutazione dell’ente locale, oltre che della Regione, ed anche – in linea con l’abrogato art. 23-bis – in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale, allorquando l’applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione» dell’ente pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico della società affidataria, del cosiddetto controllo “analogo” (il controllo esercitato dall’aggiudicante sull’affidatario deve essere di “contenuto analogo” a quello esercitato dall’aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell’attività dell’affidatario in favore dell’aggiudicante.

In conclusione, ad avviso della Corte le poche novità introdotte dall’art. 4 rispetto all’abrogato art. 23-bis accentuavano la drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria aveva inteso escludere. Al contempo, la Corte ha rilevato come, tenuto conto del fatto che l’intento abrogativo espresso con ilreferendum riguardava «pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica» (sentenza n. 24 del 2011) ai quali era rivolto l’art. 23-bis, non è possibile ritenere che l’esclusione del servizio idrico integrato dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare, con la conseguenza che il suddetto art. 4 costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.

La disciplina successiva alla sentenza della Corte

La caducazione della normativa stabilita con l’art. 4 del D.L. 138/2011 e con le successive modifiche ha lasciato il settore dei servizi pubblici locali parzialmente privo di una specifica disciplina nazionale di carattere generale, ma non per questo in una situazione di vuoto normativo.

Infatti, in primo luogo, per effetto dell’appartenenza all’Unione europea, in materia trova applicazione quanto stabilito in sede UE, sia nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito TFUE) sia dalla giurisprudenza comunitaria. In questa sede la gestione diretta del SPL da parte dell’ente pubblico è ammessa se lo Stato membro ritiene che l’applicazione delle regole di concorrenza sia un ostacolo, in diritto od in fatto, alla speciale missione del servizio pubblico restando riservato all’ordinamento comunitario il sindacato sull’eventuale “errore manifesto” alla base della decisione dello Stato. In particolare, secondo la giurisprudenza comunitaria, le regole sulla concorrenza non ostano a una disciplina nazionale che consente ad un ente pubblico di affidare un servizio pubblico direttamente ad una società della quale esso detiene l’intero capitale, a condizione che:

– l’ente pubblico eserciti su tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

– la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la detiene.

In secondo luogo, la declaratoria di illegittimità non ha riguardato l’art. 3-bis del D.L. 138/2011 e successive modificazioni, sopra illustrato, le cui disposizioni, pur non riguardando le modalità di affidamento del servizio, hanno una generale applicazione.

In terzo luogo, i settori c.d. esclusi, sopra ricordati, restano disciplinati dalle normative di settore.

In base alla normativa contenuta in particolare nell’art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, da L. n. 221/2012, la scelta delle modalità di affidamento del servizio viene rimessa all’ente affidante, sulla base di una relazione, da rendere pubblica sul sito internet dell’ente stesso, che deve dare conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche (se previste).

Obiettivi dell’obbligo di pubblicare la relazione sono: il rispetto della disciplina europea; la parità tra gli operatori; l’economicità della gestione; l’adeguata informazione della collettività di riferimento.

Pertanto, la scelta della modalità di affidamento risulta rimessa alla valutazione dell’ente locale, nel presupposto che la discrezionalità in merito sia esercitata nel rispetto dei principi europei; di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. Da tale disciplina sono stati espressamente esclusi i servizi di distribuzione di gas naturale e di distribuzione di energia elettrica, nonché quelli di gestione delle farmacie comunali.

La normativa richiamata ha previsto anche una disciplina transitoria (art. 34, co. 21), disponendo che gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del decreto, che non siano conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea, devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 (pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista). Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza, gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell’affidamento, prescrivendo, comunque, che il mancato adempimento degli obblighi previsti determina la cessazione dell’affidamento alla data del 31 dicembre 2013.

In deroga a quanto previsto dalla disposizione originaria, è poi intervenuto l’articolo 13, co. 1, del D.L. 150/2013 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15/2014) che ha prorogato la durata degli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012 fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014; tuttavia, tale proroga non si applica in ogni caso, ma limitatamente alle ipotesi in cui l’ente affidante, ovvero, ove previsto, l’ente di governo dell’ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo, abbia avviato le procedure di affidamento di servizi, con l’adozione e la pubblicazione della relazione che motiva l’affidamento prescelto. Il mancato rispetto del termine, comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.

Disposizioni particolari sono state stabilite per gli “affidamenti diretti”, cioè senza gara, in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012. Per questi è stato previsto che, se sono assentiti alla data del 1° ottobre 2003 e riguardanti società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c., cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; mentre gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31 dicembre 2020 (art. 34, co. 22).

Al contempo, con la finalità di rendere più efficiente la gestione dei servizi, il legislatore ha definito una disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell’articolo 3-bis del D.L. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), introdotto dall’art. 25, co. 1, del D.L. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012). Tale disposizione – che si applica solo ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica – attribuisce alle regioni e alle province autonome il compito di:

– individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione. Gli ambiti devono essere: ottimali, omogenei, di dimensione normalmente non inferiore a quella del territorio provinciale. E’ riconosciuta alle Regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, individuando ambiti di dimensione diversa. Ciò purché la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale e socio economica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio;

– istituire o designare gli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali; ad essi la legge riserva in via esclusiva le seguenti funzioni: organizzazione del servizio; scelta della forma di gestione; affidamento della gestione; controllo della gestione; determinazione delle tariffe all’utenza (art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, introdotto dall’art. 34 del D.L. n. 179/2012).

È, in ogni caso, fatta salva l’organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee.

La clausola di salvaguardia introdotta viene giustificata con la necessità di coordinare tali disposizioni con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali. In particolare, ai sensi dell’articolo 147 del Codice ambientale, i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli (L. 36/1994). Analoga organizzazione territoriale è prevista dall’articolo 200 del Codice per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

In base al testo originario del decreto, le regioni avrebbero dovuto provvedere alla definizione del perimetro degli ambiti e alla designazione dei relativi enti di governo entro il 30 giugno 2012, termine la cui inutile decorrenza autorizzava il Consiglio dei Ministri ad esercitare i poteri sostitutivi di cui all’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 a tutela dell’unità giuridica ed economica. Nel corso della attuale legislatura, su tale disciplina, è intervenuto il citato articolo 13 del D.L. n. 150/2013 (comma 2) che ha previsto due ipotesi:

– mancata istituzione o designazione dell’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale ai sensi dell’art. 3-bis del D.L. n. 138/2011;

– mancata deliberazione dell’affidamento entro il termine del 30 giugno 2014.

Dissesto idrogeologico (commi da 2 a 5)

I commi da 2 a 5 contengono una serie di norme principalmente finalizzate all’utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi.

Si tratta di disposizioni che si innestano su quelle recentemente dettate dal comma 111 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) e dall’art. 10 del D.L. 91/2014, e che sono finalizzate a disciplinare il recupero delle risorse finanziarie inutilizzate e la loro programmazione a decorrere dal 2015.

Con il comma 111, in estrema sintesi, sono state dettate norme principalmente finalizzate a convogliare le risorse disponibili (derivanti principalmente dagli stanziamenti destinati dall’art. 2, comma 240, della L. 191/2009, a piani straordinari contro il rischio idrogeologico da attuare mediante accordi di programma) agli interventi cantierabili nel 2014. Una delle principali finalità dell’art. 10 del D.L. 91/2014 è stata invece quella di sancire il passaggio delle funzioni dai commissari straordinari ai Presidenti delle regioni.

Il comma 2 dispone che, a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell’ambiente. Gli interventi sono invece individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del medesimo Ministero, ed attuati dal Presidente della Regione in qualità di Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati aggiunti quattro periodi, dopo il secondo periodo del comma 2, al fine di disciplinare l’utilizzo delle risorse finalizzate, a partire dalla programmazione 2015, al finanziamento di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.

Il primo dei quattro periodi aggiuntivi prevede che le citate risorse siano prioritariamente destinate agli interventi integrati, finalizzati sia alla mitigazione del rischio, che alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità, ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva acque (2000/60/CE) e della direttiva alluvioni (2007/60/CE).

Il successivo periodo dispone che gli interventi sul reticolo idrografico non dovranno alterare ulteriormente l’equilibrio sedimentario dei corsi d’acqua, ma al contrario tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata.

Il terzo dei quattro periodi aggiuntivi prevede che, agli interventi integrati succitati, in grado di garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, sia destinata, in ciascun accordo di programma, una quota minima del 20% delle risorse.

L’ultimo dei quattro periodi aggiuntivi stabilisce che, negli interventi integrati suddetti, assume priorità la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità.

Il comma 3 disciplina le modalità di revoca di risorse assegnate in passato alle Regioni e ad altri enti (a partire dai decreti attuativi del D.L. 180 del 1998 fino ai decreti attuativi dell’art. 2 del D.L. 262 del 2006) per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non sia stato pubblicato il bando di gara o non sia stato disposto l’affidamento dei lavori nonché per gli interventi che risultino difformi dalle finalità suddette. L’espletamento degli accertamenti e dei sopralluoghi necessari all’istruttoria è affidato all’ISPRA, che vi dovrà provvedere entro il 30 novembre 2014.

Le risorse così revocate confluiranno in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’ambiente.

Il comma 4 consente ai Presidenti delle Regioni di avvalersi, tramite apposite convenzioni, di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica, per lo svolgimento di attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico previsti dagli accordi di programma stipulati con le Regioni ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati il comma in esame è stato modificato al fine di prevedereche per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico previsti dagli accordi di programma stipulati con le Regioni, i Presidenti delle Regioni (subentrati ai Commissari straordinari) possono richiedere di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, non solamente di società in house (come prevede il testo vigente), ma di tutti i soggetti pubblici e privati, purché nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica previste dal Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006.

Il comma 5 prevede una semplificazione delle procedure espropriative necessarie per la realizzazione degli interventi di cui al comma precedente.

Il comma 8, al fine di fronteggiare le situazioni di criticità ambientale delle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione, prevede l’assegnazione alle regioni (previa istruttoria del Ministero dell’ambiente, di concerto con la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con il D.P.C.M. 27 maggio 2014) la somma complessiva di 110 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 per interventi di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato aggiunto un comma 8-bis, in materia di esclusione dei sedimenti dalla normativa sui rifiuti.

Tale comma prevede l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti – che il testo vigente dell’art. 185, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, prevede si applichi ai sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli, se è provato che i sedimenti non sono pericolosi – anche, alle medesime condizioni e per le stesse finalità, per i sedimenti spostati nell’ambito delle pertinenze idrauliche.

Il comma 9 precisa che nelle attività di pianificazione, istruttoria e ripartizione delle risorse finanziarie finalizzate alla realizzazione degli interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico, la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico opera di concerto con il Ministero dell’ambiente.

Con una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato previsto che la struttura di missione – nelle attività pianificatorie, suddette – opera di concerto non solo con il Ministero dell’ambiente (come prevede il testo vigente) ma anche, per quanto di competenza, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato, inoltre, inserito un comma 9-bis con il quale si estende l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo in esame alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Sistemi di collettamento, fognatura e depurazione (comma 1, lettera l), e commi 6-7)

Autorizzazione provvisoria per il tempo necessario allo svolgimento di interventi sugli impianti

La lettera l) del comma 1 integra il testo del comma 6 dell’art. 124 del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), in base al quale le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio, prevedendo che, qualora gli impianti siano già in esercizio, le regioni stesse possono disciplinare le fasi di autorizzazione provvisoria per il tempo necessario allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all’adempimento degli obblighi derivanti dalle norme dell’UE o al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione.

Istituzione di un fondo revoche per il finanziamento degli interventi e nomina di commissari straordinari

I commi 6 e 7 hanno l’obiettivo di accelerare la realizzazione degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione necessari a conformarsi alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell’UE concernenti l’applicazione della Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane.

A tal fine il comma 6 prevede l’istituzione di un apposito fondo, presso il Ministero dell’ambiente, finanziato mediante le revoche delle risorse stanziate dalla delibera CIPE n. 60/2012 per interventi nel settore della depurazione delle acque per i quali, alla data del 30 settembre 2014:

  • non siano stati assunti atti giuridicamente vincolanti;
  • e risultino accertati (sulla base di verifiche tecniche effettuate dall’ISPRA) oggettivi impedimenti tecnico-progettuali o urbanistici.

Lo stesso comma disciplina in dettaglio la procedura per la revoca delle risorse e per il loro successivo utilizzo.

Il comma 6 stabilisce che la procedura di revoca dovrà terminare entro il 31 dicembre 2014. Il comma 6 dispone infatti che entro il 31 ottobre i presidenti delle regioni o i commissari straordinari comunichino al Ministero dell’ambiente l’elenco degli interventi a cui revocare le risorse e che l’ISPRA effettui le verifiche di competenza entro i successivi 60 giorni.

Il comma 6 prevede che i criteri, le modalità e l’entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi siano definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente, di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

L’utilizzo delle risorse del Fondo è subordinato all’avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell’ambito territoriale.

Sull’affidamento al gestore unico si ricordano le disposizioni dettate dalla lettera i) del comma 1 dell’articolo in esame. Il gestore unico è tenuto a garantire una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all’entità degli investimenti da finanziare.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il comma in esame al fine di prevedere che le risorse del FSC (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione) stanziate dalla delibera CIPE n. 60/2012 e revocabili (alle condizioni indicate dalla norma, per garantire il finanziamento del fondo istituito dal comma in esame) siano non solo quelle destinate ad interventi nel settore della depurazione delle acque, ma in generale quelle afferenti interventi nel settore idrico. Tra le ipotesi di revocabilità delle risorse viene inserita, in aggiunta a quelle previste, anche l’inerzia del soggetto attuatore. Con riferimento alla parte della norma che fa salve le previsioni della stessa delibera CIPE n. 60/2012, essa viene estesa anche alle previsioni della delibera CIPE 21/2014 (di riprogrammazione delle risorse del FSC e delle modalità per il loro utilizzo) ed inoltre viene chiarito che tali previsioni restano ferme per quanto non diversamente previsto dal comma in esame.

Il comma 7, per le medesime finalità di accelerazione degli interventi, consente la nomina, da parte del Governo, di commissari straordinari e ne disciplina i poteri.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il comma in esame al fine di prevedere che l’attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo – finalizzata ad accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi per l’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione alle direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane – non è obbligatoria, ma facoltativa. Il termine per l’attivazione della procedura (scaduto il 30 settembre scorso) viene differito al 31 dicembre 2014.

Sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata introdotta un’integrazione al comma 7, stabilendo che ai commissari non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.

Procedure di contenzioso

Il 10 aprile 2014 la Corte di giustizia europea ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia per il mancato rispetto della normativa comunitaria relativa al trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE), condannandola al pagamento delle spese (Causa C-85/13).

La sentenza è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione 2009/2034.

L’articolo 3 della direttiva obbliga gli Stati membri a provvedere affinché tutti gli agglomerati urbani siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane. In particolare, per quelli con più di 10.000 abitanti e le cui acque reflue si immettono in acque recipienti considerate, ai sensi del successivo articolo 5, aree sensibili, il termine a provvedere è fissato al 31 dicembre 1998. L’articolo 4 dispone l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente. L’articolo 5 dispone che gli Stati membri individuano le aree sensibili e provvedano affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello secondario, entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti. L’articolo 10, infine, dispone che gli Stati membri provvedano affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane garantiscano prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e, nella progettazione, si tenga conto delle variazioni stagionali di carico.

In relazione a tali disposizioni, la Corte di giustizia ha accertato, come richiesto dalla Commissione europea, l’incompletezza dei dati presentati dalle autorità italiane sul numero dei comuni i cui impianti di trattamento delle acque reflue non risultavano conformi a quanto disposto dalla normativa europea e l’esistenza di agglomerati in cui persistevano situazioni di non conformità alla direttiva.

Nel corso della procedura di infrazione che ha portato alla sentenza di condanna della Corte di giustizia, la Commissione ha progressivamente ridotto il numero dei comuni giudicati non conformi (dai 159 iniziali a 41) mentre il governo italiano ha ammesso l’inadempimento limitatamente a 36 agglomerati e, rispetto ai rimanenti agglomerati, ha fatto riferimento ad analisi di controllo successive alla scadenza del termine previsto dal parere motivato (due mesi a decorrere dal 20 marzo 2011).

Tale sentenza segue quella del 19 luglio 2012 (causa C-565/10) relativa alla procedura di infrazione 2004/2034, con la quale la Corte europea ha dichiarato l’inadempimento dell’Italia per non avere predisposto adeguati sistemi per il convogliamento e il trattamento delle acque reflue in numerosi centri urbani con oltre 15.000 abitanti entro il termine previsto del 31 dicembre 2010, come previsto dalla direttiva 91/271/CE.

Con riferimento ad ulteriori agglomerati urbani (tra cui Roma, Firenze, Napoli, Bari e Pisa) risultanti, sulla base dei dati in suo possesso, non conformi alla direttiva 91/271CEE, la Commissione europea, il 31 marzo 2014, ha aperto una nuova procedura di infrazione (2014/2059), inviando alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora ex art. 258 TFUE, per la non conforme applicazione della direttiva sulle acque reflue urbane.

La procedura di infrazione segue l’espletamento della fase precontenziosa (EU-Pilot 1976/11/ENVI) in cui la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di fornire informazione sulla situazione di 1.007 agglomerati urbani, nonché su tutti i comuni con più di 2.000 abitanti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e, infine, su ulteriori 107 agglomerati per i quali è stato comunicato l’impiego di sistemi individuali o altri sistemi adeguati. Ulteriori richieste di dati su altri comuni sono stati inviate successivamente alle autorità italiane. Le risposte fornite, in data 16 settembre 2011, 23 gennaio 2012, 29 maggio 2012 e 11 luglio 2013, non sono state giudicate sufficienti dalla Commissione che, pertanto, ha deciso l’apertura della procedura di infrazione.

I rilievi della Commissione riguardano la conformità del sistema di depurazione delle acque reflue nei comuni indicati rispetto alla direttiva. In particolare:

articolo 3: la non conformità riguarda la non dimostrata esistenza di un sistema di raccolta delle acque reflue, l’inadeguatezza dei sistemi individuali o di altri sistemi adeguati (IAS), l’insufficienza delle informazioni fornite, la mancata giustificazione della riduzione dei carichi attribuiti ad alcuni agglomerati;

articolo 4: la mancanza o l’insufficienza delle informazioni fornite dall’Italia inducono la Commissione a concludere che gli impianti esistenti non garantiscono il trattamento adeguato delle acque reflue;

articolo 5: la Commissione contesta la mancanza o l’insufficienza di informazioni relative agli impianti serventi aree sensibili e bacini drenanti di aree sensibili.

Sulla base di tali considerazioni, la Commissione ha ritenuto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi previsti dagli articoli 3, 4, 5 e 10 della direttiva 91/271/CEE in un numero consistente di agglomerati con più di 2.000 abitanti, alcuni dei quali scaricano in aree sensibili, violando sistematicamente la direttiva. Inoltre, la Commissione ritiene che tale situazione sia estremamente preoccupante considerando che per alcuni di tali agglomerati la violazione era già stata accertata dalle precedenti sentenze della Corte di giustizia europea relative alle procedure di infrazione n. 2004/2034 e 2009/2034.

Articolo 7, commi 9-ter – 9-sexies

(Disposizioni in favore delle popolazioni colpite dal sisma del maggio 2012 nonché per i comuni della provincia di Bologna colpiti dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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9-ter. Il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2012, n. 122, è prorogato al 31 dicembre 2015.
9-quater. Il comma 9 dell’articolo 3-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è sostituito dal seguente:
«9. Agli oneri derivanti dal comma 8 si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2012, n. 122, nell’ambito della quota assegnata a ciascun Presidente di regione e con i seguenti limiti: euro 3.750.000 per l’anno 2012, euro 20 milioni per l’anno 2013, euro 20 milioni per l’anno 2014, euro 25 milioni per l’anno 2015 ed euro 25 milioni per l’anno 2016».
9-quinquies. Il comma 367 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è sostituito dal seguente:
«367. Nel limite delle risorse disponibili sulle contabilità dei Commissari di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2012, n. 122, in cui confluiscono le risorse finanziarie relative all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3-bis, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono prorogate per gli anni 2015, 2016 e 2017 le possibilità assunzionali di cui al comma 8 del medesimo articolo 3-bis».
9-sexies. Le disposizioni previste dall’articolo 1 del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 2014, n. 93, si applicano anche ai territori dei comuni della provincia di Bologna, già colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 e interessati dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013, per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza con deliberazione del Consiglio dei ministri 9 maggio 2013, pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 113 del 16 maggio 2013, individuati dal Commissario delegato nominato con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 83 del 27 maggio 2013, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1 giugno 2013. All’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma si provvede nel limite delle risorse di cui al citato articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 74 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 93 del 2014.

I commi da 9-ter a 9-sexies, inseriti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, introducono disposizioni in favore delle popolazioni colpite dal sisma del maggio 2012 nonché per i comuni della provincia di Bologna colpiti dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013.

In particolare, il comma 9-ter proroga di un anno, quindi al 31 dicembre 2015, il termine dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del maggio 2012 in Emilia, Lombardia e Veneto.

Il comma 9-quater autorizza la spesa di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2016 per la copertura degli oneri derivanti dalle assunzioni con contratti di lavoro flessibile autorizzate (dal comma 8 dell’art. 3-bis del D.L. 95/2012) per le strette finalità connesse alla situazione emergenziale prodottasi a seguito del sisma del maggio 2012 nelle succitate regioni.

Si fa notare che il citato comma 8 ha autorizzato le assunzioni solamente nel triennio 2012-2014, prevedendo per i relativi contratti una scadenza non successiva al 31 dicembre 2014 e che il successivo comma 9 ha disciplinato la copertura finanziaria dei relativi oneri fino a tutto il 2014.

Il comma 9-quinquies riscrive il comma 367 della legge di stabilità 2014 (L. 147/2013) – che già aveva prorogato le citate possibilità assunzionali fino a tutto il 2015, nel limite delle risorse disponibili sulle contabilità intestate ai Commissari – al fine di prorogare le citate possibilità assunzionali per gli anni 2015, 2016 e 2017.

Il comma 9-sexies estende ai territori dei comuni della provincia di Bologna, già colpiti dal sisma del maggio 2012 e dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013 ed individuati dal Commissario delegato, le disposizioni che l’art. 1 del D.L. 74/2014 ha dettato in favore delle popolazioni della provincia di Modena colpite dall’alluvione del gennaio 2014 e dalla citata tromba d’aria, nonché per i comuni del modenese e del bolognese colpiti dagli eccezionali eventi atmosferici e dalla tromba d’aria del 30 aprile 2014.

Si rammenta che l’ordinanza di protezione civile n. 83/2013 ha nominato il Direttore dell’Agenzia regionale di protezione civile della Regione Emilia-Romagna Commissario delegato per fronteggiare l’emergenza derivante dagli eventi calamitosi che hanno colpito l’Emilia Romagna nei mesi di marzo e aprile 2013 e il giorno 3 maggio 2013.

Articolo 7, comma 9-septies

(Utilizzo delle disponibilità delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione )

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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9-septies. All’articolo 1, comma 120, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole: «della programmazione 2007-2013» sono sostituite dalle seguenti: «delle programmazioni 2007-2013 e 2014-2020».

Il comma 9-septies novella il comma 120 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), prevede l’utilizzo, anche delle disponibilità delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020, oltre a quelle del periodo 2007-2013, al fine di destinare una quota di 100 milioni di euro (sulla base del subemendamento 0.7.146.1), a valere sulla quota nazionale, al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e un importo pari a 100 milioni di euro per l’anno 2014 (sulla base del subemendamento 0.7.146.1) ad interventi in conto capitale nei territori colpiti da eventi calamitosi verificatisi dall’anno 2009, individuati con provvedimento del Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’incremento a 100 milioni sembra intendersi operante sia sulla quota destinata al Fondo per le emergenze nazionali, sia sull’importo destinato a interventi nei territori colpiti da eventi calamitosi verificatisi dall’anno 2009 in considerazione del fatto che il subemendamento integra le novelle al comma 120 dell’articolo 1 della legge n. 147/2013 sostituendo le parole “50 milioni”, che nel medesimo comma 120 ricorrono due volte, con le parole “100 milioni”.

Le risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020 iscritte in bilancio per l’anno 2014 sono pari a 50 milioni di euro (quale quota parte dei complessivi 54,8 miliardi programmati per l’intero periodo 2014-2020, ai sensi della legge di stabilità 2014). Su questa quota stanziata in bilancio, la legge di stabilità ha già disposto alcune specifiche riserve di destinazione, da assegnare da parte del CIPE in sede di programmazione delle risorse del Fondo medesimo.

Articolo 7, comma 9-octies

(Riparto delle risorse per il sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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9-octies. Al comma 256 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, d’intesa con le regioni Basilicata e Calabria, si provvede all’individuazione delle modalità di ripartizione tra le regioni interessate e delle finalità di utilizzo, anche per quanto concerne gli interventi di ricostruzione relativi a edifici privati e ad uso produttivo, delle predette risorse, che sono riversate nelle contabilità speciali di cui alle ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 82 del 24 maggio 2013 e n. 98 del 25 giugno 2013, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 30 maggio 2013 e n. 153 del 2 luglio 2013. Con il medesimo decreto sono altresì definite le modalità di ripartizione delle risorse finalizzate ad assicurare l’autonoma sistemazione dei cittadini la cui abitazione principale è stata oggetto dell’ordinanza di sgombero di cui al comma 351.».

Il comma 9-octies, inserito nel corso dell’esame da parte della camera dei deputati, disciplina le modalità di riparto e le finalità di utilizzo delle risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 256, della L. 147/2013) per il completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata.

Il comma aggiuntivo in questione demanda l’individuazione delle citate modalità e finalità (anche per quanto riguarda la ricostruzione di edifici privati e ad uso produttivo) ad un apposito D.P.C.M. (emanato su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, d’intesa con le regioni interessate) e prevede il versamento di tali risorse sulle contabilità speciali nn. 5732 e 5741.

Viene altresì previsto che con il medesimo D.P.C.M. siano definite le modalità di riparto delle risorse finalizzate ad assicurare l’autonoma sistemazione dei cittadini la cui prima abitazione è stata oggetto di ordinanza di sgombero.

Le citate contabilità speciali, inizialmente affidate ai commissari delegati, sono state intestate – in seguito all’emanazione delle ordinanze di protezione civile nn. 82 e 98 del 2013, che hanno disposto il subentro delle strutture regionali nel coordinamento delle attività necessarie al completamento degli interventi –al Dirigente del Settore protezione civile della regione Calabria (fino al 30 maggio 2015, dall’ordinanza n. 82) e al Dirigente pro-temporedell’Ufficio di protezione civile della regione Basilicata (fino al 2 luglio 2015, dall’ordinanza n. 98).

Articolo 8

(Disciplina semplificata del deposito temporaneo e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto. Disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree con presenza di materiali di riporto)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al fine di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, sono adottate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: 1. Identico:
a) coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo; a) identica;
a-bis) integrazione dell’articolo 183, comma 1, lettera bb), deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedendo specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo;
b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile; b) identica;
c) proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare; c) identica;
d) divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimiprevisti dall’ordinamento europeo ed, in particolare, dalla direttiva 2008/98/UE. d) divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli previsti dall’ordinamento europeo ed, in particolare, dalla direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008;
d-bis) razionalizzazione e semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni, come definiti dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati ai sensi del titolo V della parte quarta del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni;
d-ter) garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti e comunque coerenti con la normativa europea.
1-bis. La proposta di regolamentazione è sottoposta ad una fase di consultazione pubblica per la durata di trenta giorni. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è tenuto a pubblicare entro trenta giorni eventuali controdeduzioni alle osservazioni pervenute.

L’articolo 8, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, autorizza il Governo all’adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare – secondo quanto esplicitato dalla norma – disposizioni per il riordino e la semplificazione della disciplina riguardante la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo.

In particolare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, deve essere adottato un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in base ad una serie di principi e criteri direttivi elencati nella norma tra i quali figura:

a) il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

b) l’indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

L’art. 15 reca disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile e in particolare disciplina l’abrogazione delle leggi. Secondo il dettato dell’art. 15, le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore

c) la proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;

d) il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall’ordinamento europeo ed, in particolare, dalla direttiva 2008/98/UE, relativa ai rifiuti, recepita con il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con cui è stato modificato il D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente).

La Camera dei deputati, nel corso dell’esame in prima lettura, ha inserito al comma 1 le lettere a-bis), d-bis) ed-ter).

La lettera a-bis) del comma 1, introduce – tra i principi e i criteri direttivi, elencati alle lettere da a) a d) del comma 1, per l’adozione del regolamento di delegificazione finalizzato al riordino e alla semplificazione della disciplina riguardante la gestione delle terre e delle rocce da scavo – il criterio relativo al deposito temporaneo.

In particolare, si prevede l’integrazione dell’articolo 183, comma 1, lettera bb) del D.Lgs. 152/2006, che reca la definizione di “deposito temporaneo” ai fini della parte quarta del medesimo decreto legislativo (che reca norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati), prevedendo l’adozione di specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo.

Conseguentemente, viene modificata la rubrica dell’articolo 8 sostituendo il riferimento alla disciplina semplificata “del deposito preliminare alla raccolta” con il riferimento alla disciplina semplificata del “deposito temporaneo”.

Si rammenta che, ai sensi della lettera bb) del comma 1 dell’articolo 183 del d.lgs. 152/2006, il “deposito temporaneo” è il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti alle condizioni elencate nella medesima lettera bb).

Con la lettera d-bis) del comma 1 vengono inserite, tra i principi e i criteri direttivi per l’adozione del regolamento di delegificazione in materia di gestione delle terre e rocce da scavo, la razionalizzazione e la semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni finalizzati alla costruzione/manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati.

La norma fa riferimento ai cantieri di piccole dimensioni la cui produzione sia non superiore a 6.000 metri cubi di materiale, in virtù del richiamo all’art. 226, comma 7 del d.lgs. 152/2006.

Il comma 7 dell’articolo 266 del d.lgs. 152/2006 demanda a un decreto interministeriale – che non è mai stato adottato – la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i 6.000 metri cubi di materiale, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia. Il comma 1 dell’articolo 41-bis del D.L. 69/2013 reca, in relazione a quanto disposto dall’art. 266, comma 7, del d.lgs. 152/2006, norme volte a disciplinare l’utilizzo, come sottoprodotti, dei materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti in deroga a quanto previsto dal regolamento di cui al D.M. 161/2012 (regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo).

Con la lettera d-ter) è inserita, tra i principi e i criteri direttivi per l’adozione del regolamento di delegificazione in materia di gestione di rocce da scavo, la garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti, e comunque coerenti con la normativa europea.

La procedura disciplinata dal presente articolo per l’adozione del regolamento di delegificazione appare discostarsi dal modello delineato dall’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non indica le disposizioni da abrogare con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento e, anziché definire le “norme generali regolatrici della materia”, indica tre finalità (inclusa quella abrogativa), che sono qualificate come “principi e criteri direttivi”.

Il decreto ministeriale n. 161/2012, emanato ai sensi dell’articolo 49 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, si applica alla gestione dei materiali da scavo (suolo, sottosuolo con eventuale presenza di materiali di riporto), con l’esclusione dei materiali provenienti direttamente dall’esecuzione di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata dalla normativa sui rifiuti contenuta nella parte quarta del D.Lgs 152/2006.

Il D.M. 161/2012 ha dettato in particolare le condizioni per cui le terre e le rocce da scavo sono considerati sottoprodotti e non rifiuti, e sono pertanto conseguentemente, disciplinati dall’articolo 184-bis del D.Lgs. 152/2006.

II campo di applicazione del D.M. n. 161/2012, definito dall’art. 184-bis, comma 2-bis del D.Lgs n. 152 del 2006, introdotto dall’art. 41, comma 2, del D.L 69/2013, e dall’art. 3 del medesimo decreto ministeriale, riguarda solo le terre e le rocce da scavo provenienti da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale (VIA) e da autorizzazione integrata ambientale (AIA), con esclusione dei materiali indicati dall’art. 109 del D.Lgs. 152/2006, sull’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte (vale a dire: materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi; inerti, materiali geologici inorganici e manufatti; materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l’attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri; fondali marini movimentati durante l’attività di posa in mare di cavi e condotte).

La procedura prevista per il riutilizzo di questi materiali da scavo prevede un unico documento (PUT) da sottoporre alle competenti autorità per garantire il rispetto delle condizioni prescritte ai sensi dell’articolo 5 del suddetto D.M. in cui si disciplina in modo dettagliato i contenuti e le modalità di approvazione.

Con l’art. 41-bis del D.L. n. 69/2013, sono state introdotte ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo, al fine di introdurre una disciplina semplificata per i cantieri non soggetti a VIA o AIA, indipendentemente dalle dimensioni in termini di metri cubi, per cui il produttore delle terre deve dimostrare, tramite un’autodichiarazione, il rispetto di una serie di requisiti, come la certezza della destinazione di utilizzo e il rispetto dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione previsti dal Codice dell’ambiente.

Il comma 1bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispone, nell’ambito dei principi e dei criteri direttivi per l’adozione del regolamento di delegificazione in materia di gestione di rocce da scavo, che la proposta di regolamento deve essere sottoposta ad una fase di consultazione pubblica per la durata di trenta giorni e che il Ministero dell’ambiente è tenuto a pubblicare entro trenta giorni eventuali controdeduzioni alle osservazioni pervenute.

Articolo 9, commi 1 e 2

(Interventi di estrema urgenza in materia di vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa in sicurezza degli edifici scolastici e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica – AFAM)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Fatti salvi i casi previsti dall’articolo 57, comma 2, lettera c) e dall’articolo 221, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, costituisce «estrema urgenza», la situazione conseguente ad apposita ricognizione da parte dell’Ente interessato che certifica come indifferibili gli interventi, anche su impianti, arredi e dotazioni, funzionali: 1. Fatti salvi i casi previsti dall’articolo 57, comma 2, lettera c) e dall’articolo 221, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per i lavori di importo compreso fino alla soglia comunitaria, costituisce «estrema urgenza», la situazione conseguente ad apposita ricognizione da parte dell’Ente interessato che certifica come indifferibili gli interventi, anche su impianti, arredi e dotazioni, funzionali:
a) alla messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), comprensivi di nuove edificazioni sostitutive di manufatti non rispondenti ai requisiti di salvaguardia della incolumità e della salute della popolazione studentesca e docente; a) identica;
b) alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio; b) identica;
c) all’adeguamento alla normativa antisismica; c) identica;
d) alla tutela ambientale e del patrimonio culturale. d) identica.
2. Agli interventi di cui al comma 1, si applicano le seguenti disposizioni di semplificazione amministrativa e accelerazione delle procedure, nel rispetto della normativa europea a tutela della concorrenza: 2. Identico:
a) per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, non si applicano i commi 10 e 10-ter dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 163 del 2006e le stazioni appaltanti possono prescindere dalla richiesta della garanzia a corredo dell’offerta di cui all’articolo 75 del decreto legislativo n. 163 del 2006; a) per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, ad eccezione dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, e degli appalti aventi ad oggetto le attività di cui all’articolo 53, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni, non si applicano i commi 10 e 10-ter dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 163 del 2006;
b) i bandi di cui al comma 5 dell’articolo 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006, sono pubblicati unicamente sul sito informatico della stazione appaltante; b) i bandi di cui al comma 5 dell’articolo 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ad eccezione di quelli relativi ai servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni, e degli appalti aventi ad oggetto le attività di cui all’articolo 53, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni, sono pubblicati unicamente sul sito informatico della stazione appaltante;
c) i termini di cui al comma 6 dell’articolo 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006 sono dimezzati; c) i termini di cui al comma 6 dell’articolo 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006 sono dimezzati, ad eccezione di quelli relativi ai servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni, e agli appalti aventi ad oggetto le attività di cui all’articolo 53, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni;
d) i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, per importi complessivi inferiori alla soglia comunitaria, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, concorrenza e rotazione e secondo la procedura prevista dall’articolo 57, comma 6, del decreto legislativo n. 163 del 2006, con invito rivolto ad almeno tre operatori economici. I lavori affidati ai sensi della presente lettera, relativi alla categoria prevalente, sono affidabili a terzi mediante sub appalto o sub contratto nel limite del 30 per cento dell’importo della medesima categoria; d) i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, concorrenza e rotazione e secondo la procedura prevista dall’articolo 57, comma 6, del citato codice di cui aldecreto legislativo n. 163 del 2006, con invito rivolto ad almeno diecioperatori economici;
e) per i lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento fino a 200.000 euro, purché nel rispetto dei princìpi di trasparenza, concorrenza e rotazione, con invito rivolto ad almeno cinque operatori economici. e) identica.

L’articolo 9, modificato nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, è volto a qualificare come interventi di “estrema urgenza”, considerati indifferibili, in conseguenza della certificazione da parte dell’ente interessato, gli interventi, anche su impianti, arredi e dotazioni, funzionali alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio, all’adeguamento alla normativa antisismica e alla tutela ambientale e del patrimonio culturale (comma 1).

Per l’avvio di questi interventi sono introdotte disposizioni che modificano le procedure di scelta del contraente e le fasi delle procedure di affidamento dei contratti, previste nel D.Lgs. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) (comma 2).

Di seguito è riportata l’analisi della disciplina recata dall’articolo 9 in esame.

Il comma 1 dell’articolo 9 prevede che, fatti salvi i casi previsti dall’articolo 57, comma 2, lettera c) e dall’articolo 221, comma 1, lettera d), del D. Lgs n. 163 del 2006, costituisce estrema urgenza, la situazione conseguente ad apposita ricognizione da parte dell’Ente interessato, al fine di certificare, come indifferibili, gli interventi, anche su impianti, arredi e dotazioni, funzionali:

– alla messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (v. L. n. 508 del 1999), comprensivi di nuove edificazioni sostitutive di manufatti non rispondenti ai requisiti di salvaguardia della incolumità e della salute della popolazione studentesca e docente (lettera a);

– alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio (lettera b);

– all’adeguamento alla normativa antisismica (lettera c);

– alla tutela ambientale e del patrimonio culturale (lettera d).

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il comma 1 al fine di precisare che la qualificazione come interventi di “estrema urgenza” si applica ai lavori di importo non superiore alla soglia comunitaria (vale a dire di importo fino a 5,186 milioni di euro).

Come già detto, la disposizione in esame fa salvi gli effetti recati dall’articolo 57, comma 2, lettera c) e dall’articolo 221, comma 1, lettera d), del D. Lgs n. 163 del 2006, che disciplinano i casi per l’applicazione della procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando di gara, nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nei settori ordinari e in quelli speciali (energia, acqua, trasporti, servizi postali, porti e aeroporti), di rilevanza comunitaria.

Gli articoli 57 e 221 disciplinano per le rispettive parti di competenza, i casi per l’applicazione della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara in determinati casi, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre (comma 1, art. 57). Tale procedura è consentita tra l’altro, come specificato dal comma 2, lettera c) dell’art. 57, nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti.

La procedura negoziata, come specificato dall’art. 57, comma 6 prevede, ove possibile, l’individuazione da parte della stazione appaltante degli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, attraverso la selezione di almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Gli operatori economici selezionati vengono contemporaneamente invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta. La stazione appaltante sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta, o negoziata previo bando. L’art. 221, comma 1 lettera d) prevede nei settori speciali, analogamente a quanto disposto dall’art. 57, l’adozione della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara quando, nel caso specifico per l’estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili, per l’ente aggiudicatore i termini stabiliti per le procedure aperte, ristrette o per le procedure negoziate con previa indizione di gara non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione dell’estrema urgenza non devono essere imputabili all’ente aggiudicatore.

Le principali modifiche, introdotte al comma 2, determinano per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria:

– la possibilità di stipulare il contratto, prima del termine di 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva (cd. meccanismo di stand still), ed anche nel caso in cui venga proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare. In tale ultimo caso, non vengono applicati i termini di sospensione obbligatoria della stipula del contratto alle condizioni fissate nella norma (lettera a);

La deroga opera attraverso la non applicazione dei commi 10 e 10-ter dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 163 del 2006, che prevedono, rispettivamente, la stipula del contratto, solo dopo che sono trascorsi trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva da parte della stazione appaltante, e la sospensione dell’aggiudicazione del contratto, se proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare.

In particolare, il comma 10-ter dell’art. 11 stabilisce che, se proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva.

L’effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente ai sensi dell’ articolo 14, comma 3, del codice del processo amministrativo, o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare

– la possibilità di prescindere dalla richiesta della garanzia a corredo dell’offerta, di cui all’articolo 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente (lettera a). Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha eliminato la parte della disposizione che consente alle stazioni appaltanti tale possibilità;

– la pubblicazione dei bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro solo sul sito informatico della stazione appaltante (lettera b);

Il comma 5 dell’articolo 122 stabilisce in particolare che i bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro sono pubblicati: 1) nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie speciale relativa ai contratti pubblici, 2) sul «profilo di committente» della stazione appaltante e 3) sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sul sito informatico presso l’Osservatorio, con l’indicazione degli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

I bandi relativi a contratti di importo inferiore a cinquecentomila euro sono pubblicati nell’albo pretorio del Comune ove si eseguono i lavori e nel profilo di committente della stazione appaltante; gli effetti giuridici connessi alla pubblicazione decorrono dalla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune.

– il dimezzamento dei tempi di ricezione delle offerte nelle procedure aperte, ristrette e negoziate (lettera c);

Relativamente ai contratti pubblici sotto soglia, il comma 6 dell’art. 122 prevede in generale:

a) nelle procedure aperte, il termine per la ricezione delle offerte per i contratti di importo inferiore a cinquecentomila euro non può essere inferiore a ventisei giorni;

b) nelle procedure ristrette, nelle procedure negoziate previa pubblicazione di un bando di gara, e nel dialogo competitivo, il termine per la ricezione delle domande di partecipazione, non può essere inferiore a quindici giorni;

c) nelle procedure ristrette, il termine per la ricezione delle offerte, non può essere inferiore a venti giorni;

d) nelle procedure negoziate, con o senza bando, e nel dialogo competitivo, il termine per la ricezione delle offerte viene stabilito dalle stazioni appaltanti nel rispetto del comma 1 dell’articolo 70 e, ove non vi siano specifiche ragioni di urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni;

e) in tutte le procedure, quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione esecutiva, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a quaranta giorni; quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione definitiva, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a sessanta giorni;

La Camera dei deputati, nel corso dell’esame in prima lettura ha modificato le lettere a), b) e c) del comma 2,al fine di escludere, per servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria (disciplinati dalla parte II, titolo I, capo IV, del D.Lgs. 163/2006) e per gli appalti integrati (come definiti dall’art. 53 comma 2, lettere b) e c) del medesimo decreto) l’applicazione delle disposizioni di semplificazione dettate dalle medesime lettere con riferimento agli interventi oggetto dell’articolo in esame (edilizia scolastica, mitigazione dei rischi idrogeologici, adeguamento antisismico; tutela ambientale e del patrimonio culturale).

Per gli appalti ed i servizi citati:

  • restano quindi applicabili il comma 10 (che prevede un termine di 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva, fino alla scadenza del quale il contratto non può comunque essere stipulato) e il comma 10-ter (che prevede la sospensione della stipula del contratto in caso di ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare) dell’art. 11 del D.Lgs. 163/2006, che la lettera a) disapplica in tutti gli altri casi;
  • restano valide le modalità di pubblicazione per i contratti di lavori pubblici sotto soglia dettate dal comma 5 dell’art. 122 del D.Lgs. 163/2006, in luogo della sola pubblicazione sul sito informatico della stazione appaltante previsto dalla lettera b);
  • non opera il dimezzamento dei termini di ricezione delle domande di partecipazione e delle offerte, e di comunicazione dei capitolati e documenti complementari, sancito dalla lettera c).

– la possibilità di affidare i lavori, per importi complessivi inferiori alla soglia comunitaria, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione e ricorrendo alla procedura negoziata senza bando invitando un minimo di tre soggetti. Per tali lavori, è consentito l’aumento al 30 per cento dell’importo della categoria prevalente per l’affidamento dei lavori a terzi mediante sub appalto o sub contratto (lettera d);

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata sostituita la lettera d) del comma 2 al fine di:

  • elevare da 3 a 10 il numero di operatori economici da invitare per l’affidamento di lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria (5,2 milioni di euro). Per l’affidamento di tali lavori viene altresì eliminato il vincolo che gli importi complessivi devono essere inferiori alla soglia comunitaria;
  • eliminare la parte della disposizione che consente, per i lavori affidati in seguito agli inviti di cui al punto precedente e relativi alla categoria prevalente, l’affidamento a terzi mediante subappalto o subcontratto ma nel limite del 30% dell’importo della medesima categoria.

L’art. 122 del D.Lgs 163 del 2006, recante la disciplina specifica per i contratti di lavori pubblici sotto soglia, stabilisce al comma 7 che i lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura negoziata, prevista dall’articolo 57, comma 6 (vedisupra).

L’invito è rivolto, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se sussistono aspiranti idonei in tali numeri. I lavori affidati ai sensi del presente comma, relativi alla categoria prevalente, sono affidabili a terzi mediante subappalto o subcontratto nel limite del 20 per cento dell’importo della medesima categoria; per le categorie specialistiche di cui all’ articolo 37, comma 11, restano ferme le disposizioni ivi previste.

– l’affidamento diretto, da parte del responsabile del procedimento, dei lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell’alta formazione artistica, museale e coreutica (AFAM) per importi fino a 200.000 euro, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione e con invito rivolto ad almeno cinque operatori economici (lettera e).

L’art. 125 del D.Lgs. 163 del 2006 nell’ambito delle procedure per l’affidamento in economia di lavori, servizi e forniture stabilisce tra l’altro che è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento, per lavori di importo inferiore a quarantamila euro. Per lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e fino a 200.000 euro, l’affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici

Articolo 9, comma 2-bis

(Obblighi informativi per gli appalti di cui ai commi 1 e 2)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2-bis. Gli appalti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono in ogni caso soggetti agli obblighi informativi di cui all’articolo 7, comma 8, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, e agli obblighi di pubblicazione di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. L’Autorità nazionale anticorruzione può disporre controlli a campione sugli affidamenti effettuati ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 2-bis, che prevede, in ogni caso, l’assoggettamento degli appalti disciplinati dai commi 1 e 2, dell’articolo 9, del decreto-legge oggetto della presente scheda di lettura, ai seguenti obblighi:

  • obblighi informativi previsti dall’art. 7, comma 8, del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006), che impone alle stazioni appaltanti e agli enti aggiudicatori di comunicare all’Osservatorio dei contratti pubblici, per contratti di importo superiore a 50.000 euro, i dati concernenti il contenuto dei bandi (con specificazione dell’eventuale suddivisione in lotti), dei verbali di gara, i soggetti invitati, l’importo di aggiudicazione definitiva, il nominativo dell’affidatario e del progettista, nonché, limitatamente ai settori ordinari, l’inizio, gli stati di avanzamento e l’ultimazione dei lavori, servizi, forniture, l’effettuazione del collaudo, l’importo finale;
  • obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 37 del decreto legislativo 33/2013(72) , vale a dire delle informazioni relative alle procedure per l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, nonché, nel caso di procedura negoziata senza bando, della delibera a contrarre.

Viene altresì stabilito che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) può disporre controlli a campione sugli affidamenti.


72) Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Articolo 9, comma 2-ter

(Finanziamenti Banca europea degli investimenti)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2-ter. All’articolo 20, comma 10-quinquies.1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo la parola: «investimenti» sono inserite le seguenti: «, direttamente o tramite intermediari bancari a cui fornisca la relativa provvista,».

Il comma 2-ter dell’articolo 9 modificando il decreto-legge n. 185 del 2008, precisa che i soggetti beneficiari di contributi pubblici pluriennali possono richiedere il finanziamento da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) direttamente ovvero tramite intermediari bancari a cui fornisca la relativa provvista.

Articolo 9, comma 2-quater

(Mutui per gli immobili di proprietà pubblica utilizzati per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM))

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2-quater. All’articolo 10, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, dopo le parole: «all’istruzione scolastica e» sono inserite le seguenti: «all’alta formazione artistica, musicale e coreutica e».

Il comma 2-quater – inserito dalla Camera – dell’articolo 9 modifica l’articolo 10, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128), includendo il riferimento agli immobili di proprietà pubblica utilizzati per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) fra quelli per i quali le regioni, per la programmazione triennale 2013-2015, possono essere autorizzate dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a stipulare appositi mutui trentennali, con oneri di ammortamento a carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa, con la società Cassa depositi e prestiti Spa e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria, per interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico.

L’articolo 10, comma 1, nel testo vigente, fa riferimento agli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica e agli immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari, di proprietà degli enti locali, nonché alla costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici, alla realizzazione di palestre nelle scuole e ad interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti. Ai fini indicati, è stato previsto lo stanziamento di contributi pluriennali per euro 40 milioni annui per la durata dell’ammortamento del mutuo, a decorrere dal 2015. Le modalità attuative devono essere definite con un decreto interministeriale che al momento non risulta ancora adottato.

Articolo 9, comma 2-quinquies

(Finanziamento per l’edilizia scolastica e le attrezzature didattiche)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2-quinquies. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 131, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è incrementata di 2 milioni di euro per l’anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128.

Il comma 2-quinquies – inserito dalla Camera – dell’articolo 9 incrementa, per il 2014, di 2 milioni di euro l’autorizzazione di spesa per la realizzazione di interventi di edilizia e per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni AFAM, prevista in 10 milioni di euro annui dall’articolo 1, comma 131, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ma ridotta di 1 milione di euro, a decorrere dall’anno 2014, dall’articolo 27, comma 2, lettera d), del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (convertito, con modificazioni, dallalegge 8 novembre 2013, n. 128). All’onere si provvede riducendo l’autorizzazione di spesa (di 3 milioni di euro per il 2014) prevista dall’articolo 3 dello stesso decreto-legge n. 104 del 2013 per la corresponsione di premi a favore degli studenti iscritti, nell’anno accademico 2013-2014, presso le stesse Istituzioni AFAM.

Si segnala, per completezza d’informazione, che, nel parere all’Assemblea della Camera dei deputati sull’Atto Camera n. 2629-A, espresso nella seduta del 22 ottobre 2014, la V Commissione dichiara di aver preso atto delle informazioni fornite dal rappresentante del Governo da cui si evince, tra l’altro, che l’utilizzo, nella misura di 2 milioni di euro per l’anno 2014, delle risorse di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 104 del 2013, previsto dall’articolo 9, comma 2-quinquies, non pregiudica gli interventi già previsti a legislazione vigente a valere sui medesimi stanziamenti.

Articolo 9, comma 2-sexies

(Esigenze di tutela dell’incolumità pubblica e lavori pubblici)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2-sexies. Costituiscono esigenze imperative connesse a un interesse generale ai sensi dell’articolo 121, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, quelle funzionali alla tutela dell’incolumità pubblica. Nei casi di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi, in quelli conseguenti alla redazione di verbale di somma urgenza per interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, nonché nei casi di cui al comma 1 del presente articolo, il tribunale amministrativo regionale, nel valutare l’istanza cautelare, può accoglierla unicamente nel caso in cui i requisiti di estrema gravità e urgenza previsti dall’articolo 119, comma 4, del citato codice di cui all’allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010 siano ritenuti prevalenti rispetto alle esigenze di incolumità pubblica evidenziate dalla stazione appaltante. Nei casi di cui al presente comma, il tribunale amministrativo regionale fissa la data di discussione del merito del giudizio ai sensi del medesimo articolo 119, comma 3, del codice di cui all’allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010.

Il comma in esame – introdotto dalla Camera dei deputati stabilisce che le esigenze di tutela dell’incolumità pubblica figurino tra le “esigenze imperative connesse a un interesse generale” – in presenza delle quali il Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010, art. 121) consente di conservare efficacia al contratto di aggiudicazione di lavori pubblici stipulato in violazione di legge, che sarebbe altrimenti da annullare.

Inoltre, nel caso di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi ovvero di redazione di verbale di somma urgenza per interventi connessi allo stato di calamità ovvero ancora nei casi di cui al comma 1, se le esigenze di incolumità pubblica vengono evidenziate dalla stazione appaltante dinanzi al TAR adito in sede cautelare, il giudice amministrativo può concedere la sospensione del provvedimento solo se ritenga che l’estrema gravità e urgenza che motivano la domanda cautelare siano prevalenti sulle esigenze di incolumità pubblica.

Il TAR dovrà fissare l’udienza per la discussione nel merito del ricorso entro 30 giorni dalla pronuncia in sede cautelare.

Le esigenze di incolumità pubblica, ovvero quelle di realizzare comunque le opere connesse alle procedure di appalto,sembrerebbero risultare pertanto prevalenti – se non altro in termini presuntivi – sulle esigenze di rispetto della legalità nelle procedure di appalto (v. efficacia del contratto annullabile).

Il riferimento alle procedure “avviate” parrebbe diretto ad applicare la nuova disposizione alle procedure in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Potrebbe ritenersi suscettibile di approfondimento se la finalità di tutela dell’incolumità pubblica non debba essere dichiarata dalla stazione appaltante fin dall’inizio del procedimento per l’affidamento dei lavori e se la stessa non debba essere motivata in sede cautelare.

Articolo 9, comma 2-septies

(Contratti pubblici per la mitigazione del rischio idrogeologico)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2-septies. Ai lavori urgenti di realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tra quelli previsti negli accordi di programma sottoscritti tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, non si applicano i commi 10 e 10-ter dell’articolo 11 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

Il comma 2-septies, aggiunto dalla Camera dei deputati, esclude i lavori urgenti di realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico individuati con D.P.C.M. tra quelli previsti negli accordi di programma sottoscritti tra il Ministero dell’ambiente e le regioni (ai sensi del comma 240 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2010 191/2009) dall’applicazione dei commi 10 e 10-ter dell’articolo 11 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) che prevedono, rispettivamente, la stipula del contratto, solo dopo che sono trascorsi trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva da parte della stazione appaltante, e la sospensione dell’aggiudicazione del contratto, se proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare.

Articolo 10

(Disposizioni per il potenziamento dell’operatività di Cassa depositi e prestiti a supporto dell’economia)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. All’articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modifiche: 1. Identico:
a) al comma 7, lettera a), secondo periodo, dopo le parole: «dai medesimi promossa,» sono aggiunte le seguenti: «nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati ai sensi del successivo comma 11, lettera e),»; a) identica;
b) al comma 7, lettera b) le parole: «alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche» sono sostituite dalle seguenti: «a iniziative di pubblica utilità nonché investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientamento energetico, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi e comunque»; b) al comma 7, lettera b) le parole: «alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche» sono sostituite dalle seguenti: «a iniziative di pubblica utilità nonché investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientamento energetico, anche con riferimento a quelle interessanti i territori montani e rurali per investimenti nel campo della green economy, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi e comunque»;
c) al comma 11, lettera e), dopo le parole: «ammissibili a finanziamento» sono aggiunte le seguenti: «, e i settori di intervento di cui al medesimo comma 7, lettera a), nonché i criteri e i limiti delle operazioni dei soggetti privati e i relativi settori di intervento»; c) identica;
d) al comma 11, lettera e-bis), le parole: «con riferimento a ciascun esercizio finanziario,» sono soppresse; le parole: «ai sensi del comma 7, lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «diverse da quelle di cui al comma 7, lettera b),»; le parole: «con rinuncia all’azione di regresso su CDP S.p.A.,» sono soppresse; le parole: «a condizioni di mercato» sono soppresse; alla fine del capoverso sono aggiunte le seguenti parole: «Con una o più convenzioni tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la Cassa depositi e presiti S.p.A. sono disciplinati i criteri e le modalità operative, la durata e la remunerazione della predetta garanzia.» d) al comma 11, lettera e-bis), le parole: «con riferimento a ciascun esercizio finanziario,» sono soppresse; le parole: «ai sensi del comma 7, lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «diverse da quelle di cui al comma 7, lettera b),»; le parole: «con rinuncia all’azione di regresso su CDP S.p.A.,» sono soppresse; le parole: «a condizioni di mercato» sono soppresse; alla fine della lettera sono aggiunte le seguenti parole: «Con una o più convenzioni tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la Cassa depositi e presiti S.p.A. sono disciplinati i criteri e le modalità operative, la durata e la remunerazione della predetta garanzia.»
2. Al comma 5-bis dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo le parole: «stabiliti negli Stati membri dell’Unione Europea», sono aggiunte le seguenti: «enti individuati all’articolo 2, paragrafo 5, numeri da 4) a 23), della direttiva 2013/36/UE,». 2. Identico.
2-bis. All’articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 7, lettera a), le parole: «Tali operazioni» sono sostituite dalle seguenti: «Le operazioni adottate nell’ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, di cui all’articolo 22 della legge 11 agosto 2014, n. 125,»;b) al comma 11-bis, dopo le parole: «per l’effettuazione delle operazioni» sono inserite le seguenti: «adottate nell’ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo».

Il comma 1 integra le disposizioni concernenti i finanziamenti concessi nell’ambito della “gestione separata” (che utilizza la raccolta del risparmio postale garantita dallo Stato) e della “gestione ordinaria” (che si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale) della Cassa depositi e prestiti.

A tal fine, vengono modificati in più punti i commi 7 e 11 dell’articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269/220321, che ha trasformato la Cassa depositi e prestiti in società per azioni. In particolare la lettera a) estende il perimetro delle operazioni della Cassa finanziate tramite gestione separata, includendo, oltre quelle concernenti soggetti pubblici e quelle da loro promosse, già previste nella disciplina vigente, anche le operazioni in favore dei soggetti privati in settori di interesse generale, da individuare (lettera c) con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, come previsto dal medesimo articolo 5, alla lettera e) del comma 11. La lettera b) allarga invece il perimetro delle operazioni della Cassa finanziate con la gestione ordinaria includendo le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinate non più solo alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche ma, in modo più ampio, anche ad iniziative di pubblica utilità nonché gli investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente, cultura, turismo ed efficientamento energetico, in via preferenziale in cofinanziamento con e L’integrazione approvata alla lettera b), estendendo gli interventi di CDP finanziate con la gestione ordinaria (che si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale) ai territori montani e rurali per investimenti nel campo della green economy. La lettera d), infine, amplia le possibilità di concedere la garanzia dello Stato in relazione ad esposizioni assunte dalla Cassa diverse da quelle operate nell’ambito della gestione ordinaria A tal fine consente che la garanzia sulle esposizioni assunte (o previste) dalla Cassa non debba necessariamente articolarsi con riferimento a ciascun esercizio finanziario, prevede che il rilascio della garanzia medesima non richieda la rinuncia all’azione di regresso sulla Cassa ed, infine, nel ribadire la compatibilità con la normativa comunitaria in materia di garanzie onerose concesse dallo Stato, elimina il requisito che debba trattarsi delle garanzie onerose concesse “ condizioni di mercato”. La disciplina dei criteri e delle modalità operative, la durata e la remunerazione della garanzia dello Stato è rimessa ad una o più convenzioni tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti Spa.

Il comma 2 interviene sulla disciplina impositiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 per estendere il regime di esenzione della ritenuta sugli interessi e sugli altri proventi corrisposti a fronte di finanziamenti a medio e lungo termine concessi alle imprese da parte di enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europei anche agli Istituti di promozione dello sviluppo presenti negli Stati membri.

Il comma 2-bis, modificando la disciplina dell’attività di Cassa Depositi e Prestiti contenuta nel D.L. n. 269 del 2003, prevede che possano essere effettuate in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali le operazioni svolte da Cassa Depositi e Prestiti in seno alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo e si affida a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze l’individuazione di criteri e modalità per l’effettuazione di dette operazioni.

Articolo 11

(Disposizioni in materia di defiscalizzazione degli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. All’articolo 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni: Identico.
a) al comma 1, le parole: «di rilevanza strategica nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche», e la parola: «200» è sostituita dalla seguente: «50»;
b) al comma 2-ter, le parole: «di rilevanza strategica nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche» e la parola: «200» è sostituita dalla seguente: «50».
c) dopo il comma 2-quater è aggiunto il seguente: «2-quinquies. Il valore complessivo delle opere non di rilevanza strategica nazionale previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche, cui vengono applicate le misure di cui ai commi 1 e 2-ter, non può superare l’importo di 2 miliardi di euro.».

L’articolo 11 modifica la disciplina degli incentivi fiscali per la realizzazione di nuove infrastrutture, da realizzare con il ricorso a contratti di partenariato pubblico-privato (PPP), ampliandone l’ambito alle opere previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche e riducendo da 200 a 50 milioni di euro il valore dell’opera al di sopra del quale viene concesso l’incentivo. Viene chiarito che il valore delle opere non di rilevanza strategica nazionale previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche non può superare l’importo di 2 miliardi di euro.

A seguito degli interventi apportati con il decreto-legge 179/2012(73) e modificati con il decreto-legge 69/2013(74) , il legislatore ha delineato tre modalità di sostegno alla realizzazione di nuove opere, le cui procedure sembrano essere sostanzialmente analoghe:

  • in via sperimentale, viene introdotto un credito d’imposta per nuove opere di importo superiore a 200 milioni di euro (articolo 33, comma 1); esso spetta per la realizzazione di nuove opere infrastrutturali di importo superiore a 200 milioni di euro con contratti di partenariato pubblico privato (PPP) a valere sull’IRES e sull’IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell’opera stessa; l’opera non deve usufruire di contributi pubblici a fondo perduto e deve essere accertata la non sostenibilità del piano economico finanziario (PEF). Il credito di imposta deve essere stabilito per ciascun progetto nella misura necessaria al raggiungimento dell’equilibrio del PEF e comunque entro il limite massimo del 50% del costo dell’investimento;
  • è prevista l’esenzione dal pagamento del canone di concessione, sempre per nuove opere di importo superiore a 200 milioni di euro con i requisiti sopra descritti (comma 2-ter dell’articolo 33), cumulabile con la misura precedente;
  • in alternativa alle misure sopra descritte, si conferma la possibilità di “defiscalizzazione” delle nuove opere incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente (ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e della Delibera Cipe 18 febbraio 2013, n. 1), consistente nella possibilità di compensare le imposte con quanto dovuto dalla PA a titolo di contributo pubblico a fondo perduto.

Un’ulteriore misura riguarda la tassazione agevolata dei cd. project bond (ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge83/2012(75) ) con l’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota al 12,5% sulle emissioni obbligazionarie effettuate nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 da parte delle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità.

Si segnala che tale norma è modificata dall’articolo 13 del presente decreto-legge.

In primo luogo, con riferimento al credito d’imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali mediante contratti di partenariato pubblico-privato, il comma 1, lettera a) elimina il riferimento al requisito della “rilevanza strategica nazionale” dell’opera, che viene sostituito con la presenza nell’opera in “piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche”. Inoltre, il valore dell’opera al di sopra del quale viene concesso il credito d’imposta viene ridotto da 200 a 50 milioni di euro (attraverso una modifica al comma 1 dell’articolo 33 del decreto-legge n. 179 del 2012).

I medesimi requisiti sono modificati per quanto riguarda l’esenzione dal pagamento del canone di concessione, sempre per nuove opere di importo superiore a 50 milioni di euro (comma 1, lettera a), che modifica il comma 2-ter dell’articolo 33).

In entrambi i casi l’approvazione della progettazione definitiva dell’opera deve avvenire entro il 31 dicembre 2016.

Il comma 1, lettera c) – mediante l’introduzione di un nuovo comma 2-quinquies al citato articolo 33 – chiarisce che il valore complessivo delle opere non di rilevanza strategica nazionale previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche non può superare l’importo di due miliardi di euro.

In sostanza la norma sostituisce il requisito della rilevanza strategica dell’opera per l’accesso alle agevolazioni in commento con un limite di due miliardi di euro al valore delle opere sprovviste di tale requisito.


73) D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”.

74) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

75) D.L. 22 giugno 2012, n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”.

Articolo 12

(Potere sostitutivo nell’utilizzo del fondi europei)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall’ordinamento dell’Unione europea, in caso di inerzia, ritardo o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili dell’attuazione di piani, programmi ed interventi cofinanziati dall’UE, ovvero in caso di inerzia, ritardo o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili dell’utilizzo dei fondi nazionali per le politiche di coesione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza unificata, che si esprime entro 30 giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende reso, propone al CIPE il definanziamento e la riprogrammazione delle risorse non impegnate, anche prevedendone l’attribuzione ad altro livello di governo. 1. Al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall’ordinamento dell’Unione europea, in caso di inerzia, ritardo o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili dell’attuazione di piani, programmi ed interventi cofinanziati dall’UE, ovvero in caso di inerzia, ritardo o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili dell’utilizzo dei fondi nazionali per le politiche di coesione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza unificata, che si esprime entro 30 giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende reso, propone al CIPE il definanziamento e la riprogrammazione delle risorse non impegnate, fermo restando il principio di territorialità, anche prevedendone l’attribuzione ad altro livello di governo.
2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri esercita i poteri ispettivi e di monitoraggio volti ad accertare il rispetto della tempistica e degli obiettivi dei piani, programmi ed interventi finanziati dall’UE o dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche avvalendosi delle amministrazioni statali e non statali dotate di specifica competenza tecnica. 2. Identico.
3. In caso di accertato inadempimento, inerzia o ritardo nell’attuazione degli interventi, il Presidente del Consiglio dei Ministri esercita i poteri sostitutivi di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. 3. Identico.
3-bis. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L’articolo 12 reca norme sull’utilizzazione dei fondi strutturali europei, affidando nuove funzioni al Presidente del Consiglio dei ministri al fine di accelerare l’impiego delle relative risorse ed evitare il rischio di incorrere nell’attivazione delle sanzioni comunitarie, consistenti nel definanziamento delle risorse medesime(76) .

In particolare, il comma 1 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata (che si dovrà esprimere nel termine di 30 giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende reso), la facoltà di proporre al CIPE il definanziamento e la riprogrammazione delle risorse non impegnate, qualora le amministrazioni pubbliche responsabili si siano rese responsabili di inerzia, ritardo o inadempimento dell’attuazione di piani, programmi ed interventi cofinanziati dall’Unione europea, ovvero dell’utilizzo dei fondo nazionali per le politiche di coesione. Una modifica apportata dalla Camera dei deputati specifica che la proposta di definanziamento e di riprogrammazione delle risorse non impegnate, deve far salvo il principio di territorialità.

La norma prevede, inoltre, la possibilità che tali risorse possano anche essere attribuite ad altro livello di governo.

Si rammenta che l’obiettivo di riprogrammazione degli interventi nell’ambito dei fondi strutturali, con il fine ultimo di evitare il disimpegno automatico delle risorse programmate in sede comunitaria, è stato posto più volte nel corso degli ultimi anni, in cui sono state emanate diverse disposizioni legislative e amministrative. Tra i più recenti interventi, si ricorda la delibera del CIPE n. 1 del 2011, che ha definito le linee operative del “Piano per il Sud”, individuando un percorso per l’accelerazione e la riprogrammazione delle risorse destinate alle aree sottoutilizzate, vale a dire sia quelle di carattere aggiuntivo previste dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate) sia quelle definite dai fondi strutturali dell’Unione europea, mediante la fissazione di target di impegno e di spesa certificata alla Commissione europea, che tuttavia non ottenne risultati significativi.

Nel novembre 2011, preso atto degli insoddisfacenti esiti di tale Piano, è stato poi adottato il “Piano di azione coesione”, con lo scopo di superare i ritardi che, a cinque anni dall’avvio dell’operatività dei fondi strutturali 2007-2013, ancora caratterizzavano l’utilizzo dei fondi strutturali medesimi, e rispondere alle richieste di intervento in tal senso dell’Unione europea. Il Piano definiva un’azione strategica di concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi che si rendono disponibili, attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale degli interventi dei fondi strutturali, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo), che, dato il forte ritardo di attuazione, rischiano il disimpegno automatico delle risorse comunitarie(77) .

Da ultimo, l’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 76 del 2013(78) , al fine di rendere disponibili le risorse derivanti dalla riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013, disponeva per le Amministrazioni titolari dei programmi operativi interessati (PON e POIN) di avviare entro il 28 luglio 2013 le necessarie procedure atte a modificare i pertinenti programmi, sulla base della vigente normativa europea. Inoltre il comma 2 prevede che il Gruppo di Azione Coesione – istituito con il decreto del Ministro per la coesione territoriale del 1° agosto 2012 – provvede a determinare le rimodulazioni delle risorse destinate alle misure del Piano di azione coesione, anche sulla base degli esiti del monitoraggio sull’attuazione delle misure medesime.

Il comma 2 attribuisce al Presidente del Consiglio l’esercizio dei poteri ispettivi e di monitoraggio volti ad accertare il rispetto della tempistica e degli obiettivi dei piani, programmi e interventi finanziati dai fondi strutturali o dal Fondo per lo sviluppo e la coesione sullo stato di attuazione degli interventi a valere su tali risorse – anche con l’ausilio di amministrazioni statali e non statali dotate di specifica competenza tecnica.

Anche l’attribuzione di poteri volti all’accelerazione dei procedimenti per l’utilizzo dei fondi strutturali europei è già stato più volte oggetto di recenti interventi normativi, a partire dal decreto legislativo n. 88 del 2011, emanato in attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, il quale ha previsto, all’articolo 3, comma 3, che il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale – al fine di garantire la tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali e l’integrale utilizzo delle relative risorse dell’Unione europea assegnate allo Stato membro – adotta, ove necessario e nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell’Unione europea, le opportune misure di accelerazione degli interventi anche relativamente alle amministrazioni che risultano non in linea con la programmazione temporale degli interventi medesimi.

Nel 2013, il D.L. n. 101, all’articolo 10, ha istituito l’Agenzia per la coesione territoriale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la politica di coesione, al fine di rafforzare l’azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione, ripartendo, fermo restando le attribuzioni del Ministro delegato, le funzioni relative alla politica di coesione tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri(79) e l’Agenzia.

In particolare, tra i compiti assegnati all’Agenzia per la coesione territoriale figura il monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi della politica di coesione, anche attraverso specifiche attività di valutazione e verifica, ferme restando le funzioni di controllo e monitoraggio attribuite alla Ragioneria generale dello Stato(80) . Va inoltre rammentato che l’attività di monitoraggio risulta altresì attribuita al Gruppo di Azione Coesione, a norma dell’articolo 4 del D.L. n. 76 del 2013 già richiamato in commento al precedente comma 1 dell’articolo 12 in esame.

La disposizione, inoltre, nell’accentrare nella figura del Presidente del Consiglio l’esercizio dei poteri ispettivi e di monitoraggio sul rispetto della tempistica e degli obiettivi degli interventi, stabilisce altresì che lo stesso può avvalersi, a tale fine, anche delle amministrazioni statali e non statali dotati di specifica competenza tecnica.

Pur in considerazione della finalità di carattere generale che persegue la disposizione in esame, si segnala che mentre il riferimento alle amministrazioni statali consente di individuare, in sede di applicazione stessa, le amministrazioni, enti ed altri organismi interessati, la dizione “amministrazioni non statali” andrebbe invece meglio circostanziata, precisando se debba concernere solo soggetti appartenenti al perimetro delle amministrazioni pubbliche ovvero anche soggetti di diversa natura: quest’ultimo è il caso, ad esempio, dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa, soggetto già ricompreso nell’attività di accelerazione delle politiche di coesione dall’articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 in precedenza citato.

Il comma 3 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri i poteri sostitutivi già previsti dall’articolo 9, comma 2, del D.L. n. 69 del 2013, in caso di accertato inadempimento, inerzia o ritardo nell’attuazione di tali interventi.

La citata disposizione, al fine di accelerare l’utilizzo dei fondi strutturali – per i casi di mancata attuazione dei programmi e dei progetti cofinanziati con fondi strutturali europei e di sottoutilizzazione dei relativi finanziamenti – relativi alla programmazione 2007-2013, dà facoltà al Governo, (facoltà ora affidata al Presidente del Consiglio) di sostituirsi all’amministrazione inerte o inadempiente, in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi.

Va segnalato peraltro che precedentemente a quanto disposto dal decreto-legge n. 69 del 2013, una analoga disposizione – peraltro di portata più generale, in quanto non riferita ad alcun ciclo temporale di programmazione – era già contenuta all’articolo 6, comma 6, del D.Lgs. n. 88 del 2011, con cui si dispone che in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi anche con riferimento al mancato rispetto delle scadenze del cronoprogramma e, comunque, ove si renda necessario al fine di evitare il disimpegno automatico dei fondi erogati dall’Unione europea, il Governo, al fine di assicurare la competitività, la coesione e l’unità economica del Paese, esercita il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione secondo le modalità procedurali individuate dall’articolo 8 della n. 131 del 2003, e dagli articoli 5 e 11 della legge n. 400 del 1988 e dalle vigenti disposizioni in materia di interventi sostitutivi.

Infine, il comma 3-bis, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, introduce una apposita clausola di invarianza finanziaria riferita all’intero articolo.


76) Con riferimento alle sanzioni previste dall’ordinamento dell’Unione europea, si ricorda che il mancato conseguimento degli obiettivi UE comporta, secondo i Regolamenti comunitari una riduzione delle risorse per il Fondo e per il Programma operativo interessato. Per il ciclo di programmazione 2007-2013, in base alla c.d. “regola dell’n+2”, per ogni annualità contabile delle risorse impegnate – per ciascun fondo (FSE, FESR) e programma operativo (PO) sul bilancio comunitario – la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente. Il disimpegno delle risorse comunitarie comporta anche la parallela riduzione di disponibilità delle relative risorse di cofinanziamento nazionale. Per il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, il disimpegno si attiva dopo il terzo anno (regola n+3).

77) programmi in grave ritardo, ha mirato ad una concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), reperendo i necessari stanziamenti attraverso una riduzione della quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali nell’ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, che è stato portato dal 50 al 25%, con conseguente riutilizzo delle risorse per il finanziamento, nelle medesime Regioni, delle azioni e degli interventi previsti nel Piano stesso. Il Piano, articolato in cinque fasi di riprogrammazione, ha determinato, nel suo complesso, una rimodulazione di risorse comunitarie per circa 13,5 miliardi di euro complessivi, di cui 11,5 miliardi quale riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale e 2,0 miliardi quale revisione interna dei programmi.

78) Recante interventi per la promozione dell’occupazione, Iva ed altre misure finanziarie urgenti, convertito dalla legge n.99 del 2013.

79) Alla Presidenza del Consiglio vengono, tra l’altro, assegnate: la promozione e il coordinamento dei programmi e degli interventi finanziati dai fondi strutturali, dei programmi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, nonché delle attività di valutazione delle politiche di coesione; la raccolta ed elaborazione, in collaborazione con le amministrazioni statali e regionali competenti, di informazioni e dati sull’attuazione dei programmi operativi dei fondi a finalità strutturale dell’Unione europea, nonché sull’attuazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche ai fini dell’adozione delle misure di accelerazione degli interventi necessari; il supporto al Presidente o al Ministro delegato nei rapporti con le istituzioni dell’Unione europea relativi alla fase di definizione delle politiche di sviluppo regionale e di verifica della loro realizzazione, predisponendo, ove necessario, proposte di riprogrammazione. Peraltro la Presidenza del Consiglio, al fine di rafforzare l’attuazione della politica di coesione ed assicurare il perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 88 del 2011, può avvalersi dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa (ex Sviluppo Italia).

80) Si ricorda infatti che ai sensi di quanto disposto dalla legge n. 183 del 1987 la Ragioneria generale dello Stato attraverso l’Ispettorato Generale per i rapporti finanziari con l’Unione Europea (IGRUE) svolge, tra l’altro, specifiche attività connesse all’analisi e studio dei dati di attuazione degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali europei ed è responsabile del monitoraggio dei flussi finanziari tra l’Italia e l’Unione europea.

Articolo 13

(Misure a favore dei project bond)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 sono apportate le seguenti modificazioni: 1. Identico:
a) all’articolo 157: a) identico:
1) al comma 1, le parole «del regolamento di attuazione» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 100»; dopo le parole: «decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58» sono inserite le seguenti: «fermo restando che sono da intendersi inclusi in ogni caso tra i suddetti investitori qualificati altresì le società ed altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile»; le parole: «sono nominativi» sono sostituite dalle seguenti: «possono essere dematerializzati»; le parole «non si applicano gli articoli 2413 e da 2414-bis a 2420 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «non si applicano gli articoli 2413, 2414-bis, commi 1 e 2, e da 2415 a 2420 del codice civile»; 1) al comma 1, le parole «del regolamento di attuazione» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 100»; dopo le parole: «decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58» sono inserite le seguenti: «, fermo restando che sono da intendersi inclusi in ogni caso tra i suddetti investitori qualificati altresì le società ed altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile»; le parole: «sono nominativi» sono sostituite dalle seguenti: «possono essere dematerializzati»; le parole «non si applicano gli articoli 2413 e da 2414-bis a 2420 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «non si applicano gli articoli 2413, 2414-bis, commi primo e secondo, e da 2415 a 2420 del codice civile»;
2) al comma 2, le parole: «I titoli e la relativa documentazione di offerta devono» sono sostituite dalle seguenti: «La documentazione di offerta deve»; 2) identico;
3) al comma 3, dopo le parole: «avvio della gestione dell’infrastruttura da parte del concessionario» sono inserite le seguenti: «ovvero fino alla scadenza delle obbligazioni e dei titoli medesimi»; 3) identico;
4) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: «4-bis Le garanzie, reali e personali e di qualunque altra natura incluse le cessioni di credito a scopo di garanzia che assistono le obbligazioni e i titoli di debito possono essere costituite in favore dei sottoscrittori o anche di un loro rappresentante che sarà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime. 4) identico»;
4-ter Le disposizioni di cui al presente articolo non pregiudicano quanto previsto all’articolo 176, comma 12, del presente decreto in relazione alla facoltà del contraente generale di emettere obbligazioni secondo quanto ivi stabilito»;
b) all’articolo 159: b) identica;
1) al comma 1 dopo le parole: «gli enti finanziatori» sono inserite le seguenti: «ivi inclusi i titolari di obbligazioni e titoli similari emessi dal concessionario»;
2) al comma 2-bis le parole: «di progetto costituite per» sono eliminate e sono sostituite con le parole «titolari di»;
c) All’articolo 160, comma 1, dopo le parole: «che finanziano» sono inserite le seguenti: «o rifinanziano, a qualsiasi titolo, anche tramite la sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari,»; dopo le parole «beni mobili» sono inserite le seguenti: «, ivi inclusi i crediti,». c) identica;
d) All’articolo 160-ter, comma 6, al secondo periodo, dopo le parole «Il contratto individua, anche a salvaguardia degli enti finanziatori» sono inserite le seguenti: «e dei titolari di titoli emessi ai sensi dell’articolo 157 del presente decreto». d) identica.
2. All’articolo 2414-bis del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le garanzie, reali e personali e di qualunque altra natura e le cessioni di credito in garanzia, che assistono i titoli obbligazionari possono essere costituite in favore dei sottoscrittori delle obbligazioni o anche di un loro rappresentante che sarà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime.». 2. Identico.
3. All’articolo 1 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni: 3. Identico.
a) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Le garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle emissioni di obbligazioni e titoli di debito da parte delle società di cui all’articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché le relative eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni, nonché i trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito, sono soggetti alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa di cui rispettivamente al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 e al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.».

L’articolo 13 apporta numerose modifiche alla disciplina dei cd. project bond, contenuta nell’articolo 157 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006).

In particolare

  • viene precisata la nozione di “investitori qualificati” cui è riservata la detenzione e circolazione dei project bond,coordinando tale definizione coi regolamenti Consob emanati in attuazione del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo 58/1998(81) ) TUF e chiarendo che per “investitori qualificati” si intendono anche le società e gli altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati;
  • si interviene sul regime di circolazione dei project bond, che cessano di essere nominativi e potranno dunque essere dematerializzati;
  • si elimina l’obbligo di riportare anche sul titolo l’avvertimento circa l’elevato profilo di rischio associato all’operazione;
  • si specifica che ai titolari di obbligazioni e titoli similari si applica la disciplina concernente il subentro nella concessione, il privilegio sui crediti e il limite di riduzione del canone di disponibilità;
  • è rimodellata la disciplina delle garanzie prestate sui predetti bond, che potranno essere costituite sia in favore dei sottoscrittori, sia di un loro rappresentante (tale modifica viene più in generale estesa alle obbligazioni);
  • per quanto riguarda il regime fiscale degli atti di costituzione e trasferimento di garanzia, si estende l’applicazione dell’imposta di bollo in misura agevolata (misura fissa pari a 200 euro) alle sostituzioni di garanzia relative all’emissioni di project bond e ai trasferimenti di garanzie, anche qualora derivino dalla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito;
  • viene resa strutturale l’applicazione dell’aliquota agevolata al 12,5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica.

I “project bond”

La normativa riguardante i “project bond” è stata oggetto di profonde innovazioni già a partire dalla XVI legislatura. In particolare, con una prima novella all’articolo 157 del Codice dei contratti (contenuta nell’ articolo 41 del decreto-legge1/2012(82) ) è stato consentito alle società di progetto (di cui all’articolo 156 del medesimo Codice) e alle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato di emettere, oltre alle obbligazioni, anche altri titoli di debito aventi scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, anche in deroga ai limiti previsti dal Codice civile in tema di limiti quantitativi all’emissione di obbligazioni (limite del doppio del c.d. patrimonio netto ed altri conseguenti divieti).

Tali strumenti sono sottoscritti solo da investitori qualificati e la loro successiva circolazione deve avvenire tra i medesimi soggetti.

I project bond godono di un regime fiscale agevolato (articolo 1 del decreto-legge 83/2012(83) ): gli interessi delle obbligazioni di progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità sono soggette allo stesso regime fiscale agevolato previsto per i titoli del debito pubblico, ovvero ad una tassazione con aliquota al 12,5 per cento (in luogo dell’aliquota del 26 per cento stabilita in via generale dalla legge, ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 66/2014(84) ). Nella formulazione originaria dell’articolo 1 del D.L. 83 del 2012 (modificato, come si vedrà in seguito, dalla disciplina in commento) si trattava di un regime temporaneo, che avrebbe trovato applicazione per le obbligazioni emesse nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012, ovvero entro il 26 giugno 2015.

Inoltre, i limiti di legge per la deducibilità degli interessi passivi derivanti da obbligazioni non si applicano alle società che emettono project bond.

E’ previsto anche un regime fiscale agevolato anche per le garanzie rilasciate in rapporto ai project bond, nonché sulle relative operazioni. Più in dettaglio, si applicano le imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa (pari a 200 euro, misura così stabilita dall’articolo 26 del D.L. n. 104 del 2013 a decorrere dal 1° gennaio 2014) alle garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle emissioni di obbligazioni e titoli di debito da parte delle società di progetto (di cui al richiamato articolo 157 del Codice dei contratti pubblici). Tale regime si applica anche alle relative eventuali surroghe, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni. Per effetto delle norme contenute nel decreto-legge n. 69 del 2013, le agevolazioni fiscali in materia di deducibilità degli interessi passivi e il regime agevolato ai fini delle imposte di registro e ipocatastali hanno carattere strutturale.

Più in dettaglio, il comma 1, lettera a), n. 1 modifica il comma 1 dell’articolo 157, precisando la nozione di “investitori qualificati” cui è riservata la detenzione e circolazione dei project bond.

In particolare, le norme proposte specificano che si intendono tali i soggetti definiti dall’articolo 100 del TUF), in luogo di quelli individuati dal “regolamento di attuazione” (regolamento emittenti) del TUF.

Di conseguenza si tratta, ai sensi dell’articolo 100, comma 1, lettera a) del TUF, degli investitori qualificati definiti dalla Consob con regolamento, in base ai criteri fissati dalle disposizioni comunitarie.

L’investitore “qualificato” è considerato tale – ai fini fiscali e finanziari – perché possiede conoscenze e competenze adeguate per assumere decisioni di investimento e valutare i relativi rischi.

In particolare, il già citato regolamento emittenti della Consob (articolo 34-ter, comma 1 del regolamento adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 e successivamente modificato nel tempo) definisce come “investitori qualificati” i soggetti individuati dall’articolo 26, comma 1, lettera d) del regolamento intermediari (regolamento adottato con delibera n. 16190 del 2007, anch’esso successivamente modificato) e, in particolare i cd. “clienti professionali”, sia pubblici che privati, individuati nell’Allegato 3 del medesimo regolamento intermediari.

Il predetto Allegato 3 individua due categorie di clienti professionali: i cd. “clienti professionali di diritto”, per i quali la qualifica discende direttamente dalla norma, ed i “clienti professionali su richiesta”; essi sono tali perché gli intermediari possono riservare loro il medesimo trattamento previsto per i clienti professionali “di diritto”, purché ne facciano espressa richiesta e siano rispettati specifici criteri e procedure.

Il predetto allegato 3 enumera tra gli investitori qualificati “di diritto” gli intermediari autorizzati a operare sui mercati finanziari, dunque le banche, le imprese di investimento e di assicurazione, gli OICR, le SGR, le Sicav, i negoziatori sui mercati aderenti a servizi di liquidazione o a sistemi di compensazione e garanzia, i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; gli agenti di cambio, gli investitori istituzionali che investono in strumenti finanziari, nonché le imprese che superino certi limiti dimensionali.

La norma in esame precisa altresì che per “investitori qualificati” si devono intendere anche le società e gli altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati, secondo la nozione di controllo societario contenuta nel codice civile (all’articolo 2359).

Il primo comma del richiamato articolo stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Con un ulteriore gruppo di modifiche al comma 1 dell’articolo 157 del Codice appalti, il legislatore modifica anche il regime di circolazione dei project bond, i quali cessano di essere nominativi e potranno essere anche dematerializzati.

Le norme in esame modificano poi l’ambito applicativo di alcune disposizioni del codice civile a siffatti strumenti finanziari.

Come ricordato già in precedenza, all’emissione dei project bond non si applicano alcuni limiti relativi alle obbligazioni e ai titoli di debito. In particolare, si possono emettere obbligazioni al portatore o nominative anche per somme complessivamente eccedenti il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato della società.

Inoltre non trovavano applicazione per i project bond gli articoli 2413 e da 2414-bis a 2420 del Codice civile. L’articolo 2413 del Codice civile vieta alla società emittente di ridurre volontariamente il capitale sociale o distribuire riserve se, rispetto all’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione, non si rispetti il limite di cui al primo comma dell’articolo 2412, ovvero se sono state emesse obbligazioni al portatore o nominative per una somma eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Se la riduzione del capitale sociale è obbligatoria, o le riserve diminuiscono in conseguenza di perdite, non possono distribuirsi utili sinché l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione.

L’articolo 2414-bis disciplina la costituzione delle garanzie, mentre gli articoli da 2415 a 2420 recano la disciplina dell’assemblea degli azionisti (tra cui i casi di impugnazione delle deliberazioni da essa assunte, la nomina del rappresentante comune degli obbligazionisti ed i relativi obblighi e poteri, le azioni individuali degli obbligazionisti e le modalità per il sorteggio delle obbligazioni).

Per effetto delle norme in esame si precisa che non trovano applicazione nei confronti dei project bond solo i primi due commi dell’articolo 2414-bis.

Troverà invece applicazione il comma 3 del predetto articolo, introdotto dalle disposizioni in esame (si veda il commento al successivo comma 2 dell’articolo 13 del provvedimento), il quale consente che le garanzie – reali e personali e di qualunque altra natura, nonché le cessioni di credito in garanzia – che assistono i titoli obbligazionari siano costituite in favore dei sottoscrittori delle obbligazioni che del loro rappresentante, legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime.

Si segnala che una disposizione di rango analogo – estesa però anche ai titoli di debito, non solo alle obbligazioni – è contenuta nel nuovo comma 4-bis dell’articolo 157, introdotto dal successivo n. 4.

Le modifiche di cui al comma 1, lettera a), n. 2 intervengono invece sul comma 2 dell’articolo 157, eliminando l’obbligo di riportare sul titolo medesimo l’avvertimento circa l’elevato profilo di rischio associato all’operazione; tale avvertimento verrà riportato unicamente sulla documentazione di offerta.

Con il successivo n. 3 si modifica il comma 3 dell’articolo 157, al fine di precisare che il sistema di garanzie di obbligazioni e titoli di debito opera non solo sino all’avvio della gestione dell’infrastruttura da parte del concessionario, ma anche fino alla scadenza delle obbligazioni e dei titoli medesimi.

Di conseguenza fino a tale data i project bond possono essere garantiti dal sistema finanziario, da fondazioni e da fondi privati.

Tale prescrizione era già contenuta nell’articolo 2 del D.M. 7 agosto 2012, col quale erano state specificate le modalità per la prestazione delle garanzie sui project bond.

Il comma 1, n. 4 della lettera a) aggiunge i commi 4-bis e 4-ter all’articolo 157.

Come già anticipato sopra, il comma 4-bis prevede che le garanzie, reali e personali e di qualunque altra natura – incluse le cessioni di credito a scopo di garanzia – che assistono i project bond (emessi come obbligazioni o altri titoli di debito) possono essere costituite sia in favore dei sottoscrittori, sia di un loro rappresentante che sarà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime.

Il nuovo comma 4-ter lascia impregiudicato quanto previsto all’articolo 176, comma 12 del Codice dei contratti: tale norma consente al contraente generale di finanziare la quota di valore dell’opera da realizzare con anticipazione di risorse proprie mediante l’emissione di obbligazioni, previa autorizzazione degli organi di vigilanza, anche in deroga ai limiti dell’articolo 2412 del codice civile. Il soggetto aggiudicatore garantisce il pagamento delle obbligazioni emesse, nei limiti del proprio debito verso il contraente generale quale risultante da stati di avanzamento emessi ovvero dal conto finale o dal certificato di collaudo dell’opera; le obbligazioni garantite dal soggetto aggiudicatore possono essere utilizzate per la costituzione delle riserve bancarie o assicurative previste dalla legislazione vigente.

Il comma 1, lettera b), n. 1, interviene sulla disciplina del subentro nella concessione di cui all’articolo 159 del Codice dei contratti, al fine di specificare che anche i titolari di obbligazioni e titoli similari emessi dal concessionario sono inclusi nel novero degli enti finanziatori, che possono impedire la risoluzione di un rapporto concessorio, per motivi attribuibili al concessionario, designando una società che subentri nella concessione al posto del concessionario e che verrà accettata dal concedente alle condizioni indicate nella norma. Viene inoltre specificato, al comma 2-bis del citato articolo 159, che la disciplina del suddetto subentro si applica alle società titolari di qualsiasi contratto di partenariato pubblico privato (comma 1, lettera b), n. 2).

Ai sensi dell’articolo 3, comma 15-ter, del Codice dei contratti, i contratti di partenariato pubblico privato sono contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti.

Il comma 1, lettera c), estende anche ai titolari di obbligazioni e titoli similari la disciplina concernente i crediti dei soggetti che finanziano o rifinanziano, a qualsiasi titolo la realizzazione di lavori pubblici, di opere di interesse pubblico o la gestione di pubblici servizi, che hanno privilegio generale.

Il comma 1 dell’articolo 161 del Codice prevede che i predetti crediti hanno privilegio generale, ai sensi degli articoli 2745 e seguenti del codice civile, sui beni mobili, ivi inclusi i crediti, del concessionario e delle società di progetto che siano concessionarie o affidatarie di contratto di partenariato pubblico privato o contraenti generali. Si ricorda che i privilegi rientrano tra le cause legittime di prelazione ai sensi dell’articolo 2741 del codice civile.

Il comma 1, lettera d), dispone che l’individuazione, nel contratto, del limite di riduzione del canone di disponibilità, superato il quale avviene la risoluzione del contratto medesimo, è a salvaguardia anche dei titolari di project bond. La norma modifica il secondo periodo del comma 6 dell’articolo 160-ter del Codice dei contratti, che disciplina il contratto di disponibilità.

Il contratto di disponibilità è il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un canone (art. 3, comma 15-bis, n.1 del Codice dei contratti).

Il comma 2 dell’articolo 13, in esame, introduce un nuovo comma (il terzo) all’articolo 2414-bis del codice civile che, come già anticipato (si veda il commento al comma 1) riguarda la costituzione di garanzie sulle obbligazioni emesse dalle società.

Per effetto delle norme in commento, le garanzie – reali e personali e di qualunque altra natura, nonché le cessioni di credito in garanzia – che assistono i titoli obbligazionari possono essere costituite sia in favore dei sottoscrittori delle obbligazioni che del loro rappresentante, che verrà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime.

Il comma 3 (modificando il già richiamato articolo 1 del D.L. n. 83 del 2012) incide sul regime fiscale dei project bond.

Più in dettaglio, la lettera a) del comma 3 modifica il comma 3 del richiamato articolo 1 del D.L. n. 83 del 2012, disponendo l’applicazione dell’imposta di bollo in misura fissa (200 euro) anche per le sostituzioni di garanzia relative all’emissioni di project bond e per i trasferimenti di garanzie, anche nel caso in cui derivino dalla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito.

Infine, con la lettera b) del comma 3 si abroga il comma 4 dell’articolo 1 del D.L. n. 83 del 2012, in tal modo rendendo strutturale l’applicazione dell’aliquota agevolata al 12,5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica (in luogo dell’aliquota del 26 per cento stabilita in via generale dalla legge, ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n. 66 del 2014). Il comma abrogato limitava nel tempo l’applicazione di tale regime agevolato, che in precedenza era operativo per le sole obbligazioni emesse nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012, ovvero i titoli emessi entro il 26 giugno 2015.

Il 26 giugno 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (COM(2013)462), che istituisce un quadro comune per i fondi d’investimento che vogliono iniettare capitali in società e progetti a lungo termine (European Long-Term Investment Funds, ELTIF).

In linea con l’obiettivo di integrazione del mercato interno, la proposta legislativa mira a creare un quadro normativo armonizzato per gli ELTIF, al fine di garantire che siano identificabili come tali dagli investitori in tutta l’UE, garantendo la parità delle condizioni di concorrenza tra i diversi gestori di fondi di investimento a lungo termine.

A tal fine, la nuova disciplina stabilisce i requisiti minimi per gli ELTIF, ovvero:

  • le tipologie di attività in cui sarebbero autorizzati a investire, (infrastrutture, trasporti ed energia sostenibile);
  • le regole sulla distribuzione dei capitali per ridurre i rischi;
  • norme sulle informazioni che devono essere comunicate agli investitori.


81) Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.

82) D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.

83) D.L. 22 giugno 2012, n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”.

84) Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”.

Articolo 14

(Disposizioni in materia di standard tecnici)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Non possono essere richieste modifiche dei progetti delle opere pubbliche rispondenti a standard tecnici che prescrivano livelli di sicurezza superiori a quelli minimi definiti dal diritto europeo e prescritti dagli Organi comunitari, senza che le stesse siano accompagnate da una stima dei sovraccosti necessari e da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria per il gestore dell’infrastruttura, corredata da stime ragionevoli anche in termini di relativi tempi di attuazione. 1. Non possono essere richieste da parte degli organi competentimodifiche dei progetti delle opere pubbliche rispondenti a standard tecnicipiù stringenti rispetto a quelli definiti dal diritto europeo e prescritti dagli Organi comunitari, senza che le stesse siano accompagnate da una stima dei sovraccosti necessari e da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria per il gestore dell’infrastruttura o dell’opera, corredata da stime ragionevoli anche in termini di relativi tempi di attuazione.

L’articolo 14 stabilisce che per la progettazione delle opere pubbliche non possono più essere richieste modifiche rispondenti a standard tecnici, che prescrivono livelli di sicurezza superiori a quelli minimi definiti dalla normativa europea, e che tali modifiche devono essere eventualmente accompagnate da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria e da una stima dei tempi di attuazione dell’opera.

La Camera dei deputati ha modificato la rubrica dell’articolo, sostituendo il riferimento alla “norma overdesign” con “Disposizioni in materia di standard tecnici”.

La Camera dei deputati precisa che la formulazione delle richieste di modifiche dei progetti delle opere pubbliche deve provenire da parte degli organi competenti e che tali richieste di modifica devono essere accompagnate da una stima dei sovraccosti necessari e da un’analisi di sostenibilità economica e finanziaria non solo per il gestore dell’infrastruttura, ma anche per il gestore dell’opera. Inoltre, la Camera dei deputati prevede che non possono essere richieste modifiche dei progetti delle opere pubbliche rispondenti a standard tecnici, più stringenti rispetto a quelli (anziché superiori a quelli minimi) definiti a livello europeo. La modifica, pertanto, estende alla progettazione delle opere pubbliche la disciplina vigente in materia di divieto di overdesign per la progettazione e la costruzione delle infrastrutture ferroviarie nazionali.

Con il termine overdesign si intende la progettazione e la realizzazione di un’opera in maniera sovradimensionata, ossia con criteri di dimensionamento, sicurezza, accessibilità, portati all’eccesso considerati superiori rispetto alle reali necessità e a quanto richiederebbe il suo utilizzo tipico.

L’articolo 53, commi 4 e 5, del decreto-legge 1/2012(85) ha introdotto un divieto di overdesign per la progettazione e la costruzione delle nuove gallerie stradali e autostradali e gli adeguamenti di quelle esistenti, stabilendo anche in questo caso l’esclusione dall’applicazione di parametri e standard tecnici e funzionali più stringenti rispetto a quelli previsti dagli accordi e dalle norme dell’UE.


85) D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.

Articolo 15

(Fondo di servizio per la patrimonializzazione delle imprese)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Il Governo promuove l’istituzione di un Fondo privato di servizio, di seguito Fondo, per il rilancio delle imprese industriali italiane caratterizzate da equilibrio economico operativo, ma con necessità di adeguata patrimonializzazione. 1. Il Governo promuove l’istituzione di un Fondo privato di servizio, di seguito Fondo, per il rilancio delle imprese industriali italiane caratterizzate da equilibrio economico operativo, ma con necessità di adeguata patrimonializzazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2. La finalità del Fondo è il sostegno finanziario e patrimoniale attraverso nuove risorse che favoriscano, tra l’altro, processi di consolidamento industriale rivolgendosi alle imprese con un numero di addetti non inferiore a 150 con prospettive di mercato. L’intervento del Fondo sarà costituito da operazioni di patrimonializzazione al servizio dello sviluppo operativo e dei piani di medio-termine. 2. Identico.
3. Il Fondo sarà sottoscritto da investitori istituzionali e professionali. e la sua operatività è subordinata alla dotazione minima di 1 miliardo di euro sottoscritta da almeno tre investitori partecipanti ciascuno in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 40 per cento e che dovranno rappresentare complessivamente una quota pari ad almeno il 50 per cento del valore totale dei «prestiti bancari alle imprese italiane non finanziarie», quale risultante dall’ultima «Indagine sul credito bancario in Italia» effettuata da Banca d’Italia. 3. Identico.
4. Il Fondo ha durata decennale prorogabile e gli investimenti hanno una durata di medio e lungo periodo. Il Fondo potrà altresì investire in imprese oggetto di procedure di ristrutturazione societarie e del debito. 4. Identico.
5. La gestione del Fondo è affidata ad una società di gestione del risparmio selezionata attraverso una procedura di evidenza pubblica che verrà gestita dai sottoscrittori di cui al comma 3, assicurando la massima partecipazione, la trasparenza e la non discriminazione degli operatori iscritti all’albo di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, tenuto dalla Banca d’Italia. 5. Identico.
6. La procedura di evidenza pubblica deve in ogni caso prevedere l’esclusione delle offerte che: 6. Identico.
a) pur tenendo conto della tipologia d’investimento prevedano remunerazioni di carattere speculativo;
b) prevedano un gestore del Fondo soggetto a partecipazione di controllo o di maggioranza da parte di uno o più sottoscrittori del Fondo;
c) non prevedano la presenza di un comitato di controllo con la partecipazione di almeno un rappresentante per ogni sottoscrittore che detenga una quota superiore al 5 per cento L’offerta tecnica deve contenere la struttura organizzativa e remunerativa della società di gestione del risparmio.
7. Il soggetto gestore del Fondo opera in situazione di completa neutralità, imparzialità, indipendenza e terzietà rispetto ai sottoscrittori. Rende note in ogni caso ai beneficiari e al Ministero dell’economia e delle finanze le operazioni nelle quali si trovi in situazioni di conflitto di interesse. 7. Identico.
8. Il soggetto gestore è tenuto a presentare annualmente al Ministero dello sviluppo economico la relazione sull’operatività del Fondo, comprensiva di una banca dati completa per singola operazione. 8. Identico.
9. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le caratteristiche delle imprese beneficiarie dell’intervento del Fondo, le caratteristiche della tipologia di investimento nel Fondo al fine di evitare remunerazioni di carattere speculativo, le modalità organizzative del Fondo. 9. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le caratteristiche delle imprese beneficiarie dell’intervento del Fondo, le caratteristiche della tipologia di investimento nel Fondo al fine di evitare remunerazioni di carattere speculativo, le modalità organizzative del Fondo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 1 promuove l’istituzione di un Fondo di servizio, avente durata di dieci anni prorogabili, avente lo scopo di rilanciare le imprese industriali italiane caratterizzate da “equilibrio economico positivo” e che necessitino di adeguata patrimonializzazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 2 individua lo scopo del Fondo nel sostegno finanziario e patrimoniale attraverso nuove risorse che favoriscano, tra l’altro, processi di consolidamento industriale rivolgendosi alle imprese con un numero di addetti non inferiore a 150 e con prospettive di mercato.

L’intervento del Fondo sarà costituito da operazioni di patrimonializzazione al servizio dello sviluppo operativo e dei piani di medio-termine.

Il comma 3 prevede che potranno sottoscrivere quote del Fondo i soli investitori istituzionali e professionali: la sua operatività è subordinata alla dotazione minima di 1 miliardo di euro, sottoscritta da almeno tre investitori partecipanti, ciascuno in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 40 per cento. Tali investimenti dovranno rappresentare complessivamente una quota pari ad almeno il 50 per cento del valore totale dei “prestiti bancari alle imprese italiane non finanziarie”, risultanti dalle rilevazioni periodiche del credito bancario effettuate dalla Banca d’Italia.

Si ricorda che il regolamento emittenti della Consob (articolo 34-ter, comma 1 del regolamento adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 e successivamente modificato nel tempo) definisce come “investitori qualificati” i soggetti individuati dall’articolo 26, comma 1, lettera d) del regolamento intermediari (regolamento adottato con delibera n. 16190 del 2007, anch’esso successivamente modificato) e, in particolare i cd. “clienti professionali”, sia pubblici che privati, individuati nell’Allegato 3 del medesimo regolamento intermediari. Il predetto Allegato 3 individua due categorie di clienti professionali: i cd. “clienti professionali di diritto”, per i quali la qualifica discende direttamente dalla norma, ed i “clienti professionali su richiesta”; essi sono tali perché gli intermediari possono riservare loro il medesimo trattamento previsto per i clienti professionali “di diritto”, purché ne facciano espressa richiesta e siano rispettati specifici criteri e procedure. Il predetto allegato 3 enumera tra gli investitori qualificati “di diritto” gli intermediari autorizzati a operare sui mercati finanziari, dunque le banche, le imprese di investimento e di assicurazione, gli OICR, le SGR, le Sicav, i negoziatori sui mercati aderenti a servizi di liquidazione o a sistemi di compensazione e garanzia, i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; gli agenti di cambio, gli investitori istituzionali che investono in strumenti finanziari, nonché le imprese che superino certi limiti dimensionali.

Ai sensi del comma 4, Il Fondo ha durata decennale prorogabile e gli investimenti hanno una durata di medio e lungo periodo. Il Fondo potrà altresì investire in imprese oggetto di procedure di ristrutturazione societarie e del debito.

Il comma 5 affida la gestione del Fondo ad una società di gestione del risparmio selezionata attraverso procedura ad evidenza pubblica gestita dai sottoscrittori, che assicuri la massima partecipazione, trasparenza e non discriminazione degli operatori finanziari iscritti all’apposito albo delle società di gestione del risparmio tenuto, ai sensi dell’articolo 35 del TUF (d. Lgs. n. 58 del 1998), dalla Banca d’Italia.

Con il comma 6 sono specificate le caratteristiche obbligatorie della procedura di evidenza pubblica per la selezione del gestore del fondo, con l’obbligo di escludere le offerte che prevedano remunerazioni di carattere speculativo, prevedano un gestore del Fondo soggetto a partecipazione di controllo o di maggioranza da parte di uno o più sottoscrittori del Fondo, e quelle che non prevedano la presenza di un comitato di controllo. Inoltre l’offerta tecnica deve contenere la struttura organizzativa e remunerativa della società di gestione del risparmio.

Ai sensi del comma 7, il soggetto gestore del Fondo deve operare in situazione di neutralità e imparzialità rispetto ai sottoscrittori. Deve inoltre rendere note ai sottoscrittori ed al Ministero dell’economia e delle finanze le operazioni in cui si trovi in conflitto di interesse.

Il comma 8 impone al medesimo soggetto di trasmettere annualmente al Ministero dello sviluppo economico una relazione sull’operatività del fondo, insieme ad una banca dati completa per ciascuna operazione.

Infine il comma 9 affida a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’individuazione delle caratteristiche delle imprese beneficiarie dell’intervento del Fondo, le caratteristiche della tipologia di investimento nel Fondo, al fine di evitare remunerazioni di carattere speculativo, e le modalità organizzative del Fondo stesso, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

In proposito può essere utile rammentare che negli ultimi anni è cresciuto il ruolo svolto nell’ambito delle politiche di sostegno alle imprese da parte della Cassa Depositi e prestiti (CDP).In primis (per effetto del combinato disposto dell’articolo 22 del decreto-legge n. 185 del 2008 e dell’articolo 3, comma 4-bis del decreto-legge n. 5 del 2009), è stata autorizzata la CDP ad utilizzare, sia pure non direttamente ma tramite soggetti autorizzati o fondi comuni d’investimento, le risorse rinvenienti dal risparmio postale anche per concedere finanziamenti, rilasciare garanzie, assumere capitale di rischio o di debito anche a favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia.La Cassa Depositi e prestiti partecipa al Fondo equity per le piccole e medie imprese denominato “Fondo Italiano d’Investimento” – FII, sponsorizzato dal Ministero dell’economia e delle finanze, dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e da Confindustria. Il Fondo, riservato ad investitori qualificati, ha come obiettivo quello di generare nel medio termine un nucleo consistente di imprese qualificabili come “medi campioni nazionali” che siano sufficientemente patrimonializzate ed in grado di affrontare le sfide della competitività internazionale.

Successivamente l’articolo 7 del decreto legge n. 34 del 2011 ha autorizzato la CDP ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

A tal fine è stato creato il Fondo Strategico Italiano, holding di partecipazioni il cui azionista strategico è la Cassa Depositi e prestiti, attiva nel sostegno dell’economia e nello sviluppo infrastrutturale. I fondi disponibili sono pari a 4 miliardi di euro ed il capitale obiettivo è pari a 7 miliardi di euro.

Con l’articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 2013 è stato previsto che CDP intervenga a sostegno delle micro, piccole e medie imprese prestando specifica provvista al sistema bancario per l’ottenimento da parte delle citate imprese di finanziamenti a tasso agevolato per investimenti, anche tramite leasing, in beni strumentali. A tal fine nel gennaio 2014 è stato messo a disposizione il Plafond “Beni Strumentali”, pari a 2,5 miliardi di euro.

Sempre dal 2013 CDP può acquistare titoli cartolarizzati aventi ad oggetto crediti verso piccole e medie imprese, al fine di accrescere il volume del credito delle stesse. Gli acquisti di tali titoli, se effettuati a valere sulla raccolta postale o su altri fondi assistiti dalla garanzia dello Stato, potranno a loro volta essere garantiti dallo Stato stesso una volta emanato l’apposito decreto ministeriale attuativo.

Articolo 15-bis

(Misure per favorire l’accesso ai finanziamenti di cui alla legge 27 febbraio 1985, n. 49, da parte delle cooperative di lavoratori provenienti da aziende confiscate)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. All’articolo 4, comma 1, della legge 27 febbraio 1985, n. 49, e successive modificazioni, dopo le parole: «funzionamento ed esercizio» sono aggiunte le seguenti: «, ad esclusione dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata concessi a favore delle cooperative ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159».

L’articolo 15-bis, modificando l’articolo 4, comma 1, della legge n. 49 del 1985, esclude che i crediti derivanti dai finanziamenti concessi a valere sul Fondo di rotazione per lo sviluppo della cooperazione o erogati dalle società finanziarie per interventi a salvaguardia dei livelli occupazionali abbiano privilegio anche sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata e concessi alle cooperative di lavoratori ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011.

L’articolo 1 della legge n. 49 del 1985 ha previsto l’istituzione, presso la Sezione speciale per il credito alla cooperazione, costituita presso la Banca nazionale del lavoro con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 15 dicembre 1947, n. 1421, di un fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, destinato al finanziamento delle cooperative che abbiano determinati requisiti (siano ispirate ai principi di mutualità richiamati negli statuti; siano iscritte nei registri delle prefetture e nello schedario generale della cooperazione e siano soggette alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale). I finanziamenti devono essere finalizzati all’attuazione di progetti relativi: all’aumento della produttività e/o dell’occupazione della manodopera; a valorizzare i prodotti; a favorire la razionalizzazione del settore distributivo; alla sostituzione di altre passività finanziarie contratte per la realizzazione dei progetti; alla ristrutturazione e riconversione degli impianti.

Il privilegio di cui si esclude l’applicazione continua ad operare sugli immobili, sugli impianti e su ogni loro pertinenza, sui macchinari e sugli utensili delle cooperative, fuori del caso previsto dal presente articolo.

Articolo 15-ter

(Disposizione concernente la cessione dei crediti d’impresa)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 1 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o un soggetto, costituito in forma societaria, che svolge l’attività di acquisto di crediti da soggetti del proprio gruppo che non siano intermediari finanziari».

La norma, aggiungendo una frase alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 52 del 1991, estende l’ambito applicativo della cessione dei crediti di impresa, prevedendo che cessionario possa essere anche una banca o intermediario finanziario che svolge l’attività di acquisto di crediti da soggetti del proprio gruppo che non siano intermediari finanziari.

Articolo 16

(Misure di agevolazioni per gli investimenti privati nelle strutture ospedaliere)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la regione Sardegna, con riferimento al carattere sperimentale dell’investimento straniero da realizzarsi nell’ospedale di Olbia, ai fini del rispetto dei parametri del numero di posti letto per mille abitanti, previsti dall’articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per il periodo 2015-2017 non si tiene conto dei posti letto accreditati in tale struttura. La regione Sardegna, in ogni caso, assicura, mediante la trasmissione della necessaria documentazione al competente Ministero della Salute, l’approvazione di un programma di riorganizzazione della rete ospedaliera che garantisca che, a decorrere dal 1 gennaio 2018, i predetti parametri siano rispettati includendo nel computo dei posti letto anche quelli accreditati nella citata struttura. 1. Identico.
2. Sempre in relazione al carattere sperimentale dell’investimento nell’ospedale di Olbia e nelle more dell’adozione del provvedimento di riorganizzazione della rete ospedaliera di cui al comma 1, la regione Sardegna nel periodo 2015-2017 è autorizzata ad incrementare fino al 6% il tetto di incidenza della spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati di cui all’articolo 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. La copertura di tali maggiori oneri avviene annualmente all’interno del bilancio regionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 836, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 2. Identico.
2-bis. Nel periodo 2015-2017, la regione Sardegna e il Ministero della salute sono tenuti a monitorare l’effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie e la loro piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna nonché la mobilità sanitaria verso altre regioni.

I commi 1 e 2 dell’articolo 16 pongono due deroghe transitorie per la regione Sardegna, relative alla spesa sanitaria ed al triennio 2015-2017, con riferimento all’investimento straniero da realizzarsi, con carattere sperimentale, per l’ospedale ex San Raffaele di Olbia (struttura in passato mai ultimata). Il comma 2-bis – inserito dalla Camera – prevede che, nel medesimo periodo 2015-2017, la regione Sardegna e il Ministero della salute assicurino un monitoraggio sull’effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie della struttura in oggetto e sulla loro piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna nonché sulla mobilità sanitaria verso altre regioni.

In base alla deroga di cui al comma 1, nel triennio 2015-2017, non si tiene conto dei posti letto accreditati nella suddetta struttura sanitaria, ai fini del rispetto del parametro massimo di 3,7 posti letto ospedalieri (accreditati nelle strutture sanitarie, pubbliche o private, ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale) per mille abitanti(86) , posto dalla disciplina di cui all’art. 15, comma 13, lettera c), del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135. Si ricorda che la regione Sardegna ha recepito tale parametro con la legge regionale 7 novembre 2012, n. 21. In ogni caso, in base alla presente norma di deroga, la regione deve assicurare, mediante la trasmissione della necessaria documentazione al Ministero della salute, l’approvazione di un programma di riorganizzazione della rete ospedaliera, il quale garantisca che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il suddetto parametro sia rispettato anche al lordo dei posti letto in questione.

Secondo la norma di deroga di cui al successivo comma 2, la regione Sardegna, nel triennio 2015-2017, può incrementare, nella misura di 6 punti percentuali, il limite vigente della spesa per la remunerazione – da parte del Servizio sanitario regionale – delle prestazioni sanitarie rese da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera. Si ricorda che il limite annuo (ai sensi dell’art. 15, comma 14, del citato D.L. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135 del 2012, e successive modificazioni) è pari, per gli anni 2014 e seguenti, alla spesa registrata a consuntivo per il 2011, ridotta di 2 punti percentuali; peraltro, per la regione Sardegna, secondo la normativa già vigente(87) , l’obiettivo finanziario sotteso a tale limite può essere conseguito, in alternativa, in altre aree della spesa sanitaria (facoltà ammessa “al fine di garantire un adeguato livello di erogazione di servizi sanitari nella regione Sardegna, interessata dai gravi eventi alluvionali del mese di novembre 2013”). Il comma 2 specifica altresì che agli oneri finanziari derivanti dalla presente deroga di sei punti percentuali la regione Sardegna fa fronte annualmente all’interno del proprio bilancio, ai sensi del principio di cui all’art. 1, comma 836, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, secondo il quale, dall’anno 2007, la regione in esame provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato.

Si ricorda che il 12 dicembre 2013, la Regione Sardegna aveva già siglato, insieme alla Qatar Foundation e all’Ospedale Bambino Gesù, una manifestazione di intenti per l’attivazione, nell’Ospedale ex San Raffaele di Olbia – struttura mai completamente realizzata e, pertanto, mai attivata, anche a causa dell’avvio di una procedura di concordato preventivo – di un presidio ospedaliero ad alta qualificazione sanitaria per l’area di Olbia-Tempio e, con apposita intesa, di un polo di ricerca a vocazione pediatrica. A tale atto è seguita, il 16 maggio 2014, un’intesa per l’attivazione di un tavolo tecnico sanitario per la specifica definizione dei contenuti dell’offerta e dell’attività del nuovo ospedale e del polo di ricerca nell’area territoriale della Gallura.

Il 22 maggio 2014, inoltre, è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra il Governo, la Regione autonoma della Sardegna e la Qatar Foundation Endowment – ente privato non-profit che opera, tra l’altro, nel campo della ricerca scientifica e della salute -per l’acquisizione della struttura ospedaliera privata di proprietà dell’IRCCS Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, a seguito del quale, il 25 giugno 2014, il Governo ha assunto l’impegno, con nota congiunta del Sottosegretario e del Ministro della salute (v. anche audizione del Ministro della Salute nell’audizione presso la Commissione XII della Camera, 22 luglio 2014) di intervenire per introdurre, mediante provvedimento di urgenza, le deroghe recate dall’articolo in esame per il triennio 2015-2017.

Dopo l’intesa, la Giunta della Regione Sardegna ha approvato la deliberazione n. 24/1 del 26 giugno 2014 preliminare all’avvio delle procedure per l’attivazione dell’ospedale e del polo di ricerca nell’area territoriale della Gallura, cui ha fatto seguito l’8 luglio 2014, l’approvazione definitiva con deliberazione n. 26/8.

Dai dati riportati nell’audizione del Ministro per la salute del 22 luglio (v. ante) risulta che per tale struttura si prevede un’offerta nel settore della degenza, dell’attività specialistica e ambulatoriale e dei servizi sanitari, caratterizzata inoltre da attività di riabilitazione ad alta intensità neurologica e centro di eccellenza della medicina sportiva. Le attività, da avviare a marzo 2015, dovrebbero riguardare inizialmente 178 posti letto – di cui 108 per acuti e 70 per post-acuti -, subordinatamente al rilascio dell’autorizzazione dell’accreditamento istituzionale. Al termine di un anno dall’avvio dell’attività è previsto il completamento dell’offerta assistenziale con l’attivazione di un numero fino a 242 posti letto accreditati.

In base a quanto rilevato dalla missione di studio a Cagliari e Olbia da parte di una delegazione della Commissione Affari sociali della Camera, in merito al completamento e al rilancio dell’ex Ospedale San Raffaele (v. comunicazioni del presidente della Commissione XII della Camera, 23 luglio 2014) i costi dell’operazione da parte dell’investitore privato sono stati stimati intorno ad 1 miliardo di euro, dei quali, nell’ambito della stessa missione, sono stati chiesti chiarimenti circa i modi e i tempi di recupero.


86) Tale parametro è comprensivo di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie.

87) Ai sensi dell’art. 1, comma 119, della L. 27 dicembre 2013, n. 147.

Articolo 16-bis

(Disciplina degli accessi su strade affidate alla gestione della società ANAS Spa)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Dopo il comma 23 dell’articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono inseriti i seguenti:
«23-bis. Per gli accessi esistenti su strade affidate alla gestione della società ANAS Spa alla data del 31 dicembre 2014, già autorizzati dalla medesima società, a decorrere dal 1 gennaio 2015 non è dovuta alcuna somma fino al rinnovo dell’autorizzazione. Per il rinnovo si applica la disciplina prevista dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui al comma 23-quinquies.
23-ter. Per gli accessi esistenti alla data del 31 dicembre 2014 e privi di autorizzazione, la società ANAS Spa, a seguito di istanza di regolarizzazione da parte del titolare dell’accesso, provvede alla verifica delle condizioni di sicurezza e determina, in base ai criteri contenuti nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui al comma 23-quinquies, la somma da corrispondere in unica soluzione ai fini del rilascio dell’autorizzazione.
23-quater. Le somme dovute e non corrisposte alla data del 31 dicembre 2014 in base alla disciplina in vigore fino alla predetta data sono ridotte nella misura del 70 per cento, a condizione che il versamento avvenga in un’unica soluzione, ovvero nella misura del 40 per cento in nove rate annuali, oltre agli interessi legali. Entro il 28 febbraio 2015, la società ANAS Spa invia la richiesta di opzione ai titolari degli accessi fissando il termine di sessanta giorni per il versamento dell’intero importo ovvero della prima rata.
23-quinquies. Per i nuovi accessi la cui richiesta di autorizzazione è presentata successivamente al 31 dicembre 2014 è dovuta, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, esclusivamente una somma, da corrispondere alla società ANAS Spa in un’unica soluzione, determinata in base alle modalità e ai criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare entro il 31 dicembre 2014. Tale somma non può superare l’importo del canone esistente prima della data di entrata in vigore della presente legge, aggiornato in base agli indici dei prezzi al consumo rilevati dall’Istituto nazionale di statistica.
23-sexies. La disciplina di cui ai commi 23-bis, 23-ter, 23-quater e 23-quinquies non si applica agli accessi commerciali con impianti di distribuzione di carburanti annessi né agli accessi a impianti di carburanti.
23-septies. Alle eventuali minori entrate della società ANAS Spa conseguenti all’attuazione dei commi 23-bis, 23-ter, 23-quater e 23-quinquies si provvede nell’ambito delle risorse previste dal contratto di programma – parte servizi.
23-octies. La società ANAS Spa provvede, entro il 30 giugno 2015, al censimento di tutti gli accessi, autorizzati e no, esistenti sulle strade di propria competenza, al fine di garantire le condizioni di sicurezza della circolazione anche attraverso l’eventuale chiusura degli accessi abusivi, e ne trasmette gli esiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti».

La Camera dei deputati ha aggiunto l’articolo 16-bis, che introduce i nuovi commi da 23-bis a 23-octies all’articolo 55 della legge 449/1997(88) , relativamente alla disciplina degli accessi su strade affidate alla gestione della società ANAS S.p.A. Tali disposizioni vengono inserite dopo il comma 23 del citato articolo 55, che disciplina l’adeguamento delle entrate proprie dell’Ente nazionale per le strade derivanti dai canoni e dai corrispettivi dovuti per le concessioni e le autorizzazioni diverse.

Accessi autorizzati (comma 23-bis)

In particolare, il comma 23-bis dispone che, per gli accessi esistenti su strade affidate alla gestione di ANAS SpA, alla data del 31 dicembre 2014, già autorizzati dall’ANAS SpA. medesima, a decorrere dal 1° gennaio 2015 non è più dovuta alcuna somma fino al rinnovo dell’autorizzazione. Per il rinnovo si applica la disciplina prevista dal decreto del Ministro delle infrastrutture e del trasporti di cui al successivo comma 23-quinquies.

Accessi non autorizzati (comma 23-ter)

Il comma 23-ter prevede che per gli accessi esistenti alla data del 31 dicembre 2014 privi di autorizzazione, ANAS S.p.A. provvede, a seguito dell’istanza di regolarizzazione da parte del titolare dell’accesso, alla verifica delle condizioni di sicurezza e determina, in base ai criteri contenuti nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui al successivo comma 23-quinquies, la somma da corrispondere in unica soluzione al fini del rilascio dell’autorizzazione.

Riduzione delle somme dovute e non corrisposte al 31 dicembre 2014 (comma 23-quater)

Il comma 23-quater stabilisce che le somme dovute e non corrisposte al 31 dicembre 2014 in base alla disciplina in vigore fino alla predetta data, sono ridotte nella misura del 70%, a condizione che il versamento avvenga in un’unica soluzione ovvero nella misura del 40% in nove rate annuali, oltre agli interessi legali.

Somme da versare per i nuovi accessi (comma 23-quinquies)

Il comma 23-quinquies stabilisce che, per i nuovi accessi la cui richiesta di autorizzazione é presentata successivamente al 31 dicembre 2014 é dovuta esclusivamente una somma ai fini del rilascio dell’autorizzazione da corrispondere ad ANAS SpA., in unica soluzione e determinata in base alle modalità ed ai criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e del trasporti da emanarsi entro il 31 dicembre 2014. Tale somma non potrà superare I’importo del canone preesistente all’entrata in vigore della legge 449/1997, aggiornato agli indici ISTAT dei prezzi al consumo.

Accessi commerciali (comma 23-sexies)

Il comma 23-sexies prevede che la disciplina di cui ai commi 23-bis, 23-ter, 23-quater e 23-quinquies non si applica agli accessi commerciali con impianti di distribuzione di carburanti annessi e agli accessi ad impianti di carburanti.

Minori entrate ANAS (comma 23-septies)

Il comma 23-septies prevede che alle eventuali minori entrate di ANAS S.p.A. conseguenti alI’attuazione del commi 23-bis, 23-ter, 23-quater e 23-quinquies, si provvede nell’ambito delle risorse previste dal contratto di programma-parte servizi.

Censimento di tutti gli accessi esistenti (comma 23-octies)

Il comma 23-octies stabilisce che ANAS S.p.A. provveda, entro il 30 giugno 2015, al censimento di tutti gli accessi esistenti, autorizzati e non, sulle strade di propria competenza, al fine di garantire le condizioni di sicurezza della circolazione anche attraverso l’eventuale chiusura degli accessi abusivi, e ne trasmetta gli esiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


88) Legge 27 dicembre 1997, n. 449 “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.

Articolo 16-ter

(Disposizioni antincendio per le metropolitane in esercizio)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Gli adempimenti previsti dall’articolo 11, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, e successive modificazioni, si applicano alle metropolitane in esercizio alla data di entrata in vigore del medesimo regolamento, con le modalità e nei termini stabiliti con decreto del Ministro dell’interno, da adottare, secondo le procedure previste dall’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il termine ultimo per conformarsi ai predetti adempimenti secondo quanto disposto dal decreto del Ministro dell’interno di cui al primo periodo non può essere in ogni caso superiore a ventiquattro mesi dalla data di emanazione del decreto medesimo.

La Camera dei deputati ha aggiunto l’articolo 16-ter, che demanda ad un decreto del Ministro dell’interno, da emanarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, la definizione delle modalità e dei termini per l’effettuazione degli adempimenti antincendio relativi alle metropolitane in esercizio alla data di entrata in vigore del D.P.R. 151/2011(89) che (articolo 11, comma 4) ha prescritto, per le metropolitane (così come tutte le altre “nuove attività” introdotte dal D.P.R. 151/2011) l’effettuazione dei suddetti adempimenti entro il 7 ottobre 2013. Tale termine è stato prorogato al 7 ottobre 2014 dall’art. 38, comma 2, del decreto-legge 69/2013(90) . Il termine ultimo per conformarsi agli adempimenti che saranno indicati dal decreto ministeriale, non può essere in ogni caso superiore a 24 mesi dalla sua emanazione.


89) Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”. Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 280 del 29 novembre 2013.

90) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

Articolo 17

(Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di semplificare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare processi di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo al recupero del patrimonio edilizio esistente e alla riduzione del consumo di suolo, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni: 1. Identico:
a) all’articolo 3 (L), comma 1, lettera b): a) identica;
1) le parole: «i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari» sono sostituite dalle seguenti: «la volumetria complessiva degli edifici»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso;»;
b) dopo l’articolo 3 (L), è inserito il seguente: b) identico:
«Art. 3 bis. (Interventi di conservazione) 1. Lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione. In tal caso l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa. Nelle more dell’attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario.»; «Art. 3 bis. (Interventi di conservazione) 1. Lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione. In tal caso l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sull’area interessata e senza aumento della superficie coperta rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa. Nelle more dell’attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario.»;
c) all’articolo 6 (L): c) identico:
01) al comma 1, lettera a), dopo le parole: «manutenzione ordinaria» sono aggiunte le seguenti: «di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), ivi compresi gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 kW»;
1) al comma 2: 1) identico;
a) alla lettera a), le parole da: «, non comportino», fino alla fine della lettera, sono soppresse;
b) alla lettera e-bis), dopo le parole: «sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa,» sono inserite le seguenti: «sempre che non riguardino le parti strutturali,»;
2) il comma 4, è sostituito dal seguente: 2) identico:
«4. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettere a) ed e-bis), l’interessato trasmette all’amministrazione comunale la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; la comunicazione contiene, altresì, i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori.»; «4. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettere a) ed e-bis), l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; la comunicazione contiene, altresì, i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori.»;
3) il comma 5 è sostituito dal seguente: 3) identico:
«5. Riguardo agli interventi di cui al comma 2, la comunicazione di inizio dei lavori è valida anche ai fini di cui all’articolo 17, primo comma, lettera b), del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, ed è tempestivamente inoltrata da parte dell’amministrazione comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.»; «5. Riguardo agli interventi di cui al comma 2, la comunicazione di inizio dei lavori, laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori, è valida anche ai fini di cui all’articolo 17, primo comma, lettera b), del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, ed è tempestivamente inoltrata da parte dell’amministrazione comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.»;
4) al comma 6, le lettere b) e c), sono sostituite dalla seguente: 4) identico;
«b) disciplinano con legge le modalità per l’effettuazione dei controlli.»;
5) al comma 7 le parole: «ovvero la mancata trasmissione della relazione tecnica, di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 2, ovvero la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori di cui al comma 4,»; 5) al comma 7 le parole: «ovvero la mancata trasmissione della relazione tecnica, di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 2, ovvero la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori di cui al comma 4,» e le parole: «258 euro» sono sostituite dalle seguenti: «1.000 euro»;
d) all’articolo 10 (L), comma 1, lettera c), le parole: «aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici,» sono sostituite dalle seguenti: «modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti,»; d) identica;
e) all’articolo 14 (L): e) identico:
1) dopo il comma 1, è inserito il seguente: 1) identico:
«1-bis. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico.»; «1-bis. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico a condizione che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni »;
2) al comma 3, dopo la parola: «ed esecutivi,» sono inserite le seguenti: «nonché, nei casi di cui al comma 1-bis, le destinazioni d’uso,»; 2) identico;
f) all’articolo 15 (R): f) identico:
1) al comma 2, la parola «esclusivamente» è soppressa; 1) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari»;
2) dopo il comma 2, è inserito il seguente: 2) identico;
«2-bis. La proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate.»;
g) all’articolo 16 (L): g) identico:
1) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e fatte salve le disposizioni concernenti gli interventi di trasformazione urbana complessi di cui al comma 2-bis.»; 1) soppresso;
2) al comma 2-bis è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera g), deldecreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per gli interventi di trasformazione urbana complessi, come definiti dall’allegato IV alla Parte Seconda, numeri 7 e 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, lo strumento attuativo prevede una modalità alternativa in base alla quale il contributo di cui al comma 1 è dovuto solo relativamente al costo di costruzione, da computarsi secondo le modalità di cui al presente articolo e le opere di urbanizzazione, tenendo comunque conto dei parametri definiti ai sensi del comma 4, sono direttamente messe in carico all’operatore privato che ne resta proprietario, assicurando che, nella fase negoziale, vengano definite modalità atte a garantire la corretta urbanizzazione, infrastrutturazione ed insediabilità degli interventi, la loro sostenibilità economico finanziaria, le finalità di interesse generale delle opere realizzate e dei relativi usi.»; 2) soppresso;
3) al comma 4, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente: 3) al comma 4, dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti:
«d-bis) alla differenziazione tra gli interventi al fine di incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), anziché quelli di nuova costruzione.»; «d-bis) identica;
d-ter) alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso. Tale maggior valore, calcolato dall’amministrazione comunale, viene suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed erogato da quest’ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l’interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche»;
3-bis) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Con riferimento a quanto previsto dal secondo periodo della lettera d-ter) del comma 4, sono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali»;
4) al comma 5, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, secondo i parametri di cui al comma 4.»; 4) al comma 5, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, secondo i parametri di cui al comma 4, fermo restando quanto previsto dal comma 4-bis »;
5) al comma 10, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni.»; 5) identico;
h) all’articolo 17 (L): h) identico:
1) al comma 4, dopo le parole: «di proprietà dello Stato», sono inserite le seguenti: «, nonché per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a),»; 1) al comma 4, dopo le parole: «di proprietà dello Stato», sono inserite le seguenti: «, nonché per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), qualora comportanti aumento del carico urbanistico, » e dopo le parole: «delle sole opere di urbanizzazione» sono aggiunte le seguenti: «, purché ne derivi un aumento della superficie calpestabile»;
2) dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: «4-bis. Al fine di agevolare gli interventi di densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al venti per cento rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni. I comuni definiscono, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, i criteri e le modalità applicative per l’applicazione della relativa riduzione.»; 2) dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: «4-bis. Al fine di agevolare gli interventi di densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al venti per cento rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni nei casi non interessati da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso comportanti maggior valore rispetto alla destinazione originaria. I comuni definiscono, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, i criteri e le modalità applicative per l’applicazione della relativa riduzione.»;
i) all’articolo 20 (R), il comma 7 è sostituito dal seguente: i) identica;
«7. I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati nei soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.»;
l) al Capo III, Titolo II, Parte I la rubrica è sostituita dalla seguente: «SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ E DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITÀ»; l) identica;
m) all’articolo 22 (L), sono apportate le seguenti modificazioni: m) identica;
1) ai commi 1 e 2 le parole: «denuncia di inizio attività» sono sostituite dalle seguenti: «segnalazione certificata di inizio attività» e le parole «denunce di inizio attività» sono sostituite dalle seguenti: «segnalazioni certificate di inizio attività»;
2) dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d’inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.»;
n) dopo l’articolo 23-bis, è inserito il seguente: n) identico:
«Art. 23-ter.(Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante). «Art. 23-ter.(Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante).
1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: 1. Identico:
a) residenziale e turistico-ricettiva; a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale; b) identica;
c) commerciale; c) identica;
d) rurale. d) identica.
2. La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile. 2. Identico.
3. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.»; 3.Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.»;
o) all’articolo 24, comma 3, dopo le parole «il soggetto che ha presentato» sono inserite le seguenti: «la segnalazione certificata di inizio attività o»; o) identica;
p) all’articolo 25 (R), comma 5-ter, le parole: «per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5-bis e» sono soppresse; p) identica;
q) dopo l’articolo 28, è inserito il seguente: q) identico:
«Art. 28-bis.(Permesso di costruire convenzionato). «Art. 28-bis.(Permesso di costruire convenzionato).
1. Qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte, sotto il controllo del Comune, con una modalità semplificata, è possibile il rilascio di un permesso di costruire convenzionato. 1. Qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, è possibile il rilascio di un permesso di costruire convenzionato.
2. La convenzione specifica gli obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi. 2. La convenzione, approvata con delibera del consiglio comunale, salva diversa previsione regionale, specifica gli obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi.
3. Sono, in particolare, soggetti alla stipula di convenzione: 3. Identico.
a) la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;
b) la realizzazione di opere di urbanizzazione fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;
d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.
4. La convenzione può prevedere modalità di attuazione per stralci funzionali, cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative garanzie. 4. Identico.
5. Il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione. 5. Identico.
6. Il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è quello previsto dal Capo II del Titolo II del presente decreto. Alla convenzione si applica altresì la disciplina dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.». 6. Identico»;
q-bis) all’articolo 31, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
«4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.
4-quater. Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4-bis e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione».
2. Le espressioni «denuncia di inizio attività» ovunque ricorra nel decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ad eccezione degli articoli 22, 23 e 24, comma 3, è sostituita dalla seguente: «segnalazione certificata di inizio attività». 2. Identico.
2-bis. Le regioni a statuto ordinario assicurano l’attuazione di quanto previsto al comma 1, lettera c), numero 4), entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
2-ter. La disposizione di cui al comma 1, lettera i), non si applica ai comuni obbligati all’esercizio in forma associata della funzione fondamentale della pianificazione urbanistica ed edilizia, prima che sia decorso un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. Le regioni, con proprie leggi, assicurano l’attivazione del potere sostitutivo allo scadere dei termini assegnati ai comuni per l’adozione da parte degli stessi dei piani attuativi comunque denominati in base alla normativa statale e regionale. 3. Identico.
4. All’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, dopo il sesto comma, è inserito il seguente: «L’attuazione degli interventi previsti nelle convenzioni di cui al presente articolo ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, può avvenire per stralci funzionali e per fasi e tempi distinti. In tal caso per ogni stralcio funzionale nella convenzione saranno quantificati gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare e le relative garanzie purché l’attuazione parziale sia coerente con l’intera area oggetto d’intervento.» 4. Identico.
5. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 5. Identico.

L’articolo 17, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, apporta numerose modifiche al T.U. edilizia (D.P.R. 380/2001) negli ambiti di seguito indicati.

Opere interne e Comunicazione di Inizio Lavori (CIL)

Una prima modifica (lettera a), n. 1), del comma 1) riguarda la definizione di manutenzione straordinaria e comporta che per tali interventi non sia alterata la volumetria complessiva degli edifici, anziché i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari come prevedeva il testo previgente della lettera b), del comma 1, dell’art. 3 del T.U. edilizia.

Viene altresì precisato, sempre nell’ambito della definizione in questione, che sono ricompresi tra gli interventi di manutenzione straordinaria quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso (lettera a), n. 2), del comma 1).

Il seguente testo a fronte evidenzia ancor più chiaramente le citate modifiche definitorie:

Definizione previgente Nuova definizione
b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliarie non comportino modifiche delle destinazioni di uso; b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edificie non comportino modifiche delle destinazioni di uso.Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione di uso;

Connessa alle modifiche indicate è quella disposta dalla successiva lettera c).

Nel corso dell’esame in prima lettura presso la Camera dei deputati è stata modificata la lettera c) del comma 1 al fine di includere tra gli interventi di manutenzione ordinaria eseguibili senza titolo abilitativo, l’installazione di pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12kW.

Con la lettera c) numero 1), lett. a), si interviene sulle caratteristiche degli interventi di manutenzione straordinaria che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, quindi semplicemente previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale. Nel testo previgente, per realizzare l’intervento semplicemente con la comunicazione di inizio lavori (CIL) erano richieste le seguenti condizioni cui la norma non fa più riferimento in conseguenza della modifica :

  • l’intervento non comporta aumento del numero delle unità immobiliari;
  • l’intervento non implica incremento dei parametri urbanistici.

Rimane quindi, rispetto al testo previgente dell’art. 6, comma 2, lettera a) del T.U. edilizia, la sola condizione che l’intervento non deve riguardare le parti strutturali dell’edificio.

Alle modifiche citate si accompagna quella disposta dalla lettera d) del medesimo comma 1, secondo cui non è più necessario il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano aumento di unità immobiliari, modifiche del volume o delle superfici. In base al nuovo disposto il permesso di costruire serve invece se vi è una modifica della volumetria complessiva degli edifici (oltre che nel caso, già contemplato dal testo previgente dell’art. 10, comma 1, lett. c), del T.U. edilizia, di modifica dei prospetti).

Si fa notare che, prima dell’entrata in vigore del presente decreto-legge, gli accorpamenti e i frazionamenti di unità immobiliari per i quali era richiesto il permesso di costruire. In seguito alla semplificazione operata dalle citate lettere a), c) e d), per tali interventi di accorpamento e frazionamento sarà sufficiente una semplice comunicazione di inizio lavori (CIL).

Relativamente alle modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, il numero 1), lett. b), della lettera c) del comma 1 chiarisce che le stesse possono essere eseguite semplicemente previa CIL (comunicazione di inizio lavori), a condizione che gli interventi non riguardino le parti strutturali (nuovo testo dell’art. 6, comma 2, lettera e-bis) del T.U. edilizia).

Connessa alle suesposte modifiche è quella operata dal numero 2) della lettera c). Tale numero 2), al fine di garantire che gli interventi di manutenzione straordinaria e le modifiche interne sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa effettuati con semplice CIL non riguardino le parti strutturali, aggiunge, tra le finalità dell’asseverazione della CIL operata dal tecnico abilitato, proprio quella di attestare che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio (nuovo testo del comma 4 dell’art. 6 del T.U. edilizia). Si segnala che nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il numero 2) della lettera c) del comma 1, stabilendo che all’amministrazione comunale – al fine di garantire che gli interventi di manutenzione straordinaria e le modifiche interne sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa effettuati con semplice CIL non riguardino le parti strutturali – deve essere trasmessa non solo la CIL asseverata ma anche l’elaborato progettuale. Con la modifica ora illustrata si precisa altresì che il tecnico che assevera la CIL deve attestare anche la compatibilità dell’intervento con la normativa sismica e sul rendimento energetico nell’edilizia.

Nel testo sono previste altre modifiche della normativa relativa alla documentazione di corredo della CIL. Rispetto alla normativa previgente, viene infatti eliminato l’obbligo di presentare all’amministrazione “una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali”. Viene altresì eliminato l’obbligo, limitatamente alle opere all’interno dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, di trasmettere le dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia per le imprese.

Conseguentemente vengono eliminate le disposizioni contenute nelle lettere b) e c) del comma 6 dell’art. 6 del T.U. edilizia, che riguardavano la relazione tecnica, e sostituite con una disposizione che si limita a demandare alle leggi regionali la disciplina delle modalità di effettuazione dei controlli (numero 4) della lettera c)).

Sempre consequenziale all’eliminazione della relazione tecnica è la modifica operata dal numero 5) della lettera c), che modifica il T.U. edilizia al fine di far riferimento non più alla relazione tecnica ma alla CIL asseverata.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato modificato il numero 5) della lettera c) al fine di elevare da 258 a 1.000 euro la sanzione pecuniaria per la mancata presentazione della CIL o (nel caso di manutenzioni straordinarie o di modifiche interne sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, o di modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa) della CIL asseverata.

Da segnalare inoltre, con riferimento a tutti gli interventi eseguibili semplicemente previa CIL (vale a dire quelli elencati dal comma 2 dell’art. 6 del T.U. edilizia), la semplificazione introdotta dal numero 3) della lettera c), che svincola il soggetto interessato dall’obbligo di provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale: la nuova disposizione impone infatti all’amministrazione comunale di provvedere al tempestivo inoltro della CIL all’Agenzia delle entrate (nuovo testo del comma 5 dell’art. 6 del T.U. edilizia).

Nel corso dell’esame presso la Camera e stato modificato il numero 3 della lettera c) del comma 1 prevedendo che la Comunicazione di inizio lavori (CIL) venga integrata con la Comunicazione di fine lavori, al fine di svincolare il soggetto interessato dall’obbligo di provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.

Infatti, il nuovo testo del comma 5 dell’art. 6 del T.U. dell’edilizia, ora introdotto, impone solo all’amministrazione comunale l’obbligo di provvedere al tempestivo inoltro della CIL all’Agenzia delle entrate.

Con riguardo alle opere interne, infine, la lettera h), numero 1), del comma 1, stabilisce che, per gli interventi di manutenzione straordinaria effettuabili semplicemente previa CIL (definiti dall’art. 6, comma 2, lett. a) del T.U. edilizia) il contributo di costruzione sia commisurato alle sole opere di urbanizzazione (nuovo testo dell’art. 17, comma 4, del T.U. edilizia). La Camera ha modificato il numero 1) della lettera h) del comma 1, aggiungendo, quale condizione di applicabilità, che dall’intervento derivi un aumento della superficie calpestabile.

Potrebbero essere ritenuti non chiari gli effetti di tale disposizione relativamente alle opere che rientrano nella manutenzione straordinaria sulla base delle modifiche apportate dall’articolo in esame e a quelle opere che già erano incluse nella manutenzione straordinaria.

Riguardo poi alla condizione di applicabilità legata all’aumento della superficie calpestabile, potrebbe non essere ritenuta ben individuabile la finalità della disposizione, se in particolare sia quella di escludere per intero il pagamento del contributo di costruzione, ove dall’intervento non derivi un aumento della superficie calpestabile”.

Interventi di conservazione.

La lettera b) del comma 1 introduce la definizione di “interventi di conservazione” (nuovo art. 3-bis del T.U. edilizia).

La norma stabilisce che lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione e che, in tal caso, l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione e dispone altresì che, nelle more dell’attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi (ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario). La norma non chiarisce quali siano tali “interventi conservativi” .

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha modificato la lettera b) del comma 1 che introduce l’art. 3-bis nel T.U. edilizia, stabilendo che le citate forme di compensazione devono incidere sull’area interessata e non implicare aumenti della superficie coperta.

Permesso di costruire

La lettera e) del comma 1 introduce (all’art. 14, comma 1-bis, del T.U. edilizia) una nuova ipotesi di permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d’uso per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico.

La Camera dei deputati ha modificato tale previsione al fine di introdurre, quale requisito per l’applicazione della norma, che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione. Si fa salvo il principio generale dell’ordinamento nazionale in ordine alla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Va rammentato che sulla disciplina degli orari, diverse Regioni hanno tentato il ricorso alla Corte costituzionale, la quale si è pronunciata con la sentenza n. 299 del 2012 e con le successive sentenze nn. 27 e 38 del 2013, qualificando le norme sugli orari degli esercizi commerciali come norme di tutela della concorrenza; nella sentenza n. 14 del 2004, la Corte afferma anche che “dal punto di vista del diritto interno, la nozione di concorrenza non può non riflettere quella operante in ambito comunitario” e definendo la stessa concorrenza come “una delle leve della politica economica statale”, ribadisce che la stessa “non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali”. Inoltre, in Senato è all’esame il disegno di legge n. 1629, già approvato dalla Camera, il quale, pur mantenendo il principio generale secondo cui le attività commerciali sono svolte senza dover rispettare orari di apertura o di chiusura, l’obbligo di chiusura domenicale, nonché l’obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, individua una serie di eccezioni al principio stesso.

Si rammenta che l’art. 31, comma 2, del D.L. 201/2011 statuisce che costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. La stessa norma però consente alle Regioni e agli enti locali di prevedere, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.

L’art. 3, comma 1, lett. d), del T.U. edilizia definisce di “ristrutturazione edilizia” gli «interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente».

Sono invece di “ristrutturazione urbanistica”, ai sensi della successiva lettera f), quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.

La lettera f) del comma 1 prevede, mediante alcune modifiche all’art. 15 del T.U. edilizia, la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, contemplati dal permesso di costruire, in caso di blocco degli stessi lavori causato da iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate.

– che nel testo vigente si limita ad apportare una modifica limitata al comma 2 dell’art. 15 del T.U. edilizia, relativo ai termini di efficacia del permesso di costruire -.

La Camera dei deputati, modificando il numero 1) della lettera f) del comma 1, ha operato un’integrale riscrittura del suddetto comma 2 dell’art. 15 del T.U. edilizia. Rispetto al testo vigente, che si limita ad apportare una modifica limitata, nel nuovo testo del comma 2 viene introdotta una nuova fattispecie di proroga dei termini citati nel caso di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori.

La lettera g) del comma 1 contiene una serie di disposizioni che incidono sul contributo per il rilascio del permesso di costruire.

Il numero 2), in particolare, per gli interventi di trasformazione urbana complessi (definiti ai numeri 7) e 8) dell’allegato IV alla Parte II del Codice dell’ambiente), stabilisce che lo strumento attuativo possa prevedere che:

  • il contributo per il rilascio del permesso di costruire è dovuto solo relativamente al costo di costruzione;
  • le opere di urbanizzazione sono direttamente messe in carico all’operatore privato che ne resta proprietario, assicurando che, nella fase negoziale, vengano definite modalità atte a garantire la corretta urbanizzazione, infrastrutturazione ed insediabilità degli interventi, la loro sostenibilità economico-finanziaria, le finalità di interesse generale delle opere realizzate e dei relativi usi (nuovo testo del comma 2-bis dell’art. 16 del T.U. edilizia).

La stessa disposizione precisa che resta fermo l’obbligo di applicare le procedure del Codice dei contratti pubblici (art. 32, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 163/2006) qualora l’importo delle opere di urbanizzazione superi le soglie di rilevanza comunitaria.

Con riferimento al rinvio ai numeri 7) e 8) dell’allegato IV alla parte II del Codice dell’ambiente si fa notare che tali numeri elencano una serie molto vasta di opere, spesso relative alla realizzazione di un singolo impianto produttivo, e quindi non qualificabili come “trasformazioni urbane complesse”. A tale definizione sembra invece riferibile la lettera b) del numero 7) che riguarda “progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto”.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati soppressi i numeri 1) e 2) della lettera g) del comma 1.

Il numero 3) della medesima lettera g), aggiunge, ai criteri (parametri) che la regione deve considerare nella redazione delle tabelle parametriche che i comuni devono utilizzare per la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, un criterio di differenziazione tra gli interventi finalizzato ad incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia anziché quelli di nuova costruzione (nuova lettera d-bisdel comma 4 dell’art. 16 del T.U. edilizia).

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato riscritto il numero 3) della lettera g) al fine di aggiungere, ai criteri suddetti anche un criterio di valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso (nuova lettera d-ter del comma 4 dell’art. 16 del T.U. edilizia). Viene altresì stabilito che tale maggior valore, calcolato dall’amministrazione comunale, viene suddiviso in misura non inferiore al 50% tra il comune e la parte privata ed erogato da quest’ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l’interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzarsi nel contesto in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale o opere pubbliche.

Con riferimento a tale disciplina di calcolo del maggior valore, il nuovo comma 4-bis dell’art. 16 del T.U. edilizia (D.P.R. 380/2001) – che viene introdotto dal nuovo numero 3-bis) della lettera g) – fa salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali.

La salvezza di tali disposizioni viene ribadita dal nuovo testo del numero 4) della lettera g), anche con riferimento all’utilizzo, da parte dei comuni, dei citati criteri (parametri) nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione.

Si rammenta che i criteri contemplati dal testo previgente del comma 4 dell’art. 16 del T.U. edilizia erano solamente l’ampiezza, l’andamento demografico e le caratteristiche geografiche dei comuni; le destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti; i limiti e i rapporti minimi inderogabili.

Come accennato, il successivo numero 4) stabilisce che i criteri (parametri) citati debbano essere utilizzati dai comuni anche nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione (nuovo testo del comma 5 dell’art. 16 del T.U. edilizia).

Riguardo alla richiamata nozione di ristrutturazione edilizia, si ricorda che essa è stata recentemente modificata dall’art. 30, comma 1, lettera a), del D.L. 69/2013, che ha incluso nel novero degli “interventi di ristrutturazione edilizia” (elencati dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001) quelli di demolizione e ricostruzione che comportano variazioni nella sagoma. Nella stessa lettera d) è stato inoltre introdotto un periodo che mira a ricomprendere nella ristrutturazione edilizia anche il ripristino/ricostruzione di edifici crollati o demoliti.

Il rispetto della medesima sagoma dell’edificio preesistente viene invece ancora considerato come elemento necessario per considerare l’intervento – sia di demolizione/ricostruzione, sia di ripristino/ricostruzione di edifici crollati/demoliti – come “di ristrutturazione edilizia” qualora l’immobile sia vincolato ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Riguardo alla modifica operata dal numero 4), si ricorda invece che il testo previgente del comma 5 dell’articolo 16 del T.U. edilizia (che viene modificato dal numero 4)), si limitava a stabilire che in caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle stesse, i comuni provvedevano, in via provvisoria, con apposita deliberazione del consiglio comunale.

Il successivo numero 5), sempre nell’ottica di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, consente ai comuni di deliberare, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che i costi di costruzione siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni (nuovo testo del comma 10 dell’art. 16 del T.U. edilizia).

Il testo previgente prevedeva invece che tali costi potessero essere “non superiori”.

La lettera h), numero 2), del comma 1, al fine di agevolare gli interventi di densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, prevede una riduzione del contributo di costruzione in misura non inferiore al 20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni (nuovo comma 4-bis dell’art. 17 del T.U. edilizia).

Ai comuni è demandata la definizione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, dei criteri e delle modalità per l’applicazione della relativa riduzione.

La Camera dei deputati ha modificato il numero 2) della lettera h) del comma 1 – che prevede, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, una riduzione del contributo di costruzione in misura non inferiore al 20%, rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni – stabilendo che la riduzione sia applicabile nei casi non interessati da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso comportanti maggior valore rispetto alla destinazione originaria.

Il comma 1, lettera i), limita la possibilità di raddoppiare i termini dell’istruttoria, relativa alle istanze di permesso di costruire, ai soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento (nuovo testo del comma 7 dell’art. 20 del T.U. edilizia).

Viene quindi escluso, come invece prevedeva la norma previgente, il raddoppio automatico dei termini citati per i comuni con più di 100.000 abitanti (nuova formulazione del comma 7, dell’art. 20, del T.U. edilizia).

Si tratta di una norma identica a quella contenuta nell’art. 15, comma 1, lettera a), dell’A.S. 958 (ddl di semplificazione presentato dal precedente Governo).

La lettera q) del comma 1 introduce nell’ordinamento nazionale (nuovo art. 28-bis del T.U. edilizia) la disciplina del permesso di costruire convenzionato, mutuandolo dalla normativa regionale (è il caso ad esempio della L.R. n. 12/2005 della Lombardia).

La Camera dei deputati ha modificato il nuovo art. 28-bis del T.U. edilizia (introdotto dalla lettera q) del comma 1), che consente il rilascio di un permesso di costruire convenzionato qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, eliminando la parte del comma 1 che prevede il controllo del Comune. Viene altresì precisato che la convenzione (relativa al permesso di costruire) dovrà essere approvata con delibera del Consiglio comunale.

Il permesso di costruire viene rilasciato in seguito alla stipula di una convenzione che, in particolare, deve disciplinare:

a) la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;

b) la realizzazione di opere di urbanizzazione;

c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;

d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.

Il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione.

Varianti eseguibili mediante SCIA

Il comma 1, lettera m), contiene disposizioni in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). In particolare il numero 2), intende ampliare la casistica delle varianti attuabili in corso d’opera mediante una semplice SCIA e da comunicare nella fase di fine lavori (nuovo comma 2-bis dell’art. 22 del T.U. edilizia).

Sono realizzabili in tal modo, con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che soddisfano tutte le seguenti condizioni:

  • non configurano una variazione essenziale;
  • sono conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie;
  • sono attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.

Si tratta di una norma analoga a quella contenuta nell’art. 15, comma 2, dell’A.S. 958.

Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante

La lettera n) del comma 1 introduce nel T.U. edilizia un nuovo articolo 23-ter che contiene una disciplina finalizzata a:

  • stabilire, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, quali mutamenti della destinazione d’uso siano urbanisticamente rilevanti.

Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, sono “rilevanti” gli utilizzi dell’immobile o della singola unità immobiliare diversi da quello originario, ancorché non accompagnati dall’esecuzione di opere edilizie, purché tali da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale e turistico-ricettiva;

b) produttiva e direzionale;

c) commerciale;

d) rurale.

  • consentire sempre, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale.

Il nuovo art. 23-ter chiarisce altresì che la destinazione d’uso del fabbricato/unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile.

La Camera dei deputati ha modifica la lettera n) del comma 1, prevedendo, in luogo della categoria “residenziale e turistico-ricettiva” due nuove categorie funzionali distinte: la categoria “residenziale” e quella “turistico-ricettiva”.

Sempre nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stata introdotta una disposizione volta a prevedere che le regioni adeguino la propria legislazione ai principi contenuti nel nuovo articolo 23-ter entro il termine di novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, decorso il quale hanno applicazione diretta le disposizioni illustrate.

Altre disposizioni

La lettera p) del comma 1 modifica il comma 5-ter dell’art. 25 del T.U. edilizia, inserito dal D.L. 69/2013, al fine di eliminare alcune incertezze interpretative. In base al nuovo testo le regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per l’effettuazione dei controlli nell’ambito del procedimento di rilascio del certificato di agibilità e non anche, come prevedeva il testo previgente, le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5-bis, concernenti l’attestazione della conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità da parte del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato.

Le lettere l), m), numero 1), e o), del comma 1, nonché il comma 2 contengono disposizioni di coordinamento, finalizzate a rendere coerente il T.U. edilizia con le disposizioni in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

Con tali disposizioni viene ulteriormente chiarito che la DIA (ad eccezione della super-DIA, contemplata dall’art. 22, comma 3, del T.U. edilizia) viene sostituita dalla SCIA, ribadendo quanto stabilito dall’art. 49, commi 4-bis e 4-ter, del D.L. 78/2010, che – come precisato dalla circolare 16 settembre 2010 del Ministro per la semplificazione normativa e confermato dalla Corte costituzionale (con la sentenza n. 164/2012) – si applica anche all’edilizia.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati aggiunti i commi 2-bis e 2-ter.

Il comma 2-bis prevede che le regioni a statuto ordinario emanino norme per la disciplina relativa all’effettuazione dei controlli sull’attività edilizia libera entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge di conversione.

Il comma 2-ter, che esclude l’applicazione della norma dettata dalla lettera i) del comma 1, per i comuni obbligati all’esercizio in forma associata della funzione fondamentale della pianificazione urbanistica ed edilizia, prima che sia decorso un anno dall’entrata in vigore della presente legge di conversione.

Si ricorda in proposito che la lettera i) prevede il raddoppio dei termini dell’istruttoria, relativa alle istanze di permesso di costruire, nei soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.

Il comma 3 impone alla legislazione regionale di assicurare l’attivazione del potere sostitutivo allo scadere dei termini assegnati ai comuni per l’adozione, da parte degli stessi, dei piani (urbanistici) attuativi.

Il comma 4 consente l’attuazione per stralci funzionali delle convenzioni di lottizzazione previste dalla legge urbanistica (art. 28 della L. 1150/1942) o degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale.

Allo stesso modo, anche la quantificazione degli oneri di urbanizzazione o delle opere di urbanizzazione da realizzare, nonché delle relative garanzie potrà essere riferita ai relativi stralci, purché, come richiede la norma, l’attuazione parziale sia coerente con l’intera area oggetto d’intervento.

Il comma 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Articolo 17, comma 1, lettera q-bis

(Sanzioni amministrative pecuniarie in caso di inottemperanza accertata all’ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
q-bis) all’articolo 31, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
«4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.
4-quater. Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4-bis e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione».

La lettera q-bis del comma 1 dell’articolo 17 – introdotta nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati – interviene sull’articolo 31 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia ediliziaprevedendo l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie da 2.000 a 20.000 euro in caso di inottemperanza accertata all’ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (nuovo comma 4-bis dell’art. 31 del T.U. edilizia), salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. Lo stesso comma 4-biselenca poi i casi, nei quali la sanzione è sempre irrogata nella misura massima. Ciò avviene, in particolare, qualora gli interventi suddetti siano stati effettuati sulle aree e sugli edifici assoggettati a vincoli di inedificabilità, forestali o di tutela dei beni culturali e paesaggistici, o effettuati su aree destinate ad opere e spazi pubblici o ad interventi di edilizia residenziale pubblica o su aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato. Il medesimo comma considera inoltre la mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio come elemento di valutazione della performanceindividuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente (salve le responsabilità penali).

La stessa lettera q-bis) aggiunge altresì un comma 4-ter nel citato articolo 31, che stabilisce che i proventi delle succitate sanzioni sono di competenza comunale e ne disciplina la destinazione (stabilendo che i proventi sono destinati esclusivamente alla demolizione/rimessione in pristino delle opere abusive e alla acquisizione/attrezzatura di aree a verde pubblico), nonché un comma 4-quater che, lasciando ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, consente alle regioni a statuto ordinario di aumentare l’importo delle sanzioni e stabilirne la periodica reiterabilità nei casi di permanenza dell’inottemperanza all’ordine di demolizione.

Il sopra citato comma 4-bis, prevedendo un insieme di casi in cui la sanzione amministrativa pecuniaria è sempre irrogata nella misura massima, potrebbe ritenersi tale da configurare – in relazione a quei medesimi casi – un’ipotesi di trattamento sanzionatorio in misura fissa. Al riguardo si rammenta che, seppur con riferimento alla materia penale, la Corte costituzionale ha evidenziato come “in linea di principio, previsioni sanzionatorie rigide non appaiono .. in armonia con il ‘volto costituzionale’ del sistema” e che il relativo “dubbio d’illegittimità costituzionale potrà essere, caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, questa ultima appaia ragionevolmente ‘proporzionata’ rispetto all’intera gamma di comportamenti (ad essa) riconducibili…” (si veda in tal senso Corte costituzionale n. 50 del 1980).”.

Articolo 17-bis

(Regolamento unico edilizio)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Dopo il comma 1-quinquies dell’articolo 4 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è inserito il seguente:
«1-sexies. Il Governo, le regioni e le autonomie locali, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono in sede di Conferenza unificata accordi ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo, al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti. Ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, tali accordi costituiscono livello essenziale delle prestazioni, concernenti la tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il regolamento edilizio-tipo, che indica i requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, è adottato dai comuni nei termini fissati dai suddetti accordi, comunque entro i termini previsti dall’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».

L’art. 17-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede la conclusione, in sede di Conferenza unificata, di accordi o intese per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo al fine di semplificare ed uniformare le norme e gli adempimenti (nuovo comma 1-sexies dell’art. 4 del testo unico edilizia di cui al D.P.R. 380/2001).

Il regolamento-tipo, che deve indicare le esigenze prestazionali degli edifici con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, è adottato dai comuni entro i termini fissati negli accordi succitati e, comunque, entro i termini stabiliti dall’art. 2 della L. 241/1990.

Viene altresì precisato che gli accordi citati costituiscono livello essenziale delle prestazioni concernenti la tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Articolo 18

(Liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Nell’articolo 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: 1. Identico:
«In deroga alle disposizioni del comma primo, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 150 mila, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto.». «In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto».
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni previgenti.

L’articolo 18, nel testo originario integra la formulazione dell’art. 79 della legge 392 del 1978 (cd. legge sull’equo canone) relativamente alla disciplina sui patti contra legem prevedendo che, nei contratti di locazione, anche alberghiera, di maggior rilievo economico (canone superiore a 150.000 euro), le parti possano liberamente stabilire i termini e le condizioni contrattuali.

Si ricorda che L’art. 79 (Patti contrari alla legge) prevede, al comma 1, la nullità di ogni pattuizione tra le parti diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dalla legge 392 ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della stessa legge.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha modificato l’art. 18 al fine di:

  • restringere l’ambito di applicazione della norma. Viene infatti elevato da 150.000 a 250.000 euro l’importo contrattuale minimo per l’applicazione delle norma e vengono esclusi dalla liberalizzazione i contratti riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale (nuovo testo del comma 1);
  • precisare che la norma non si applica ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Viene altresì stabilito che ai giudizi in corso alla medesima data continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni previgenti (nuovo comma 2).

Articolo 19, comma 1

(Esenzione da ogni imposta degli accordi di riduzione dei canoni di locazione)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. La registrazione dell’atto con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere è esente dalle imposte di registro e di bollo. 1. Identico.

L’articolo 19, comma 1, stabilisce l’esenzione dalle imposte di registro e di bollo nel caso di registrazione di atti che dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione in corso.

La normativa vigente prevede che, nel caso di accordo per la riduzione di un canone di locazione, il relativo atto non debba necessariamente essere registrato. Tuttavia, considerando che la riduzione del canone può determinare, di fatto, la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro come pure ai fini delle imposte dirette, può risultare conveniente per il locatore, per esigenze probatorie, registrare il relativo accordo. In tal caso la registrazione volontaria era assoggettata ad imposta di registro in misura fissa di 67 euro e ad imposta di bollo (16 euro per ciascun foglio dell’atto). Si ricorda che tale ultima misura è stata così elevata, rispetto ai precedenti 14,62 euro, dall’articolo 7-bis, comma 3, del D.L. n. 43 del 2013.

Tale ricostruzione è stata chiarita dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 60/E del 2010. Secondo l’Agenzia, l’accordo di riduzione del canone inizialmente pattuito non è riconducibile alle ipotesi di cessione, risoluzione e proroga anche tacite di un contratto di locazione, per le quali l’imposta di registro deve essere liquidata dalle parti contraenti e versata entro 30 giorni dall’evento (articolo 17 del D.P.R. n. 131 del 1986, T.U. imposta di registro). Pertanto, fatta salva l’ipotesi in cui l’accordo venga formalizzato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, non sussiste in capo ai contraenti l’obbligo di comunicare all’Amministrazione finanziaria la modifica intervenuta sulla riduzione del canone di locazione. È comunque possibile richiedere la registrazione volontaria, pagando l’imposta di registro in misura fissa (67 euro), al fine di attribuire certezza e computabilità all’accordo, posto che la diminuzione del canone determina la riduzione della base imponibile, ai fini del registro, dell’Iva e delle imposte sui redditi. La registrazione della scrittura privata tra locatore e conduttore sconta in ogni caso l’imposta di bollo fin dall’origine.

Articolo 19, comma 1-bis

(Disposizioni in materia di accordi di riduzione dei canoni di locazione )

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1-bis. Nella definizione degli accordi di cui al presente articolo, anche nell’ambito di iniziative intraprese da agenzie o istituti per le locazioni, comunque denominati, le parti possono avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori, sia in relazione ai contratti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, sia in relazione ai contratti di cui al medesimo articolo 2, commi 3 e 5, della legge n. 431 del 1998, e successive modificazioni. Il conduttore, con propria comunicazione, può avanzare richiesta motivata di riduzione del canone contrattuale. Ove la trattativa si concluda con la determinazione di un canone ridotto è facoltà dei comuni riconoscere un’aliquota dell’imposta municipale propria ridotta.

Il comma 1-bis, dell’articolo 19, inserito nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, prevede che nella definizione degli accordi di riduzione dei canoni di locazione, anche nell’ambito di iniziative intraprese da agenzie o istituti per le locazioni, comunque denominati, le parti possono avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori, in relazione ai contratti di cui all’art. 2, commi 1, 3 e 5, della L. 431/1998(91)(contratti c.d. “4+4” e contratti a canone concordato “3+2”).

Lo stesso comma stabilisce che il conduttore, con propria comunicazione, può avanzare richiesta motivata di riduzione del canone contrattuale e che, ove la trattativa si concluda con la determinazione di un canone ridotto, è facoltà dei comuni riconoscere un’aliquota ridotta dell’IMU (imposta municipale propria).

Si rammenta che l’articolo 2 della legge n. 431 del 1998 prevede varie modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione. Più in particolare stabilisce, al comma 1, che le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore ne debba disporre in determinati modi. Il successivo comma 3 stabilisce che, in alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Ai sensi del successivo comma 5 del medesimo articolo 2 i contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere, in via generale, durata inferiore ai tre anni. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo, il contratto è prorogato per due anni, salva, in talune ipotesi, la facoltà di disdetta da parte del locatore.

Si segnala che, secondo il comma 2 del suddetto articolo 2 della legge n. 431 del 1998, per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 1 (contratti c.d. “4+4”) i contraenti possono avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.


91) L. 9 dicembre 1998, n. 431, Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.

Articolo 20, commi 1-3

(Misure per il rilancio del settore immobiliare)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. All’articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni: 1. Identico:
a) al comma 119: a) identica:
1) le parole: «del 51 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «del 60 per cento» e le parole: «il 35 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «il 25 per cento»; 1) le parole: «del 51 per cento», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «del 60 per cento» e le parole: «il 35 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «il 25 per cento»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il requisito partecipativo del 25 per cento non si applica in ogni caso per le società il cui capitale sia già quotato. Ove il requisito partecipativo del 60 per cento venisse superato a seguito di operazioni societarie straordinarie o sul mercato dei capitali il regime speciale di cui al precedente periodo è sospeso sino a quando il suddetto requisito partecipativo non venga ristabilito nei limiti imposti dalla presente norma.»; 2) identico;
b) dopo il comma 119 sono inseriti i seguenti: b) identico:
«119-bis. I requisiti partecipativi di cui al comma 119 devono essere verificati entro il primo periodo d’imposta per cui si esercita l’opzione ai sensi del comma 120; in tal caso il regime speciale esplica i propri effetti dall’inizio di detto periodo. Tuttavia, per le società che al termine del primo periodo d’imposta abbiano realizzato il solo requisito del 25 per cento è consentito di verificare l’ulteriore requisito partecipativo del 60 per cento nei due esercizi successivi. In tal caso, il regime speciale previsto dal comma 119 si applica a partire dall’inizio del periodo d’imposta in cui detto requisito partecipativo viene verificato e fino ad allora la società applica in via ordinaria l’imposta sul reddito delle società e l’imposta regionale sulle attività produttive. L’imposta d’ingresso di cui al comma 126, l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da conferimento di cui al comma 137 e le imposte ipotecarie e catastali di cui al comma 139 sono applicate, rispettivamente dalla società che ha presentato l’opzione e dal soggetto conferente, in via provvisoria fino al realizzarsi dell’accesso al regime speciale. Se l’accesso al regime speciale non si realizza, le suddette imposte sono rideterminate e dovute in via ordinaria entro la fine del quarto periodo d’imposta successivo alla presentazione dell’opzione. Le imposte corrisposte in via provvisoria costituiscono credito d’imposta da scomputare ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. «119-bis. I requisiti partecipativi di cui al comma 119 devono essere verificati entro il primo periodo d’imposta per cui si esercita l’opzione ai sensi del comma 120; in tal caso il regime speciale esplica i propri effetti dall’inizio di detto periodo. Tuttavia, per le società che al termine del primo periodo d’imposta abbiano realizzato il solo requisito del 25 per cento è consentito di verificare l’ulteriore requisito partecipativo del 60 per cento nei due esercizi successivi. In tal caso, il regime speciale previsto dal comma 119 si applica a partire dall’inizio del periodo d’imposta in cui detto requisito partecipativo viene verificato e fino ad allora la società applica in via ordinaria l’imposta sul reddito delle società e l’imposta regionale sulle attività produttive. L’imposta d’ingresso di cui al comma 126, l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da conferimento di cui al comma 137 e le imposte ipotecarie e catastali di cui al comma 139 sono applicate, rispettivamente dalla società che ha presentato l’opzione e dal soggetto conferente, in via provvisoria fino al realizzarsi dell’accesso al regime speciale. Se l’accesso al regime speciale non si realizza, le suddette imposte sono rideterminate e dovute in via ordinaria entro la fine del quarto periodo d’imposta successivo alla presentazione dell’opzione. Le imposte corrisposte in via provvisoria costituiscono credito d’imposta utilizzabile ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
119-ter. Le SIIQ non costituiscono Organismi di investimento collettivo del risparmio di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.»; 119-ter. Identico»;
c) al comma 121: c) identica;
1) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Agli stessi effetti assumono rilevanza le quote di partecipazione nei fondi immobiliari indicati nel comma 131 e i relativi proventi.»;
2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «In caso di alienazione degli immobili e dei diritti reali su immobili destinati alla locazione, anche nel caso di loro classificazione tra le attività correnti, ai fini della verifica del parametro reddituale concorrono a formare i componenti positivi derivanti dallo svolgimento di attività di locazione immobiliare soltanto le eventuali plusvalenze realizzate».
d) al comma 122, le parole: «due esercizi» sono sostituite dalle seguenti: «tre esercizi»; d) identica;
e) al comma 123: e) identica;
1) le parole: «l’85 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «il 70 per cento»;
2) al primo periodo, dopo la parola: «partecipazioni» sono inserite le seguenti: «o di quote di partecipazione in fondi immobiliari di cui al comma 131»;
f) dopo il comma 123 è inserito il seguente: f) identico:
«123-bis. Ai fini del comma 123, i proventi rivenienti dalle plusvalenze nette realizzate su immobili destinati alla locazione nonché derivanti dalla cessione di partecipazioni in SIIQ e SIINQ o di quote in fondi immobiliari di cui al comma 131, incluse nella gestione esente ai sensi del comma 131, sono soggette all’obbligo di distribuzione per il 50 per cento nei due esercizi successivi a quello di realizzo.»; «123-bis. Ai fini del comma 123, i proventi rivenienti dalle plusvalenze nette realizzate su immobili destinati alla locazione nonché derivanti dalla cessione di partecipazioni in SIIQ e SIINQ o di quote in fondi immobiliari di cui al comma 131, incluse nella gestione esente ai sensi del comma 131, sono soggetti all’obbligo di distribuzione per il 50 per cento nei due esercizi successivi a quello di realizzo.»;
g) al comma 127, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «In caso di alienazione degli immobili o dei diritti reali anteriormente a tale termine, la differenza fra il valore normale assoggettato all’imposta di cui ai commi 126 e 137 e il costo fiscale riconosciuto prima dell’ingresso nel regime speciale, al netto delle quote di ammortamento calcolate su tale costo, è assoggettato ad imposizione ordinaria e l’imposta sostitutiva proporzionalmente imputabile agli immobili e ai diritti reali alienati costituisce credito d’imposta.»; g) identica;
h) al comma 131, al secondo periodo, dopo le parole: «locazione immobiliare svolta da tali società», è aggiunto il seguente periodo: «, ovvero le plusvalenze o minusvalenze relative a immobili destinati alla locazione e a partecipazioni in SIIQ o SIINQ e i proventi e le plusvalenze o minusvalenze relative a quote di partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare istituiti in Italia e disciplinati dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che investono almeno l’80 per cento del valore delle attività in immobili, diritti reali immobiliari, anche derivanti da rapporti concessori o da contratti di locazione finanziaria su immobili a carattere traslativo, e in partecipazioni in società immobiliari o in altri fondi immobiliari, destinati alla locazione immobiliare, ivi inclusi i fondi destinati all’investimento in beni immobili a prevalente utilizzo sociale, ovvero in partecipazioni in SIIQ o SIINQ. Sui proventi di cui al periodo precedente distribuiti dai predetti fondi immobiliari alle SIIQ non si applica la ritenuta prevista dall’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.»; h) al comma 131, al secondo periodo, dopo le parole: «locazione immobiliare svolta da tali società», è aggiunto il seguente periodo: «, ovvero le plusvalenze o minusvalenze relative a immobili destinati alla locazione e a partecipazioni in SIIQ o SIINQ e i proventi e le plusvalenze o minusvalenze relativi a quote di partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare istituiti in Italia e disciplinati dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che investono almeno l’80 per cento del valore delle attività in immobili, diritti reali immobiliari, anche derivanti da rapporti concessori o da contratti di locazione finanziaria su immobili a carattere traslativo, e in partecipazioni in società immobiliari o in altri fondi immobiliari, destinati alla locazione immobiliare, ivi inclusi i fondi destinati all’investimento in beni immobili a prevalente utilizzo sociale, ovvero in partecipazioni in SIIQ o SIINQ. Sui proventi di cui al periodo precedente distribuiti dai predetti fondi immobiliari alle SIIQ non si applica la ritenuta prevista dall’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.»;
i) al comma 134: i) identico:
1) al secondo periodo, dopo le parole: «ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431», è inserito il seguente periodo: «, ivi inclusi i contratti di locazione relativi agli alloggi sociali realizzati o recuperati in attuazione dell’articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell’articolo 11 dell’Allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 luglio 2009, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 19 agosto 2009, n. 191; tale disposizione fa eccezione all’unificazione dell’aliquota di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89»; 1) al secondo periodo, dopo le parole: «ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431», è inserito il seguente periodo: «, ivi inclusi i contratti di locazione relativi agli alloggi sociali realizzati o recuperati in attuazione dell’articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell’articolo 11 dell’Allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 luglio 2009, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 19 agosto 2009, n. 191; la presente disposizione costituisce derogaall’unificazione dell’aliquota di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: 2) identico;
«Per le distribuzioni eseguite nei confronti di soggetti non residenti si applicano, sussistendone i presupposti, le convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito e a tal fine si applica l’articolo 7, comma 3-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410».
l) al comma 141-bis, primo periodo, dopo le parole: «locazione immobiliare» sono aggiunte le seguenti «, anche svolta mediante partecipazioni in società che abbiano optato per l’opzione congiunta per il regime speciale di cui al comma 125, legge 27 dicembre 2006, n. 296». l) al comma 141-bis, primo periodo, dopo le parole: «locazione immobiliare» sono aggiunte le seguenti «, anche svolta mediante partecipazioni in società che abbiano espresso l’opzione congiunta per il regime speciale di cui al comma 125».
2. All’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo il comma 140 sono inseriti i seguenti: 2. Identico.
«140-bis. Il concambio eseguito dai fondi immobiliari istituiti e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in sede di liquidazione totale o parziale mediante assegnazione ai quotisti di azioni di società che abbiano optato per il regime di cui al comma 119, ricevute a seguito di conferimento di immobili nelle stesse società non costituisce realizzo ai fini delle imposte sui redditi in capo al quotista e alle azioni della SIIQ ricevute dagli stessi quotisti è attribuito il medesimo valore fiscale delle quote del fondo. Per la SIIQ conferitaria, il valore di conferimento iscritto in bilancio costituisce valore fiscalmente riconosciuto agli effetti del comma 127. Qualora il conferimento di cui ai periodi precedenti sia effettuato nei confronti di una SIIQ già esistente non si applicano al fondo conferente gli obblighi di offerta pubblica ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, a condizione che il fondo stesso provveda all’assegnazione delle azioni ai quotisti entro il termine di 30 giorni dall’acquisto.
140-ter. Ai conferimenti effettuati dai fondi immobiliari istituiti e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in società, che abbiano optato per il regime speciale di cui al comma 119 e aventi ad oggetto una pluralità di immobili prevalentemente locati, si applica l’articolo 2, terzo comma, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. I predetti conferimenti si considerano compresi, agli effetti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, fra gli atti previsti nell’articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nell’articolo 10, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e nell’articolo 4 della tariffa allegata al medesimo decreto legislativo n. 347 del 1990. Le cessioni di azioni o quote effettuate nella fase di liquidazione di cui al comma 140-bis, si considerano, ai fini dell’articolo 19-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, operazioni che non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo.
140-quater. Il medesimo trattamento fiscale di cui al comma 140-ter si applica alle assegnazioni che abbiano ad oggetto una pluralità di immobili prevalentemente locati eseguite per la liquidazione delle quote da fondi immobiliari istituiti e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, a società che abbiano optato per il regime di cui al comma 119.».
3. All’onere derivante dal comma 1, lettera f), pari a 1,06 milioni per l’anno 2014, 3,26 milioni per l’anno 2015, a 3,33 milioni per l’anno 2016, a 3,38 milioni per l’anno 2017, a 4,17 milioni per l’anno 2018, a 4,97 milioni per l’anno 2019, a 5,30 milioni per l’anno 2020 e a 4,90 milioni a decorrere dall’anno 2021 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 10, sesto periodo, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni. 3. All’onere derivante dal comma 1, lettera f), pari a 1,06 milioni di europer l’anno 2014, 3,26 milioni per l’anno 2015, a 3,33 milioni per l’anno 2016, a 3,38 milioni per l’anno 2017, a 4,17 milioni per l’anno 2018, a 4,97 milioni per l’anno 2019, a 5,30 milioni per l’anno 2020 e a 4,90 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 10, sesto periodo, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.

L’articolo 20 interviene sulla disciplina delle Siiq (Società di investimento immobiliare quotate) per facilitare l’accesso al regime fiscale di favore previsto dall’articolo 1, commi 119-141, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), modificando i requisiti di partecipazione dei soci, uniformando, inoltre, il regime fiscale a quello dei fondi immobiliari e, infine, introducendo ulteriori agevolazioni e un nuovo regime fiscale di esenzione e distribuzione delle plusvalenze realizzate sugli immobili oggetto di locazione.

Le Siiq (Società di investimento immobiliare quotate) sono società per azioni quotate che svolgono attività di locazione immobiliare.

Esse possono godere di un regime fiscale agevolato (articolo 1, commi da 119 a 141 della legge n. 296 del 2006) se costituite in Società per azioni residenti nel territorio dello Stato che svolgono come attività prevalente la locazione immobiliare e sono in possesso di determinati requisiti:

  • i titoli di partecipazione devono essere negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo (c.d. white list);
  • nessun socio deve possedere direttamente o indirettamente più del 51 per cento dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più del 51 per cento dei diritti di partecipazione agli utili;
  • almeno il 35 per cento delle azioni deve essere detenuto da soci che non possiedano al momento delle opzioni direttamente o indirettamente più del 2 per cento dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più del 2 per cento dei diritti di partecipazione agli utili;
  • l’80 per cento dell’attivo deve essere investito in immobili da locazione; l’80 per cento dei proventi deve derivare dalla locazione; e infine la società deve distribuire ogni anno almeno l’85 per cento degli utili ottenuti dalla gestione.

Il regime speciale prevede l’esenzione dall’Ires e dall’Irap del reddito d’impresa derivante dall’attività di locazione e l’applicazione di una ritenuta del 20% sugli utili distribuiti ai partecipanti.

La scelta per il regime agevolato si effettua mediante opzione da esercitare entro la fine del periodo d’imposta precedente a quello dal quale la società intende avvalersene.

L’opzione è irrevocabile e comporta per la società l’assunzione della qualifica di “Società di investimento immobiliare quotata” (Siiq), che deve essere indicata nella denominazione sociale e in tutti i documenti della società.

In particolare, il comma 1, lettera a), dell’articolo in esame eleva dal 51 al 60 per cento la percentuale massima dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e dei diritti di partecipazione agli utili posseduta da ciascun socio (vale a dire la quota di maggioranza) e riduce dal 35 al 25 per cento la percentuale di soci che devono detenere azioni che non possiedano più del 2 per cento dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più del 2 per cento dei diritti di partecipazione agli utili (il flottante); si specifica inoltre che il requisito partecipativo del 25 per cento non si applica per le società il cui capitale sia già quotato. Qualora il requisito di partecipazione del 60 per cento sia superato a seguito di operazioni societarie, il regime speciale è sospeso sino a quando il requisito non venga ristabilito nei limiti di legge. Ilcomma 1, lettera b), dell’articolo in esame, inoltre, introduce il comma 119-bis e il comma 119-ter. Il comma 119-bisconsente l’applicazione del regime speciale dal primo periodo d’imposta per cui si esercita l’opzione, se i requisiti partecipativi sono verificati entro tale periodo. Qualora, invece, sia realizzato il solo requisito del 25 per cento è possibile verificare il requisito del 60 per cento nei due esercizi successivi, applicando il regime speciale a partire dal periodo in cui il requisito viene verificato. In questo caso, fino all’applicazione del regime speciale la società applica l’imposta sul reddito e l’Irap in via ordinaria, mentre l’imposta d’ingresso (comma 126), l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze (comma 137) e le imposte ipotecarie e catastali (comma 139) sono applicate in via provvisoria.

Nonostante la lettera b) del comma 1, dalla relazione illustrativa del provvedimento si evince che, nelle more dell’accesso al regime speciale, le imposte dirette e indirette sono provvisoriamente dovute in misura agevolata, salvo eventuale conguaglio.

Se l’accesso al regime speciale non avviene, le suddette imposte sono rideterminate e dovute in via ordinaria entro la fine del quarto periodo d’imposta successivo alla presentazione dell’opzione. Le imposte corrisposte in via provvisoria costituiscono credito d’imposta utilizzabile in compensazione (ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997).

Si ricorda che il citato comma 126 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) prevede che l’ingresso nel regime speciale comporti l’assoggettamento ad una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 20 per cento, delle plusvalenze derivanti dal realizzo a valore normale degli immobili nonché dei diritti reali su immobili destinati alla locazione posseduti dalla società alla data di chiusura dell’ultimo esercizio in regime ordinario. Analoga imposta sostitutiva è prevista dal comma 137 per le plusvalenze realizzate all’atto del conferimento di immobili e di diritti reali su immobili in società che abbiano optato per il regime speciale, mentre il comma 139 dispone il dimezzamento delle imposte ipotecarie e catastali per le cessioni e i conferimenti.

Il nuovo comma 119-ter (anch’esso introdotto dalla lettera b)) esclude le Siiq dal novero degli Oicr (Organismi di investimento collettivo del risparmio) previsti dal TUF (Testo unico finanza, decreto legislativo n. 58 del 1998).

Al riguardo, si ricorda che gli Oicr, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera k) del TUF, sono organismi istituiti per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati a valere sul patrimonio dell’Oicr, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata; ai sensi della successiva lettera l), gli Oicr italiani sono i fondi comuni d’investimento (istituiti in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote e gestiti dalle Sgr), le Sicav (società di investimento a capitale variabile avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni) e le Sicaf (società di investimento a capitale fisso).

Il comma 1, lettera c), dell’articolo in esame modifica il comma 121 della legge n. 296 del 2006 aggiungendo le quote di partecipazione nei fondi immobiliari di cui al comma 131 e i relativi proventi tra gli elementi utili per il raggiungimento dell’80 per cento dell’attivo patrimoniale e l’80 per cento dei componenti positivi del conto economico necessari per considerare l’attività di locazione immobiliare svolta in via prevalente. Conseguentemente, al terzo periodo del comma 121 viene chiarito che in caso di alienazione di immobili e diritti reali su immobili destinati alla locazione, rilevano le eventuali plusvalenze derivanti dallo svolgimento di attività di locazione immobiliare.

Il comma 1, lettera d), modifica il comma 122 della legge n. 296 del 2006 estende a tre esercizi il periodo (attualmente fissato in due esercizi) in cui è consentita la non osservanza del requisito della prevalenza operativa in attività di locazione immobiliare ai fini del regime speciale.

Il comma 1, lettera e), modifica il comma 123 riducendo dall’85 al 70 per cento l’obbligo di distribuzione ai soci dell’utile netto, che si calcola anche sulle quote di partecipazione in fondi immobiliari.

Sotto il profilo della formulazione del testo, la modifica potrebbe ritenersi meglio introdotta dopo le parole “partecipazioni indicate al comma 121”.

Il comma 1, lettera f), inserisce il comma 123-bis, il quale riduce ulteriormente l’obbligo di distribuzione al 50 per cento nei due esercizi successivi a quello di realizzo per i proventi rivenienti dalle plusvalenze nette realizzate su immobili destinati alla locazione nonché derivanti dalla cessione di partecipazioni in Siiq e Siinq (Società di investimento immobiliare non quotate) o di quote in fondi immobiliari.

Il comma 1, lettera g), modifica il comma 127 della legge n. 296 del 2006 stabilendo che, in caso di alienazione degli immobili o dei diritti reali anteriormente al termine previsto per il riconoscimento del valore normale come valore fiscale degli immobili e dei diritti reali su immobili (pari al quarto periodo d’imposta successivo a quello anteriore all’ingresso nel regime speciale), la differenza fra i predetti valori è assoggettata ad imposizione ordinaria e l’imposta sostitutiva proporzionalmente imputabile agli immobili e ai diritti reali alienati costituisce credito d’imposta.

La precedente formulazione prevedeva che si assumesse come costo fiscale quello riconosciuto prima dell’ingresso nel regime speciale.

Il comma 1, lettera h) estende – con una modifica al secondo periodo del comma 131 – l’esenzione Ires del reddito derivante dall’attività di locazione immobiliare alle plusvalenze o minusvalenze relative a partecipazioni in Siiq o Siinq e ai proventi e alle plusvalenze o minusvalenze relative a quote di partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare. Sui predetti proventi non si applica la ritenuta prevista per i redditi da capitale (ora pari al 26 per cento, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 3 del decreto-legge n. 66 del 2014).

Il comma 1, lettera i) modifica il comma 134 in primo luogo per ampliare la tipologia di utili cui si applica la ritenuta ridotta pari al 15 per cento già prevista per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo a canone concordato. In particolare, in tale fattispecie vengono inclusi i contratti di locazione relativi agli alloggi sociali realizzati o recuperati in attuazione del c.d. Piano casa (articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008).

Il Piano, approvato con il D.P.C.M. del 16 luglio 2009, prevede, tra l’altro, la costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale; esso è gestito da CDP Investimenti Sgr ed è costituito dal Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA), un fondo di fondi; secondo quanto emerge dal sito internet, CDPI Sgr, per conto del FIA, ha assunto delibere definitive d’investimento per 1,18 miliardi di euro, in 23 fondi locali gestiti da 12 società di gestione del risparmio, per la realizzazione di 187 progetti, 11.870 alloggi sociali e 6.400 posti letto in residenze temporanee (http://www.cdpisgr.it/social-housing/FIA/investimenti-deliberati-fondi-locali/index.html).

E’ inoltre chiarito che per le distribuzioni eseguite nei confronti di soggetti non residenti si applicano le convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 7, comma 3-bis, del decreto-legge n. 351 del 2001 – che ha dettato la disciplina per la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare mediante trasferimento di beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali – i sostituti d’imposta acquisiscono una dichiarazione del soggetto non residente effettivo beneficiario dei proventi, dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo, la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l’applicazione del regime convenzionale, e gli eventuali elementi necessari a determinare la misura dell’aliquota applicabile ai sensi della convenzione; un’attestazione dell’autorità fiscale competente dello Stato ove l’effettivo beneficiario dei proventi ha la residenza, dalla quale risulti la residenza nello Stato medesimo ai sensi della convenzione. L’attestazione produce effetti fino al 31 marzo dell’anno successivo a quello di presentazione.

Il comma 1, lettera l) modifica il comma 141-bis estendendo l’accesso al regime speciale a soggetti esteri con stabili organizzazioni – Siiq in Italia che detengono partecipazioni in Siinq, uniformandone il trattamento tributario.

Si ricorda che il comma 141-bis estende il regime agevolato alle società residenti negli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati c.d. white list, con riferimento alle stabili organizzazioni svolgenti in via prevalente l’attività di locazione immobiliare, prevedendo un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive con aliquota del 20 per cento.

Il comma 2 introduce i nuovi commi da 140-bis a 140-quater, prevedendo alcune agevolazioni in caso di trasferimento di immobili di un fondo immobiliare in una Siiq.

Ai sensi del nuovo comma 140-bis, il concambio eseguito da fondi immobiliari in sede di liquidazione totale o parziale mediante assegnazione ai quotisti di azioni di società che abbiano optato per il regime agevolato, ricevute a seguito di conferimento di immobili nelle stesse società non costituisce realizzo ai fini delle imposte sui redditi in capo al quotista e alle azioni della Siiq ricevute dagli stessi quotisti è attribuito il medesimo valore fiscale delle quote del fondo.

Potrebbe ritenersi profilo meritevole di chiarimento se ciò implica che in caso di liquidazione del fondo il risparmiatore possa essere obbligato a ricevere – in luogo dell’ammontare investito – azioni di Siiq. In tal caso si potrebbe ritenere da valutare la possibilità di introdurre un obbligo informativo verso la clientela.

Per la Siiq conferitaria, il valore di conferimento iscritto in bilancio costituisce valore fiscalmente riconosciuto agli effetti del comma 127 sopra descritto. Qualora il conferimento sia effettuato nei confronti di una Siiq già esistente non si applicano al fondo conferente gli obblighi di offerta pubblica, a condizione che il fondo stesso provveda all’assegnazione delle azioni ai quotisti entro il termine di 30 giorni dall’acquisto.

Si ricorda che l’articolo 106 del TUF prevede che chiunque venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso (c.d. Opa totalitaria). Nelle società diverse dalle PMI l’offerta è promossa anche da chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del venticinque per cento in assenza di altro socio che detenga una partecipazione più elevata.

Ai sensi dell’introdotto comma 140-ter, i conferimenti effettuati dai fondi immobiliari nelle SIIQ aventi ad oggetto una pluralità di immobili prevalentemente locati sono considerati operazioni non imponibili dall’IVA. A tali operazioni si applica quindi la norma che esclude dalle operazioni imponibili le cessioni e i conferimenti in società o altri enti che hanno per oggetto aziende o rami d’azienda (articolo 2, terzo comma, lettera b), del DPR n. 633 del 1972).

Ai predetti conferimenti si applica altresì un regime fiscale di favore sotto il profilo delle imposte di registro ed ipocatastali.

In particolare, l’imposta di registro si applicherà nella misura fissa di 200 euro (in quanto la norma li equipara fiscalmente agli atti societari di costituzione e aumento del capitale o patrimonio con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, enumerati nell’articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa, parte I, allegata ai testo unico in materia di imposta di registro, DPR n. 131 del 1986).

Anche l’imposta catastale si applicherà in misura fissa pari a 200 euro (ai sensi dell’articolo 10, comma 2, testo unico delle imposte ipotecaria e catastale, D. lgs. n. 347 del 1990); lo stesso importo si applicherà a titolo di imposta ipotecaria (ai sensi dell’articolo 4 della tariffa allegata al medesimo decreto legislativo n. 347 del 1990).

Inoltre, viene innalzata la quota percentuale di detrazione IVA secondo il meccanismo del pro-rata, stabilendo che, ai fini del calcolo della detrazione, le cessioni di azioni o quote effettuate nella fase di liquidazione dell’impresa (disciplinata al già commentato comma 140-bis) sono considerate operazioni che non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo (ai sensi dell’articolo 19-bis, comma 2, del giù richiamato DPR n. 633 del 1972).

Si rammenta che (articolo 19, comma 5 del DPR IVA) ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione, sia attività che danno luogo ad operazioni esenti, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando una specifica percentuale di detrazione (di cui all’articolo 19-bis del medesimo DPR; cosiddetto meccanismo del pro-rata). In sostanza tali contribuenti possono detrarre solo una parte dell’IVA pagata sugli acquisti, che va determinata attraverso uno specifico meccanismo: si determina una quota di IVA detraibile data dal rapporto tra le operazioni effettuate nell’anno per le quali si ha diritto alla detrazione e, per lo stesso arco temporale, lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti (articolo 19-bis, comma 1).

Il comma 2 dell’articolo 19-bis richiamato dalle norme in esame stabilisce che non rientrino nel calcolo del pro-rata, tra l’altro, le altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) dell’articolo 10 del DPR IVA (operazioni creditizie e finanziarie; operazioni di assicurazione, riassicurazione e vitalizio; operazioni relative a valute estere; operazioni relative ad azioni e quote sociali; operazioni relative alla riscossione dei tributi; operazioni relative a giochi, concorsi e scommesse; locazioni di fabbricati; cessioni di fabbricati; prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative ad alcune operazioni esenti), quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili.

Tali agevolazioni (ai sensi dell’introdotto comma 140-quater) trova applicazione alle assegnazioni di una pluralità di immobili prevalentemente locati eseguite per la liquidazione delle quote da fondi immobiliari a società che abbiano optato per il regime SIIQ.

Il comma 3 reca la norma di copertura finanziaria. Essa quantifica l’onere del comma 1, lettera f) (riduzione al 50 per cento dell’obbligo di distribuzione dei proventi rivenienti dalle plusvalenze) in 1,06 milioni di euro per il 2014, 3,26 milioni per il 2015, 3,33 milioni per il 2016, 3,38 milioni per il 2017, 4,17 milioni per il 2018, 4,97 milioni per il 2019, 5,30 milioni per il 2020 e 4,90 milioni a decorrere dal 2021 e individua la copertura nell’autorizzazione di spesa riguardante misure di sostegno all’emittenza televisiva locale previste all’articolo 27, comma 10, sesto periodo, della legge n. 488 del 1999.

Articolo 20, comma 4

(Agevolazioni per le dismissioni immobiliari)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
a) al primo periodo del comma 18, sono aggiunte, in fine, le parole: «nonché dalle dichiarazioni di conformità catastale previste dall’articolo 19, commi 14 e 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»; a) identica;
b) al primo periodo del comma 19, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché dalle dichiarazioni di conformità catastale previste dall’articolo 19, commi 14 e 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»; b) identica;
c) dopo il comma 19 è inserito il seguente comma 19-bis: «Nei casi delle operazioni immobiliari di cui al presente articolo, e di quelle di cui all’articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, l’attestato di prestazione energetica di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non si applica la disposizione di cui al comma 3 del medesimo articolo 6.». c) identica;
c-bis) dopo il comma 20 è aggiunto il seguente:«20-bis. Agli immobili del patrimonio abitativo dell’Istituto nazionale della previdenza sociale oggetto di conferimenti o trasferimenti a uno o più fondi comuni di investimento immobiliare di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2014, continuano ad applicarsi le disposizioni dei commi da 3 a 20 del presente articolo. Al fine di accelerare il processo di dismissione del patrimonio suddetto ai conduttori, il termine previsto dal comma 1 dell’articolo 7-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è prorogato al 31 dicembre 2013».

Il comma 4, lettere a) e b), al fine di semplificare la procedura per la dismissione degli immobili pubblici, esonera lo Stato, gli altri enti pubblici e le società di cartolarizzazione dall’obbligo di consegnare al momento della cessione le dichiarazioni di conformità catastale degli immobili.

La lettera c) prevede che, nelle operazioni di dismissione immobiliare menzionate nonché nelle operazioni di vendita anche in blocco di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, l’attestato di prestazione energetica (APE) può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non deve essere necessariamente allegato al contratto di vendita.

Si segnala che le norme in esame erano già state previste dal D.L. n. 126 del 2013 (articolo 2, commi 10 e 11). Tuttavia tale decreto non è stato convertito in legge. L’articolo 1, comma 2, della legge n. 68 del 2014 ha stabilito che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle citate norme.

Le norme in esame modificano la disciplina sulla dismissione degli immobili pubblici tramite cartolarizzazioni. Si ricorda che il D.L. 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, ha introdotto una procedura di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico tramite cartolarizzazioni. In attuazione dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 sono state finora realizzate due operazioni di cartolarizzazione, indicate come SCIP1 e SCIP2, principalmente riferite agli immobili degli enti previdenziali.

In particolare la norma in commento modifica i commi 18 e 19 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 prevedendo l’esonero per lo Stato e gli altri enti pubblici (lett. a)) e per le società di cartolarizzazione (lett. b)) dalle dichiarazioni di conformità catastale previste dall’articolo 19, commi 14 e 15, del D.L. n. 78 del 2010.

Il comma 14 dell’articolo 19 citato prevede che gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.

Ai sensi del successivo articolo 15 la richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l’indicazione dei dati catastali degli immobili.

La lettera c) prevede che per le operazioni immobiliari sopra richiamate, nonché per le operazioni di vendita a trattativa privata anche in blocco di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico (articolo 11-quinquies, del D.L. n. 248 del 2005), l’attestato di prestazione energetica può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento.

Per le stesse operazioni, inoltre, non si applica la disposizione (articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 192 del 2005) che dispone l’obbligo di allegare l’attestato di prestazione energetica al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, a pena del pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria (da euro 3.000 a euro 18.000).

Si ricorda che l’attestato di prestazione energetica è stato introdotto con il D.L. n. 63/2013, che è intervenuto sul D.Lgs. n. 192/2005 indicando le nuove regole per l’efficienza del patrimonio edilizio e rendendo obbligatorio l’attestato di prestazione energetica (APE), in sostituzione del tradizionale attestato di certificazione energetica (ACE). Il Ministero dello sviluppo economico, con una circolare relativa al periodo di transizione, ha precisato che la nuova metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, prevista dal D.L. n. 63/2013, entrerà in vigore con l’emanazione dei provvedimenti attuativi. Pertanto per la redazione dell’APE restano al momento confermate le modalità di calcolo già utilizzate per l’ACE. Nelle Regioni che hanno provveduto ad emanare proprie disposizioni normative in attuazione della direttiva 2002/91/CE si continuerà ad applicare la normativa regionale in materia.

L’articolo 11-quinquies del D.L. n. 203 del 2005 (modificato dall’articolo 3 del D.L. n. 133 del 2013) consente la vendita a trattativa privata, anche in blocco, di immobili dello Stato e degli enti territoriali. In particolare, tale meccanismo di dismissione è esteso anche agli immobili degli enti territoriali; si prevede, inoltre, la sanatoria di irregolarità successivamente al trasferimento.

Si evidenzia che il Governo, in occasione del D.L. n. 120 del 2013, ha dichiarato di volere utilizzare le operazioni di vendita a trattativa privata, anche in blocco, di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico (articolo 11-quinquies, del D.L. n. 248 del 2005) per riportare il deficit del bilancio 2013 entro un valore non superiore al 3% del PIL attraverso un programma di dismissioni immobiliari per complessivi 525 milioni di euro, da realizzare entro il 2013.

Nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2014 sono stati pubblicati due decreti del Ministero dell’economia e delle finanze che hanno autorizzato la vendita a trattativa privata di determinati beni individuati da alcuni enti locali e dall’Agenzia del demanio. In particolare il decreto 20 dicembre 2013 ha autorizzato la provincia di Torino, i comuni di Torino, Venezia, Verona e Firenze e la Regione Lombardia a vendere gli immobili individuati dalle delibere assunte dagli stessi enti. Il decreto 23 dicembre 2013 ha autorizzato l’Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili di proprietà dello Stato individuati dalla stessa Agenzia. L’elenco dei beni è allegato al decreto. Si tratta prevalentemente di caserme, magazzini, campi sportivi militari e altre strutture. La Cassa Depositi e Prestiti Investimenti SGR, attraverso il Fondo Investimenti per le Valorizzazioni Plus – Comparto Extra, ha perfezionato, nel dicembre 2013, l’acquisizione di questi 40 immobili: il valore dell’operazione è di circa 490 milioni di euro.

Si ricorda, infine, che la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014, comma 391) ha previsto la definizione da parte del Governo di un programma straordinario di cessioni di immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali. Tale programma, da definire entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge sentite la Conferenza Unificata, le Commissioni parlamentari competenti e la Invimit SGR, dovrà consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui.

La lettera c-bis) del comma 4, introdotta dalla Camera dei deputati, aggiunge il comma 20-bis all’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 e dispone che agli immobili dell’INPS trasferiti ai fondi comuni di investimento immobiliare pubblici si applicano le disposizioni previste dal medesimo articolo 3 relative ai diritti di opzione e prelazione per i conduttori. Proroga altresì al 31 dicembre 2013 il termine di riferimento per consentire agli occupanti privi di titolo e ai conduttori in base ad assegnazioni irregolari di tali immobili di esercitare i suddetti diritti di opzione e prelazione.

Articolo 20, comma 4-bis

(Disposizione interpretativa dei requisiti di accesso al Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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4-bis. Dopo l’articolo 13 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, è inserito il seguente:
«Art. 13-bis. – (Disposizione interpretativa dell’articolo 13, comma 2). – 1. Il comma 2 dell’articolo 13 si interpreta nel senso che il requisito di cui al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 13, e conseguentemente la tutela prevista nel citato comma 2, non viene meno anche nei casi di acquisto della proprietà o di conseguimento dell’assegnazione in virtù di accordi negoziali o di aggiudicazione di asta, avvenuti in qualunque procedura esecutiva».

Il comma 4-bis dell’articolo 20, introdotto dalla Camera dei deputati, inserisce il nuovo articolo 13-bis nel D.Lgs. n. 122 del 2005.

Si rammenta che l’articolo 12 del D.Lgs. n. 122 del 2005 istituisce il Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire al fine di assicurare un indennizzo agli acquirenti che, a seguito dell’assoggettamento del costruttore a procedure implicanti una situazione di crisi, hanno subito la perdita di somme di denaro o di altri beni e non hanno conseguito il diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento su immobili oggetto di accordo negoziale con il costruttore ovvero l’assegnazione in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su immobili da costruire per iniziativa di una cooperativa.

L’articolo 13 del medesimo decreto legislativo definisce i seguenti requisiti per l’accesso alle prestazioni del Fondo:

  1. aver subito, a seguito dell’insorgenza di una situazione di crisi per effetto dell’insolvenza del costruttore, perdite di somme di denaro versate o di altri beni trasferiti dall’acquirente al costruttore medesimo come corrispettivo per l’acquisto o l’assegnazione dell’immobile da costruire;
  2. non aver acquistato la proprietà o altro diritto reale di godimento sull’immobile da costruire ovvero non averne conseguito l’assegnazione.

Il comma 2 dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 122 precisa che il requisito di cui al comma 1, lettera b), non viene meno per effetto dell’acquisto della proprietà o del conseguimento dell’assegnazione in virtù di accordi negoziali con gli organi della procedura concorsuale ovvero di aggiudicazione di asta nell’àmbito della medesima procedura ovvero, infine, da terzi aggiudicatari.

Il comma 4-bis in esame reca una disposizione interpretativa, precisando che il requisito non viene meno anche nei casi di acquisto della proprietà o di conseguimento dell’assegnazione in virtù di accordi negoziali o di aggiudicazione di asta, avvenuti in qualunque procedura esecutiva.

Articolo 20, commi 4-ter e 4-quater

(Dismissione patrimonio immobiliare pubblico)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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4-ter. Al comma 4 dell’articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «È, altresì, esclusa la soppressione delle esenzioni ed agevolazioni tributarie riferite agli atti di cui ai commi 1 e 2 aventi ad oggetto immobili pubblici interessati da operazioni di permuta, dalle procedure di cui agli articoli 2, 3, 3-ter e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, all’articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni, e agli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, e all’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601».
4-quater. Al terzo periodo del comma 1 dell’articolo 11-quinquiesdel decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «degli enti territoriali» sono inserite le seguenti: «e delle altre pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,» e dopo le parole: «che intendono dismettere» sono aggiunte le seguenti: «e le altre pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 provvedono secondo i rispettivi ordinamenti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 6, comma 8, della legge 12 novembre 2011, n. 183».

Il comma 4-ter prevede ulteriori ipotesi in cui continuano ad applicarsi le esenzioni e le agevolazioni tributarie, generalmente soppresse dall’articolo 10, comma 4 del D.Lgs. n. 23 del 2011 (salvo determinate esclusioni) nel caso di trasferimento immobiliare. Si tratta, in particolare delle operazioni di permuta tra beni immobili dello Stato e degli enti locali, della vendita a trattativa privata anche in blocco e delle procedure di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, anche attraverso fondi immobiliari e società di cartolarizzazione, nonché dei trasferimenti di proprietà per edilizia residenziale pubblica, della concessione del diritto di superficie sulle aree stesse e della cessione a titolo gratuito delle aree a favore dei comuni.

Il comma modifica dunque l’art 10 del citato decreto n. 23 del 2011 (disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), escludendo la ivi disposta soppressione delle esenzioni e delle agevolazioni tributarie riferite agli atti di cui ai commi 1 e 2 (trasferimenti immobiliari a titolo oneroso) aventi ad oggetto immobili pubblici interessati da operazioni di permuta, dalle procedure di cui:

– agli articoli 2, 3, 3-ter e 4 del decreto-legge n. 351 del 2001 (che contengono disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico);

– all’articolo 11- quinquies del decreto-legge n. 203 del 2005 (dismissione di beni immobili pubblici; l’articolo è oggetto di modifiche da parte del successivo comma 4-ter);

– agli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge n. 98 del 2011 (che prevedono la costituzione di società per la gestione del patrimonio immobiliare pubblico);

– all’articolo 32 del D.P.R. n. 601del 1973 (che disciplina le agevolazioni tributarie in materia di edilizia economica e popolare)

Il comma 4-quater estende a tutte le pubbliche amministrazioni le modalità di dismissione tramite trattativa privata, anche in blocco, di cui all’articolo 11-quinquies del decreto-legge n. 203 del 2005. Il testo in esame sembra operare dopo un periodo del citato art. 11-quinquies (“dismissioni immobiliari) che recita “L’autorizzazione all’operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali” : la disposta estensione, pertanto, della p.a. nel suo complesso, compresi gli enti territoriali potrebbe ritenersi, a prima lettura, non del tutto coordinata.

La norma lascia inoltre fermo quanto previsto dall’articolo 6, comma 8, della legge n. 183 del 2011 in materia di procedure di dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato all’estero.

Articolo 20, comma 4-quinquies

(Modifiche alle procedure di dismissione dei beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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4-quinquies. All’articolo 3 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, sono apportate le seguenti modificazioni:a) il comma 2-quater è abrogato;b) al comma 2-quinquies è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In assenza della predetta individuazione, all’Agenzia del demanio è in ogni caso consentito procedere alla dismissione o al conferimento dei beni da essa individuati, salvo parere contrario del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da rendere entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta»;

c) al comma 2-sexies, al primo periodo, le parole: «Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il» sono soppresse, la parola: «comunicano» è sostituita dalla seguente: «comunica» e le parole: «ai commi 2-quater e» sono sostituite dalle seguenti: «al comma»; dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: «In assenza della predetta comunicazione, all’Agenzia del demanio è in ogni caso consentito procedere alla dismissione o al conferimento dei beni da essa individuati, salvo parere contrario del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da rendere entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta».

Il comma 4-quinquies – inserito dalla Camera – dell’articolo 20 modifica le procedure di dismissione dei beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale. In particolare, per quelli di interesse culturale e paesaggistico è soppressa la potestà del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di individuare i beni per i quali si ritiene prioritario mantenerne la proprietà. Per quelli ambientali si consente all’Agenzia del demanio di procedere alla dismissione in caso di inerzia del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo parere contrario di quest’ultimo.

Più nel dettaglio, il comma 4-quinquies dell’articolo 20 reca alcune novelle all’articolo 3 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5).

La lettera a) del comma 4-quinquies dispone l’abrogazione del comma 2-quater dell’articolo 3 del citato decreto-legge n. 133 del 2013, ai sensi del quale il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, procede all’individuazione, nell’ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

La lettera b) del comma 4-quinquies modifica il comma 2-quinquies dell’articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2013, a tenore del quale il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, all’individuazione, nell’ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all’istituzione di aree naturali protette ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, o all’integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite. In particolare, la lettera b) introduce l’ulteriore disposizione secondo cui, in assenza della predetta individuazione, all’Agenzia del demanio è in ogni caso consentito procedere alla dismissione o al conferimento dei beni da essa individuati, salvo parere contrario del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da rendere entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta.

Infine la lettera c) del comma 4-quinquies reca alcune novelle al comma 2-sexies dell’articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2013 in correlazione con le modificazioni apportate dalle lettere precedenti. In primo luogo, al solo Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (e non anche, come nel testo in vigore, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo: e ciò per effetto della disposta abrogazione del comma 2-quater dell’articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2013) spetta il compito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di comunicare all’Agenzia del demanio l’avvio dei procedimenti di cui al comma 2-quinquies del citato articolo 3 del decreto-legge n. 133 del 2013. Entro e non oltre due mesi dal ricevimento della suddetta comunicazione l’Agenzia del demanio procede conseguentemente alla sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione dei beni da sottoporre a tutela, già avviate ai sensi della normativa vigente. In secondo luogo, la lettera c) introduce l’ulteriore disposizione secondo cui, in assenza della predetta comunicazione, all’Agenzia del demanio è in ogni caso consentito procedere alla dismissione o al conferimento dei beni da essa individuati, salvo parere contrario del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da rendere entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta.

Articolo 21

(Misure per l’incentivazione degli investimenti in abitazioni in locazione)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Per l’acquisto, effettuato dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2017, di unità immobiliari a destinazione residenziale, di nuova costruzione od oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettere d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, cedute da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie o da quelle che hanno effettuato i predetti interventi è riconosciuta all’acquirente, persona fisica non esercente attività commerciale, una deduzione dal reddito complessivo pari al 20 per cento del prezzo di acquisto dell’immobile risultante dall’atto di compravendita nel limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro. 1. Per l’acquisto, effettuato dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2017, di unità immobiliari a destinazione residenziale, di nuova costruzioneinvendute alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto od oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia o di restauro e di risanamento conservativo di cui all’articolo 3, comma 1, lettere d) e c), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è riconosciuta all’acquirente, persona fisica non esercente attività commerciale, una deduzione dal reddito complessivo pari al 20 per cento del prezzo di acquisto dell’immobile risultante dall’atto di compravendita nel limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro nonché degli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l’acquisto delle unità immobiliari medesime.
2. La deduzione di cui al comma 1 spetta, nella medesima misura e nel medesimo limite massimo complessivo, anche per le spese sostenute dal contribuente persona fisica non esercente attività commerciale per prestazioni di servizi, dipendenti da contratti d’appalto, per la costruzione di un’unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente stesso prima dell’inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori. Ai fini della deduzione le predette spese di costruzione sono attestate dall’impresa che esegue i lavori. 2. Identico.
3. Fermo restando il limite massimo complessivo di 300.000 euro, la deduzione spetta anche per l’acquisto o realizzazione di ulteriori unità immobiliari da destinare alla locazione. 3. Identico.
4. La deduzione, spetta a condizione che: 4. Identico:
a) l’unità immobiliare acquistata o costruita su aree edificabili già possedute dal contribuente prima dell’inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori sia destinata, entro sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione per almeno otto anni e sempreché tale periodo abbia carattere continuativo, il diritto alla deduzione, tuttavia, non viene meno se, per motivi non imputabili al locatore, il contratto di locazione si risolve prima del decorso del suddetto periodo e ne viene stipulato un altro entro un anno dalla data della suddetta risoluzione del precedente contratto; a) l’unità immobiliare acquistata sia destinata, entro sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione per almeno otto anni epurché tale periodo abbia carattere continuativo; il diritto alla deduzione, tuttavia, non viene meno se, per motivi non imputabili al locatore, il contratto di locazione si risolve prima del decorso del suddetto periodo e ne viene stipulato un altro entro un anno dalla data della suddetta risoluzione del precedente contratto».
b) l’unità immobiliare medesima sia a destinazione residenziale, e non sia classificata o classificabile nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9; b) identica;
c) l’unità immobiliare non sia ubicata nelle zone omogenee classificate E, ai sensi del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; c) l’unità immobiliare non sia ubicata nelle zone omogenee classificate E, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
d) l’unità immobiliare consegua prestazioni energetiche certificate in classe A o B, ai sensi dell’allegato 4 delle Linee Guida nazionali per la classificazione energetica degli edifici di cui al Decreto Ministeriale 26 giugno 2009, ovvero ai sensi della normativa regionale, laddove vigente; d) l’unità immobiliare consegua prestazioni energetiche certificate in classe A o B, ai sensi dell’allegato 4 delle Linee Guida nazionali per la classificazione energetica degli edifici di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 luglio 2009, ovvero ai sensi della normativa regionale, laddove vigente;
e) il canone di locazione non sia superiore a quello definito ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ovvero a quello indicato nella convenzione di cui all’art. 18 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ovvero a quello stabilito ai sensi dell’art. 3, comma 114, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; e) il canone di locazione non sia superiore a quello indicato nella convenzione di cui all’articolo 18 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ovvero non sia superiore al minore importo tra il canone definito ai sensi dell’articolo2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e quello stabilito ai sensi dell’articolo 3, comma 114, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
f) non sussistano rapporti di parentela entro il primo grado tra locatore e locatario. f) identica.
4-bis. Le persone fisiche non esercenti attività commerciale possono cedere in usufrutto, anche contestualmente all’atto di acquisto e anche prima della scadenza del periodo minimo di locazione di otto anni, le unità immobiliari acquistate con le agevolazioni fiscali di cui al presente articolo, a soggetti giuridici pubblici o privati operanti da almeno dieci anni nel settore dell’alloggio sociale come definito dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficialen. 146 del 24 giugno 2008, a condizione che venga mantenuto il vincolo alla locazione alle medesime condizioni stabilite dal comma 4, lettera e), e che il corrispettivo di usufrutto, calcolato su base annua, non sia superiore all’importo dei canoni di locazione calcolati con le modalità stabilite dal medesimo comma 4, lettera e).
5. La deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d’imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione e non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge per le medesime spese. 5. Identico.
6. Le ulteriori modalità attuative del presente articolo sono definite con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’economia e delle finanze. 6. Identico.
7. All’onere derivante dal presente articolo, pari a 10,1 milioni di euro per l’anno 2015, a 19,2 milioni di euro per l’anno 2016, a 31,6 milioni di euro per l’anno 2017, a 47,7 milioni di euro per l’anno 2018, a 45,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 43,0 milioni di euro per gli anni 2020 e 2021, a 43,6 milioni di euro per l’anno 2022, a 24,9 milioni di euro per l’anno 2023, a 13,9 milioni di euro per l’anno 2024 e a 2,9 milioni di euro per l’anno 2025, si provvede, rispettivamente: 7. Identico:
a) quanto a 10,1 milioni di euro per l’anno 2015, a 19,2 milioni di euro per l’anno 2016, a 1,6 milioni di euro per l’anno 2017, a 27,7 milioni di euro per l’anno 2018, a 45,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 43,0 milioni di euro per gli anni 2020 e 2021, a 43,6 milioni di euro per l’anno 2022, a 24,9 milioni di euro per l’anno 2023, e a 13,9 milioni di euro per l’anno 2024 e a 2,9 milioni per l’anno 2025 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica; a) identica;
b) quanto a 30 milioni di euro per l’anno anni 2017 e quanto a 20 milioni per l’anno 2018, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, e successive modificazioni.» b) quanto a 30 milioni di euro per l’anno 2017 e quanto a 20 milioni per l’anno 2018, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, e successive modificazioni.».

L’articolo 21 prevede una deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi, al di fuori di un’attività commerciale, acquista dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio da un’impresa di costruzione o di ristrutturazione per destinarlo alla locazione a canone concordato per una durata minima di otto anni. La deduzione spetta anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a sostenere le spese per la costruzione dell’immobile su una propria area edificabile, ovvero nel caso di acquisto o realizzazione di ulteriori abitazioni da destinare alla locazione.

Per il riconoscimento della deduzione sono previste alcune condizioni, tra cui: l’unità immobiliare deve essere a destinazione residenziale; non deve essere accatastata tra le abitazioni di “lusso”; non deve trovarsi in una zona agricola; deve avere prestazioni energetiche certificate in classe A o B; il locatore e il locatario non devono essere parenti in primo grado.

La disciplina recata dall’articolo in esame riprende il contenuto della legge “Scellier” francese, la quale dall’inizio del 2009 consente una deduzione del 25% dal reddito imponibile sul valore di acquisto di immobili dati in locazione (tetto massimo di 300.000 euro, quote di nove anni). La detrazione è scesa al 13% nel 2012, ma è risalita al 18% nel 2013, e tale aliquota varrà fino al 2016.

Tuttavia nella disciplina francese non è previsto che il venditore debba essere necessariamente un impresa di costruzione, di ristrutturazione o una cooperativa edilizia.

La deduzione spetta nella misura del 20 per cento del prezzo di acquisto dell’immobile nel limite massimo di 300.000 euro (deduzione massima: 60.000 euro), è ripartita per un periodo di otto anni con quote annuali di pari importo.

Le ulteriori modalità attuative saranno definite con decreto interministeriale.

E’ possibile ottenere la deduzione in tre casi:

  1. acquisto di immobili a destinazione residenziale di nuova costruzione ovvero oggetto di ristrutturazione edilizia cedute da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie ovvero da quelle che hanno effettuato i predetti interventi (comma 1);
  2. costruzione di un’unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente prima dell’inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori; in tal caso le spese di costruzione su cui calcolare la deduzione sono attestate dall’impresa che esegue i lavori (comma 2);
  3. acquisto o realizzazione di “ulteriori” unità immobiliari da destinare alla locazione (comma 3).

Dalla formulazione della disposizione si evince che è possibile, per un singolo contribuente, beneficiare della deduzione anche sommando i tre casi, fermo restando il limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro.

Si osserva che le caratteristiche del terzo caso non sembrano definite compiutamente.

Il comma 4 specifica le condizioni richieste per poter usufruire della deduzione:

  • l’immobile, entro sei mesi dall’acquisto (o dalla costruzione su area edificabile già posseduta dal contribuente prima dell’inizio dei lavori) o dal termine dei lavori di costruzione, deve essere dato in locazione per almeno otto anni continuativi; tuttavia, il beneficio non si perde nel caso in cui la locazione si interrompa, per motivi non imputabili al locatore, ed entro un anno venga stipulato un nuovo contratto;
  • l’immobile deve avere destinazione residenziale e non appartenere alle categorie catastali A/1 (abitazione di tipo signorile), A/8 (ville) e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici);
  • l’immobile non deve essere ubicato nelle parti del territorio destinate ad usi agricoli (zone omogenee classificate E ai sensi del D.M. n. 1444 del 1968);
  • l’immobile deve conseguire prestazioni energetiche certificate in classe A o B;
  • il canone di locazione non deve essere superiore a quello previsto per le locazioni a canone concordato, per quelle in edilizia convenzionata, ovvero a canone speciale;
  • tra locatore e locatario non devono sussistere rapporti di parentela entro il primo grado.

La disciplina della cosiddetta “cedolare secca sugli affitti”, istituita dal D.Lgs. n. 23 del 2011 (federalismo fiscale municipale), prevede una specifica modalità di tassazione dei redditi derivanti dalla locazione di immobili adibiti ad uso abitativo: a partire dal 2011 si consente ai proprietari dei predetti immobili, in luogo dell’ordinaria tassazione Irpef sui redditi derivanti dalla locazione, di optare per un regime sostitutivo (che assorbe anche le imposte di registro e bollo sui contratti) le cui aliquote sono pari al 21% per i contratti a canone libero ed al 15% per quelli a canone concordato. In caso di contratto a canone concordato il locatore che opta per la cedolare secca non potrà richiedere aggiornamenti del canone per tutta la durata del contratto.

Il D.L. n. 47 del 2014 ha ridotto ulteriormente l’aliquota per i contratti a canone concordato al 10% per il quadriennio 2014-2017 (dal 2018 l’aliquota tornerà al 15%). L’applicazione di tale aliquota ridotta viene inoltre consentita anche per le abitazioni locate a cooperative o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.

L’articolo 9, comma 2-ter, prevede l’aggiornamento della delibera CIPE sui comuni ad alta tensione abitativa entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione (28 maggio 2014). Tale delibera non è stata adottata.

Si segnala, inoltre, che il D.L. n. 47 del 2014 (“emergenza abitativa”) ha previsto altre agevolazioni a favore degli inquilini. In particolare sono stati aumentati gli stanziamenti di bilancio per il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione e per il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli; i redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali, di nuova costruzione o per i quali sono stati realizzati interventi di manutenzione straordinaria o di recupero su un fabbricato preesistente di un alloggio sociale, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi né alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento; sono previste agevolazioni fiscali per il triennio 2014-2016 in favore dei conduttori di alloggi sociali adibiti ad abitazione principale, pari, complessivamente, a 900 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro e a 450 euro, se il reddito complessivo è compreso tra i 15.493,72 e 30.987,41 euro; è prevista la facoltà di inserire la clausola di riscatto dell’unità immobiliare, con le relative condizioni economiche, nelle convenzioni che disciplinano le modalità di locazione degli alloggi sociali.

Si ricorda, inoltre, che la legge di stabilità per il 2014 ha inasprito il trattamento fiscale delle abitazioni diverse dalla “prima casa” non locate. In particolare, il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale è sottoposto a IRPEF nella misura del cinquanta per cento (articolo 1, comma 717 della legge n. 147 del 2013).

Si ricorda che l’art. 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998, oltre i contratti a canone libero prevede anche contratti a canone concordato o convenzionato o calmierato. In tal caso sono le associazioni più rappresentative a livello locale dei proprietari e degli inquilini a stabilire le modalità di valutazione degli immobili residenziali e, per ogni tipologia individuata, a definire un canone minimo e massimo. Tali contratti, rispetto a quelli a canone libero (art. 2 comma 1), recano due differenze fondamentali: la prima riguarda la durata (tre anni più due di rinnovo automatico alla prima scadenza), la seconda il profilo economico, in quanto il canone concordato è inferiore alla misura dei canoni correnti di mercato dato che esso e le altre condizioni contrattuali devono conformarsi agli accordi sindacali stabiliti a livello territoriale. Inoltre, l’art. 8 prevede alcune agevolazioni fiscali per i proprietari di alloggi dati in locazione a canone concordato ubicati nei comuni ad alta densità abitativa (di cui all’art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551).

Il comma 4-bis, inserito dalla Camera dei deputati, consente alle persone fisiche non esercenti attività commerciale di cedere in usufrutto, anche contestualmente all’atto di acquisto e anche prima della scadenza del periodo minimo di locazione di otto anni, le unità immobiliari acquistate con le agevolazioni fiscali in commento, a soggetti giuridici pubblici o privati operanti da almeno 10 anni nel settore dell’alloggio sociale, a condizione che vengano mantenuto il vincolo alla locazione e che il corrispettivo di usufrutto non sia superiore all’importo dei canoni di locazione definito dalla lettera e).

Il comma 5 stabilisce che la deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d’imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione. Considerando che il tetto alla deduzione è di 60.000 euro, la quota massima deducibile all’anno è di 7.500 euro.

La deduzione non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per le medesime spese.

Potrebbe ritenersi opportuno che la norma indicasse con più esattezza quali agevolazioni fiscali sono precluse dall’utilizzo della deduzione in esame.

Per gli acquisti di fabbricati a uso abitativo ristrutturati l’ordinamento vigente prevede dei vantaggi fiscali. In particolare, a determinate condizioni, gli acquirenti degli immobili (o, nel caso di cooperative edilizie, gli assegnatari degli stessi) hanno diritto a una detrazione da ripartire in 10 anni.

Il beneficio spetta nel caso di interventi di ristrutturazione riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che provvedono, entro 6 mesi dalla data del termine dei lavori, alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile (articolo 16-bis, comma 3, del D.P.R. n. 917 del 1986 – TUIR).

La detrazione è, ordinariamente, del 36% del valore degli interventi eseguiti, che si assume pari al 25% del prezzo dell’unità immobiliare (come risultante nell’atto pubblico di compravendita o di assegnazione) e, comunque, entro un importo massimo di 48.000 euro.

Successivamente la percentuale di detrazione del 36% è stata elevata:

  • al 50% per le spese d’acquisto sostenute nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2014
  • al 40% le spese d’acquisto sostenute nel 2015.

Per entrambi i periodi l’importo massimo su cui calcolare la detrazione è stato elevato da 48.000 a 96.000 euro (si veda, da ultimo, la legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 139).

Il comma 6 demanda ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’economia e delle finanze le ulteriori modalità attuative dell’articolo in esame.

Il comma 7 contiene la copertura finanziaria. In particolare all’onere complessivo di 325,4 milioni (fino al 2025) si provvede per cinquanta milioni mediante riduzione della dotazione destinata al comitato centrale per l’albo degli autotrasportatori per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, per il restante importo mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Articolo 22

(Conto termico)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al fine di agevolare l’accessibilità di imprese, famiglie e soggetti pubblici ai contributi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica, l’aggiornamento del sistema di incentivi di cui al comma 154 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 è definito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 dicembre 2014, secondo criteri di semplificazione procedurale, con possibilità di utilizzo di modulistica predeterminata e accessibilità on line, e perseguendo obiettivi di diversificazione e innovazione tecnologica, in grado di favorire il massimo accesso alle risorse già definite ai sensi dell’articolo 28 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. 1. Al fine di agevolare l’accesso di imprese, famiglie e soggetti pubblici ai contributi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica, l’aggiornamento del sistema di incentivi di cui al comma 154 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è definito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 dicembre 2014, secondo criteri di semplificazione procedurale, con possibilità di utilizzo di modulistica predeterminata e accessibilità per via telematica, e perseguendo obiettivi di diversificazione e innovazione tecnologica e consentendo a soggetti di edilizia popolare e a cooperative di abitanti l’accesso anche alle categorie di incentivi della pubblica amministrazione, in grado di favorire il massimo accesso alle risorse già definite ai sensi dell’articolo 28 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
2. Entro il 31 dicembre 2015 il Ministero dello sviluppo economico effettua, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il monitoraggio dell’applicazione del sistema di incentivi aggiornato di cui al comma 1 e, se del caso, adotta entro i successivi 60 giorni un decreto correttivo, in grado di dare la massima efficacia al sistema, relazionando alle competenti Commissioni Parlamentari. 2. Entro il 31 dicembre 2015 il Ministero dello sviluppo economico effettua, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il monitoraggio dell’applicazione del sistema di incentivi aggiornato di cui al comma 1 e, se del caso, adotta entro i successivi sessanta giorni un decreto correttivo, in grado di dare la massima efficacia al sistema,riferendone alle competenti Commissioni parlamentari.
2-bis. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
2-ter. All’articolo 9, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, le parole: «secondo quanto previsto dalla norma UNI EN 834» sono sostituite dalle seguenti: «secondo quanto previsto dalle norme tecniche vigenti».

L’articolo 22 riguarda l’incentivazione degli interventi: di produzione di energia termica da fonti rinnovabili; di incremento dell’efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011. La norma prevede che l’aggiornamento del sistema di incentivi venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l’accesso alle risorse stanziate (comma 1). La Camera dei deputati ha modificato la disposizione, per contemplare l’accessibilità per via telematica della modulistica e per prevedere l’accesso da parte dei soggetti di edilizia popolare e delle cooperative di abitanti alle categorie di incentivi della Pubblica Amministrazione.

L’attuale sistema degli incentivi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni è definita dal c.d. “Conto Termico” (D.M. 28 dicembre 2012)(92) e consiste in un contributo alle spese sostenute erogato in rate annuali per una durata variabile (fra 2 e 5 anni) in funzione degli interventi realizzati.

Gli interventi incentivabili si riferiscono sia all’efficientamento dell’involucro di edifici esistenti (coibentazione pareti e coperture, sostituzione serramenti e installazione schermature solari) sia alla sostituzione di impianti esistenti per la climatizzazione invernale con impianti a più alta efficienza (caldaie a condensazione) sia alla sostituzione o, in alcuni casi, alla nuova installazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili (pompe di calore, caldaie, stufe e camini a biomassa, impianti solari termici anche abbinati a tecnologia solar cooling per la produzione di freddo).

Il meccanismo di incentivazione è rivolto a due tipologie di soggetti:

  • amministrazioni pubbliche;
  • soggetti privati, intesi come persone fisiche, condomini e soggetti titolari di reddito di impresa o di reddito agrario.

Il decreto stanzia fondi per una spesa annua cumulata massima di 200 mln di euro per gli interventi realizzati o da realizzare dalle Amministrazioni pubbliche e una spesa annua cumulata pari a 700 mln di euro per gli interventi realizzati da parte dei soggetti privati.

Possono accedere agli incentivi previsti dal DM 28/12/12 le seguenti due categorie di interventi:

A) interventi di incremento dell’efficienza energetica;

B) interventi di piccole dimensioni relativi a impianti per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e sistemi ad alta efficienza.

Le Amministrazioni pubbliche possono richiedere l’incentivo per entrambe le categorie di interventi (categoria A e categoria B).

I soggetti privati possono accedere agli incentivi solo per gli interventi di piccole dimensioni relativi a impianti per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e sistemi ad alta efficienza (categoria B).

Si ricorda inoltre che il comma 154 dell’articolo 1 della legge n. 147/2013 (legge finanziaria per il 2014) – richiamato nel testo della norma in esame – aveva previsto l’aggiornamento del sistema di incentivi entro il 30 giugno 2014, secondo criteri di diversificazione e innovazione tecnologica e di coerenza con gli obiettivi di riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione previsti dalla direttiva 2012/27/UE.

L’applicazione di tale nuovo sistema sarà monitorata entro il 31 dicembre 2015. Entro 60 giorni da tale data è prevista la possibilità di emanare un decreto correttivo in relazione agli esiti del monitoraggio (comma 2). Sul decreto correttivo è previsto il coinvolgimento delle competenti commissioni parlamentari.

La Camera dei deputati ha introdotto due commi aggiuntivi: per il comma 2-bis, le amministrazioni interessate provvederanno all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente; il comma 2-ter, invece, interviene sul decreto legislativo di attuazione della direttiva sull’efficienza energetica (D.lgs. 102/2014), in materia di contabilizzazione dei consumi energetici. La modifica è volta a richiamare l’applicazione delle norme tecniche vigenti (in luogo di una specifica norma tecnica, la UNI EN 834), nei casi in cui l’uso di contatori individuali non sia possibile o non sia conveniente, e per la misura del riscaldamento si ricorre all’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all’interno delle unità immobiliari dei condomini o degli edifici polifunzionali.


92) Il D.M. 28 dicembre 2012, del quale la disposizione in esame prevede l’aggiornamento, fu adottato in attuazione dell’articolo 28 del D.Lgs. 3/3/2011, n. 28. Tale disposizione demanda a decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, previa intesa con Conferenza unificata, la fissazione delle modalità per l’avvio dei nuovi meccanismi di incentivazione per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni. La disposizione in esame non prevede la previa intesa in sede di Conferenza unificata. Nel riparto di competenze legislative derivante dal titolo V attualmente vigente, la materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia è rimessa alla competenza concorrente tra Stato e Regioni.

Articolo 22-bis

(Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 dell’articolo 26 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, non si applicano agli impianti i cui soggetti responsabili erano, alla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione, enti locali o scuole.

La Camera dei deputati ha inserito l’articolo aggiuntivo in esame, che interviene sul meccanismo del cd. spalma-incentivi obbligatorio; si tratta della previsione secondo cui si destinavano – alla riduzione delle tariffe elettriche dei clienti di energia elettrica in media tensione e di quelli in bassa tensione con potenza impegnata non inferiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall’illuminazione pubblica – i minori oneri per l’utenza derivanti dagli articoli da 24 a 30 del decreto-legge 91/2014, laddove avessero effetti su specifiche componenti tariffarie; alla medesima finalità erano destinati i minori oneri tariffari conseguenti dall’attuazione dell’articolo 1, commi da 3 a 5, del decreto-legge n. 145 del 2013, che aveva ridotto gli incentivi alle energie rinnovabili.

La previsione in commento esclude dall’ambito di applicazione del predetto meccanismo – volto alla riduzione annua degli incentivi erogati agli impianti fotovoltaici di grossa taglia – gli impianti i cui soggetti responsabili siano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, enti locali o scuole. Il D.M. 19 febbraio 2007 definisce il soggetto responsabile dell’esercizio dell’impianto come colui che ha diritto, nel rispetto delle disposizioni del D.M., a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti.

Articolo 23

(Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell’ articolo 2645-bis codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’ articolo 2643, comma primo, numero 8) del codice civile. 1. Identico.
1-bis. Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito.
2. Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo. 2. Identico.
3. Ai contratti di cui al comma 1 si applicano gli articoli 2668, quarto comma, 2775-bis e 2825-bis del codice civile. Il termine triennale previsto dal comma terzo dell’articolo 2645-bis del codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni. Si applicano altresì le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007 nonché degli articoli 1012 e 1013 del codice civile, in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l’articolo 2932 del codice civile. 3. Identico.
4. Se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un’abitazione, il divieto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, opera fin dalla concessione del godimento. 4. Identico.
5. In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto. 5. Identico.
6. In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’articolo 67, comma 3, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. In caso di fallimento del conduttore, si applica l’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5. 6. In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’articolo 67, terzo comma, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. In caso di fallimento del conduttore, si applica l’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5.
7. Dopo l’articolo 8, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, è aggiunto il seguente: 7. Identico.
«5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.».
8. L’efficacia della disposizione di cui al comma 7 è subordinata al positivo perfezionamento della procedimento di autorizzazione della Commissione Europea di cui all’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), di cui è data comunicazione nella Gazzetta Ufficiale. 8. L’efficacia della disposizione di cui al comma 7 è subordinata al positivo perfezionamento del procedimento di autorizzazione della Commissione Europea di cui all’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), di cui è data comunicazione nella Gazzetta Ufficiale.

L’articolo 23 disciplina le caratteristiche principali di una nuova tipologia contrattuale, quella – secondo la terminologia utilizzata nella rubrica dell’articolo – dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili.

Il comma 1 dell’articolo 23, alla luce del tenore della relazione di accompagnamento, parrebbe definire la nozione del contratto in questione facendo riferimento ai contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto.

A tale tipologia contrattuale – seppur sinteticamente definita, con l’intenzione espressa nella relazione di accompagnamento di “consentire all’autonomia privata di meglio modulare il contenuto del contratto in funzione delle specifiche esigenze e nell’ottica del miglior soddisfacimento degli interessi di entrambe le parti” – il legislatore estende l’applicazione di istituti già disciplinati dal codice civile (trascrizione, cancellazione della trascrizione ed effetti del contratto preliminare; obblighi di inventario e di garanzia e ripartizione spese previste per il rapporto di usufrutto) .

In particolare, il citato comma 1 prevede che tali contratti siano soggetti a trascrizione ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, analogamente a quanto accade per il contratto preliminare di compravendita. La disciplina codicistica richiamata dal comma 1 stabilisce che i contratti ivi previsti devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. L’effetto di questa trascrizione è che la successiva trascrizione del contratto definitivo di trasferimento della proprietà dell’immobile prevarrà sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del preliminare. Quanto all’estensione degli effetti prodotti dalla trascrizione del contratto di locazione ultranovennale (art. 2643, primo comma, n. 8), il legislatore mira a rendere anche il contratto in questione opponibile ad un terzo acquirente.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede che le parti debbano indicare nel contratto la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire, qualora non sia esercitato il diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito.

Il comma 2 stabilisce che il mancato pagamento di canoni di godimento può determinare la risoluzione del contratto, lasciando all’autonomia contrattuale il compito di determinare il numero dei canoni insoluti (nonché la loro eventuale consecutività) che giustifica la risoluzione. Il legislatore pone un unico vincolo: potrà aversi risoluzione del contratto solo se i canoni non pagati rappresenteranno almeno 1/20 dei canoni pattuiti.

Il comma 3 estende ai contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili le seguenti previsioni relative al contratto preliminare:

  • art. 2668, comma quarto, del codice civile, sulla cancellazione della trascrizione, quando la stessa sia debitamente consentita dalle parti interessate ovvero ordinata giudizialmente
  • art. 2775-bis del codice civile, in base al quale in caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare;
  • art. 2825-bis del codice civile, ai sensi del quale l’ipoteca iscritta su edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso di costruzione, a garanzia di finanziamento dell’intervento edilizio, prevale sulla trascrizione anteriore dei contratti preliminari limitatamente alla quota di debito derivante dal suddetto finanziamento che il promissario acquirente si sia accollata con il contratto preliminare o con altro atto successivo;
  • art. 2932 del codice civile, che in caso di inadempimento del contratto consente al promissario acquirente – ricorrendo le condizioni ivi previste – di ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.

Peraltro, diversamente dal contratto preliminare, il decreto-legge dispone che gli effetti della trascrizione cessano se la trascrizione del contratto definitivo – ovvero di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto in questione – non è effettuata entro il termine previsto per lo stesso contratto di godimento (escludendo l’applicazione del termine triennale previsto dal terzo comma dell’articolo 2645-bis del codice civile). Tale contratto di godimento non potrà peraltro prevedere un termine superiore a 10 anni.

Sono inoltre applicate alla nuova tipologia contrattuale anche alcune previsioni del codice relative agli obblighi derivanti dall’usufrutto.

In particolare, si applicano le disposizioni che:

  • obbligano l’usufruttuario a fare a sue spese l’inventario dei beni ed a prestare idonea cauzione per prendere possesso della cosa (artt. 1002 e 1003 c.c.);
  • disciplinano la ripartizione delle spese tra usufruttuario e proprietario, imputando – in linea di massima – al primo la custodia, l’amministrazione e la manutenzione ordinaria del bene (art. 1004 c.c.) ed al secondo le riparazioni straordinarie (artt. 1005-1007 c.c.);
  • attribuiscono all’usufruttuario l’obbligo di denunciare al proprietario le usurpazioni commesse da terzi e di sopportare, insieme al proprietario ed in proporzione al proprio interesse, le spese delle liti che riguardano sia la proprietà che l’usufrutto (artt. 1012-1013 c.c.).

Il comma 4prevedendo l’applicazione del divieto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 122 del 2005, che tutela i diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire – stabilisce che, se il contratto di godimento in funzione dell’alienazione dell’immobile ha ad oggetto un’abitazione, il notaio non può procedere alla stipula – e dunque non si può concedere il godimento dell’immobile – se anteriormente o contestualmente non si è proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile.

Il comma 5 disciplina gli effetti sulle parti della risoluzione del contratto per inadempimento. Al riguardo il decreto-legge dispone:

  • in caso di risoluzione per inadempimento del concedente/proprietario, che egli debba restituire la parte dei canoni imputata a prezzo dell’immobile, con interessi;
  • in caso di risoluzione per inadempimento del conduttore/promissario acquirente, che il proprietario abbia diritto oltre che alla restituzione dell’immobile, all’acquisizione integrale dei canoni. La parte dei canoni imputata a prezzo è in tal caso acquisita a titolo di indennità, se le parti non pattuiscono diversamente.

Il comma 6 disciplina l’ipotesi di fallimento di una delle parti del contratto prevedendo che:

  • se a fallire è il concedente/proprietario dell’immobile, il contratto prosegue. L’eventuale azione revocatoria, in base al richiamo dell’articolo 67 della legge fallimentare(93) , non sarà esperibile in presenza di contratto trascritto, con effetti non cessati, purché il prezzo pattuito sia giusto e l’immobile destinato ad abitazione principale (dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado), ovvero a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente (purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio);
  • se a fallire è il conduttore/acquirente, in base all’articolo 72 della legge fallimentare l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal contratto stesso. Tale disposizione – ai sensi del comma ottavo del citato articolo 72 – non si applica al contratto trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente. Se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo in esame, per cui il proprietario avrà diritto, oltre che alla restituzione dell’immobile, all’acquisizione integrale dei canoni corrisposti.

Il comma 7, la cui efficacia è subordinata al consenso della Commissione europea (v. infra comma 8), interviene sul recente decreto-legge n. 47 del 2014(94) (c.d. emergenza abitativa). La disciplina richiamata prevede la facoltà di inserire la clausola di riscatto dell’unità immobiliare e le relative condizioni economiche nelle convenzioni che disciplinano le modalità di locazione degli alloggi sociali, stabilendo altresì che la clausola comunque non può consentire il riscatto prima di sette anni dall’inizio della locazione, che il diritto al riscatto può essere esercitato solo dai conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle esigenze del nucleo familiare e che colui il quale esercita il riscatto non può rivendere l’immobile prima dello scadere dei cinque anni. (comma 1). La previsione di cui al citato articolo 8 specifica inoltre la disciplina fiscale applicabile nelle ipotesi di riscatto dell’alloggio sociale (commi 2 e 3). In particolare, il comma 2 concede al conduttore di imputare i corrispettivi pagati al locatore in parte in conto del prezzo di acquisto futuro dell’alloggio e in parte in conto affitto. In tali ipotesi, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, i corrispettivi si considerano fiscalmente quali canoni di locazione; ricorrendone le condizioni, tali corrispettivi sono parzialmente esenti da imposte sui redditi e da IRAP. Il comma 3 stabilisce che, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, in caso di riscatto dell’unità immobiliare, l’esercizio di competenza in cui si considerano conseguiti i corrispettivi derivanti dalla cessione è quello in cui avviene l’effetto traslativo della proprietà del bene; inoltre, le eventuali imposte correlate agli “acconti-prezzo” costituiscono un credito di imposta.

L’attuazione della disposizione è demandata a un decreto ministeriale (comma 4) tuttora non emanato, mentre la sua applicazione è limitata ai contratti di locazione stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge, a partire quindi dal 29 marzo 2014 (comma 5).

Il decreto-legge in commento, inserendo il comma 5-bis nell’articolo 8 del decreto legge n. 47 del 2014, estende l’applicabilità delle predette disposizioni anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Si osserva che il comma 7 fa riferimento alle seguenti tipologie contrattuali: a) contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti; b) vendita con riserva di proprietà. Il comma 1 dell’articolo in commento fa invece riferimento ai contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto. In altre parole, nei commi da 1 a 6 dell’articolo in commento, nel definire il contratto, si pone l’accento sul diritto del conduttore di acquisto dell’immobile,laddove il comma 7 individua la fattispecie contrattuale riferendosi ad un ben preciso tipo negoziale (la locazione) ed agli effetti giuridici della clausola di trasferimento della proprietà (che si afferma essere vincolante per entrambe le parti). Indizi normativi che qualificherebbero come opzione di acquisto ai sensi dell’articolo 1331 del codice civile o,variamente,come preliminare unilaterale (con obbligazioni quindi a carico di una sola parte) ai sensi dell’articolo 1351 del codice civile la natura giuridica del contratto di cui ai commi da 1 a 6 – nella parte in cui contemplano il diritto del conduttore all’acquisto del bene laddove nella fattispecie di cui al comma 7 la clausola di trasferimento appare piuttosto riconducibile allo schema tipico di un contratto preliminare che si accompagna ad una locazione. Ne conseguirebbe – potendosi ritenere altresì da escludere che la fattispecie di cui ai commi da 1 a 6 dell’articolo in commento possa essere ricondotta alla figura della vendita con riserva di proprietà ai sensi dell’articolo 1523 del codice civile – che la disposizione del citato comma 5-bis non parrebbe ricomprendere nel suo ambito di applicazione la fattispecie contrattuale di cui ai predetti commi da 1 a 6.

Sotto un diverso profilo potrebbe ritenersi infine da valutare se il riferimento ai “contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”, inserito nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 8 del decreto-legge n. 47 del 2014 – e non come distinta disposizione del decreto-legge in commento – risulti inequivoco circa la data a decorrere dalla quale le disposizioni di cui al predetto articolo 8 si applicano anche alle ulteriori tipologie contrattuali indicate nel medesimo comma 5-bis.

L’estensione dell’ambito di applicazione dell’articolo articolo 8 del decreto-legge n. 47 del 2014, e quindi anche della disciplina fiscale di favore nello stesso contenuta, pare giustificare la previsione del comma 8, che subordina all’autorizzazione della Commissione europea l’efficacia del comma 7. La norma richiama l’articolo 107 del trattato dell’Unione, relativo agli aiuti di Stato.

In merito potrebbe ritenersi che ci si debba piuttosto riferire all’articolo 108, par. 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Se, infatti, l’articolo 107 distingue gli aiuti di Stato compatibili con il trattato da quelli incompatibili, è l’articolo successivo che demanda alla Commissione il compito di procedere all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti; in particolare, il paragrafo 3 dell’art. 108 stabilisce che “Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell’articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale”.

L’efficacia della disposizione di cui al comma 7 è dunque subordinata al positivo perfezionamento di una procedura che si svolge in sede europea, ma del cui esito dovrà essere data comunicazione nella gazzetta ufficiale.

Potrebbe essere ritenuto infine opportuno chiarire se l’efficacia della disposizione è condizionata al solo esito della procedura europea ovvero alla successiva pubblicazione di tale esito nella Gazzetta Ufficiale. Inoltre, dalla formulazione del comma 8 si evince che oggetto di comunicazione è il solo positivo perfezionamento della procedura presso la Commissione; esigenze di certezza del diritto potrebbero suggerire di prevedere comunque la comunicazione in Gazzetta anche di decisioni di diverso tenore.


93) Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.

94) D.L. 28 marzo 2014, n. 47, Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 23 maggio 2014, n. 80.

Articolo 24

(Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. I Comuni possono definire i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli e associati, purchè individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade ed in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi i Comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione è concessa per un periodo limitato, per specifici tributi e per attività individuate dai Comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere. 1. I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere.Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute.

L’articolo 24, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede che i comuni possano definire, in relazione ad un determinato ambito del proprio territorio, criteri e condizioni per la realizzazione da parte di cittadini, singoli o associati, di interventi di valorizzazione del territorio urbano od extraurbano, quali la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade. A tal fine, l’ente locale può deliberare la concessione di una riduzione ovvero di un’esenzione di tributi locali inerenti alle attività poste in essere dai predetti soggetti. L’esenzione in ogni caso è concessa per un periodo di tempo limitato, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni.

La Camera dei deputati ha modificato l’articolo in esame, estendendo gli interventi al decoro urbano, al recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati e specificando che le agevolazioni vengono concesse prioritariamente a “comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”.

La norma, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale (articolo 118, ultimo comma, della Costituzione), consente ai comuni di disciplinare la partecipazione dei cittadini alla cura e alla valorizzazione di determinate zone del proprio territorio, individuate dall’ente locale, attraverso progetti di riqualificazione presentati dai cittadini.

In relazione alla tipologia degli interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione è concessa per un periodo limitato, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere.

La norma non individua i tributi locali che possono essere oggetto di esenzione o di riduzione. Al riguardo si ricorda che il sistema della fiscalità comunale poggia su quattro principali imposte, costituite dall’IMU, dalla TASI, dalla TARI e dall’addizionale comunale all’Irpef. A queste si aggiungono, oltre ad alcuni trasferimenti statali, le tradizionali entrate locali, vale a dire l’imposta di soggiorno, l’addizionale comunale sui diritti di imbarco, l’imposta di scopo, la tassa per l’occupazione di spazi e di aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone installazione mezzi pubblicitari, il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche. Peraltro tali forme di prelievo, ad eccezione delle prime due, dovrebbero confluire nell’imposta municipale secondaria prevista dal decreto sul federalismo fiscale municipale (articolo 11 del D.L. n. 23 del 2011) la cui introduzione è stata posticipata al 2015.

Articolo 25, comma 1

(Misure in materia di conferenza di servizi e di autotutela amministrativa)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 1. Identico:
a) all’articolo 14-ter, dopo il comma 8, è aggiunto il seguente: «8-bis. I termini di validità di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell’ambito della Conferenza di Servizi, decorrono a far data dall’adozione del provvedimento finale.»; a) identica;
b) all’articolo 14-quater, al comma 3, dopo le parole «rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che» sono inserite le seguenti: «ha natura di atto di alta amministrazione. Il Consiglio dei Ministri». b) all’articolo 14-quater, comma 3, sono apportate le seguenti modificazioni:1) al primo periodo, dopo le parole: «rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che» sono inserite le seguenti: «ha natura di atto di alta amministrazione. Il Consiglio dei Ministri»;2) al secondo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, motivando un’eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso».
b-bis) all’articolo 19, comma 3, secondo periodo, dopo le parole: «degli articoli 21-quinquies e 21-nonies» sono aggiunte le seguenti: «, nei casi di cui al comma 4 del presente articolo»;
b-ter) all’articolo 21-quinquies, comma 1, le parole da: «Per sopravvenuti» fino a: «pubblico originario» sono sostituite dalle seguenti: «Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario»;
b-quater) all’articolo 21-nonies, comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni:1) dopo le parole: «dell’articolo 21-octies» sono inserite le seguenti: «, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2,»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo».

Il comma 1 modifica due aspetti della disciplina della conferenza di servizi, dettata dagli articoli da 14 a 14-quinquiesdella L. n. 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo).

Innanzitutto, fissa – alla lettera a) – la decorrenza dei termini di validità degli atti di assenso, comunque denominati, acquisiti all’interno della conferenza, a far data dall’adozione del provvedimento finale – laddove, nella previsione della legge n. 241, l’efficacia di quegli atti endoprocedimentali (quali, ad esempio, pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta) decorre dalla loro espressione (un momento, dunque, precedente la conclusione della conferenza).

La relazione illustrativa al provvedimento rammenta alcuni casi (ad esempio la conferenza di servizi per l’ottenimento dell’autorizzazione unica alla realizzazione di un’opera) in cui tra il rilascio dei singoli atti di assenso e l’autorizzazione finale intercorrono anche anni, evidenziando come ciò comporti che quando il proponente sia messo nella condizioni di poter iniziare i lavori, i termini di validità dei singoli atti endoprocedimentali si siano già notevolmente ridotti.

In secondo luogo, la disposizione – alla lettera b) – esplicita la natura di atto di alta amministrazione della deliberazione del Consiglio dei ministri, a cui l’amministrazione procedente rimette la decisione finale nei casi di motivato dissenso all’interno delle conferenza di servizi.

Insieme – ed è modifica, questa, apportata dalla Camera dei deputati in sede di conversione – prescrive che la pronunzia del Consiglio dei ministri, qualora contrasti con il motivato dissenso, debba essere motivata.

La qualificazione della deliberazione del Consiglio dei ministri quale atto di alta amministrazione parrebbe conforme all’orientamento della giurisprudenza amministrativa, per la quale il meccanismo delineato all’articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990 è funzionale al superamento dell’arresto procedimentale conseguente al dissenso qualificato manifestato in conferenza di servizi, mediante il coinvolgimento di un altro e superiore livello di governo e con altre modalità procedimentali (Cons. Stato, VI, n. 3039 del 2012). La rimessione e la deliberazione sulla “questione” da parte del Consiglio dei ministri sintetizza cioè non un procedimento di riesame del dissenso qualificato, che resta comunque legittimamente espresso, ma un’eventuale e dominante riconsiderazione dei suoi effetti, che possono essere così impediti. In questo si realizza una manifestazione di potere governativo riferibile a quello sostitutivo ordinario e all’art. 120 Cost. (Cons. St., VI, sentenza n. 220 del 2013(95) ).

Il Consiglio dei ministri, infatti, si sostituisce completamente alle amministrazioni interessate, previa acquisizione delle loro posizioni, nel rispetto del principio di leale collaborazione. Al Consiglio dei ministri, pertanto, è conferito un ampio potere discrezionale “quale organo di ultima istanza in chiave semplificatoria svolgendo un apprezzamento che è di alta amministrazione, pur nel rispetto e nella valutazione di quanto espresso dalle amministrazioni interessate, con speciale riguardo alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico (Cons. St, VI, 12 giugno 2014, n. 2999(96) ). Valutazione di fronte alla quale si arresta il sindacato del giudice amministrativo, il quale non può entrare nel merito delle scelte dall’amministrazione se non per profili di palese illegittimità, contraddittorietà e irragionevolezza. (cfr. Cons. Stato, IV, 4 febbraio 2014, n. 505).

La conferenza dei servizi è una fattispecie dell’attività amministrativa, una modalità di organizzazione del procedimento amministrativo, intesa ad una valutazione comparativa di plurimi interessi, a fini di coordinamento di poteri e raccordi di competenze.

Essa è oggetto di specifica previsione – e delega – da parte del disegno di legge d’iniziativa governativa presentato in Senato, A.S. n. 1577: “Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (cfr. il suo articolo 2, nonché la relativa scheda di lettura del dossier del Servizio Studi n. 162).

Ed integralmente mutuate da quel disegno di legge A.S. n. 1577 sono le lettere b)-bis, b)ter e b)-quater, introdotte dalla Camera dei deputati entro il corpo di questo articolo e comma, in sede di conversione.

Le disposizioni recate da queste tre lettere sono dunque presenti nell’A.S. n. 1577, più precisamente nel suo articolo 5, relativo (come recita la sua rubrica) all’autotutela amministrativa – ossia quella fattispecie in cui l’amministrazione fa venir meno un precedente provvedimento unilateralmente e di propria iniziativa, al ricorrere delle condizioni previste.

La lettera b)-bis (identica all’articolo 5, lettera a) dell’unico comma – dell’A.S. n. 1577) circoscrive al pericolo di un danno artistico e culturale, ambientale, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, la condizione alla quale l’amministrazione possa procedere alla revoca e all’annullamento d’ufficio.

La lettera b)-ter (identica all’articolo 5, lettera b) dell’unico comma – dell’A.S. n. 1577) limita la revoca dei provvedimenti per mutamento della situazione ai soli casi non prevedibili al momento dell’adozione del provvedimento e, per i provvedimenti di autorizzazione e di sovvenzione, esclude la revoca per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

La lettera b)-quater (identica all’articolo 5, lettera c), numeri 1) e 3) dell’unico comma – dell’A.S. n. 1577) esclude che siano annullabili d’ufficio i provvedimenti ‘sostanzialmente legittimi’, vale a dire quelli il cui contenuto non sarebbe stato diverso, nonostante i vizi di procedimento o di forma o la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento (numero 1); mantiene ferme le responsabilità per l’adozione, e anche per il mancato annullamento, del provvedimento illegittimo (numero 2).

Non è invece ribadito altro contenuto del disegno di legge governativo di delega in materia di riorganizzazione della pubblica amministrazione (cfr. il numero 2 della citata lettera c) dell’articolo 5 dell’A.S. n. 1577, il quale limita a due anni il termine per l’annullabilità d’ufficio per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Più in dettaglio, le novelle alla legge 241 del 1990 recate dalle lettere b)-bis, b)-ter e b)-quater sopra ricordate, si configurano come segue:

  • per quanto concerne l’articolo 19, si aggiunge la “presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente” (fattispecie di cui al comma 4 dello stesso art. 19) quale condizione che circoscrive i casi per i quali (comma 3, secondo periodo, dell’art. 19) l’amministrazione può procedere – in via di autotutela – alla revoca (articolo 21-quinquies) e all’annullamento d’ufficio (articolo 21-nonies) di quanto conseguito dall’interessato a seguito di segnalazione certificata di inizio attività – SCIA.
  • per quanto concerne l’articolo 21-quinquies, si modificano le condizioni sotto cui l’amministrazione può revocare il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole (determinando la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti). La modifica riguarda la facoltà di revoca del provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge, di cui sono definite le condizioni di esercizio (art. 21-quinquies). In particolare, si prevede previsto che la revoca per mutamento della situazione di fatto sia possibile solo ove tale mutamento fosse “non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento” e, per quanto riguarda le ipotesi di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, è esclusa la revoca per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

La revoca è attualmente possibile in caso di mutamento della situazione, ma la proposta in esame richiede anche che tale mutamento sia non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento.

Il requisito della non prevedibilità potrebbe ritenersi di incidenza assai ampia, se si valuti la (im)prevedibilità come nozione di non agevole accertamento (diversamente da nozioni prossime come la conoscibilità).

Inoltre, la revoca è possibile in caso di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, ma la proposta in esame esclude tale fattispecie di revoca per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Dal punto di vista fattuale è probabile che l’autotutela sia spesso esercitata dall’amministrazione proprio a fronte di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. I provvedimenti di riduzione della sfera giuridica dell’interessato saranno più probabilmente annullati in via contenziosa.

L’ampiezza del limite imposto alla P.A. dipenderà ragionevolmente da quanto ampio sarà il riconoscimento del valore “economico” del vantaggio, se quantizzato o quantizzabile.

  • per quanto concerne l’articolo 21-nonies sull’annullamento d’ufficio, la lettera c), premesso che l’intatto art. 21-octiesdisciplina l’annullabilità del provvedimento in generale:
  • si esclude che siano annullabili d’ufficio i provvedimenti “sostanzialmente legittimi”, vale a dire quelli il cui contenuto non sarebbe stato diverso, nonostante i vizi di procedimento o di forma o la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. In altri termini: si escludono dalla possibilità di procedere ad annullamento d’ufficio (previsto, a determinate condizioni, per i provvedimenti amministrativi illegittimi, secondo le previsioni dell’articolo 21-octies della legge n. 241/1990) i provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti. qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato nonché nei casi di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (art. 21-octies, comma 2).
  • si conferma le responsabilità per l’adozione, e anche per il mancato annullamento, del provvedimento illegittimo. La formulazione potrebbe ritenersi tale da costituire deterrente per il responsabile del provvedimento illegittimo, nonostante la sua non annullabilità dopo il termine previsto.

Cenni su: la conferenza di servizi nella legge n. 241

La conferenza di servizi è uno strumento attivabile dalle pubbliche amministrazioni quando siano coinvolti vari interessi pubblici in un procedimento amministrativo o in più procedimenti connessi riguardanti i medesimi risultati e attività amministrativa, suscettibile di produrre un’accelerazione dei tempi procedurali.

La disciplina dell’istituto è fissata dalla legge 241/1990(97) che prevede una disciplina generale (art. 14 e ss.) e una disciplina speciale per alcuni procedimenti di particolare complessità (art. 14-bis)(98) .

In basa alla disciplina vigente, quando risulti opportuno esaminare contestualmente più interessi pubblici ovvero sia necessario acquisire una pluralità di atti di intesa (concerti, nulla osta, pareri, etc.) l’amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi, le cui decisioni sostituiscono, a tutti gli effetti, ogni atto di tutte le amministrazioni partecipanti(99) .

La legge prevede due tipi di conferenza dei servizi:

  • conferenza istruttoria;
  • conferenza decisoria.

La conferenza istruttoria – altrimenti detta “interna” o “referente” – costituisce la fattispecie più generale: essa, infatti, può essere indetta di regola ogni qual volta sia opportuno un confronto tra più amministrazioni portatrici di interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (art. 14, co. 1). In questi casi, l’indizione della conferenza non è necessaria ai fini dell’adozione del provvedimento finale, ma può essere utile per consentire un confronto tra le amministrazioni portatrici di più interessi pubblici coinvolti nel procedimento. La conferenza è convocata dall’amministrazione responsabile del procedimento.

La conferenza su istanze o progetti preliminari (art. 14-bis), istituita dalla L. 340/2000, è un particolare tipo di conferenza “preliminare” convocata – su richiesta dell’interessato – per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo(100) .

La seconda e principale fattispecie è la conferenza decisoria, che interviene nei procedimenti che prevedono, per il loro perfezionamento, l’assenso, sotto forma di intesa, concerto, nulla osta, o comunque altrimenti denominato, di più amministrazioni. In questi casi l’amministrazione responsabile del procedimento è tenuta prima ad esperire la procedura normale richiedendo formalmente, al momento dell’avvio del procedimento, l’assenso alle altre amministrazioni interessate. Se questo non è ottenuto entro 30 giorni dalla richiesta (o si è verificato il dissenso di una amministrazione coinvolta) si procede con la convocazione della conferenza. L’indizione della conferenza non è però obbligatoria quando nel termine dei 30 giorni è intervenuto il dissenso di una o più amministrazione, nonché in tutti i casi in cui esistano espresse previsioni normative che consentano alla amministrazione procedente di prescinderne (art. 14, co. 2).

La legge definisce le procedure di convocazione della conferenza, dello svolgimento e della conclusione dei lavori (art. 14-ter).

Si ricorda, inoltre, che, in materia di conferenza di servizi, l’articolo 2 del disegno di legge di riforma della p.a., presentato dal Governo e attualmente all’esame del Senato (A.S. 1577) contiene una delega al Governo per razionalizzare e semplificare la relativa disciplina.

I lavori della conferenza, ai sensi della stessa l. n. 241 del 1990, devono procedere attraverso decisioni deliberate a maggioranza dei presenti (art. 14-ter, co. 1) e le amministrazioni dissenzienti devono dare un’adeguata motivazione al loro voto negativo. Più in particolare, il dissenso deve essere manifestato nella conferenza, non può riferirsi a questioni connesse, che non costituiscono oggetto della conferenza medesima, e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso (art. 14-quater, co. 1).

All’esito della conferenza, l’autorità procedente cui spetta l’iniziativa di indire la conferenza di servizi, assume la determinazione motivata conclusiva tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza (art. 14-ter,comma 6-bis)). Tale decisione finale sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla conferenza.

Tale procedura subisce una deroga nell’ipotesi in cui il motivato dissenso sia espresso da un amministrazione preposta alla tutela di un interesse qualificato, quale la tutela dell’ambiente, del paesaggio e del territorio, del patrimonio storico-artistico o la tutela della salute e della pubblica incolumità. In tal caso l’eventuale superamento del dissenso deve avvenire seguendo le specifiche vie procedimentali appositamente stabilite dall’art. 14-quater. In questi casi l’amministrazione procedente rimette la decisione al Consiglio dei ministri, che si pronuncia entro 60 giorni previa intesa – se necessario – con le regioni, le province autonome e gli enti locali(101) . Se l’intesa non è raggiunta, il procedimento può comunque andare avanti con una deliberazione del Consiglio dei Ministri nei successivi 30 giorni.


95) In tale pronuncia, il giudice amministrativo ha chiarito che ove la deliberazione del Consiglio dei Ministri contrasti, anche in parte, l’atto di dissenso qualificato, essa deve fondarsi su una motivazione evidentemente divergente rispetto a quella, che dia adeguato e congruo conto delle ragioni specifiche per cui gli elementi del giudizio di compatibilità assunti dall’amministrazione dissenziente vanno, in quel concreto caso, diversamente valutati. Tale valutazione non può disapplicare i parametri del giudizio tecnico, ma nemmeno si esaurisce in un giudizio tecnico com’è per l’atto di base, perché comporta – in ragione dell’organo costituzionale chiamato alla decisione e della sua funzione di massima sintesi amministrativa – l’adozione, in deroga a quel dissenso, di un apprezzamento che, è di alta amministrazione. Ove invece la deliberazione del Consiglio dei Ministri non contrasti l’atto di dissenso qualificato, non v’è ragione di una particolare esternazione di ragioni ulteriori di una decisione che, a sufficienza, intenda essere conforme a quel dissenso legittimamente espresso e che voglia lasciare permanere intatto negli effetti.

96) Nel caso di specie, il Consiglio dei ministri ha ritenuto di preminente interesse la realizzazione di un impianto eolico per l’economia del territorio interessato, nonostante il dissenso legittimamente espresso dalla Soprintendenza, fornendo idonea motivazione sul punto.

97) L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi

98) La disciplina è stata in seguito modificata più volte e parzialmente riformata dalla legge 127/1997 . Una completa riforma è stata operata dalla legge di semplificazione per il 1999, la legge 340/2000 (artt. 9-15) che ha novellato la legge 241/1990. Successivamente, modifiche di rilievo sono state apportate dalla legge 15/2005 (artt. 8-13), dalla legge 69/2009 (art. 9) e, da ultimo, dal D.L: 78/2010 (art. 49).

99) Al di fuori di questa ipotesi, le amministrazioni pubbliche possono comunque concludere tra loro accordi volti a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

100) L’obiettivo della conferenza preliminare è di verificare le condizioni alle quali potrebbe essere dato l’assenso sull’istanza o sul progetto definitivo stesso, in modo di eliminare, od almeno limitare, l’emersione di ostacoli amministrativi nelle fasi ulteriori della procedura. La conferenza, in tale sede, è tenuta a pronunciarsi entro un temine determinato (30 giorni). Tempi più lunghi sono previsti nel caso in cui sia richiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA). In ogni caso l’autorità competente alla VIA è tenuta ad esprimersi in tempi definiti, ed il suo intervento costituisce parte integrante della procedura di VIA che prosegue anche dopo la presentazione del progetto definitivo. Le indicazioni fornite dalle amministrazioni coinvolte nella conferenza preliminare, comprese quelle eventuali dell’autorità competente alla VIA, non possono essere modificate in assenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.

101) In caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, si richiede la previa intesa con la regione e le regioni e le province autonome interessate. Invece, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, si richiede l’intesa con la regione o gli enti locali interessati.

Articolo 25, commi 2-4

(Misure in materia di autorizzazione paesaggistica e verifica preventiva dell’interesse archeologico)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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2. All’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con il medesimo regolamento sono altresì individuate: 2. Identico.
a) le tipologie di interventi per i quali l’autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell’articolo 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia nell’ambito degli interventi di lieve entità già compresi nell’allegato 1 al suddetto regolamento di cui all’articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica;
b) le tipologie di intervento di lieve entità che possano essere regolate anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con specifico riguardo alle materie che coinvolgono competenze proprie delle autonomie territoriali.
3. All’articolo 146, comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, il primo e il secondo periodo sono soppressi e il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione.». 3. Identico.
4. Al fine di assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico di cui all’articolo 96 del decreto legislativo 14 aprile 2006, n. 163, le linee guida di cui al comma 6 del medesimo articolo sono stabilite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2014. 4. Al fine di assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico di cui all’articolo 96 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le linee guida di cui al comma 6 del medesimo articolo sono stabilite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2014.

Il comma 2 prevede l’introduzione nel regolamento di delegificazione (non ancora emanato) che dovrebbe modificare la disciplina sull’autorizzazione paesaggistica per interventi di lieve entità, delle seguenti tipologie di interventi:

  • quelli per cui è esclusa la richiesta di autorizzazione paesaggistica sia nell’ambito degli interventi di lieve entità sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica;
  • quelli di lieve entità regolati anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali.

Quanto sopra disposto viene introdotto dal comma 2 in esame all’articolo 12, comma 2, del D.L. n. 83 del 2014, che prevede l’emanazione, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, del suddetto regolamento di delegificazione, finalizzato a:

  • ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità contemplate dal D.P.R. 139/2010, con cui è stato disciplinato il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per tale tipologia di interventi;
  • operare ulteriori semplificazioni procedimentali (ferme, comunque, le esclusioni di cui agli artt. 19, co. 1, e 20, co. 4, della L. 241/1990).

Il D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139 è stato emanato in attuazione dell’ultimo periodo del co. 9 dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004, che ha previsto la definizione di “procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”.

Tali esclusioni riguardano l’inapplicabilità della SCIA – segnalazione certificata di inizio attività – nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali (art. 19, co. 1) e l’inapplicabilità del silenzio-assenso nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente (art. 20, co. 4).

L’emanazione del suddetto regolamento di delegificazione era prevista anche nella norma non attuata presente nell’art. 44, co. 1, del D.L. 5/2012.

Si segnala infine che nel maggio 2013 il Governo, dopo aver acquisito l’intesa in sede di Conferenza unificata ed il parere favorevole del Consiglio di Stato, aveva presentato alle Camere uno schema di regolamento modificativo del D.P.R. 139/2010 (Atto del Governo n. 10), ma tale atto non ha completato il proprio iter.

Il comma 3 interviene sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, sopprimendo le disposizioni (dettate dal primo e dal secondo periodo del co. 9 dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004) che consentivano all’amministrazione competente, in caso di mancata espressione del parere vincolante da parte del soprintendente entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, di poter indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipava o faceva pervenire il parere scritto, che doveva pronunciarsi entro 15 giorni.

Il nuovo testo ora prevede che, decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, I’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione.

Si ricorda che una norma identica era già stata introdotta all’art. 12, comma 1 lett. b) del D.L. 83/2014 e prima ancora all’art. 39, comma 1 lett. b) n. 3 del D.L. 69/2013, senza tuttavia essere convertita in legge.

In proposito, si evidenzia che già il testo previgente del terzo periodo del co 9 dell’art. 146, prevedeva una disposizione analoga a quella ora introdotta, per cui “in ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”. E conseguentemente la convocazione della conferenza di servizi si configurava come un eventuale sub-procedimento nell’ambito del rilascio dell’autorizzazione, sulla cui domanda l’amministrazione competente doveva provvedere in ogni caso decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente.

Si segnala che una recente pronuncia del TAR Puglia (sentenza 6 febbraio 2014, n. 321) ha affermato che il parere del soprintendente è da intendersi come “vincolante” solo se espresso entro il termine di 45 giorni dal ricevimento degli atti. Si tratta di una posizione che contrasta con quella sostenuta in precedenti occasioni dal Consiglio di Stato (in particolare con la sentenza n. 4914/2013) e ribadita dal TAR Lazio (sentenza n. 5278/2014, depositata il 20 maggio 2014). Secondo il Consiglio di Stato “nel caso di mancato rispetto del termine fissato dall’art. 146, comma 5 … il potere della Soprintendenza continua a sussistere (tanto che un suo parere tardivo resta comunque disciplinato dal richiamato comma 5 e mantiene la sua natura vincolante), ma l’interessato può proporre ricorso al giudice amministrativo, per contestare l’illegittimo silenzio-inadempimento dell’organo statale: la perentorietà del termine riguarda non la sussistenza del potere o la legittimità del parere, ma l’obbligo di concludere la fase del procedimento (obbligo che, se rimasto inadempiuto, può essere dichiarato sussistente dal giudice, con le relative conseguenze sulle spese del giudizio derivato dall’inerzia del funzionario)”.

Il comma 4 stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 sia emanato il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, recante le linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, previsto dall’articolo 96, comma 6 del D.Lgs 163 del 2006.

La disciplina di verifica preventiva dell’interesse archeologico

Le tipologie di lavori

Le Procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, disciplinate ai sensi degli artt. 95 e 96 del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), si applicano alle seguenti tipologie di lavori:

  • Contratti relativi ai Settori ordinari sopra e sotto soglia comunitaria (Parte II, Titolo I e II);
  • Concessioni di lavori pubblici (Parte II, Titolo III, Capo II);
  • Infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi (Parte II, Titolo III, Capo IV);
  • Contratti nel settore della difesa (Parte II, Titolo IV, Capo I);
  • Contratti relativi ai Beni Culturali (Parte II, Titolo IV, Capo II);
  • Contratti relativi ai Settori speciali, sopra soglia comunitaria (Parte III, Titolo I).

Le fasi delle procedure previste negli articoli 95 e 96

La prima fase (cosiddetta fase preliminare) coincide con la progettazione preliminare delle opere (art. 95) e verifica l’applicabilità o meno della procedura vera e propria di verifica preventiva disciplinata dall’art. 96.

La seconda fase è articolata in due momenti (art. 96, comma 1, lettere a) e b)), che costituiscono: il livello di approfondimento della progettazione preliminare e il livello di approfondimento per i successivi stadi di progettazione definitiva ed esecutiva.

La procedura prevista dall’art. 96, comma 2, si conclude con la relazione finale o cosiddetta relazione archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente che contiene una descrizione analitica delle indagini eseguite e detta le eventuali prescrizioni a seconda della rilevanza archeologica del sito.

Articolo 26

(Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. L’accordo di programma di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, avente ad oggetto il recupero di immobili non utilizzati del patrimonio immobiliare pubblico, costituisce variante urbanistica. Allo scopo di individuare i contenuti dell’accordo di programma, il Comune presenta un proprio progetto di recupero dell’immobile anche attraverso il cambio di destinazione d’uso al Ministero titolare del bene che è tenuto a valutarlo salvo opponga diversa ipotesi di utilizzo finanziata o in corso di finanziamento. La variante urbanistica costituisce titolo per l’Agenzia del demanio all’alienazione, alla concessione o alla costituzione del diritto di superficie sull’immobile interessato. 1. In considerazione dell’eccezionalità della situazione economico-finanziaria del Paese, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria nazionale anche ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione e di promuovere iniziative di valorizzazione del patrimonio pubblico volte allo sviluppo economico e sociale, l’accordo di programma di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, avente ad oggetto il recupero di immobili non utilizzati del patrimonio immobiliare pubblico, costituisce variante urbanistica. Allo scopo di individuare i contenuti dell’accordo di programma, il Comune, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, presenta una proposta di recupero dell’immobile anche attraverso il cambio di destinazione d’uso all’Agenzia del demanio, che è tenuta a valutarla, entro trenta giorni dalla ricezione della stessa, salvo opponga diversa ipotesi di utilizzo finanziata o in corso di finanziamento, di valorizzazione o di alienazione.
1-bis. Hanno priorità di valutazione i progetti di recupero di immobili a fini di edilizia residenziale pubblica, da destinare a nuclei familiari utilmente collocati nelle graduatorie comunali per l’accesso ad alloggi di edilizia economica e popolare e a nuclei sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole, nonché gli immobili da destinare ad autorecupero, affidati a cooperative composte esclusivamente da soggetti aventi i requisiti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica. I progetti aventi scopi differenti sono valutati, in sede di accordo di programma, in relazione agli interventi di cui al periodo precedente, finalizzati alla riduzione del disagio abitativo, ovvero alla dimostrazione che non sussistano le necessità o le condizioni per tali progetti.
2. Per gli immobili della Difesa, il Ministero della difesa provvede a individuare, ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, quelli da destinare alle medesime finalità di cui al comma 1. L’Agenzia del demanio e il Ministero della difesa effettuano la prima individuazione degli immobili entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono esclusi dall’applicazione della presente disposizione gli immobili per i quali è stata accolta la domanda di trasferimento di cui all’articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché quelli per i quali è in corso la richiesta di riesame, per i quali si continua ad applicare la disciplina ivi prevista fino al trasferimento del bene all’ente richiedente ovvero alla sua rinuncia. 2. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia del demanio, nonché il Ministero della difesa, quando le operazioni di cui al presente articolo comprendono immobili in uso a quest’ultimo Dicastero e non più utili alle sue finalità istituzionali, effettuano la prima individuazione degli immobili entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il provvedimento di individuazione degli immobili dell’Amministrazione della difesa non più utilizzati è comunicato alle competenti Commissioni parlamentari. Sono esclusi dall’applicazione della presente disposizione gli immobili per i quali è stata accolta la domanda di trasferimento di cui all’articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché quelli per i quali è in corso la richiesta di riesame, per i quali si continua ad applicare la disciplina ivi prevista fino al trasferimento del bene all’ente richiedente ovvero alla sua rinuncia.
3. Entro 30 giorni dalla adozione dei provvedimenti di individuazione di cui al comma 2, l’Agenzia del demanio e il Ministero della difesa possono proporre all’amministrazione comunale, un progetto di recupero dell’immobile a diversa destinazione urbanistica, anche previa pubblicazione di un avviso di ricerca di mercato per sollecitare la presentazione del progetto da parte di privati. 3. Entro 30 giorni dalla adozione dei provvedimenti di individuazione di cui al comma 2, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero della difesalimitatamente agli immobili in uso al medesimo e non più utili alle sue finalità istituzionali di cui al comma 2, può proporre all’amministrazione comunale una proposta di recupero dell’immobile a diversa destinazione urbanistica, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni, anche previa pubblicazione di un avviso di ricerca di mercato per sollecitare la presentazione della proposta da parte di privati.
4. L’accordo di programma avente ad oggetto il progetto di cui ai commi precedenti, sottoscritto dall’amministrazione comunale interessata, d’intesa con l’Agenzia del demanio ovvero con il Ministero della difesa, costituisce variante di destinazione d’uso ai sensi del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267 da concludere entro 90 giorni dal ricevimento della citata proposta. Entro 30 giorni dalla sua conclusione l’accordo è ratificato con deliberazione del Consiglio comunale. 4. L’accordo di programma avente ad oggetto la proposta di cui ai commi precedenti, sottoscritto dall’amministrazione comunale interessata, d’intesa con l’Agenzia del demanio e con il Ministero della difesa limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili alle sue finalità istituzionali di cui al comma 2, costituisce variante di destinazione d’uso ai sensi del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267 da concludere entro 90 giorni dal ricevimento della citata proposta. Entro 30 giorni dalla sua conclusione l’accordo è ratificato con deliberazione del Consiglio comunale.
5. Le Regioni, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, adottano le misure necessarie a garantire, in base ai princìpi di proporzionalità, adeguatezza, efficacia ed efficienza dell’azione della pubblica amministrazione, nonché per l’applicazione omogenea sul territorio nazionale del presente articolo, le occorrenti semplificazioni documentali e procedimentali, relative anche alla pubblicazione degli atti, per l’approvazione delle varianti urbanistiche e per l’eventuale variazione di strumenti di pianificazione sovraordinati, discendenti dagli accordi di programma di cui al comma 4. 5. Identico.
6. Approvata la variante urbanistica, l’Agenzia del demanio, ovvero il Ministero della difesa procedono, secondo le norme vigenti, all’alienazione, alla concessione e alla costituzione del diritto di superficie degli immobili. 6. Approvata la variante urbanistica, l’Agenzia del demanio, e il Ministero della difesa limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili alle sue finalità istituzionali di cui al comma 2, procedono, secondo le norme vigenti, all’alienazione, alla concessione e alla costituzione del diritto di superficie degli immobili.
7. Qualora non sia data attuazione all’accordo di programma, di cui ai commi 1 e 4, nel termine di 90 giorni dalla sua conclusione, il Ministro competente può proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri di nominare, previa diffida, un commissario ad acta che provvede alle procedure necessarie per la variante urbanistica. Nel caso di nomina del commissarioad acta non si applicano le disposizioni di cui al comma 8. 7. Qualora non sia data attuazione all’accordo di programma, di cui ai commi 1 e 4, nel termine di 90 giorni dalla sua conclusione, il Ministro competente può proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri di nominare, previa diffida, un commissario ad acta che provvede alle procedure necessarie per la variante urbanistica, ferme restando le volumetrie e le superfici esistenti. Nel caso di nomina del commissario ad acta non si applicano le disposizioni di cui al comma 8. Al Commissario di cui al periodo precedente non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati.
8. A seguito della valorizzazione o alienazione degli immobili la cui destinazione d’uso sia stata modificata anche ai sensi del presente articolo, è attribuita agli enti territoriali che hanno contribuito, nei limiti delle loro rispettive competenze, alla conclusione del procedimento, una quota parte dei proventi, secondo modalità determinate con decreto del Ministro della difesa, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. 8. A seguito della valorizzazione o alienazione degli immobili la cui destinazione d’uso sia stata modificata anche ai sensi del presente articolo, è attribuita agli enti territoriali che hanno contribuito, nei limiti delle loro rispettive competenze, alla conclusione del procedimento, una quota parte dei proventi, secondo modalità determinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare, limitatamente agli immobili dell’Amministrazione della difesa, di concerto con il Ministro della difesa.
8-bis. Il comma 12 dell’articolo 3-ter del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, è abrogato».

L’articolo 26 reca una serie di disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati che si fondano sulla necessaria preventiva assegnazione o modifica della destinazione urbanistica, ciò al fine di contribuire alla stabilità finanziaria nazionale anche ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione(pareggio di bilancio) e di promuovere iniziative di valorizzazione del patrimonio pubblico volte allo sviluppo economico e sociale.

In particolare, il comma 1 riconosce all’accordo di programma avente ad oggetto il recupero di immobili pubblici non utilizzati, sottoscritto tra le amministrazioni interessate, il valore di variante urbanistica.

L’accordo di programma, disciplinato dall’articolo 34 del Testo unico degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000), consente la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di diversi livelli di governo, locale e centrale. Tale accordo è volto ad assicurare il coordinamento delle azioni e la determinazione dei tempi, delle modalità, del finanziamento e di ogni altro connesso adempimento.

La norma attribuisce al Comune il compito di presentare una proposta di recupero dell’immobile pubblico non utilizzato, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso. L’Agenzia del Demanio è tenuta a valutare la proposta del Comune entro 30 giorni e può proporre una diversa ipotesi di utilizzo, nel caso in cui sia già stata finanziata o sia in corso di finanziamento, di valorizzazione o di alienazione.

A seguito di un emendamento approvato dalla Camera, al comma 1 e al comma 3 viene specificato che, per gli insediamenti commerciali, sono fatte salve le disposizioni sulla liberalizzazione degli esercizi commerciali (di cui all’articolo 31, comma 2, del D.L. n. 201/2011). Le disposizioni richiamate prevedono la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le medesime disposizioni prevedono che le Regioni e gli enti locali adeguano ai principi della liberalizzazione i propri ordinamenti, potendo prevedere anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni, solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.

Al riguardo, potrebbe ritenersi non chiara la ratio del richiamo alle norme sulla liberalizzazione degli esercizi commerciali nell’ambito della disciplina della valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati.

Nel caso in cui la disposizione si riferisca agli immobili dismessi successivamente destinati ad insediamenti commerciali, il richiamo alle disposizioni sulla liberalizzazione di cui all’articolo 31 comma 2, del D.L. n. 201/2011, potrebbe essere considerato superfluo.

Il comma 1-bis, introdotto durante l’esame in sede referente presso la Camera, attribuisce, nell’ambito delle misure dettate dall’articolo in esame per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati, priorità di valutazioneai:

  • progetti di recupero di immobili a fini di edilizia residenziale pubblica (ERP), da destinare a nuclei familiari utilmente collocati nelle graduatorie comunali per l’accesso ad alloggi di edilizia economica e popolare e a nuclei sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole;
  • nonché agli immobili da destinare ad autorecupero, affidati a cooperative composte esclusivamente da soggetti aventi i requisiti per l’accesso all’ERP.

I progetti aventi scopi differenti sono valutati, in sede di accordo di programma, in relazione:

  • agli interventi di cui ai punti sopra elencati, finalizzati alla riduzione del disagio abitativo;
  • o alla dimostrazione che non sussistano le necessità o le condizioni per tali progetti.

In materia di dismissioni di immobili pubblici, si ricorda che nel corso degli ultimi anni è stata implementata una complessa normativa per la valorizzazione e la dismissione degli stessi, finalizzata principalmente alla riduzione del debito pubblico.

In particolare è stata prevista l’istituzione di fondi immobiliari chiusi gestiti da una Società di Gestione del Risparmio interamente pubblica (Invimit). Con l’articolo 33 del D.L. n. 98 del 2011 (successivamente modificato) è stata disciplinata la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 marzo 2013 è stata istituita la Invimit SGR (Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio S.p.A.) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (“fondi di fondi”). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico la Invimit SGR può istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (“fondi diretti”). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. “fondi difesa” ).

L’articolo 33-bis del D.L. n. 98 del 2011 prevede ulteriori strumenti per la gestione degli immobili pubblici, quali società, consorzi o fondi immobiliari, promossi e partecipati dall’Agenzia del demanio. Tali iniziative sono volte alla valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico, non solo di proprietà dello Stato e degli enti vigilati, ma soprattutto degli enti territoriali. Alle società promosse dall’Agenzia del demanio per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico si applica il trattamento fiscale previsto per le Società di investimento immobiliare quotate. Il nuovo articolo 33-ter del D.L. n. 98 del 2011 (inserito dall’articolo 3 del D.L. n. 133 del 2013) prevede che i fondi immobiliari gestiti dalla Invimit SGR, finalizzati alla valorizzazione e alla dismissione degli immobili pubblici, operano sul mercato in regime di libera concorrenza.

Nell’ambito del processo di valorizzazione del territorio, si ricorda la disciplina per la formazione di programmi unitari di valorizzazione territoriale per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà di Regioni, Provincie e comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione ai sensi del decreto legislativo sul federalismo demaniale (articolo 3-terdel D.L. n. 351/2001, introdotto dal D.L. n. 201 del 2011).

I successivi commi dell’articolo 26 (2-8) dettano, poi, specifiche disposizioni riguardanti la semplificazione dei procedimenti di valorizzazione degli immobili attualmente in uso della Difesa, con riguardo alla definizione di tempi certi di conclusione del procedimento di dismissione e valorizzazione.

Al riguardo, si ricorda che il patrimonio immobiliare del Ministero della Difesa comprende una vastissima tipologia di siti ed infrastrutture, sparsi su tutto il territorio nazionale, quali depositi, caserme, forti e arsenali, molti dei quali risalgono al periodo del secondo conflitto mondiale e, spesso, anche ad epoche precedenti. A partire dal 1997, è iniziata una politica di dismissioni dei beni immobili del Paese, compresi i beni militari, finalizzata ad un migliore uso e ad una gestione più produttiva del patrimonio demaniale, alla valorizzazione e rifunzionalizzazione degli insediamenti e al conseguente recupero di risorse finanziarie non adeguatamente sfruttate. Le norme che disciplinano la materia sono attualmente contenute negli articoli 307 e seguenti del Codice dell’ordinamento militare di cui al D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 . Ai sensi dell’articolo 307, il Ministero della difesa, sentita l’Agenzia del demanio, adotta un programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso, in coerenza con il processo di pianificazione territoriale e urbanistica previsto dalla legislazione nazionale e regionale, allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente funzionali per migliorare l’efficienza dei servizi assolti, e individua, con le stesse modalità indicate nel primo periodo, immobili non più utilizzati per finalità istituzionali, da consegnare all’Agenzia del demanio ad avvenuto completamento delle procedure di riallocazione. Gli immobili consegnati entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione ovvero alla vendita a trattativa privata anche in blocco.

Il comma 2 prevede che il Ministero dell’Economia e delle finanze e l’Agenzia del demanio, nonché il Ministero della difesa per gli immobili ad esso in uso e non più utili, individuino entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, gli immobili da avviare alle procedure di valorizzazione, precisando che devono essere esclusi quelli per i quali sono in corso le procedure di attribuzione agli enti territoriali e alle regioni, ai sensi dell’articolo 56-bis del D.L. n. 69/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013.

L’articolo 56-bis del D.L. n. 69/2013 è intervenuto in merito al c.d. “federalismo demaniale”, di cui al decreto legislativo n. 185 del 2010, relativamente al trasferimento, a titolo non oneroso, agli enti territoriali di taluni beni dello Stato, mobili e immobili, che non fossero espressamente esclusi dal trasferimento dal decreto legislativo stesso, individuando una diversa procedura.

A seguito di un emendamento approvato dalla Camera, al comma 2 viene specificato che provvedimento di individuazione degli immobili della Difesa non più utilizzati è comunicato alle competenti Commissioni parlamentari.

Ai commi successivi si prevede che:

  1. entro 30 giorni dalla individuazione degli immobili non più utili ai fini istituzionali, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero della Difesa, limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili, presenti ai Comuni una proposta di recupero degli immobili a diversa destinazione urbanistica -fatte salve le disposizioni sulla liberalizzazione degli esercizi commerciali di cui all’articolo 31, comma 2, del D.L. n. 201/2011-, anche sulla base di un progetto presentato da privati a seguito di ricerca di mercato (comma 3);
  2. sulla base della proposta avanzata dall’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero della Difesa limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili, sono avviate le procedure dirette alla sottoscrizione di un accordo di programma da concludersi entro 90 giorni. L’accordo costituisce variante urbanistica da ratificare, da parte del Comune, entro i successivi 30 giorni (comma 4);
  3. l’Agenzia del demanio ed il Ministero della Difesa, limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili, una volta terminate le procedure relative alla variante urbanistica proposta, avviano le attività dirette alla alienazione, concessione e costituzione di diritti di superficie, secondo quanto previsto dalla normativa vigente (comma 6);
  4. qualora entro 90 giorni dalla conclusione dell’accordo di programma non si pervenga all’assegnazione delle destinazioni d’uso e delle modalità di recupero o trasformazione degli immobili, è facoltà del Ministro competente, rispettivamente dell’Economia e delle finanze e della Difesa, di proporre al Presidente del Consiglio dei ministri di nominare, previa diffida, un commissario ad acta, il quale -come specificato a seguito di emendamenti approvati dalla Camera– non può procedere a variazioni delle volumetrie e delle superfici esistenti e non percepisce gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati (comma 7).
  5. È demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro della difesa limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili, la definizione di termini e modalità per il riconoscimento agli enti territoriali che hanno contribuito di una quota parte dei proventi derivanti dalle valorizzazioni o alienazioni degli immobili le cui destinazioni d’uso siano state modificate ai sensi delle disposizioni dei commi da 2 a 7 del presente articolo (comma 8).

Il comma 5 reca una disposizione di carattere programmatico, nel prevedere che le regioni – entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge – adottino le misure necessarie a garantire le opportune semplificazioni documentali e procedimentali, secondo princìpi di proporzionalità, adeguatezza, efficacia ed efficienza dell’azione della pubblica amministrazione, necessarie a rendere l’intero procedimento maggiormente rispondente alle esigenze di celerità e certezza dei tempi.

Il comma 8-bis, introdotto durante l’esame in sede referente presso la Camera, provvede ad abrogare il comma 12 dell’articolo 3-ter del D.L . n. 351 del 2001, in quanto tali disposizioni, relative alle procedure di valorizzazione degli immobili della Difesa, sono superate per effetto dell’entrata in vigore dell’articolo 26 in esame.

Il richiamato comma 12 prevede attualmente che il Ministro della Difesa provveda, previa intesa con il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Provincia, nonché con gli organi di governo dei Comuni, alla individuazione delle ipotesi di destinazioni d’uso da attribuire agli immobili, in coerenza con quanto previsto dagli strumenti territoriali e urbanistici. Qualora tali strumenti debbano essere oggetto di riconformazione, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Provincia promuovono un accordo di programma (ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) anche ai sensi della relativa legislazione regionale.

Articolo 27

(Misure urgenti in materia di patrimonio dell’INAIL)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto vengono individuate le opere di pubblica utilità da finanziare, in via d’urgenza, prioritariamente tra quelle in avanzato stato di realizzazione, nell’ambito degli investimenti immobiliari dell’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), di cui all’articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive modificazioni. 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto vengono individuate le opere di pubblica utilità da finanziare, in via d’urgenza, prioritariamente tra quelle in avanzato stato di realizzazione e in particolare per la bonifica dell’amianto, la messa in sicurezza e l’incremento dell’efficienza energetica di scuole, asili nido, strutture socio-sanitarie, edilizia residenziale pubblica, nell’ambito degli investimenti immobiliari dell’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), di cui all’articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive modificazioni.
2. Per le finalità di cui al comma 1, l’INAIL, fatti salvi gli investimenti immobiliari già programmati, utilizza le risorse autorizzate di cui al piano triennale degli investimenti immobiliari 2014-2016 previsto dal decreto del ministro dell’economia e delle finanze 10 novembre 2010, emanato in attuazione dell’articolo 8, comma 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e pubblicato nella gazzetta ufficiale 17 gennaio 2011, n. 12. 2. Identico.

L’articolo 27 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su

proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, l’individuazione delle opere di pubblica utilità da finanziare, in via d’urgenza, prioritariamente tra quelle in avanzato stato di realizzazione, nell’àmbito degli investimenti immobiliari dell’INAIL. Con una modifica inserita dalla Camera si fa particolare riferimento agli interventi per la bonifica dell’amianto e per la messa in sicurezza e l’incremento dell’efficienza energetica di scuole, asili nido, strutture socio-sanitarie, edilizia residenziale pubblica.

Il comma 2 specifica che, ai fini in oggetto, l’INAIL (fatti salvi gli investimenti immobiliari già programmati) impiega le risorse autorizzate di cui al piano triennale degli investimenti immobiliari per il triennio 2014-2016 (adottato ai sensi deldecreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 10 novembre 2010(102) ). Si ricorda che tale piano è stato definito, da ultimo, con la determinazione del Presidente dell’Istituto n. 173 del 25 giugno 2014 (con allegata Tabella), approvata dal Consiglio di indirizzo e vigilanza con delibera n. 12 del 7 ottobre 2014.

Sulla base di quanto disposto dall’art. 65 della L. n. 153 del 1969, gli enti pubblici e le persone giuridiche private che gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale sono tenuti a compilare annualmente un piano di impiego dei fondi disponibili, ossia delle somme eccedenti la normale liquidità di gestione, soggetto all’approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con l’attuale Ministero dell’economia e delle finanze). La percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40 per cento e non può essere inferiore al 20 per cento di tali somme(103) .


102) Tale decreto disciplina – ai sensi dell’art. 8, comma 15, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 – le operazioni di acquisto e vendita di immobili, nonché le operazioni di impiego delle somme rivenienti dall’alienazione degli immobili o delle quote di fondi immobiliari, da parte degli enti, pubblici e privati, che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza.

103) Le suddette percentuali possono essere variate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Articolo 28, commi 1 e 2

(Contribuzione previdenziale del personale navigante dell’aviazione civile e relativa norma di copertura finanziaria)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Per gli anni 2015, 2016 e 2017 le indennità di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo non concorrono alla formazione del reddito ai fini contributivi. Le medesime indennità di cui al periodo precedente concorrono alla determinazione della retribuzione pensionabile nella misura del 50 per cento del loro ammontare. 1. Identico.
2. Agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 28 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, si provvede, quanto a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250 come determinata dalla Tabella C allegata alla legge 27 dicembre 2013, n. 147, quanto a 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 11-decies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, quanto a 8 milioni di euro per l’anno 2015 e 4 milioni di euro per l’anno 2016 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, quanto a 4 milioni di euro per l’anno 2016 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 616 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con riferimento al fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quanto a 8 milioni di euro per l’anno 2017 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista di cui all’articolo 2, comma 3 del Decreto legge 28 dicembre 1998, n. 451 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, e successive modificazioni. 2. Identico.

Il comma 1 dell’articolo 28, per il triennio 2015-2017, esclude per intero, anziché nella misura del 50%, dalla base imponibile ai fini della contribuzione previdenziale le indennità di volo del personale navigante dell’aviazione civile, previste dalla legge o dal contratto collettivo(104) , confermando l’inclusione delle stesse indennità, nella misura già vigente del 50%, nel computo della base di calcolo del trattamento pensionistico.

La norma transitoria in esame è identica a quella posta per il 2014 dall’art. 13, comma 19, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9. Riguardo, invece, alla normativa a regime, si ricorda che l’inclusione delle indennità in esame nella sola misura del 50%, nella base imponibile contributiva ed in quella di calcolo del trattamento pensionistico, deriva – come ricorda la circolare INPS n. 48 del 2 aprile 2014 – dal combinato disposto della relativa disciplina fiscale(105) , secondo cui tali indennità rientrano nella base imponibile IRPEF nella misura del 50%, e del principio di unificazione delle basi imponibili fiscale e previdenziale(106) .

Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla norma transitoria di cui al comma 1, quantificati in 28 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, attraverso una riduzione:

  • di 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 dell’autorizzazione di spesa prevista per l’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile);
  • di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 dell’autorizzazione di spesa prevista per l’incremento della competitività del sistema aeroportuale;
  • di 8 milioni di euro per il 2015 e 4 milioni di euro per il 2016 dell’autorizzazione di spesa prevista per il Fondo per interventi strutturali di politica economica;
  • di 4 milioni di euro per il 2016 del Fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dall’art. 2, commi da 615 a 617, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (che ha istituito un Fondo presso il rispettivo Dicastero, in seguito all’introduzione del divieto di iscrizione negli stati di previsione dei Ministeri di alcune somme versate all’entrata del bilancio dello Stato);
  • di 8 milioni di euro per il 2017 dell’autorizzazione di spesa riconosciuta per il comitato centrale per l’albo degli autotrasportatori.


104) La circolare INPS n. 48 del 2 aprile 2014 ricorda che “stante la mancanza nel settore del trasporto aereo privato di contratti collettivi nazionali di lavoro, la concreta determinazione degli importi spettanti a titolo di indennità di volo alle varie tipologie del personale aeronavigante, è demandata ai singoli contratti collettivi aziendali”.

105) Di cui all’art. 51, comma 6, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

106) Di cui al D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314.

Articolo 28, commi 3, 8 e 8-bis

(Misure urgenti per migliorare la funzionalità aeroportuale)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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3. Al comma 4 dell’articolo 5 della legge 5 maggio 1976, n. 324, è aggiunto, infine, il seguente periodo: «Tale diritto non è dovuto per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che, di base in un determinato aeroporto, devono raggiungere un altro aeroporto per prendere servizio (crew must go), sia per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che hanno terminato il servizio in un determinato aeroporto e che devono tornare in un altro aeroporto, assegnato dalla compagnia di appartenenza quale propria base operativa (crew returning to base), purché in possesso di attestazione rilasciata dalla propria compagnia aerea che certifichi che il viaggio è effettuato per motivi di servizio». 3. Al quarto comma dell’articolo 5 della legge 5 maggio 1976, n. 324, è aggiunto, infine, il seguente periodo: «Tale diritto non è dovuto per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che, avendo baseoperativa in un determinato aeroporto, devono raggiungere un altro aeroporto per prendere servizio (crew must go), sia per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che hanno terminato il servizio in un determinato aeroporto e che devono tornare in un altro aeroporto, assegnato dalla compagnia di appartenenza quale propria base operativa (crew returning to base), purché in possesso di attestazione rilasciata dalla propria compagnia aerea che certifichi che il viaggio è effettuato per motivi di servizio».
(…) (…)
8. Al Codice della navigazione, approvato con Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, sono apportate le seguenti modificazioni: 8. Identico:
a) all’articolo 691-bis, quarto comma, primo periodo, sopprimere le parole: «se del caso» e, dopo le parole «del Ministero della difesa», aggiungere le seguenti: «anche al fine di garantire un livello di sicurezza della fornitura dei servizi di navigazione aerea equivalente ai livelli previsti dalla normativa europea»; a) all’articolo 691-bis, quarto comma, primo periodo, sopprimere le parole: «, se del caso, » e, dopo le parole «del Ministero della difesa», aggiungere le seguenti: «anche al fine di garantire un livello di sicurezza della fornitura dei servizi di navigazione aerea equivalente ai livelli previsti dalla normativa europea»;
b) dopo l’articolo 733, è inserito il seguente: b) identica.
«Art. 733-bis. – (Funzioni del personale addetto al comando alla guida e al pilotaggio di aeromobili e del personale addetto alla fornitura dei servizi di navigazione aerea per il traffico aereo generale). I compiti, le attribuzioni e le relative procedure operative del personale di volo di cui all’articolo 732, primo comma, lettera a), nonché del personale non di volo di cui all’articolo 733, primo comma, lettera a), e del personale militare quando fornisce il servizio di navigazione aerea per il traffico aereo generale, sono disciplinati dalla normativa europea, nonché dalla normativa tecnica nazionale adottata dall’ENAC ai sensi degli articoli 687, primo comma, e 690, primo e secondo comma, nonché dai manuali operativi dei fornitori di servizi della navigazione aerea, dell’Aeronautica Militare e degli operatori aerei.».
8-bis. Al fine di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali e dei collegamenti internazionali occorrenti allo sviluppo del sistema produttivo e sociale delle aree interessate, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, promuove la definizione di nuovi accordi bilaterali del trasporto aereo o la modifica di quelli vigenti. Nelle more del perfezionamento dei nuovi accordi bilaterali o della modifica di quelli vigenti, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, al fine di garantire la massima accessibilità internazionale e intercontinentale diretta, rilascia, nel rispetto delle norme europee e previo nulla osta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai vettori che ne fanno richiesta autorizzazioni temporanee, incluse le autorizzazioni per le quinte libertà relative a voli per trasporto di passeggeri e di merci, la cui validità non può essere inferiore a diciotto mesi, eventualmente rinnovabili nelle more del perfezionamento dei relativi accordi bilaterali.

Il comma 3 estende il regime di esenzione dal diritto di imbarco al personale di volo degli aeromobili per ragioni di servizio. Viene in particolare modificato l’articolo 5 della legge 324/1976(107) che prevede, in generale, la corresponsione di un diritto di imbarco per i passeggeri sui voli nazionali e internazionali. Il contributo è dovuto direttamente dal vettore che se ne rivale nei confronti del passeggero. Attualmente è prevista l’esenzione per i bambini fino a due anni, e la riduzione a metà per i bambini fino a dodici anni.

Il comma 3 introduce l’esenzione dal diritto di imbarco per il personale di volo che viaggia per motivi di servizio, nei seguenti casi:

  • per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che, di base in un determinato aeroporto, devono raggiungere un altro aeroporto per prendere servizio (crew must go);
  • per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che hanno terminato il servizio in un determinato aeroporto e che devono tornare in un altro aeroporto, assegnato dalla compagnia di appartenenza quale propria base operativa (crew returning to base), purché in possesso di attestazione rilasciata dalla propria compagnia aerea che certifichi che il viaggio è effettuato per motivi di servizio.

In materia di diritti di imbarco si ricorda che l’articolo 2, comma 11, della legge finanziaria 2004 (350/2003) ha istituito, inizialmente per il solo anno 2004, l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili, nella misura di 1 euro e successivamente resa permanente dall’articolo 7-quater del decreto-legge 80/2004(108) . L’addizionale ammontava fino al 2012, a livello nazionale, a 4,5 euro per passeggero. Successivamente, l’art. 4, comma 75 della legge legge 92/2012(109) ha previsto, a decorrere dal 1° luglio 2013, un ulteriore incremento di 2 euro a passeggero della misura di base dell’addizionale sui diritti di imbarco, che è passata così a 6,5 euro a livello nazionale.

Il decreto-legge 145/2013(110) ( commi da 16 a 18 dell’art. 13) ha modificato le addizionali comunali sui diritti aeroportuali dovuti dai passeggeri disponendo l’esenzione dall’addizionale comunale per i passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici e l’esenzione dall’addizionale commissariale per Roma Capitale (pari ad 1 €) per i passeggeri in transito negli aeroporti di Roma Fiumicino e di Roma Ciampino aventi origine e destinazione nazionale, disponendo altresì che l’addizionale continui invece ad applicarsi per tutti gli altri voli originati o in transito a Roma Fiumicino e Roma Ciampino.

Con DPCM 31 gennaio 2014, pubblicato il 17 marzo 2013 .è stato approvato il secondo atto aggiuntivo tra ENAC e la Società Aeroporti di Roma S.p.a. che rimodula il diritto di imbarco per le annualità 2014-2016 per i passeggeri originanti ed in transito che utilizzano lo scalo di Fiumicino.

Il comma 8, integra il Codice della navigazione(111) , per rendere sistematica la collaborazione tra Aeronautica militare ed ENAC ai fini della fornitura dei servizi di navigazione aerea (lett. a).Viene a tal fine modificato l’art. 691-bis del codice della navigazione al fine di assicurare che i livelli di fornitura dei servizi siano equivalenti a quelli previsti dalla normativa europea (in proposito la relazione illustrativa richiama i regolamenti (CE) n. 550/2004 e n. 216/2008 come modificato dal regolamento (CE) n. 1108/2009).

Con la lett. b) si aggiunge un nuovo articolo 733-bis al Codice, relativo alla normativa da seguire da parte del personale addetto al comando, alla guida e al pilotaggio di aeromobili, e del personale addetto ai servizi del traffico aereo e del personale militare chiamato a svolgere servizi di navigazione aerea per il traffico aereo generale. Si stabilisce che per tali soggetti valgano la normativa europea e la normativa tecnica nazionale adottata dall’ENAC, nonché quella dei manuali operativi del fornitore di servizi di navigazione aerea (ENAV), dell’Aeronautica Militare e degli operatori aerei, con le relative procedure in queste definite.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 8-bis per prevedere la promozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli esteri, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, di nuovi accordi bilaterali del trasporto aereo, o la modifica di quelli vigenti. Si prevede anche che, nelle more, l’ENAC possa rilasciare autorizzazioni temporanee non inferiori a diciotto mesi e automaticamente rinnovabili, incluse autorizzazioni per la “quinta libertà” cioè il diritto, per le compagnie aeree straniere, di fare scalo negli aeroporti italiani, far scendere ed imbarcare passeggeri, posta o merci, e ripartire per qualsiasi altro Stato; tale diritto è già riconosciuto per le compagnie UE e pertanto la disposizione dovrebbe trovare applicazione nei confronti delle compagnie extra-UE.


107) Legge 5 maggio 1976, n. 324 “Nuove norme in materia di diritti per l’uso degli aeroporti aperti al traffico aereo civile”.

108) Decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80 “Disposizioni urgenti in materia di enti locali”.

109) Legge 28 giugno 2012, n. 92 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.

110) Decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 “Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015”.

111) Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 “Codice della navigazione”.

Articolo 28, commi 4-7

(Servizio di pronto soccorso sanitario negli aeroporti)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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4. Nel quadro delle attività volte alla razionalizzazione, efficientamento e riduzione degli oneri a carico dello Stato per l’espletamento dei servizi aeroportuali negli aeroporti civili ed in quelli aperti al traffico civile, il servizio di pronto soccorso è assicurato con oneri a carico del gestore dell’aeroporto che ha sottoscritto la convenzione con ENAC per la gestione totale dello scalo. 4. Identico.
5. In via transitoria gli oneri relativi al servizio di pronto soccorso negli aeroporti a diretta gestione dello Stato rimangono a carico del Ministero della salute fino a quando le previste convenzioni per la gestione totale stipulate con l’ENAC non siano approvate dai Ministeri competenti. 5. Identico.
6. Per il periodo antecedente alla stipula della convenzione tra il Ministero della Salute, l’ENAC e i gestori aeroportuali per lo svolgimento del servizio di pronto soccorso aeroportuale, in tutti gli aeroporti in cui il predetto servizio sia stato assicurato dal Ministero della salute sulla base di apposita convenzione con la Croce Rossa Italiana, secondo le modalità di cui al decreto del Ministro della sanità e del Ministro dei trasporti 12 febbraio 1988, pubblicato nella gazzetta ufficiale 7 giugno 1988, n. 132, gli oneri connessi allo svolgimento del servizio medesimo rimangono a carico del bilancio del Ministero stesso. 6. Identico.
7. Al fine di definire un livello uniforme nello svolgimento del servizio sono elaborate a cura dell’ENAC, entro e non oltre il 31 ottobre 2014, apposite linee guida per i gestori aeroportuali con le quali sono individuati i requisiti minimi del servizio di pronto soccorso sanitario da assicurare negli aeroporti nazionali. 7. Al fine di definire un livello uniforme nello svolgimento del servizio sono elaborate a cura dell’ENAC, entro e non oltre il 31 ottobre 2014, previo parere del Ministero della salute, apposite linee guida per i gestori aeroportuali con le quali sono individuati i requisiti minimi del servizio di pronto soccorso sanitario da assicurare negli aeroporti nazionali.

I commi da 4 a 7 riguardano lo svolgimento del servizio di pronto soccorso sanitario negli aeroporti civili ed in quelli aperti al traffico civile.

In primo luogo, si specifica (comma 4) che, negli aeroporti in cui sussiste una convenzione tra l’ENAC ed un soggetto per la gestione totale – da parte di quest’ultimo – dello scalo(112) , il servizio di pronto soccorso è assicurato con oneri a carico del medesimo gestore. Tale previsione è conforme alla convenzione già stipulata il 30 dicembre 2013 – come ricorda la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto – tra i gestori totali in oggetto, la Croce Rossa Italiana ed il Ministero della salute; tale convenzione prevede, infatti, per il 2014, la continuazione dello svolgimento del servizio di pronto soccorso da parte della Croce Rossa Italiana, con il rimborso dei relativi oneri a carico dei soggetti gestori, in attesa che questi ultimi individuino i soggetti erogatori del servizio a livello locale. In merito, il successivo comma 6 chiarisce che, per il periodo precedente la stipulazione della suddetta convenzione del 30 dicembre 2013, l’onere finanziario del servizio (svolto dalla Croce Rossa Italiana) resta a carico dello stato di previsione del Ministero della salute.

Il comma 5 conferma che, negli aeroporti a diretta gestione dello Stato, l’onere finanziario del servizio in oggetto resta a carico dello stato di previsione del Ministero della salute, fino all’approvazione – da parte dei Ministeri competenti – della convenzione tra l’ENAC ed un soggetto per la gestione totale – da parte di quest’ultimo – dello scalo.

Si ricorda che, negli aeroporti a diretta gestione dello Stato, il servizio in esame è affidato alla Croce Rossa Italiana, ai sensi del D.M. 12 febbraio 1988.

Il comma 7 demanda all’ENAC la definizione, entro il 31 ottobre 2014, previo parere – come aggiunto dalla Camera – del Ministero della salute, di apposite linee guida per i gestori aeroportuali, ai fini dell’individuazione dei requisiti minimi del servizio di pronto soccorso sanitario.

Il servizio di pronto soccorso sanitario aeroportuale eroga le prestazioni sanitarie di primo intervento, compreso il trasporto al più vicino presidio sanitario pubblico, a tutti i cittadini italiani e stranieri a qualunque titolo presenti in aeroporto.

Con il D.M. 12 febbraio 1988, il Ministero della salute ha affidato all’Associazione italiana della Croce rossa lo svolgimento del servizio di pronto soccorso sanitario negli aeroporti civili ed in quelli aperti al traffico aereo civile, direttamente gestiti dallo Stato. I rapporti tra il Ministero della salute e l’Associazione italiana della Croce rossa sono stati regolati nel dettaglio mediante una convenzione, secondo quanto previsto dallo stesso decreto ministeriale.

Il quadro normativo è stato modificato dal riordino della Croce rossa avvenuto con il D.Lgs. 178 del 2012, che ha previsto una graduale privatizzazione dell’Associazione Croce Rossa e la costituzione di una associazione privata di interesse pubblico, l’Ente Croce Rossa, da qualificarsi come associazione di promozione sociale, alla quale trasferire tutti i compiti svolti prevalentemente da volontari. L’attuale Ente Croce Rossa Italiana continua ad essere un ente pubblico – senza modificarsi in Ente Strumentale alla Croce Rossa – fino al 31 dicembre 2014, mentre, dal 1° gennaio 2014 si sono trasformati in associazioni di diritto privato i Comitati locali e provinciali della Croce rossa. Attualmente la Croce rossa ha dunque una struttura territoriale a gestione diversificata: i livelli centrale/regionale permangono nel perimetro dell’ente pubblico fino al 31 dicembre 2014, mentre i livelli provinciale/locale (salvo i Comitati Provinciali di Trento e Bolzano), dal 1° gennaio 2014 si sono trasformati in associazioni di diritto privato, accedendo alla gestione privatizzata pur permanendo nel quadro dell’Associazione (e non dell’Ente).

La convenzione discendente dal D.M. 12 febbraio 1988 fra Ministero della salute e Associazione della Croce rossa per la gestione del servizio di pronto soccorso aeroportuale scadrà quindi naturalmente il 31 dicembre 2014, se stipulata con i livelli centrale/regionale. Alla stessa data scadranno le convenzioni stipulate a livello locale con la Croce rossa, prorogate per il 2014 da una apposita convenzione del dicembre 2013 fra gestori degli aeroporti, Croce rossa e Ministero della salute.


112) Si ricorda che il gestore aeroportuale è il soggetto al quale è affidato, insieme con altre attività, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori presenti nello scalo, riconoscendogli il ruolo di soggetto responsabile dell’efficienza ed operatività dell’aeroporto in regolarità e sicurezza. Esistono tre diverse tipologie di gestione aeroportuale:

  • aeroporti affidati in gestione totale
  • aeroporti affidati in gestione parziale anche in regime precario
  • aeroporti in gestione diretta dello Stato

L’ENAC ha anche il compito di predisporre le convenzioni che disciplinano l’affidamento in concessione delle gestioni aeroportuali totali e di definire i metodi e gli strumenti per il controllo degli obblighi convenzionali da parte dei gestori. L’affidamento della gestione totale avviene a società di capitali. L’idoneità del gestore aeroportuale ad espletare le attività è attestata dalla certificazione rilasciata dall’ENAC.

Articolo 29

(Pianificazione strategica della portualità e della logistica)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di migliorare la competitività del sistema portuale e logistico, di agevolare la crescita dei traffici e la promozione dell’intermodalità nel traffico merci, anche in relazione alla razionalizzazione, al riassetto e all’accorpamento delle Autorità portuali esistenti, da effettuare ai sensi della legge n. 84 del 1994, è adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, il piano strategico nazionale della portualità e della logistica. 1. Al fine di migliorare la competitività del sistema portuale e logistico, di agevolare la crescita dei traffici delle merci e delle persone e la promozione dell’intermodalità nel traffico merci, anche in relazione alla razionalizzazione, al riassetto e all’accorpamento delle Autorità portuali esistenti, da effettuare ai sensi della legge n. 84 del 1994, è adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, il piano strategico nazionale della portualità e della logistica. Lo schema del decreto recante il piano di cui al presente comma è trasmesso alle Camere ai fini dell’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari. Il parere è espresso entro trenta giorni dalla data di assegnazione, decorsi i quali il decreto può essere comunque emanato.
1-bis. All’articolo 5, comma 2-bis, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, le parole: «nella predisposizione del piano regolatore portuale, deve essere valutata, con priorità, la possibile» sono sostituite dalle seguenti: «è valutata con priorità la».
2. Allo scopo di accelerare la realizzazione dei progetti inerenti alla logistica portuale, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le Autorità portuali presentano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri un resoconto degli interventi correlati a progetti in corso di realizzazione o da intraprendere, corredato dai relativi crono programmi e piani finanziari. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, seleziona, entro i successivi sessanta giorni, gli interventi ritenuti più urgenti sulla base delle proposte contenute nei documenti presentati dalle Autorità portuali, anche al fine di valutarne l’inserimento nel piano strategico di cui al comma 1, ovvero di valutare interventi sostitutivi. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 13, commi 4, 5, 6 e 7 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 convertito con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 per i progetti volti al miglioramento della competitività dei porti italiani per il recupero dei traffici anche tra l’Europa e l’Oriente. 2. Identico.

Il comma 1 prevede l’adozione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica. Il piano sarà adottato con DPCM su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il piano è finalizzato alla promozione della competitività del sistema portuale e logistico, anche con riferimento alla razionalizzazione, il riassetto e l’accorpamento delle autorità portuali esistenti. Il riassetto e l’accorpamento delle autorità portuali dovrà comunque avvenire ai sensi della legge 84/1994(113) . La Camera dei deputati ha precisato che il piano nazionale strategico della portualità e della logistica deve essere finalizzato alla crescita dei traffici delle merci e delle persone ed introdotto il parere delle competenti commissioni parlamentari sul piano nazionale strategico della portualità e della logistica, da rendere entro trenta giorni dall’assegnazione; decorso il termine il piano può essere comunque adottato.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 1-bis, che vincola le autorità portuali e marittime a valutare la destinazione di strutture o ambiti portuali idonei, allo stato sottoutilizzati o non diversamente utilizzabili per funzioni portuali di preminente interesse pubblico, ad approdo turistico (il vigente articolo 5, comma 2-bis, della legge 84/1994 oggetto della novella contiene tale valutazione come semplice facoltà, nell’ambito della predisposizione dei piani regolatori portuali).

La legge 84/1994 ha istituito le autorità portuali come organismi pubblici responsabili delle funzioni di programmazione e controllo delle infrastrutture portuali, separate dalle funzioni di gestione del traffico e dei terminali, affidate ai privati (in questo modo veniva superato il procedente modello basato su porti interamente pubblici). L’articolo 6 disciplina l’istituzione e la soppressione delle autorità portuali, ma non il loro accorpamento: per sopprimere un’autorità portuale si deve procedere con DPR su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nel caso in cui siano venuti meno i requisiti previsti per l’istituzione di nuove Autorità (volume di traffico nell’ultimo triennio non inferiore a tre milione di tonnellate al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide o a 200000 TEU (Twenty Feet Equivalent, unità di misure per i container).

Sembra quindi potersi desumere che l’accorpamento delle autorità portuali potrà avvenire solo attraverso la soppressione di quelle autorità che abbiano perso i requisiti previsti dall’articolo 6 della legge n. 84/1994 ed utilizzando la procedura prevista da tale norma.

Si ricorda che il DEF 2014, nel piano nazionale delle riforme, prevede l’adozione di un piano della portualità e della logistica entro maggio 2014 e l’individuazione di distretti portuali e logistici, nell’ambito dei corridoi europei TEN-T, che comprendano i nodi portuali della rete TEN, gli interporti e le infrastrutture di collegamento stradali e ferroviarie. Si prevedeva quindi l’individuazione di una Autorità portuale e logistica di interesse nazionale per ciascun distretto; il superamento della “logica delle 24 autorità portuali” era ritenuto imprescindibile anche nell’Allegato infrastrutture del DEF.

In proposito, si segnala anche che il nuovo Regolamento (UE) n. 1315/2013 in materia di reti TEN-T individua, per l’Italia, i seguenti nodi portuali della rete centrale (Core Network): Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Gela, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia.

I nodi portuali della rete globale (Comprehensive Network) sono invece: Brindisi, Carloforte, Chioggia, Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta, Golfo Aranci, La Maddalena, Marina di Carrara, Messina, Milazzo, Monfalcone, Olbia, Palau, Piombino, Porto Levante, Porto Torres, Portoferraio, Portovesme, Reggio Calabria, Salerno, Savona Vado, Siracusa e Trapani.

In base al comma 2, le autorità portuali dovranno presentare, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, un resoconto degli interventi inerenti la logistica portuale in corso di realizzazione o da intraprendere, con i relativi crono-programmi e piani finanziari.

La Presidenza del Consiglio, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, selezionerà gli interventi ritenuti più urgenti, anche al fine di valutarne l’inserimento nel piano strategico previsto dal comma 1 ovvero di valutare interventi sostitutivi.

Il comma 2 mantiene comunque fermo quanto previsto in materia di miglioramento della competitività dei porti italiani dall’articolo 13, commi 4, 5, 6 e 7 del decreto-legge 145/2013(114) . Ciò anche al fine, precisa la norma, del “recupero dei traffici anche tra l’Europa e l’Oriente”.

Le disposizioni richiamate del decreto-legge 145/2013 hanno consentito la destinazione della quota di IVA riscossa nei porti e trattenuta dalle autorità portuali ai sensi del decreto-legge 83/2012(115) che ha introdotto l’art. 18-bis nella legge 84/1994, novellato dall’art. 22, comma 3, del decreto-legge 69/2013(116) . L’Iva predetta è destinata anche a interventi cantierabili per la competitività dei porti italiani, interventi finanziati anche con risorse revocate dalla realizzazione di altre infrastrutture nonché erogate per interventi nelle aree portuali per i quali non si sia proceduto, entro due anni dall’erogazione del finanziamento, all’approvazione del bando di gara. Si prevedeva anche che il CIPE provvedesse, entro il 30 giugno 2014, alla ripartizione delle risorse così recuperate. Il provvedimento del CIPE non risulta però essere stato adottato.


113) Legge 28 gennaio 1994 n. 84, recante “Riordino della legislazione in materia portuale”.

114) Decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 “Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015”.

115) Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”.

116) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

Articolo 29bis

(Modifica all’articolo 5 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, in materia di requisiti di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al comma 2 dell’articolo 5 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«h-bis) sia stata oggetto di un’informativa antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 91 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni».

La Camera dei deputati ha introdotto l‘articolo 29-bis che modifica il decreto legislativo 395/2000(117) sui requisiti per l’accesso alla professione di autotrasportatore, prevedendo il venir meno del requisito di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto qualora siano stati oggetto di un’informativa antimafia interdittiva.

Il requisito dell’onorabilità dell’impresa di autotrasporto è disciplinato dall’articolo 5, del menzionato decreto legislativo 395/2000, il quale, al comma 2, elenca i casi in cui esso viene meno; tale elenco viene integrato con la previsione di una nuova lettera h-bis, che individua il caso in cui l’impresa sia stata oggetto di un’informativa antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 91 (Informazione antimafia) del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 159/2011(118) .

Ulteriori disposizioni sull’autotrasporto sono contenute all’articolo 32-bis, del decreto-legge oggetto della presente scheda di lettura, aggiunto dalla Camera dei deputati in ordine: alle sanzioni amministrative, fino al fermo amministrativo, in materia di cabotaggio stradale illegale da parte di veicoli immatricolati all’estero; ai contributi alle imprese di autotrasporto; alle attribuzioni del Comitato Centrale dell’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi; ai pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada.


117) Decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395 “Attuazione della direttiva 98/76/CE del 1° ottobre 1998 del Consiglio dell’Unione europea, modificativa della direttiva 96/26/CE del 29 aprile 1996 riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, nonché il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e altri titoli allo scopo di favorire l’esercizio della libertà di stabilimento di detti trasportatori nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali”.

118) Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”.

Articolo 30

(Promozione straordinaria del Made in Italy e misure per l’attrazione degli investimenti)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di ampliare il numero delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano nel mercato globale, espandere le quote italiane del commercio internazionale, valorizzare l’immagine del Made in Italy nel mondo, sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia, il Ministro dello sviluppo economico adotta con proprio decreto entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia. Il Piano di cui al presente comma è adottato d’intesa con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle azioni di cui al comma 2, lettere c), d), e),ed f), rivolte alle imprese agricole e agroalimentari, nonché alle iniziative da adottare per la realizzazione delle suddette azioni. 1. Identico.
2. Il Piano di cui al comma 1 prevede in particolare le seguenti azioni con le relative dotazioni finanziarie: 2. Identico:
a) iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese in particolare piccole e medie; a) identica;
b) supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale; b) identica;
c) valorizzazione delle produzioni di eccellenza, in particolare agricole e agroalimentari, e tutela all’estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti; c) identica;
d) sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani nei diversi mercati, anche attraverso appositi accordi con le reti di distribuzione; d) identica;
e) realizzazione di un segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari al fine di favorirne la promozione all’estero e durante l’Esposizione Universale 2015; e) realizzazione di un segno distintivo unico, per le iniziative di promozione all’estero e durante l’Esposizione Universale 2015, delleproduzioni agricole e agroalimentari che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano;
f) realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding; f) identica;
g) sostegno all’utilizzo degli strumenti di e-commerce da parte delle piccole e medie imprese; g) identica;
h) realizzazione di tipologie promozionali innovative per l’acquisizione e la fidelizzazione della domanda dei mercati esteri; h) identica;
i) rafforzamento organizzativo delle micro, piccole e medie imprese in particolare attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto in forma divoucher; i) rafforzamento organizzativo delle start up nonché delle micro, piccole e medie imprese in particolare attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher;
l) sostegno ad iniziative di promozione delle opportunità di investimento in Italia, nonché di accompagnamento e assistenza degli investitori esteri in Italia. l) identica.
3. L’ICE-Agenzia provvede all’attuazione del piano di cui al comma 1 nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali e tenuto conto delle intese raggiunte sulle azioni di cui al comma 2, lettere c), d), e), ed f). 3. L’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane provvede all’attuazione del piano di cui al comma 1 nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali e tenuto conto delle intese raggiunte sulle azioni di cui al comma 2, lettere c), d), e), ed f).
3-bis. L’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane trasmette ogni anno alle competenti Commissioni parlamentari una relazione sugli interventi svolti e, in particolare, sulle azioni realizzate, attraverso la rete estera, a sostegno della promozione del made in Italy e dell’attrazione degli investimenti all’estero.
4. I contributi di cui alla lettera i), del comma 2, sono destinati, nel rispetto del regolamento (UE) n. 1407 del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis», per l’acquisizione, tra l’altro, di figure professionali specializzate nei processi di internazionalizzazione al fine di realizzare attività di studio, progettazione e gestione di processi e programmi su mercati esteri. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei voucher. 4. I contributi di cui alla lettera i), del comma 2, sono destinati, nel rispetto del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis», per l’acquisizione, tra l’altro, di figure professionali specializzate nei processi di internazionalizzazione al fine di realizzare attività di studio, progettazione e gestione di processi e programmi su mercati esteri. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione deivoucher.
5. Tramite apposita convenzione, da stipularsi tra il Ministero dello sviluppo economico e l’ICE Agenzia sono definiti: 5. Tramite apposita convenzione, da stipularsi tra il Ministero dello sviluppo economico e l’ICE Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane sono definiti:
a) gli obiettivi attribuiti all’ICE-Agenzia per favorire l’attrazione degli investimenti esteri, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 460, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; a) gli obiettivi attribuiti all’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane per favorire l’attrazione degli investimenti esteri, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 460, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
b) i risultati attesi; b) identica;
c) le risorse finanziarie e il relativo utilizzo. c) identica.
6. L’Agenzia ICE, svolge l’attività di attrazione degli investimenti all’estero attraverso la propria rete estera che opera nell’ambito delle Rappresentanze Diplomatiche e consolari Italiane. 6. L’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane svolge l’attività di attrazione degli investimenti all’estero attraverso la propria rete estera che opera nell’ambito delle Rappresentanze Diplomatiche e consolari Italiane.
7. Presso il Ministero dello sviluppo economico, è istituito un Comitato con il compito di coordinamento dell’attività in materia di attrazione degli investimenti esteri, nonché di favorire, ove necessario, la sinergia tra le diverse amministrazioni centrali e locali. Il Comitato è composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, che lo presiede, da un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da un rappresentante dl Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e da un rappresentante della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Comitato può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d’investimento. Ai componenti del Comitato non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Al funzionamento del Comitato di cui al presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L’articolo 35 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è abrogato. 7. Identico.
8. Il Ministro dello sviluppo economico d’intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione del Piano e sui risultati raggiunti. 8. Identico.
9. La dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese da assegnare all’Agenzia ICE di cui all’articolo 14, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come determinata nella Tabella C della legge di stabilità annuale è destinata anche all’attrazione degli investimenti esteri. 9. La dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese da assegnare all’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane di cui all’articolo 14, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come determinata nella Tabella C della legge di stabilità annuale è destinata anche agli interventi di cui al presente articolo.

L’articolo 30 prevede l’adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia.

Il Piano è adottato dal Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, entro il 12 novembre 2014 (60 giorni dall’ entrata in vigore del D.L. in esame), d’intesa con il Ministro degli affari esteri e cooperazione internazionale e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni che riguardano il settore agroalimentare (comma 1).

L’articolo in esame interviene in una materia già stratificata, facendo sistema con l’articolo 16 della legge n. 180/2011 (rubricato “Politiche pubbliche per la competitività” e dedicato anche alla promozione del “Made in Italy” con specifico riguardo alle micro, piccole e medie imprese) e con l’articolo 4, comma 61 della legge n. 350 del 2003, che prevede tra l’altro “una campagna promozionale straordinaria a favore del «made in Italy».

Si ricorda che la legge 350 del 2003 (articolo 4, comma 61) ha istituito presso il Mise un fondo per la realizzazione di una campagna straordinaria a favore del Made in Italy che dal 2004 affianca il programma promozionale ordinario. Il programma straordinario è gestito dal Mise e attuato dall’ICE in collaborazione con Regioni, associazioni imprenditoriali, sistema fieristico e sistema camerale. I Fondi erogati sono stati pari a 11,7 mln di euro nel 2011, 6,9 mln di euro nel 2012 e 12,7 mln di euro nel 2013.

In sintesi, il Piano interviene a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, in particolare piccolo e medie, attraverso linee direttrici valevoli per tutti i settori economico produttivi interessanti, prevedendo, con le relative dotazioni finanziarie, le seguenti azioni: iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese in particolare piccole e medie (comma 2, lett. a))

  • supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale (comma 2, lett. b));
  • sostegno all’utilizzo degli strumenti di e-commerce da parte delle piccole e medie imprese (comma 2, lett. g));

Si consideri, al riguardo, che per quanto attiene al settore agroalimentare, il D.L. n. 91/2014 ha previsto, un credito di imposta (per il 2014, 2015 e 2016, nella misura del 40% dell’investimento e non superiore a 50.000 euro) per le imprese agricole, agroalimentari nonché per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura per investimenti in infrastrutturazione elettronica per l’implementazione dell’e-commerce (articolo 3, commi 1-2 e 5)(119) .

Per le grandi imprese agricole il credito di imposta di cui sopra si applicherà nell’ambito del regime de minimis (cfr reg. 1407/2013 e 1408/2013): dunque, per le imprese di trasformazione di prodotti agricoli entro i 200 mila euro e per quelle di produzione primaria entro i 15 mila euro. Le soglie di credito di imposta previste dalla norma si applicano invece alle piccole e medie imprese (fino a 250 addetti e 50 milioni di fatturato) per le quali vale il regime di esenzione di cui al reg. 702/2014.

  • realizzazione di tipologie promozionali innovative per l’acquisizione e la fidelizzazione della domanda dei mercati esteri (comma 2, lett. h));
  • erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher (comma 2, lett. i)) destinati per l’acquisizione, tra l’altro, di figure professionali specializzate nei processi di internazionalizzazione. Sul punto, la Camera dei deputati ha inserito le start up tra i destinatari della previsione.

Con riguardo ai requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei voucher il comma 4 dell’articolo in esame dispone che essi sono stabiliti con decreto del Ministero dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. I contributi devono esser erogati nel rispetto della normativa europea agli aiuti “de minimis“. Si tratta cioè di quelle misure di sostegno al sistema produttivo che non violano il divieto di aiuti di Stato previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea perché ritenuti di lieve entità. Il Regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 24 dicembre 2013) mantiene comunque invariata la definizione degli aiuti de minimis come quegli aiuti che abbiano un massimale di 200.000 euro calcolato su un periodo di tre anni (100.000 euro per il settore del trasporto di merci su strada per conto terzi).

  • sostegno ad iniziative di promozione delle opportunità di investimento in Italia, nonché di accompagnamento e assistenza degli investitori esteri in Italia (comma 2, lett. l));.

Per ciò che specificamente attiene al settore agroalimentare, sono quattro le direttrici di intervento del Piano:

  • valorizzazione delle produzioni di eccellenza, in particolare agricole e agroalimentari, e tutela all’estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti (comma 2, lett. c)). Si osserva in proposito che nel corso dell’esame parlamentare del D.L. n. 91/2014 era stato introdotto un articolo aggiuntivo, poi soppresso, che disponeva l’istituzione presso il sistema delle camere di commercio di un Servizio telematico integrato, a domanda individuale, rivolto a imprese e loro associazioni, consorzi, istituzioni ed enti pubblici territoriali, per il monitoraggio dei marchi di qualità delle produzioni agroalimentari italiane e la loro prima tutela. Il sistema operava a richiesta dei soggetti interessati e con onere a carico degli stessi, attraverso l’assistenza tecnico-legale sui mercati esteri.
  • sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani nei diversi mercati, anche attraverso appositi accordi con le reti di distribuzione (comma 2, lett. d));
  • realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding (comma 2, lett. f)).Si rammenta, per quanto attiene all’attività parlamentare di indirizzo al Governo circa le iniziative da intraprendere a tutela del made in Italy agroalimentare, che il 14 gennaio 2014 è stata approvata all’unanimità dalla Camera dei deputati la mozione Sani n. 1-00311 con la quale si impegna il Governo, tra l’altro, ad intraprendere, anche in sede europea , iniziative finalizzate a rafforzare la tutela della denominazione made in Italy nel campo delle produzioni agroalimentari, attivando prioritariamente misure contro l’utilizzo della stessa denominazione in maniera falsa e ingannevole e ad attivarsi a livello nazionale, internazionale e comunitario per la difesa delle produzioni italiane contrastando il fenomeno dell’italian sounding; a rendere più efficace e intensa la politica di promozione e diffusione in Italia e all’estero dei prodotti agroalimentari italiani attraverso un incremento delle risorse finanziarie già stanziate. Come afferma l’ICE(120) , tecnicamente l’Italian Sounding consiste in una pratica che induce il consumatore, attraverso l’utilizzo di parole, colori, immagini e riferimenti geografici, ad associare erroneamente un prodotto a quello italiano. L’imitazione evocativa dei prodotti italiani è causa di un consistente danno economico alle aziende italianedel settore(121) ;
  • realizzazione di un segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari per favorirne la promozione all’estero e durante l’Esposizione Universale 2015 (comma 2, lett. e)). Sul punto, la Camera dei deputati ha inserito il requisito, per le produzioni agricole ed agroalimentari, che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano.

Si ricorda che sono segni distintivi i marchi, i marchi di fatto, ditta e insegna, ragione e denominazione sociale, nomi a dominio di siti usati nell’attività economica, titoli delle opere dell’ingegno. Nel nostro ordinamento, sia il marchio registrato (concesso dall’Ufficio italiano brevetti e marchi per una durata di dieci anni, ma rinnovabile senza limiti per eguali periodi), sia il marchio non registrato (tutelato sulla base della notorietà conseguita sul mercato) sono oggi inquadrati tra i diritti di proprietà industriale (artt. 1 e 2 del Codice della proprietà industriale(122) ) e la loro disciplina sostanziale deriva dalla Direttiva n. 2008/95/CE (versione codificata) e dalle prescrizioni del TRIPs Agreement.

A fianco della predetta disciplina vi è quella europea prevista per il marchio comunitario (Reg. UE n. n. 207/2009 (versione consolidata)), titolo unitario con effetti sull’intero territorio UE.

Inoltre, in ambito agroalimentare, l’origine/provenienza di un prodotto ha valenza giuridica, oltre che economica. In primo luogo, si può distinguere tra:

  • ”indicazione di origine” di un prodotto da un dato paese. Per quanto attiene all’indicazione d’origine a fini doganali, il riferimento normativo è il Codice dell’Unione doganale (Reg. UE n. 952/2013). L’articolo 60 del Codice doganale dispone che le merci interamente ottenute in un unico paese o territorio sono considerate originarie di tale paese o territorio . Inoltre, il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) all’articolo IX disciplinala marcatura d’origine.
  • ”indicazione di provenienza” di un prodotto, laddove quest’ultima locuzione è volta all’attestazione della esistenza di un collegamento dimostrabile tra una determinata caratteristica del prodotto, che lo rende di qualità, ed un determinato luogo di produzione. I riferimenti normativi sono rinvenibili nei regolamenti europei che intervengono su:
  • l’etichettatura del prodotto e le informazioni ai consumatori quale elemento per rafforzare la tracciabilità e la sicurezza degli stessi prodotti di consumo. Si tratta del nuovo Reg. UE 1169/2011, il quale – salvo talune eccezioni – trova applicazione a decorrere dal 13 dicembre 2014. Il nuovo il Reg. Ue n. 1169/2011 richiama esplicitamente quali debbano essere le informazioni obbligatorie che gli operatori devono adottare relativamente agli alimenti commercializzati (articolo 9 e 10). L’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza; per le carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili (articolo 26)(123) . Inoltre, entro il 13 dicembre 2014, la Commissione è tenuta a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio relazioni sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza taluni tipi specifici di alimenti(124) . Si osservi che il Reg. UE 1169/2011 ammette anche altre tipologie di informazioni – cd. informazioni volontarie – ma, se presenti, esse non possono occupare lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie (articolo 37). Le informazioni volontarie non devono indurre in errore il consumatore, e non devono esse ambigue né confuse e, se del caso, basate sui dati scientifici pertinenti (articolo 36). Gli Stati membri possono adottare, previa notifica alla Commissione UE(125) , disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi:

a) protezione della salute pubblica;

b) protezione dei consumatori;

c) prevenzione delle frodi;

d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d’origine controllata e repressione della concorrenza sleale (articolo 39);

  • la tutela delle denominazioni di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari, attraverso la previsione di requisiti specifici di etichettatura stabiliti da apposite disposizioni dell’Unione: si tratta in particolare del nuovo Reg. (UE) n. 1151/2012, entrato in vigore il 3 gennaio 2013, relativo alla protezione delle specialità tradizionali garantite (STG) dei prodotti delle indicazioni geografiche (IGP) e delle denominazioni d’origine (DOP) dei prodotti agricoli e alimentari(126) . Per dare esecuzione al Regolamento n. 1151/2012 è stato adottata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il D.M. 14 ottobre 2013(127) .

Si consideri, per quanto qui possa rilevare, che il nuovo regolamento UE 1152/2011 istituisce un regime relativo alle indicazioni facoltative di qualità per agevolare la comunicazione, da parte dei produttori, nel mercato interno delle caratteristiche o proprietà dei prodotti agricoli che conferiscono a questi ultimi valore aggiunto, a condizione che a) l’indicazione si riferisca a una caratteristica di una o più categorie di prodotti o ad una modalità di produzione o di trasformazione agricola applicabili in zone specifiche; b) l’uso dell’indicazione conferisca valore al prodotto rispetto a prodotti di tipo simile; c) l’indicazione deve avere una dimensione europea (art. 27-31).

A livello nazionale, si ricorda che in passato, più di una occasione, attraverso provvedimenti legislativi, invero mai attuati, ovvero attraverso proposte legislative, presentate anche nel corso dell’attuale legislatura, si è tentato di introdurre veri e propri marchi distintivi delle produzioni agricole ed agroalimentari nazionali.

Si ricorda, in particolare, al riguardo, l’articolo 7 del D.Lgs. n. 173/1998 che ha demandato ad un regolamento del Ministro per le politiche agricole, da adottarsi di concerto con i dicasteri interessati (ex Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato e il Ministro per il commercio con l’estero), l’istituzione, entro il 20 dicembre 1998, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, del marchio identificativo della produzione agroalimentare nazionale. In particolare, tale marchio, di proprietà del Ministero per le politiche agricole, doveva dovuto consistere in un segno o indicazione per la distinzione nel commercio della produzione agroalimentare nazionale. Tale norma è rimasta invero senza attuazione per le censure mosse dalla Commissione europea per violazione delle norme in materia di concorrenza, in quanto il marchio in questione avrebbe potuto favorire i prodotti nazionali a scapito di quelli provenienti da altri Stati membri.

Inoltre, l’articolo 4, comma 61 della legge n. 350/2003 ha previsto l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un apposito Fondo per la realizzazione di azioni a sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del «made in Italy»(128) , da realizzarsi anche attraverso la regolamentazione dell’indicazione di origine o l’istituzione di un apposito marchio a tutela delle merci integralmente prodotte sul territorio italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine, nonché per il potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico alle attività istituzionali del Ministero dell’economia e delle finanze anche rivolte alla diffusione del «made in Italy» nei mercati mediterranei, dell’Europa continentale(129) e orientale.

Si segnala al riguardo che – in sede di risposta ad una interrogazione a risposta immediata presso l’Assemblea della Camera dei deputati(130) , il 17 settembre 2014, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali è intervenuto sulla disciplina contenuta nell’articolo 30 qui in esame, e, in particolare sulla istituzione del segno distintivo in questione.

Il Ministro ha evidenziato che il Governo ha lavorato sul comparto agroalimentare come asset strategico del Piano per ilmade in Italy. In particolare, per il settore agroalimentare sono previsti nuovi strumenti di promozione e di tutela del made in Italy agroalimentare a favore delle aziende italiane, a partire proprio dalle numerose imprese che hanno investito risorse nei marchi DOP e IGP. In tale quadro sarà realizzato un segno distintivo unico per le operazioni di promozione che saranno realizzate all’estero. Tale segno distintivo sarà utilizzato anche in occasione dell’Esposizione universale di Milano, che partirà nel maggio 2015, come sappiamo.

Il Ministro rileva che il segno distintivo agroalimentare non avrà le caratteristiche dell’italian original descritto dagli interroganti e sarà invece un segno distintivo pubblico che non mira in alcun modo a sostituirsi ai marchi dei singoli prodotti, ma intende esaltarli nel rispetto delle diversità di ciascuno.

La necessità di realizzare questo strumento distintivo è nata dall’accurata analisi del sistema agroalimentare italiano e del suo posizionamento sui mercati internazionali, perché, nonostante le grandi potenzialità di crescita della domanda dei prodotti italiani, a causa dell’eccessiva frammentazione che lo caratterizza, questo sistema ha visto fortemente limitate le proprie attività di export. Questa debolezza non ha consentito ancora, a nostro giudizio, un’adeguata penetrazione dei prodotti italiani sui mercati esteri, nonostante i grandissimi livelli di eccellenza che li caratterizzano.

Al contempo, questa debolezza ha permesso, invece, in questi mercati, a fronte dell’elevata domanda di prodotti made in Italy, una penetrazione di prodotti di falsa produzione italiana, le nostre imitazioni.

L’obiettivo del segno distintivo sarà, pertanto, quello di valorizzare la distintività dei prodotti italiani creando nei Paesi esteri un’immagine coordinata delle caratteristiche peculiari dei prodotti e delle imprese italiane.

L’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, investita dal comma 3dell’attuazione delle prescrizioni del piano di cui al comma 1, in virtù del comma 3-bis introdotto dalla Camera dei deputati avrà anche il compito di presentare ogni anno alle competenti commissioni parlamentari una relazione sugli interventi svolti per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti esteri (relazione che si affianca all’altra che è presentata annualmente al Parlamento da MiSe e MiPAAF, ai sensi del comma 8). Per il comma 5, poi, l’ICE-Agenzia stipula una convenzione con il Ministero dello sviluppo economico in cui sono definiti:

  • gli obiettivi attribuiti all’ICE-Agenzia per favorire l’attrazione degli investimenti esteri, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 460, della legge n. 296/2006(131) ;
  • i risultati attesi;
  • le risorse finanziarie e il relativo utilizzo.

Si specifica, per quanto attiene alle modalità operative dell’ICE-Agenzia, che essa svolga l’attività di attrazione degli investimenti all’estero attraverso la propria rete estera che opera nell’ambito delle Rappresentanze Diplomatiche e consolari Italiane (comma 6). Il compito di coordinamento dell’attività in materia di attrazione degli investimenti esteri, nonché quello di favorire, ove necessario, la sinergia tra le diverse amministrazioni centrali e locali è affidato ad un Comitato, del quale è prevista l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico. Il Comitato è composto da rappresentanti dei diversi ministeri interessati e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni e può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d’investimento. Ai componenti del Comitato non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti. È di conseguenza soppresso il Desk Italia-Sportello attrazione degli investimenti esteri (comma 7).

Si ricorda che il Desk Italia – Sportello attrazione investimenti esteri, previsto all’articolo 35 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (disposizione ora abrogata dal DL in esame), costituiva il punto di riferimento per l’investitore estero in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il relativo progetto di investimento, fungendo da raccordo fra le attività svolte dall’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – Invitalia.

Il comma 9 dispone che la dotazione del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese – da assegnare all’ICE per le attività di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con l’estero – sia destinata anche all’attrazione degli investimenti di cui all’articolo nella sua integralità (e non solo agli investimenti esteri, come era il testo originario prima della modifica apportata dalla Camera dei deputati).

Si ricorda al riguardo che la dotazione del Fondo, sulla base della disciplina vigente (articolo 14, comma 19 D.L. n. 98/2011) è determinata annualmente nella Tabella C della legge di stabilità. La Tabella C della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) reca uno stanziamento, per il triennio 2014-2014, di 23,8 milioni di euro per il 2014, di 22,8 milioni per il 2015 e di 22,9 milioni per il 2016. Il Fondo è iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (cap. 2535/Mise). Il Fondo è specificamente destinato all’erogazione all’Agenzia di un contributo annuale per il finanziamento delle attività di promozione all’estero e di internazionalizzazione delle imprese italiane (articolo 14, comma 26- ter D.L. n. 98/2011).


119) Il limite di spesa per tale credito è di 500.000 euro per l’anno 2014, di 2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 1 milione per l’anno 2016.

120) http://www.uibm.gov.it/attachments/article/2006088/analisi_giuridica_italian_sounding_usa_2011.pdf

121) Come rilevato dall’ISTAT in un recente Rapporto del 18 settembre 2014, l’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea (Ue).
I prodotti agroalimentari di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2013 sono 261 (13 in più rispetto al 2012); di questi, 252 risultano attivi.
I settori con il maggior numero di riconoscimenti sono gli ortofrutticoli e cereali (101 prodotti), i formaggi (47), gli oli extravergine di oliva (43) e le preparazioni di carni (37). Le carni fresche e gli altri settori comprendono, rispettivamente, 5 e 28 specialità.
Con riferimento al fenomeno dell’Italian sounding, che penalizza la qualità dei prodotti agroalimentari italiani, Unioncamere – nel corso dell’audizione tenutasi il 6 febbraio 2014 sull’Indagine conoscitiva sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all’esposizione universale di Milano 2015 – ha ricordato i numeri della contraffazione: l’agropirateria internazionale, utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia, riesce a collocare sui mercati esteri due prodotti alimentari di tipo italiano su tre, con un fatturato di circa 60 miliardi di euro all’anno.
Inoltre, secondo una ricerca realizzata nel 2012 dal Ministero dello Sviluppo economico con il Censis, senza la contraffazione, in Italia ci sarebbero 110 mila posti di lavoro in più e 1,7 miliardi di entrate per il fisco.

122) Il D. Lgs. n. 30/2005 Codice della proprietà industriale, all’articolo 1, relativo ai diritti di proprietà industriale, dispone che – ai fini del medesimo Codice – l’espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali.
Il marchio è il più importante dei segni distintivi. Sul piano economico, esso è oggi utilizzato (e tutelato) non solo come strumento per informare il pubblico della provenienza dei prodotti o servizi per cui è usato da una determinata impresa (la tradizionale funzione di «indicazione di provenienza»), ma anche come simbolo di tutte le altre componenti del «messaggio» che il pubblico ricollega ai prodotti o ai servizi per i quali esso viene usato.
Il Codice vieta, all’articolo 22, di adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell’attività economica o altro segno distintivo un segno uguale o simile al marchio altrui se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.

123) L’articolo 26 prevede inoltre che quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario:
a) è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure
b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.

124) Si tratta di: a) i tipi di carni diverse dalle carni bovine e diverse dalle carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili; b) il latte; c) il latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari; d) gli alimenti non trasformati; e) i prodotti a base di un unico ingrediente; f) gli ingredienti che rappresentano più del 50% di un alimento.

125) L’articolo articolo 45 del nuovo Regolamento sull’etichettatura 1169 disciplina la procedure di notifica preventiva alla Commissione UE da parte degli Stati membri delle nuove norme che ritengono necessario adottare in materia di informazioni sugli alimenti notificano. La notifica, che viene effettuata anche agli altri Stati membri precisa i motivi che giustificano l’adozione della nuova normativa.
La Commissione UE consulta poi il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del Reg. (CE) n. 178/2002, se ritiene tale consultazione utile o su richiesta di uno Stato membro.
Lo Stato membro che ritenga necessario adottare nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti può adottare le disposizioni previste solo tre mesi dopo la notifica, purché non abbia ricevuto un parere negativo dalla Commissione.
Se il parere della Commissione è negativo, la stessa avvia la procedura d’esame per stabilire se le disposizioni previste possano essere applicate, eventualmente mediante le modifiche appropriate.

126) La disciplina sulla tutela della qualità dei prodotti prevista dal Regolamento n. 1151/2012 non si applica, per esplicita previsione dello stesso provvedimento (articolo 2):

  • ai vini e ai prodotti vitivinicoli, per i quali trovano specifica applicazione le norme Regolamento (UE) n. 1308/2013 (OCM unica) concernenti la tutela della qualità dei predetti prodotti, fatta eccezione che per gli aceti di vino;
  • alle bevande spiritose, per le quali trova applicazione la disciplina sulla protezione delle indicazioni geografiche contenuta nel Regolamento (CE) n. 110/2008.

Per i prodotti dell’agricoltura biologica e per la relativa etichettatura vige anche lo specifico Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007.

127) Disposizioni nazionali per l’attuazione del regolamento (UE) n.1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari in materia di DOP, IGP e STG.

128) Il Fondo è stato inizialmente dotato di 20 milioni di euro per il 2004, 30 milioni di euro per il 2005 e 20 milioni di euro a decorrere dal 2006,

129) Per ciò che attiene agli altri Paesi europei, da novembre 2008, tutte le operazioni, le azioni di promozione dell’offerta agroalimentare francese espongono il logo France Bon Appétit proposto da Sopexa, esercente il servizio pubblico per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali francese. La grafica del logo, rinnovata nel 2012, riflette – si legge nel sito istituzionale relativo – l’impulso comune dei ministeri e delle agenzie francesi per promuovere l’offerta agroalimentare nazionale.

130) Interrogazione n. 3-01025 Russo ed altri circa l’istituzione di un marchio Italian original.

131) Si ricorda che l’articolo 1, comma 460, L. 296/2006 prevede che la Società Sviluppo Italia Spa assume la denominazione di Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa ed è società a capitale interamente pubblico. Il Ministro dello sviluppo economico definisce, con apposite direttive, le priorità e gli obiettivi della società e approva le linee generali di organizzazione interna, il documento previsionale di gestione ed i suoi eventuali aggiornamenti e, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, lo statuto. Il D.M 18 settembre 2007 ha individuato gli atti di gestione ordinaria e straordinaria della società e delle sue controllate dirette ed indirette che, ai fini della loro efficacia e validità, necessitano della preventiva approvazione ministeriale.

Articolo 31

(Misure per la riqualificazione degli esercizi alberghieri)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di diversificare l’offerta turistica e favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare previa intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sono definite le condizioni di esercizio dei condhotel, intendendosi tali gli esercizi alberghieri aperti al pubblico, a gestione unitaria, composti da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina, la cui superficie non può superare il quaranta per cento della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati. 1. Al fine di diversificare l’offerta turistica e favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei beni edelle attività culturali e del turismo di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare previa intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sono definite le condizioni di esercizio dei condhotel, intendendosi tali gli esercizi alberghieri aperti al pubblico, a gestione unitaria, composti da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina, la cui superficie non può superare il quaranta per cento della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati.
2. Con il decreto di cui al comma 1 sono altresì stabiliti i criteri e le modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale di cui al medesimo comma. In ogni caso, il vincolo di destinazione può essere rimosso, su richiesta del proprietario, solo previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente percepiti ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato. 2. Identico.
3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti a quanto disposto dal decreto di cui al comma 1 entro un anno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Restano ferme, in quanto compatibili con quanto disposto dal presente articolo, le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 277, del 26 novembre 2002, recante il recepimento dell’accordo fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome sui princìpi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. 3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti a quanto disposto dal decreto di cui al comma 1 entro un anno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Restano ferme, in quanto compatibili con quanto disposto dal presente articolo, le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 25 settembre 2002, recante il recepimento dell’accordo fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome sui princìpi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.

L’articolo 31 interviene in materia di esercizi alberghieri, con la finalità di incentivare gli investimenti nel settore, introducendo nell’ordinamento nazionale la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominatacondhotel.

Al riguardo, la norma specifica che la caratteristica principale di tale struttura è la composizione integrata tra camere destinate alla ricettività e unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina. La superficie delle unità a destinazione residenziale non può superare il 40% della superficie totale degli immobili interessati.

L’individuazione delle condizioni di esercizio dei condhotel è demandata dal comma 1 ad un decreto del Presidente del Consiglio da adottare, previa intesa tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali in sede di Conferenza Unificata.

Va rilevato che una disciplina della definizione strutture alberghiere, con particolare riguardo ai condhotel, è contenuta nel DL n. 83/2014, convertito con modificazioni, dalla legge 106/2014. L’articolo 10, comma 5, del citato decreto demanda ad un decreto del MIBACT, da emanarsi entro 3 mesi, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, l’aggiornamento degli standard minimi e l’uniformità sul territorio nazionale dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali.

Il comma 2 demanda inoltre al sopracitato DPCM la definizione delle condizioni necessarie per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti, con esclusivo riferimento alle unità abitative a destinazione residenziale. È specificato, al riguardo, che il vincolo può essere rimosso, a richiesta del proprietario, previa restituzione dei contributi e delle agevolazioni pubbliche percepite, ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento.

Il vincolo di destinazione, che consiste in una limitazione al diritto di proprietà imposta da un interesse pubblicistico consistente nel conservare la destinazione ad alberghi di determinati immobili, a vantaggio dell’industria alberghiera, trova la sua disciplina nella legislazione regionale, adottata sulla base dell’articolo 8 della L. 217/1983 che prevedeva la possibilità di istituire un vincolo di destinazione per le strutture ricettive, nonché la possibilità di rimozione del detto vincolo, dando carico alle Regioni di procedere all’individuazione delle modalità, fermo rimanendo che la detta limitazione dovesse in ogni caso venir meno “su richiesta del proprietario solo se viene comprovata la non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva e previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente percepiti e opportunamente rivalutati ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato”. La legislazione regionale delega i Comuni ad adeguare i propri strumenti urbanistici con la previsione della disciplina urbanistica delle strutture ricettive riferita in particolare a quelle esistenti e con l’individuazione delle aree specificamente destinate agli insediamenti turistico-ricettivi, tenuto conto delle linee di indirizzo della programmazione regionale. Le stesse regioni hanno introdotto, con la propria legislazione, specifici finanziamenti agevolati o contributi legati al vincolo di destinazione.

Il comma 3 stabilisce infine che le Regioni e le Province autonome adeguino i propri ordinamenti ai contenuti del decreto ministeriale che definisce i condhotel, entro un anno dalla pubblicazione del decreto stesso. Al riguardo è specificato che restano ferme, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002, recante il recepimento dell’accordo fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome sui principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.

Si ricorda che l’Accordo quadro, che ha definito i “Principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico” è stato approvato in sede di Conferenza Stato-regioni il 14 febbraio 2002, ai sensi dell’art.4 del D.Lgs. 281/1997. L’accordo è stato approvato in sede di Conferenza successivamente all’entrata in vigore della L. Cost.18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della Costituzione, a seguito della quale la materia del turismo, non contemplata tra le competenze statali, si ritiene ricompresa nella competenza residuale delle regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3 della Costituzione. Recepito con il DPCM 13 settembre 2002, l’accordo si compone di due articoli, il primo dei quali detta i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico mentre il secondo riporta i principi e gli obiettivi di sviluppo del sistema turistico. In particolare l’articolo 1, alla lettera a) stabilisce una denominazione unica a livello nazionale (IAT), per gli uffici di informazione e di accoglienza turistica. La lettera b) individua le tipologie di imprese turistiche operanti nel settore, in base all’attività svolta dalle stesse, e le attività di accoglienza non convenzionali. A tale fine, identifica le principali tipologie di attività turistiche e talune garanzie essenziali che nell’esercizio di tali attività debbono comunque essere offerte. Secondo lo stesso articolo 1 le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sono altresì competenti a definire concordemente gli standard minimi comuni di qualità delle camere d’albergo e delle unità abitative delle residenze turistico – alberghiere e delle strutture ricettive in generale (lettera d). Gli standard di queste ultime strutture valgono anche per quelle ricettive gestite senza scopo di lucro (lettera h) e per le attività di accoglienza non convenzionale (lettera i).

L’oggetto principale delle disposizioni di cui all’articolo in commento consiste nella definizione di una nuova tipologia di struttura ricettiva. Al riguardo, occorre ricordare che la riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001) ha reso il turismo una materia di competenza “esclusiva” per le Regioni ordinarie.

Con la sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo), in quanto volte all’accentramento di funzioni rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni. In particolare sono state dichiarate illegittime: la classificazione delle strutture ricettive; la classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere; la classificazione e disciplina delle strutture ricettive all’aperto; la definizione delle strutture ricettive di mero supporto nonché la disciplina degli standard qualitativi dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive.

Nonostante ciò, è necessario sottolineare che, per numerosi e rilevanti profili della disciplina del turismo, il riferimento alla legislazione statale appare tuttora preponderante.

Infatti secondo i più recenti indirizzi della Corte costituzionale, anche la competenza regionale più ampia comunque non esclude a priori la possibilità per la legge statale di attribuire funzioni amministrative al livello centrale e di regolarne l’esercizio, in base ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione (art. 118 Cost.).

In base alla giurisprudenza della Corte costituzionale nonostante la materia del turismo appartenga «alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sent. n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006), non è esclusa la possibilità «per la legge di attribuire funzioni legislative al livello statale e di regolarne l’esercizio», vista l’importanza del settore turistico per l’economia nazionale. Come ha rilevato la Corte «la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è legittima soltanto se l’intervento statale sia giustificato nel senso che, a causa della frammentazione dell’offerta turistica italiana, sia doverosa un’attività promozionale unitaria; d’altra parte, l’intervento deve essere anche proporzionato nel senso che lo Stato può attrarre su di sé non la generale attività di coordinamento complessivo delle politiche di indirizzo di tutto il settore turistico, bensì soltanto ciò che è necessario per soddisfare l’esigenza di fornire al resto del mondo un’immagine unitaria. Infine, lo Stato deve prevedere il coinvolgimento delle Regioni, non fosse altro perché la materia turismo, appartenendo oramai a tali enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, punti 8-9 diritto; sent. n. 76 del 2009, punti 2-3)».

Articolo 31-bis

(Operatività degli impianti a fune)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. I termini previsti dal paragrafo 3.1 delle norme regolamentari di cui al decreto del Ministro dei trasporti 2 gennaio 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 31 gennaio 1985, relativi alla scadenza di vita tecnica complessiva massima degli impianti a fune, non si applicano ai medesimi impianti che risultano positivi alle verifiche effettuate dai competenti uffici ministeriali secondo i criteri definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
2. Nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 1, gli impianti la cui vita tecnica, compresa l’eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, non è scaduta possono godere di una proroga di un anno, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali.
3. Possono godere dei benefìci di cui ai commi 1 e 2 anche gli impianti la cui vita tecnica, compresa l’eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, è scaduta da non oltre due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio, da parte dei competenti uffici ministeriali.

L’articolo 31-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati, al comma 1, elimina i termini della vita tecnica complessiva massima degli impianti funicolari aerei e terrestri, quando gli stessi risultano positivi alle verifiche effettuate dai competenti uffici ministeriali secondo i criteri definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

La vita tecnica è intesa come durata dell’intervallo continuativo di tempo nel corso del quale la sicurezza e la regolarità del servizio possono ritenersi garantite rispettando le medesime condizioni realizzate all’atto della prima apertura al pubblico esercizio. I termini di vita tecnici sono specificati al paragrafo 3.1 delle norme regolamentari di cui al decreto del Ministro dei trasporti 2 gennaio 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 31 gennaio 1985: 60 anni per le funivie bifune a va e vieni e funicolari terrestri su rotaie od impianti assimilabili; 40 anni per le funivie bifune e monofune con veicoli a collegamento temporaneo (se costruite ed aperte all’esercizio dopo il 1960); 40 anni per le funivie monofune con veicoli a collegamento permanente (se costruite ed aperte all’esercizio dopo il 1960); 30 anni per sciovie, ascensori, scale mobili ed impianti assimilabili.

Si rileva l’opportunità di valutare la modifica di un atto secondario con un atto avente forza di legge, sia poiché l’atto secondario avrebbe parti con diverso grado di resistenza, sia avuto riguardo al coerente utilizzo delle fonti normative.

Il menzionato paragrafo 3 del D.M. 2 gennaio 1985, prevede termini sia riguardo alla vita tecnica complessiva massima degli impianti, sia riguardo alle revisioni speciali, sia riguardo alla revisione generale. Tutti i termini di scadenza predetti sono stati oggetto di provvedimenti legislativi di proroga, da ultimo mediante l’articolo 4, comma 7, del decreto-legge150/2013(132) che la fissa ad un periodo non superiore a dodici mesi, compresi gli impianti inattivi da non più di sei mesi alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, previa verifica da parte degli organi di controllo della idoneità al funzionamento e della sicurezza degli impianti.

Il comma 2 nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 1, consente una proroga di un anno agli impianti la cui vita tecnica, compresa l’eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, non è scaduta, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali.

Il comma 3 estende i benefici di cui ai commi 1 e 2 anche gli impianti la cui vita tecnica, compresa l’eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, è scaduta da non oltre due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio, da parte dei competenti uffici ministeriali.


132) Decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”.

Articolo 32

(Marina Resort e implementazione sistema telematico centrale nautica da diporto)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di rilanciare le imprese della filiera nautica, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2014, le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, secondo i requisiti stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, rientrano nelle strutture ricettive all’aria aperta. 1. Identico.
2. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, valutati in 2 milioni di euro per l’anno 2014, si provvede mediante utilizzo delle somme versate entro il 15 luglio 2014 all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel limite di 2 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato. 2. Identico.
3. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 sono apportate le seguenti modificazioni: 3. Identico:
a) al comma 217, dopo le parole: «Il sistema include» sono inserite le seguenti: «l’ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto»; a) al comma 217, dopo le parole: «Il sistema include» sono inserite le seguenti: «l’ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto, »;
b) al comma 219, dopo le parole: «lettere b) e c)» sono inserite le seguenti: «e agli articoli 2, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 27, 29, 30, 31, 62, 63 e 65», dopo la parola: «registri», è inserita la seguente: «, uffici», e alla fine del periodo dopo la parola: «amministrative», sono aggiunte le seguenti: «, anche nell’intento di adeguare dette disposizioni al nuovo Sistema.». b) identica.

Il comma 1 equipara, per un periodo di tempo limitato, alle strutture ricettive all’aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dall’attuazione dell’aliquota ridotta derivante dall’equiparazione disposta dal comma 1, valutati in 2 milioni di euro per l’anno 2014, si provvede mediante l’utilizzo delle somme versate entro il 15 luglio 2014 all’entrata del bilancio dello Stato derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante delle concorrenza e mercato. Il comma 3 precisa, attraverso una modifica della legge di stabilità 2013 (228/2012) che il sistema telematico centrale della nautica da diporto include, oltre all’archivio telematico centrale e allo sportello telematico del diportista, anche l’ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto.

Il comma 1 equipara, per un periodo di tempo limitato, alle strutture ricettive all’aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort).

Si ricorda che una definizione delle strutture dedicate alla nautica da diporto è contenuta nel D.P.R. 509/1997(133) (art. 2). In particolare il «porto turistico», è definito come il complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente o precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari; l’«approdo turistico» è la porzione dei porti polifunzionali destinata a servire la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari; i «punti d’ormeggio», sono le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all’ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto.

L’equiparazione ha natura temporanea, in quanto ha effetto dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in commento fino al 31 dicembre 2014.

L’equiparazione inoltre deve avvenire secondo requisiti stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo.

Andrebbe al riguardo valutata l’opportunità di specificare la forma dell’atto con il quale il Ministero deve individuare i requisiti nonché i termini per l’adozione dell’atto stesso.

La definizione dei requisiti delle strutture ricettive turistiche, afferendo alla materia “turismo” rientra tra le competenze che la Costituzione attribuisce in via esclusiva alle Regioni. Con la sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo), in quanto volte all’accentramento di funzioni rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Tra le altre sono state dichiarate illegittime le disposizioni concernenti gli standard minimi di qualità dei servizi forniti dalle imprese che operano nel settore del turismo nautico, come definite dal DPR 2 dicembre 1997, n. 509, quali fondamentalmente i punti d’ormeggio, gli approdi, turistici e i posti turistici. Peraltro la giurisprudenza della Corte costituzionale nonostante la materia del turismo appartenga «alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sent. n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006), non esclude la possibilità «per la legge di attribuire funzioni legislative al livello statale e di regolarne l’esercizio», vista l’importanza del settore turistico per l’economia nazionale. Come ha rilevato la Corte «la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è legittima soltanto se l’intervento statale sia giustificato nel senso che, a causa della frammentazione dell’offerta turistica italiana, sia doverosa un’attività promozionale unitaria; d’altra parte, l’intervento deve essere anche proporzionato nel senso che lo Stato può attrarre su di sé non la generale attività di coordinamento complessivo delle politiche di indirizzo di tutto il settore turistico, bensì soltanto ciò che è necessario per soddisfare l’esigenza di fornire al resto del mondo un’immagine unitaria. Infine, lo Stato deve prevedere il coinvolgimento delle Regioni, non fosse altro perché la materia turismo, appartenendo oramai a tali enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, punti 8-9 diritto; sent. n. 76 del 2009, punti 2-3)».

Si segnala che già alcune regioni hanno disposto nel senso dell’equiparazione dei “marina resort” alle strutture ricettive all’aperto. In tal senso la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 16 gennaio, n. 2, recante Disciplina organica del turismo, come modificata dall’articolo 9 della legge regionale n. 2/2010, ha già ricompreso i “marina resort”, tra le strutture ricettive all’aria aperta, unitamente ai campeggi, ai villaggi turistici ed ai dry marina.. Inoltre analogo intervento normativo è contenuto nella legge regionale dell’Emilia Romagna n. 7 del 2014 che stabilisce “Sono marina resort le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, che posseggano i requisiti individuati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione che ne definisce altresì modalità di apertura e di esercizio, nonché la relativa classificazione”.

La principale conseguenza dell’equiparazione alle strutture ricettive turistiche all’aperto dei “marina resort” consiste nell’applicazione alle prestazioni rese ai clienti ivi alloggiati, dell’IVA agevolata al 10 per cento (concessa ai clienti alle strutture ricettive turistiche), invece dell’IVA al 22 per cento applicabile alla portualità turistica e ai servizi associati.

Il punto 120) della Tabella A, parte III allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, riconosce l’applicazione dell’aliquota del 10% alle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, ossia alberghi, motel, villaggi-albergo, residenze turistiche alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro turistici, affittacamere, case e appartamenti per vacanze, case per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed and breakfast. Nonostante la legge 17 maggio 1983, n. 217, recante “Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica”, sia stata abrogata dalla L. 29 marzo 2001, n. 135, successivamente l’art. 1, del D.P.C.M. 13 settembre 2002, recante “Recepimento dell’accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui princìpi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”, ha disposto che tutti i riferimenti alla suddetta legge, contenuti in atti normativi vigenti alla data di entrata in vigore del citato D.P.C.M. 13 settembre 2002, ove applicabili, si intendono riferiti allo stesso decreto e alle normative regionali di settore.

Si ricorda che la Mozione 1-00397 (Prodani) approvata nella seduta del 15 aprile 2014 della Camera, ha impegnato il Governo ad assumere in via prioritaria una serie di iniziative, anche normative, per favorire la ripresa e il pieno sviluppo del comparto turistico nazionale, tra le quali, in particolare, “misure urgenti per il rilancio della nautica da diporto nazionale e della relativa filiera, in modo da garantire la promozione unitaria del settore nautico-turistico in ambito nazionale ed internazionale, introducendo una classificazione delle strutture che tenga conto della diffusione di best practice ed estendendo l’iva agevolata delle strutture ricettive ai marina resort”.

Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dall’attuazione dell’aliquota ridotta, valutati in 2 milioni di euro per l’anno 2014, si provvede mediante l’utilizzo delle somme versate entro il 15 luglio 2014 all’entrata del bilancio dello Stato derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante delle concorrenza e mercato (art. 148, comma 1, L 388/2000) che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel limite di 2 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato.

Si ricorda che l’articolo 148, comma 1, L 388/2000 disciplina l’utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Più in particolare è previsto che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. Tali entrate possono essere riassegnate anche nell’esercizio successivo con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ad un apposito fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori, individuate di volta in volta con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentite le competenti Commissioni parlamentari.

Il comma 3 precisa, attraverso una modifica della legge di stabilità 2013 (228/2012) che il sistema telematico centrale della nautica da diporto include, oltre all’archivio telematico centrale e allo sportello telematico del diportista, anche l’ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto.

I commi da 217 a 222 della citata legge di stabilità 2013 hanno previsto l’istituzione del Sistema telematico centrale della nautica da diporto che, secondo tale disposizione legislativa, include un archivio telematico centrale, contenente le informazioni di carattere tecnico, giuridico, amministrativo e di conservatoria riguardanti le navi e le imbarcazioni da diporto, e lo Sportello telematico del diportista. Le modalità per l’attuazione del Sistema sono state poi rimesse a un regolamento di delegificazione, che avrebbe dovuto essere emanato entro il 2 marzo 2013. Lo schema di regolamento di attuazione del sistema telematico della nautica da diporto è stato approvato dal Consiglio dei ministri l’8 novembre 2013 e quindi trasmesso alle Camere il 18 aprile 2014, dopo avere acquisito, il 27 marzo 2014, il parere del Consiglio di Stato. Sullo schema si sono espresse le Commissioni parlamentari competenti. La procedura prevede quindi l’emanazione del regolamento con decreto del Presidente della Repubblica, non ancora avvenuta (il regolamento è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella riunione dell’8 agosto 2014).

L’articolo 2 dello schema di regolamento di attuazione del sistema telematico della nautica da diporto stabilisce che il Sistema telematico centrale della nautica da diporto sia istituito presso il Dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sia articolo nelle seguenti strutture:

  • Archivio telematico centrale delle unità da diporto (contenente le informazioni di carattere tecnico e giuridico delle unità da diporto)
  • Ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto;
  • Sportello telematico del diportista.

Lo schema di regolamento già prevede quindi che nell’articolazione del Sistema telematico sia ricompreso l’Ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto. La disposizione del comma 3 in commento sembra quindi avere la finalità di adeguare la disposizione normativa contenuta nella legge di stabilità 2013, che costituisce il fondamento giuridico per l’emanazione del regolamento, con quanto poi previsto dallo schema di regolamento di attuazione stesso, in tal senso recependo un’indicazione contenuta nel parere del Consiglio di Stato del 27 marzo 2014.

Con il comma 3 vengono inoltre specificate le norme del codice della nautica da diporto oggetto di modifica da parte del regolamento di delegificazione chiamato a disciplinare il sistema telematico centrale.

Al riguardo infatti, il parere del Consiglio di Stato sullo schema, aveva rilevato che il comma 219 dell’articolo unico della legge di stabilità 2013 autorizzava il regolamento in maniera esplicita ad apportare modifiche unicamente all’articolo 3, comma 1, lettere b) e c) del codice per la nautica da diporto (decreto legislativo n. 171/2005).


133) D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 “Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

Articolo 32-bis

(Disposizioni in materia di autotrasporto)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. All’articolo 46-bis della legge 6 giugno 1974, n. 298, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «regolamento (CEE) n. 3118/93 del Consiglio, del 25 ottobre 1993» sono sostituite dalle seguenti: «regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009».
b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Le sanzioni di cui al comma 1 si applicano nel caso di circolazione nel territorio nazionale di veicoli immatricolati all’estero qualora sia riscontrata, durante la circolazione, la non corrispondenza fra le registrazioni del tachigrafo o altri elementi relativi alla stessa circolazione e le prove documentali che devono essere fornite ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1072/2009, nonché nel caso in cui le prove stesse non siano conservate a bordo ed esibite ad ogni controllo».
2. I contributi alle imprese di autotrasporto per l’acquisizione di beni capitali, relativi all’articolo 2, comma 2, lettere c) e d), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 settembre 2007, n. 227, a valere sulle risorse finanziarie destinate al settore dell’autotrasporto dall’articolo 1, comma 89, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per l’esercizio finanziario 2014, nei limiti delle risorse finanziarie effettivamente disponibili e, comunque, non oltre complessivi 15 milioni di euro, sono fruiti mediante credito d’imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, salvo che i destinatari presentino espressa dichiarazione di voler fruire del contributo diretto. A tal fine, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede al versamento delle somme occorrenti per la regolazione contabile dei crediti da utilizzare in compensazione sulla contabilità speciale n. 1778, aperta presso la Banca d’Italia e intestata all’Agenzia delle entrate, fornendo all’Agenzia medesima gli elenchi dei beneficiari, i relativi codici fiscali e gli importi dei contributi unitari spettanti alle imprese. Il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione solo successivamente alla comunicazione dei dati di cui al periodo precedente, da eseguire secondo modalità telematiche definite d’intesa tra l’Agenzia delle entrate e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In fase di elaborazione dei modelli F24 presentati dalle imprese, l’Agenzia delle entrate verifica che l’ammontare dei crediti utilizzati in compensazione
«l-quinquies) decide sui ricorsi proposti dagli interessati avverso i provvedimenti adottati dagli uffici della motorizzazione civile in materia di iscrizione, sospensione, cancellazione e radiazione dall’albo degli autotrasportatori, nonché di applicazione delle sanzioni disciplinari. Il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato. Le decisioni del comitato centrale sono definitive e devono essere notificate al ricorrente e all’Ufficio della motorizzazione civile competente. I provvedimenti definitivi di cancellazione, radiazione e sospensione dall’albo sono comunicati al competente Ufficio della motorizzazione civile per la revoca o la sospensione dell’iscrizione all’albo degli autotrasportatori».
4. Al fine di assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata alla prevenzione delle infiltrazioni criminali e del riciclaggio del danaro derivante da traffici illegali, tutti i soggetti della filiera dei trasporti provvedono al pagamento del corrispettivo per le prestazioni rese in adempimento di un contratto di trasporto di merci su strada di cui al decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, utilizzando strumenti elettronici di pagamento, ovvero il canale bancario attraverso assegni, bonifici bancari o postali, e comunque ogni altro strumento idoneo a garantire la piena tracciabilità delle operazioni, indipendentemente dall’ammontare dell’importo dovuto. Per le violazioni di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni.

Il comma 1 reca due novelle alla legge 298/1974(134) , istitutiva dell’albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi; in particolare le novelle sono riferite all’articolo 46-bis che prevede sanzioni amministrative, fino al fermo amministrativo, in materia di cabotaggio stradale illegale da parte di veicoli immatricolati all’estero.

Il comma 1, lettera a) aggiorna il riferimento normativo al più recente regolamento comunitario 1072/2009, di rifusione dei precedenti regolamenti in materia.

Il comma 1, lettera b) aggiunge un nuovo comma 1-bis disponendo sanzioni anche all’ipotesi di circolazione sul territorio nazionale di veicoli immatricolati all’estero per i quali sia accertata durante la circolazione la non corrispondenza fra le registrazioni del tachigrafo o di altri elementi e le prove documentali che devono essere fornite in base al regolamento 1072/2009, nonché qualora queste prove non siano conservate a bordo del veicolo ed esibite.

Il comma 2 prevede che i contributi alle imprese di autotrasporto siano fruibili mediante credito d’imposta utilizzabile in compensazione, salvo dichiarazione espressa di voler usufruire del contributo diretto e senza applicazione del limite annuale all’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta previsto dalla legge finanziaria 2008 (244/2007). Si prevede inoltre che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti versi all’Agenzia delle entrate le somme occorrenti, fornendo all’Agenzia gli elenchi e i dati dei beneficiari. Tale possibilità viene poi estesa agli incentivi per la formazione professionale, utilizzabili anch’essi dietro richiesta del beneficiario come credito d’imposta, previsti dal D.P.R.227/2007(135) recante modalità di ripartizione e di erogazione del fondo per le misure di accompagnamento della riforma dell’autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica, che prevede l’erogazione di contributi alle imprese di autotrasporto, ivi comprese le imprese controllate dalle stesse, operanti nel settore delle infrastrutture di supporto all’attività di autotrasporto, per diverse iniziative ivi indicate.

Le modalità per l’erogazione dei contributi a favore delle iniziative per la formazione professionale nel settore dell’autotrasporto sono state definite con decreto del MIT 19 giugno 2014 e che con decreto del MIT del 7 luglio 2014 sono stati poi prorogati i termini previsti dal decreto ministeriale 19 giugno 2014.

Il comma 3 aggiunge una nuova lettera l-quinquies all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 284/2005(136)modificando le attribuzioni del Comitato Centrale dell’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi, che decide ricorsi contro gli Uffici della Motorizzazione civile in materia di iscrizione, sospensione, cancellazione e radiazione dall’Albo degli autotrasportatori, nonché di applicazione delle sanzioni disciplinari. Si prevede inoltre che tali ricorsi non abbiano effetto sospensivo e che siano definitive e vadano notificate al ricorrente, nonché al competente Ufficio Motorizzazione Civile nei casi di provvedimenti di radiazione, cancellazione e sospensione dall’Albo.

Il Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi, disciplinato dagli articoli 9-13 del citato decreto legislativo 284/2005 opera presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la funzione principale di provvedere alla formazione e alla pubblicazione dell’Albo nazionale degli autotrasportatori, l’iscrizione al quale è condizione necessaria per l’esercizio della professione di autotrasportatore. L’articolo 1, comma 92, della legge di stabilità 2014 (147/2013) interviene in particolare sugli articoli 9 e 10, attraverso:

  • l’introduzione di tre nuove lettere l-bis, l-ter e l-quater al comma 2 dell’articolo 9 al fine di integrare le funzioni del Comitato disciplinate da tale articolo, analogamente a quanto effettuato dal comma 3, in esame;
  • la modifica la lettera f) e la soppressione della lettera g) del comma 1 dell’articolo 10, in materia di composizione del Comitato al fine di indicare: i requisiti per le associazioni che intendano essere rappresentate nel Comitato; far venire meno il numero definito di quattro rappresentanti per tali associazioni; sopprimere il riferimento alla Consulta generale dell’autotrasporto presente alla lettera f), in quanto la Consulta è stata soppressa dall’articolo 12, comma 20, del decreto-legge 95/2012(137) .

Il comma 4 dispone che tutti i soggetti della filiera dei trasporti effettuino i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare. Si prevede inoltre l’applicazione degli obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze delle violazioni alle limitazioni all’uso del contante previste dal decreto legislativo 231/2007(138) in funzione antiriciclaggio.

L’articolo 29-bis del decreto-legge oggetto della presente scheda di lettura reca disposizioni sui requisiti per l’accesso alla professione di autotrasportatore, prevedendo il venir meno del requisito di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto qualora siano stati oggetto di un’informativa antimafia interdittiva.


134) Legge 6 giugno 1974, n. 298 “Istituzione dell’albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, disciplina degli autotrasporti di cose e istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada”.

135) Decreto del Presidente della Repubblica 27 settembre 2007, n. 227 “Regolamento recante le modalita’ di ripartizione e di erogazione del fondo per le misure di accompagnamento della riforma dell’autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica”.

136) Decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 “Riordino della Consulta generale per l’autotrasporto e del Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori”.

137) Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”.

138) Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita’ criminose e di finanziamento del terrorismo nonche’ della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”.

Articolo 33

(Bonifica ambientale e riqualificazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli – Coroglio)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Attengono alla tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione nonché ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione le disposizioni finalizzate alla bonifica ambientale e alla rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale contenute nei commi seguenti, e tra queste, in particolare, le disposizioni relative alla disciplina del procedimento di bonifica, al trasferimento delle aree, nonché al procedimento di formazione, approvazione e attuazione del programma di riqualificazione ambientale e di rigenerazione urbana, finalizzato al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana. Esse hanno l’obiettivo prioritario di assicurare la programmazione, realizzazione e gestione unitaria degli interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in tempi certi e brevi. 1. Identico.
2. Sulla base dei princìpi di sussidiarietà ed adeguatezza le funzioni amministrative relative al procedimento di cui ai seguenti commi sono attribuite allo Stato per assicurarne l’esercizio unitario, garantendo comunque la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio, funzionali al perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1. 2. Identico.
3. Le aree di rilevante interesse nazionale alle quali si applicano le disposizioni del presente articolo sono individuate con deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Alla seduta del Consiglio dei Ministri partecipano i Presidenti delle Regioni interessate. In relazione a ciascuna area di interesse nazionale così individuata è predisposto uno specifico programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana finalizzati, in particolare: 3. Identico.
a) a individuare e realizzare i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell’area;
b) a definire gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell’area;
c) a valorizzare eventuali immobili di proprietà pubblica meritevoli di salvaguardia e riqualificazione;
d) a localizzare e realizzare le opere infrastrutturali per il potenziamento della rete stradale e dei trasporti pubblici, per i collegamenti aerei e marittimi, per gli impianti di depurazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria funzionali agli interventi pubblici e privati, e il relativo fabbisogno finanziario, cui si fa fronte, per quanto riguarda la parte di competenza dello Stato, nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente.
4. Alla formazione, approvazione e attuazione del programma di risanamento ambientale e del documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana di cui al precedente comma 3, sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto Attuatore, anche ai fini dell’adozione di misure straordinarie di salvaguardia e tutela ambientale. Il Commissario e il Soggetto attuatore procedono anche in deroga agli articoli 252 e 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, per i soli profili procedimentali e non anche con riguardo ai criteri, alle modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti di inquinamento e comunque per la riduzione delle sostanze inquinanti, in armonia con i princìpi e le norme comunitarie. 4. Alla formazione, approvazione e attuazione del programma di risanamento ambientale e del documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana di cui al precedente comma 3, sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto Attuatore, anche ai fini dell’adozione di misure straordinarie di salvaguardia e tutela ambientale. Il Commissario e il Soggetto attuatore procedono anche in deroga agli articoli 252 e 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, per i soli profili procedimentali e non anche con riguardo ai criteri, alle modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti di inquinamento e comunque per la riduzione delle sostanze inquinanti, in armonia con i princìpi e le norme comunitarie e, comunque, nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sia per la progettazione sia per l’esecuzione, previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
5. Il Commissario straordinario del Governo è nominato in conformità all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Presidente della Regione interessata. Allo stesso sono attribuiti compiti di coordinamento degli interventi infrastrutturali d’interesse statale con quelli privati da effettuare nell’area di rilevante interesse nazionale di cui al comma 1, nonché i compiti di cui ai commi successivi. Agli eventuali oneri del Commissario si fa fronte nell’ambito delle risorse del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 5. Identico.
6. Il Soggetto Attuatore è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel rispetto dei princìpi europei di trasparenza e di concorrenza. Ad esso compete l’elaborazione e l’attuazione del programma di risanamento e rigenerazione di cui al comma 3, con le risorse disponibili a legislazione vigente per la parte pubblica. Lo stesso opera altresì come stazione appaltante per l’affidamento dei lavori di bonifica ambientale e di realizzazione delle opere infrastrutturali. In via straordinaria, per l’espletamento di tutte le procedure ad evidenza pubblica di cui al presente articolo i termini previsti dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ad esclusione di quelli processuali, sono dimezzati. 6. Identico.
7. Al fine di conseguire celermente gli obiettivi di cui al comma 1, le aree di interesse nazionale di cui al medesimo comma sono trasferite al Soggetto attuatore, secondo le modalità stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 6. 7. Identico.
8. Il Soggetto Attuatore, entro il termine indicato nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 6, trasmette al Commissario straordinario di Governo la proposta di programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana di cui al comma 3, corredata dallo specifico progetto di bonifica degli interventi sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, dal cronoprogramma di svolgimento dei lavori di cui all’articolo 242-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, da uno studio di fattibilità territoriale e ambientale, dalla valutazione ambientale strategica (VAS) e dalla valutazione di impatto ambientale (VIA), nonché da un piano economico-finanziario relativo alla sostenibilità degli interventi previsti, contenente l’indicazione delle fonti finanziarie pubbliche disponibili e dell’ulteriore fabbisogno necessario alla realizzazione complessiva del programma. La proposta di programma e il documento di indirizzo strategico dovranno altresì contenere la previsione urbanistico-edilizia degli interventi di demolizione e ricostruzione e di nuova edificazione e mutamento di destinazione d’uso dei beni immobili, comprensivi di eventuali premialità edificatorie, la previsione delle opere pubbliche o d’interesse pubblico di cui al comma 3 e di quelle che abbiano ricaduta a favore della collettività locale anche fuori del sito di riferimento, i tempi ed i modi di attuazione degli interventi con particolare riferimento al rispetto del principio di concorrenza e dell’evidenza pubblica e del possibile ricorso da parte delle amministrazioni pubbliche interessate all’uso di modelli privatistici e consensuali per finalità di pubblico interesse. 8. Identico.
9. Il Commissario straordinario di Governo, ricevuta la proposta di cui al comma 8, convoca immediatamente una conferenza di servizi al fine di ottenere tutti gli atti di assenso e di intesa da parte delle amministrazioni competenti. La durata della conferenza, cui partecipa altresì il Soggetto Attuatore, non può superare il termine di 30 giorni dalla sua indizione, entro il quale devono essere altresì esaminati il progetto di bonifica, il cronoprogramma di svolgimento dei lavori di cui all’art. 242-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, la valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale. Se la Conferenza non raggiunge un accordo entro il termine predetto, provvede il Consiglio dei Ministri anche in deroga alle vigenti previsioni di legge. Alla seduta del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Regione interessata. 9. Identico.
10. Il programma di rigenerazione urbana, da attuarsi con le risorse disponibili a legislazione vigente, è adottato dal Commissario straordinario del Governo, entro 10 giorni dalla conclusione della conferenza di servizi o dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri di cui al comma 9, ed è approvato con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. L’approvazione del programma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, fermo restando il riconoscimento degli oneri costruttivi in favore delle amministrazioni interessate. Costituisce altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori. Il Commissario straordinario del Governo vigila sull’attuazione del programma ed esercita i poteri sostitutivi previsti dal programma medesimo. 10. Il programma di rigenerazione urbana, da attuarsi con le risorseumane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, è adottato dal Commissario straordinario del Governo, entro 10 giorni dalla conclusione della conferenza di servizi o dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri di cui al comma 9, ed è approvato con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. L’approvazione del programma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, fermo restando il riconoscimento degli oneri costruttivi in favore delle amministrazioni interessate. Costituisce altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori. Il Commissario straordinario del Governo vigila sull’attuazione del programma ed esercita i poteri sostitutivi previsti dal programma medesimo.
11. Considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio sito nel Comune di Napoli, perimetrate ai sensi dell’art. 114 della legge n. 388 del 2000 con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del maredel 31 agosto 2001, le stesse sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti di cui ai precedenti commi. 11. Considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio sito nel Comune di Napoli, perimetrate ai sensi dell’art. 114 della legge n. 388 del 2000 con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 31 agosto 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2001, le stesse sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti di cui ai precedenti commi.
12. In riferimento al predetto comprensorio Bagnoli-Coroglio, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 6 è trasferita al Soggetto Attuatore, con oneri a carico del medesimo, la proprietà delle aree e degli immobili di cui è attualmente titolare la società Bagnoli Futura S.p.A. in stato di fallimento. Il Soggetto Attuatore costituisce allo scopo una società per azioni, il cui capitale azionario potrà essere aperto ad altri soggetti che conferiranno ulteriori aree ed immobili limitrofi al comprensorio di Bagnoli-Coroglio meritevoli di salvaguardia e riqualificazione, previa autorizzazione del Commissario straordinario del Governo. Alla procedura fallimentare della società Bagnoli Futura S.p.A. è riconosciuto dalla società costituita dal Soggetto Attuatore un importo determinato sulla base del valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti rilevato dall’Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprietà, che potrà essere versato mediante azioni o altri strumenti finanziari emessi dalla società, il cui rimborso è legato all’incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo le modalità indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore. La trascrizione del decreto di nomina del Soggetto Attuatore produce gli effetti di cui all’articolo 2644, secondo comma, del codice civile. Successivamente alla trascrizione del decreto e alla consegna dei titoli, tutti i diritti relativi alle aree e agli immobili trasferiti, ivi compresi quelli inerenti alla procedura fallimentare della società Bagnoli Futura S.p.A., sono estinti e le relative trascrizioni cancellate. La trascrizione del decreto di nomina del Soggetto Attuatore e degli altri atti previsti dal presente comma e conseguenti sono esenti da imposte di registro, di bollo e da ogni altro onere ed imposta. 12. Identico.
13. Per il comprensorio Bagnoli-Coroglio, il Soggetto Attuatore e la società di cui al comma 12 partecipano alle procedure di definizione e di approvazione del programma di rigenerazione urbana e di bonifica ambientale, al fine di garantire la sostenibilità economica-finanziaria dell’operazione. 13. Identico.
13-bis. Il programma di rigenerazione urbana, predisposto secondo le finalità di cui al comma 3 del presente articolo, deve garantire la piena compatibilità e il rispetto dei piani di evacuazione aggiornati a seguito della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2014, pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 2014.
13-ter. Ai fini della definizione del programma di rigenerazione urbana, il Soggetto Attuatore acquisisce in fase consultiva le proposte del comune di Napoli, con le modalità e nei termini stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 6. Il Soggetto Attuatore esamina le proposte del comune di Napoli, avendo prioritario riguardo alle finalità del redigendo programma di rigenerazione urbana e alla sua sostenibilità economico-finanziaria. Il comune di Napoli può chiedere, nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 9, la rivalutazione delle sue eventuali proposte non accolte. In caso di mancato accordo si procede ai sensi del terzo periodo del comma 9.
13-quater. Il Commissario straordinario di Governo, all’esito della procedura di mobilità di cui all’articolo 1, commi 563 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, verifica i fabbisogni di personale necessari per le attività di competenza del Soggetto Attuatore ovvero della società da quest’ultimo costituita e assume ogni iniziativa utile al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori facenti capo alla società Bagnoli Futura Spa alla data della dichiarazione di fallimento.

L’articolo 33, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, detta una disciplina speciale per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate sulla base di una delibera del Consiglio, e detta specifiche disposizioni per la realizzazione di tali interventi nel comprensorio Bagnoli-Coroglio (commi 1-10), che viene dichiarato dallo stesso articolo area di rilevante interesse nazionale (commi 11-12).

La bonifica ambientale e la rigenerazione urbana per aree territoriali di rilevante interesse nazionale

L’articolo 33, comma 3, prevede l’adozione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate con delibera del Consiglio dei Ministri, a cui partecipano i Presidenti delle Regioni interessate, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Il comma 1, privo di contenuto precettivo, dichiara che le disposizioni previste nell’articolo attengono alle materie riguardanti la tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) e ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m) Cost.), entrambe assegnate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, al fine di assicurare la programmazione, la realizzazione e la gestione unitaria dei predetti interventi.

In relazione a ciascuna area di interesse nazionale individuata con la delibera del Consiglio dei ministri sono predisposti uno specifico programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana finalizzati a:

  1. individuare i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell’area;
  2. definire gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell’area;
  3. valorizzare gli eventuali immobili di proprietà pubblica meritevoli di salvaguardia e riqualificazione;
  4. localizzare e realizzare le opere infrastrutturali per il potenziamento della rete stradale e dei trasporti pubblici, per i collegamenti aerei e marittimi, per gli impianti di depurazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria funzionali agli interventi pubblici e privati, e il relativo fabbisogno finanziario.

Alla formazione, all’approvazione e all’attuazione dei due predetti documenti sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto attuatore, che procedono anche in deroga agli articoli 252 e 252-bis del D.Lgs, 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), che disciplinano gli interventi di bonifica e la realizzazione degli accordi di programma per la messa in sicurezza e la riconversione industriale e sviluppo economico dei siti di interesse nazionale, ma solo per i profili procedimentali. Resta ferma pertanto la disciplina contenuta nei predetti articoli per tutto quanto attiene i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie a ridurre l’inquinamento (comma 4).

La Camera dei deputati ha modificato il comma 4, prevedendo che il Commissario straordinario del Governo e il Soggetto attuatore devono comunque operare nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sia per la progettazione che per l’esecuzione dei lavori, previste dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163 del 2006.

L’art. 54 del d.lgs. 163/2006 prevede che, per l’individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l’affidamento di un contratto pubblico, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo.

Le competenze del Commissario straordinario e del Soggetto Attuatore

Il Commissario straordinario, nominato – in base alla procedura disciplinata dall’articolo 11 della legge n. 400 del 1988 – con D.P.R., su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Presidente della Regione interessata, coordina gli interventi infrastrutturali pubblici e privati dell’area di rilevante interesse nazionale. Gli eventuali oneri derivanti dall’attività del Commissario sono a carico delle risorse del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 5).

Ai sensi del comma 6, il Soggetto Attuatore, nominato con un D.P.C.M., elabora e attua il programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente,

Il soggetto attuatore svolge compiti di stazione appaltante per l’affidamento dei lavori previsti e opera in deroga alle procedure ad evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 quanto al dimezzamento dei termini ivi previsti per l’espletamento di dette procedure con l’esclusione di quelli processuali.

Al soggetto attuatore sono trasferite le aree di interesse nazionale secondo le modalità stabilite dal decreto di nomina (comma 7).

La proposta di programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana

La proposta di programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana contiene (comma 8):

  • lo specifico progetto di bonifica degli interventi sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito;
  • il cronoprogramma di svolgimento dei lavori indicati dalla procedura semplificata per le operazioni di bonifica dei siti contaminati (articolo 242-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006);
  • uno studio di fattibilità territoriale e ambientale;
  • la valutazione ambientale strategica (VAS) e la valutazione di impatto ambientale (VIA);
  • un piano economico-finanziario relativo alla sostenibilità degli interventi previsti, con l’indicazione delle fonti finanziarie pubbliche disponibili e dell’ulteriore fabbisogno necessario alla realizzazione complessiva del programma.

Il Soggetto Attuatore, entro il termine indicato nel decreto di nomina, trasmette al Commissario straordinario di Governo la proposta di programma e il documento di indirizzo strategico, che dovranno altresì indicare:

  • la previsione urbanistico-edilizia degli interventi di demolizione e ricostruzione e di nuova edificazione e mutamento di destinazione d’uso dei beni immobili, comprensivi di eventuali premialità edificatorie;
  • la previsione delle opere pubbliche o d’interesse pubblico da realizzare e di quelle che abbiano ricaduta a favore della collettività locale anche fuori del sito di riferimento;
  • i tempi ed i modi di attuazione degli interventi con particolare riferimento al rispetto del principio di concorrenza e dell’evidenza pubblica e del possibile ricorso da parte delle amministrazioni pubbliche interessate all’uso di modelli privatistici e consensuali per finalità di pubblico interesse.

La conferenza di servizi

Il Commissario straordinario di Governo, ricevuta la proposta di risanamento ambientale e rigenerazione urbana, convoca immediatamente una conferenza di servizi, al fine di ottenere tutti gli atti di assenso e di intesa da parte delle amministrazioni competenti.

La conferenza, a cui partecipa anche il Soggetto Attuatore, entro 30 giorni dalla sua convocazione, esamina il progetto di bonifica, il cronoprogramma di svolgimento dei lavori di bonifica del sito, la valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale.

In caso di mancato accordo in sede di Conferenza entro il termine predetto, il Consiglio dei Ministri, a cui partecipa anche il Presidente della Regione interessata, è autorizzato a deliberare l’adozione del suddetto programma, anche in deroga alle vigenti previsioni di legge (comma 9).

L’adozione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana

Il programma di rigenerazione urbana, da attuarsi con le risorse disponibili a legislazione vigente, e’ adottato dal Commissario straordinario, entro 10 giorni dalla conclusione della conferenza di servizi o dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri, ed è approvato con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (comma 10).

L’approvazione del programma:

  • sostituisce a tutti gli effetti gli atti amministrativi (autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta, i pareri e assensi) previsti dalla legislazione vigente, fermo restando il riconoscimento degli oneri costruttivi in favore delle amministrazioni interessate;
  • costituisce variante urbanistica automatica;
  • comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori.

Il Commissario straordinario vigila sull’attuazione del programma ed esercita i poteri sostitutivi previsti dal programma medesimo.

L’area di rilevante interesse nazionale di Bagnoli-Coroglio

Le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio, sito nel Comune di Napoli, perimetrate, per interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale (art.114, comma 24 della legge n. 388 del 2000), con decreto del Ministro dell’ambiente del 31 agosto 2001, sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti delle disposizioni di cui ai precedenti commi (comma 11).

Per il comprensorio Bagnoli-Coroglio, il Soggetto Attuatore e la società per azioni costituita ai sensi del comma 12 partecipano alle procedure di definizione e di approvazione del programma di rigenerazione urbana e di bonifica ambientale, al fine di garantire la sostenibilità economica-finanziaria dell’operazione (comma 13).

L’area di Napoli Bagnoli-Coroglio, individuata come area di intervento di bonifica di interesse nazionale dall’art. 114, comma 24 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), e perimetrata dal decreto ministeriale del 31 agosto 2001, è sottoposta alla procedura di bonifica di cui all’articolo 242 attribuita alla competenza del Ministero dell’Ambiente, come prevede l’art. 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

In conseguenza dell’art. 36-bis, comma 3, del D.L. 83 del 2012, che stabilisce che, su richiesta della Regione interessata, con decreto del Ministro dell’Ambiente, sentiti gli enti locali interessati, si consente la ridefinizione del perimetro dei siti di interesse nazionale, fermo restando che rimangono di competenza regionale le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica della porzione di siti che, all’esito di tale ridefinizione, esuli dal sito di interesse nazionale, l’area Napoli Bagnoli-Coroglio è stata riperimetrata con il D.M. 8 agosto 2014.

L’art. 1 del D.M. 8 agosto 2014 ridefinisce il perimetro del Sito di Interesse Nazionale di Napoli Bagnoli-Coroglio alle seguenti aree a terra: aree ex industriali (ex Ilva ed ex Eternit) ed aree ad esse immediatamente limitrofe, area ex discarica di Cavone degli Sbirri, nonché aree ex Cementir (compresa l’area di cui alla nota della Direzione generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche del Ministero dell’Ambiente del 15 aprile 2014 con protocollo n. 10890/TRI, Fondazione IDIS) e area di colmata; nonché agli arenili a nord e a sud della colmata e all’area marina già inclusa nella perimetrazione di cui al citato D.M. 31 agosto 2001.

L’art. 2 del D.M. 8 agosto 2014 stabilisce che per tutte le aree ricomprese finora nella perimetrazione del Sito di Interesse Nazionale di bonifica di Napoli Bagnoli-Coroglio e non incluse nella nuova perimetrazione, la Regione Campania subentra al Ministero dell’Ambiente nella titolarità dei relativi procedimenti ai sensi del citato art. 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Il trasferimento della proprietà del comprensorio Bagnoli-Coroglio

La proprietà delle aree e degli immobili del comprensorio Bagnoli-Coroglio appartenenti alla società Bagnoli Futura S.p.A. in stato di fallimento, è trasferita, con il medesimo D.P.C.M. di nomina, al Soggetto Attuatore, con oneri a carico del medesimo Soggetto attuatore (comma 12).

A tale scopo è prevista:

  1. una società per azioni, costituita dal Soggetto Attuatore, con capitale azionario aperto ad altri soggetti per il conferimento di altre aree ed immobili limitrofi al medesimo comprensorio di Bagnoli-Coroglio, meritevoli di salvaguardia e riqualificazione, previa autorizzazione del Commissario straordinario del Governo;
  2. il riconoscimento di un importo alla societa’ Bagnoli Futura S.p.A, determinato sulla base del valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti rilevato dall’Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprietà;
  3. il versamento dell’importo mediante azioni o altri strumenti finanziari emessi dalla società, con rimborso legato all’incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo modalità indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore.

La trascrizione del decreto di nomina del Soggetto Attuatore produce effetti anche verso diritti sugli immobili acquistati anteriormente da terzi (articolo 2644, secondo comma, del codice civile).

Tale norma enuncia la regola generale secondo cui chi ha trascritto per primo è tutelato dalle eventuali pretese di chi, pur avendo acquistato in data anteriore lo stesso diritto, ha eseguito la trascrizione in data successiva.

Successivamente alla trascrizione del suddetto decreto e alla consegna dei titoli, tutti i diritti relativi alle aree e agli immobili trasferiti, ivi compresi quelli inerenti alla procedura fallimentare della societa’ Bagnoli Futura S.p.A., sono estinti e le relative trascrizioni cancellate.

La trascrizione del decreto di nomina del Soggetto Attuatore e degli altri atti previsti dal presente comma e conseguenti sono esenti da imposte di registro, di bollo e da ogni altro onere ed imposta (comma 12).

Il comune di Napoli, sulla base del disposto dell’articolo 114, comma 19 della citata legge n. 388 del 2000 (Finanziaria 2001), ha acquisito, la proprietà delle aree oggetto degli interventi di bonifica; successivamente, con la costituzione nel 2002 della Bagnolifutura S.p.A., Società di Trasformazione Urbana (STU), ai sensi dell’art. 120 del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico ordinamento enti locali), il comune di Napoli, ha conferito le medesime aree alla STU, la cui missione era, tra l’altro, quella della progettazione e de la realizzazione di interventi di trasformazione previsti dal PUE Bagnoli-Coroglio, oltre che la bonifica delle aree.

Recenti informazioni sono state fornite nel corso dello svolgimento dell’ interrogazione n. 3-01190 nella seduta del 17 settembre 2014 presso la 13° commissione Ambiente del Senato.

La Camera dei deputati nel corso dell’esame ha aggiunto i commi 13-bis, 13-ter e 13-quater.

Il comma 13-bis, prevede l’obbligo per il programma di rigenerazione urbana, predisposto secondo le finalità del comma 3 dell’articolo 33, di garantire la piena compatibilità e il rispetto dei piani di evacuazione, aggiornati secondo la direttiva del Presidente del Consiglio del 14 febbraio 2014, recante disposizioni per l’aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio. La disposizione sembrerebbe, pertanto, riferirsi, anche se non espressamente, all’area di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli-Coroglio considerato peraltro che la disposizione si aggiunge ai commi 11-13, che disciplinano tale area.

Il comma 13-ter, è finalizzato a consentire la partecipazione del comune di Napoli alla definizione del programma di rigenerazione urbana dell’area di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli-Coroglio. In particolare, si prevede che il Soggetto attuatore acquisisca in fase consultiva le proposte del comune di Napoli, secondo le modalità stabilite dal previsto D.P.C.M. di nomina dello stesso Soggetto attuatore, e le esamini con riguardo prioritariamente alle finalità previste dallo stesso programma e alla sua sostenibilità economico-finanziaria. In caso di non accoglimento delle proposte del comune di Napoli, il comune medesimo può chiedere che le proposte siano nuovamente valutate nell’ambito della conferenza di servizi, di cui al comma 9 dell’articolo 33, e, in caso di mancato accordo, provvede il Consiglio dei ministri, ai sensi del penultimo periodo del medesimo comma 9, anche in deroga alle vigenti previsioni di legge.

Il comma 13-quater affida al Commissario straordinario di Governo la verifica del fabbisogno di personale necessario per le attività di competenza del Soggetto attuatore, o della società da questo costituita, ed assume ogni iniziativa utile al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori facenti capo alla Bagnoli Spa alla data di dichiarazione di fallimento. La verifica dei fabbisogni del personale, da parte del Commissario straordinario, avviene al termine della procedura prevista dalla L. 147/2013, art. 1, c. 563 e ss., che concerne la mobilità di personale tra società partecipate dalle PP.AA. (di cui all’art. 1, c. 2, del d.lgs. 165/2001): queste possono (per le finalità indicate nei co. 564 e 565), sulla base di un accordo tra di esse, realizzare, senza consenso del lavoratore, processi di mobilità di personale, previa informativa alle rappresentanze sindacali (la mobilità non può comunque avvenire tra le suddette società e le pubbliche amministrazioni).

Articolo 33-bis

(Interventi di bonifica da amianto da realizzare nei territori compresi nel Sito di Interesse Nazionale di “Casale Monferrato”)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Nell’anno 2015 le spese per interventi di bonifica da amianto effettuati dal comune di Casale Monferrato, nel perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di «Casale Monferrato», a valere e nei limiti dei trasferimenti erogati nel medesimo anno dalla regione Piemonte, nonché i trasferimenti stessi, sono esclusi dal patto di stabilità interno del medesimo comune.

L’articolo 33-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è volto ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno del comune di Casale Monferrato per l’anno 2015, le spese sostenute per gli interventi di bonifica dell’amianto da realizzare nei territori compresi nel sito di bonifica di interesse nazionale di “Casale Monferrato”, già sede di produzione di amianto e di beni in amianto.

L’esclusione opera a valere e nei limiti dei trasferimenti erogati nel medesimo anno dalla regione Piemonte.

Articolo 34

(Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel corso di attività di messa in sicurezza e di bonifica)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al comma 1-bis dell’articolo 48 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo le parole «ai sensi dell’articolo 62, comma 1», sono aggiunte le seguenti: «nonché nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,». 1. Identico.
2. All’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 1, è inserito il seguente: 2. Identico.
«1-bis. Il comma 1 non è applicabile al requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.».
3. All’articolo 57 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, al comma 2, lettera c), dopo le parole: «nella misura strettamente necessaria», sono inserite le seguenti: «, nei casi urgenti di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o». 3. Identico.
4. All’articolo 70 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, al comma 11, dopo le parole: «termini minimi previsti dal presente articolo», sono inserite le seguenti: «, nonché nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,»; 4. Identico.
5. All’articolo 132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni: 5. Identico.
a) al comma 1, dopo la lettera e), è aggiunta la seguente: a) identica;
«e-bis) nei casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.»;
b) al comma 3, dopo le parole: «siano contenuti entro un importo», sono aggiunte le seguenti: «non superiore al 20 per cento per i lavori di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati,». b) al comma 3, dopo le parole: «siano contenuti entro un importo», sono aggiunte le seguenti: «non superiore al 10 per cento per i lavori di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati,».
6. All’articolo 203 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, al comma 3, dopo le parole «alle disposizioni di tutela di beni culturali,» sono inserite le seguenti: «nonché nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati,». 6. Identico.
7. Nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudicano né interferiscono con il completamento e l’esecuzione della bonifica, né determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area. 7. Nei siti inquinati di proprietà di enti territoriali, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati, con esclusione dal patto di stabilità interno, interventi e opere di bonifica, interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari a condizione che detti interventi realizzino opere di pubblico interesse enon pregiudichino il completamento e l’esecuzione della bonifica, néinterferiscano con esso,determinino rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area.
7-bis. All’articolo 242, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per la selezione delle tecnologie di bonificain situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all’individuazione dei parametri di progetto necessari per l’applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali»; al secondo periodo, le parole: «di cui al periodo precedente» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al primo periodo».
8. Ai fini dell’applicazione del comma 1 sono rispettate le seguenti procedure e modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni movimentati: 8. Ai fini dell’applicazione del comma 7 sono rispettate le seguenti procedure e modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni movimentati:
a) nel caso in cui non sia stata ancora realizzata la caratterizzazione dell’area oggetto dell’intervento, è analizzato un numero significativo di campioni di suolo e sottosuolo insaturo prelevati da stazioni di misura rappresentative dell’estensione dell’opera e del quadro ambientale conoscitivo. I punti di campionamento e analisi devono interessare per ogni stazione il campione di suolo superficiale, puntuale, il campione medio rappresentativo del primo metro di profondità, il campione puntuale del fondo scavo, nonché eventuali livelli di terreno che presentino evidenza organolettica di contaminazione. Il piano di dettaglio della caratterizzazione, comprensivo della lista degli analiti da ricercare è concordato con l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente territorialmente competente che si pronuncia entro il termine perentorio di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito e dell’intervento. Il proponente, trenta giorni prima dell’avvio dei lavori, trasmette agli Enti interessati il Piano di caratterizzazione definitivo, comprensivo del piano operativo degli interventi previsti e di un dettagliato cronoprogramma con l’indicazione della data di inizio dei lavori; a) identica;
b) in presenza di attività di messa in sicurezza operativa già in essere, il proponente, in alternativa alla caratterizzazione di cui alla lettera a), previa comunicazione all’ARPA da effettuarsi con almeno quindici giorni di anticipo, può avviare la realizzazione degli interventi e delle opere. Al termine dei lavori, l’interessato assicura il ripristino delle opere di messa in sicurezza operativa; b) identica;
c) le attività di scavo sono effettuate con le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee. Le eventuali fonti attive di contaminazione, quali rifiuti o prodotto libero, rilevate nel corso delle attività di scavo, sono rimosse e gestite nel rispetto delle norme in materia di gestione rifiuti. I terreni e i materiali provenienti dallo scavo sono gestiti nel rispetto dei commi 3 e 4. c) identica.
9. Il riutilizzo in situ dei materiali prodotti dagli scavi è sempre consentito se ne è garantita la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo. 9. Identico.
10. I terreni non conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo, ma inferiori alle concentrazioni soglia di rischio, possono essere riutilizzati in situ con le seguenti prescrizioni: 10. Identico.
a) le concentrazioni soglia di rischio, all’esito dell’analisi di rischio, sono preventivamente approvate dall’autorità ordinariamente competente, mediante convocazione di apposita conferenza di servizi. I terreni conformi alle concentrazioni soglia di rischio sono riutilizzati nella medesima area assoggettata all’analisi di rischio;
b) qualora ai fini del calcolo delle concentrazioni soglia di rischio non sia stato preso in considerazione il percorso di lisciviazione in falda, l’utilizzo dei terreni scavati è consentito solo se nell’area di riutilizzo sono attivi sistemi di barrieramento fisico o idraulico di cui siano comprovate l’efficienza e l’efficacia.
10-bis. All’articolo 242-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «La caratterizzazione e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle procedure di approvazione di cui agli articoli 242 e 252, bensì a controllo ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo per la verifica del conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli per la specifica destinazione d’uso»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Qualora il progetto di bonifica di cui al comma 1 riguardi un sito di estensione superiore a 15.000 metri quadrati, esso può essere attuato in non più di tre fasi, ciascuna delle quali è soggetta al termine di esecuzione di cui al comma 2. Nel caso di bonifica di un sito avente estensione superiore a 400.000 metri quadrati, il numero delle fasi o dei lotti funzionali in cui si articola il progetto è stabilito dallo specifico crono-programma ivi annesso, la cui definizione deve formare oggetto di intesa con l’autorità competente. Il crono-programma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e messa in sicurezza relativi all’intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda».
10-ter. Per gli affidamenti comunque definiti e denominati di lavori e servizi attinenti alla materia delle bonifiche ambientali, all’ente o all’autorità procedente è fatto obbligo di pubblicare nel proprio sito web il curriculum del soggetto affidatario e l’ultima visura camerale disponibile relativa allo stesso.

L’articolo 34, modificato nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, contiene una serie di disposizioni applicabili nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, che perseguono due distinte finalità. Una prima finalità, perseguita dai commi 1-6, è quella di semplificazione e accelerazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e di esecuzione degli stessi, operata mediante una serie di modifiche al D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).

Una seconda finalità, perseguita dal comma 7, è quella di consentire l’effettuazione, nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica, di una serie di interventi (interventi richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; manutenzione di impianti e infrastrutture; opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e altre opere lineari di pubblico interesse), alle condizioni indicate dal medesimo comma. I successivi commi 8, 9 e 10 introducono disposizioni volte a disciplinare, in dettaglio, le modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni/materiali movimentati.

Il comma 7-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera, integra la disciplina ordinaria in materia di bonifiche dettata dall’art. 242 del cd. Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) stabilendo che, per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione, in scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, inoltre, sono stati inseriti i commi 10-bis, che modifica in più punti la procedura semplificata per le operazioni di bonifica e 10-ter, che per gli affidamenti attinenti le bonifiche ambientali prevede l’obbligo di pubblicazione sul sito web dell’ente procedente.

Contratti pubblici relativi alla bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati

Requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento

Il comma 1 è finalizzato ad accelerare, nell’ambito delle procedure “ad invito” per l’aggiudicazione di contratti relativi alla bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati, la fase di verifica dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel bando di gara, prevedendo la presentazione, già in sede di offerta, della documentazione indicata nel bando (modifica del comma 1-bis dell’art. 48 del D.Lgs. 163/2006).

Il comma 2 non consente il ricorso all’istituto dell’avvalimento ai fini della dimostrazione del possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali (nuovo comma 1-bis dell’art. 49 del D.Lgs. 163/2006).

Si ricorda che ai sensi dell’art. 212, comma 5, del D.Lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), l’iscrizione al citato Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.

Accelerazione/semplificazione delle procedure di affidamento

Il comma 3 aggiunge i casi urgenti di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati tra le ipotesi in cui è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara (modifica della lettera c) del comma 2 dell’art. 57 del D.Lgs. 163/2006).

Il comma 4 consente alle stazioni appaltanti, nelle procedure ristrette e in quelle negoziate con pubblicazione del bando relative alla bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati, la possibilità di stabilire termini di ricezione delle domande di partecipazione e delle offerte abbreviati rispetto a quelli ordinari (modifica del comma 11 dell’art. 70 del D.Lgs. 163/2006).

Varianti in corso d’opera

Il comma 5, lettera a), aggiunge i casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati tra le ipotesi (tassativamente indicate dall’art. 132, comma 1, del Codice dei contratti pubblici) in cui, sentito il progettista e il direttore dei lavori, possono essere ammesse le varianti in corso d’opera.

Si fa notare che rispetto ai commi precedenti, dove si utilizzava sempre l’espressione “bonifica e messa in sicurezza”, nella presente lettera si utilizza la doppia congiunzione e/o.

Un’ulteriore modifica all’art. 132 del Codice viene operata dal comma 5, lettera b), secondo cui, nel caso di lavori di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, non sono considerati varianti in corso d’opera gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio che siano contenuti entro un importo non superiore al 20%.

La Camera dei deputati ha modificato il comma 5, lettera b), al fine di ridurre dal 20% al 10% l’importo entro il quale gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio non configurano, nel caso di lavori di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, varianti in corso d’opera.

La soglia prevista per i lavori di bonifica/messa in sicurezza viene quindi allineata a quella contemplata dalla normativa vigente per i lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro. Per tutti gli altri lavori delle categorie di lavoro dell’appalto la soglia è invece fissata al 5% (art. 132, comma 3, del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163/2006).

Appalto integrato

In base al comma 6, nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, il contratto di appalto che prevede l’affidamento sulla base di un progetto preliminare o definitivo può comprendere oltre all’attività di esecuzione, quella di progettazione successiva al livello previsto a base dell’affidamento laddove ciò venga richiesto da particolari complessità, avendo riguardo alle risultanze delle indagini svolte.

Si osserva che tale disposizione viene inserita tramite una modifica all’art. 203, cioè all’interno del capo II (che disciplina i contratti relativi ai beni culturali) del Titolo IV della Parte II del codice dei contratti.

Realizzazione di opere ed interventi nei siti inquinati e relative modalità

Il comma 7 consente l’effettuazione, nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica:

  • interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • interventi e opere di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative;
  • opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse.

La Camera dei deputati ha sostituito il comma 7 con la finalità di restringere l’applicazione della norma ai soli siti inquinati di proprietà di enti territoriali e, per tali siti, di prevedere l’esclusione dal patto di stabilità interno per le spese connesse alla realizzazione degli interventi ivi contemplati .

Il testo vigente del comma 7 è finalizzato a consentire l’effettuazione di interventi e opere di vario genere, ma non di bonifica (interventi/opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; manutenzioni di impianti e infrastrutture; opere lineari), nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica.

Il nuovo testo del comma 7 restringe l’applicazione della norma ai siti inquinati di cui sopra di proprietà di enti territoriali.

Il novero degli interventi viene però ampliato al fine di ricomprendervi anche gli interventi e le opere di bonifica.

Si fa presente che i commi 8, 9 e 10 dell’articolo 34 dettano una disciplina semplificata per le procedure di caratterizzazione e per le attività di scavo ed il riutilizzo dei materiali scavati, che si applicano agli interventi contemplati dal comma 7. L’inclusione degli interventi e delle opere di bonifica, nel novero degli interventi di cui al comma 7, sembra estendere, pertanto, a tali interventi una nuova procedura semplificata per le operazioni di bonifica rispetto a quella semplificata recentemente introdotta dal D.L. 91/2014 (nuovo art. 242-bis del d.lgs. 152/2006).

Il nuovo testo del comma 7 stabilisce poi che, qualora i citati interventi realizzino opere di pubblico interesse (condizione che viene aggiunta a quelle già contemplate dal testo vigente) allora gli stessi possono essere esclusi dal patto di stabilità interno.

La finalità di tale norma è analoga a quella contenuta nell’art. 18, comma 1, lettera n), numero 3) dell’A.S. 958 (ddl di semplificazione presentato nel 2013).

Lo stesso comma pone le seguenti condizioni per l’effettuazione degli interventi e delle opere, che devono essere realizzati secondo modalità e tecniche:

  • che non pregiudicano né interferiscono con il completamento e l’esecuzione della bonifica;
  • e che non determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area.

Il comma 7-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera, integra la disciplina ordinaria in materia di bonifiche dettata dall’art. 242 del cd. Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) stabilendo che, per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione, in scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative. Tale applicazione può essere anche finalizzata all’individuazione dei parametri di progetto necessari per l’applicazione a piena scala. Viene posta la condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza in termini di rischi sanitari e ambientali (le disposizioni in esame vengono aggiunte dopo il primo periodo del comma 7 del citato art. 242).

I commi 8, 9 e 10 introducono disposizioni volte a disciplinare, in dettaglio, le modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni/materiali movimentati, ai fini della realizzazione degli interventi consentiti dal comma 7.

Il comma 8nel quale la Camera dei deputati ha corretto l’erroneo riferimento al comma 1 dell’articolo 34, sostituendolo con l’appropriato riferimento al comma 7 – :

  • alla lettera a), disciplina le modalità di effettuazione della caratterizzazione, qualora la stessa non sia stata ancora eseguita con riferimento all’area oggetto dell’intervento di cui al comma 7;
  • alla lettera b), consente – in alternativa alla caratterizzazione disciplinata dalla lettera precedente – l’avvio della realizzazione degli interventi, qualora sia in essere l’attività di messa in sicurezza operativa;
  • alla lettera c), disciplina le modalità di esecuzione delle attività di scavo (che devono essere condotte con le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee) e di gestione dei terreni/materiali provenienti dallo scavo (in proposito viene prevista la rimozione delle fonti attive di contaminazione). Il rinvio operato dalla lettera c) ai commi 3 e 4 appare errato e sembrerebbe invece da riferire ai successivi commi 9 e 10, che disciplinano il prioritario riutilizzo in situ. Sono, inoltre, disciplinate in tali commi le seguenti ipotesi alle quali è possibile riutilizzare i terreni/materiali scavati:
Conformità a concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)/valori di fondo Non conformità a CSC/valori di fondo
Il riutilizzo è possibile Il riutilizzo è possibile solo se sono rispettate le concentrazioni soglia di rischio (CSR) e con le seguenti prescrizioni:
a) le CSR, all’esito dell’analisi di rischio, sono preventivamente approvate dall’autorità ordinariamente competente, mediante convocazione di apposita conferenza di servizi. I terreni conformi alle CSR sono riutilizzati nella medesima area assoggettata all’analisi di rischio;b) qualora ai fini del calcolo delle CSR non sia stato preso in considerazione il percorso di lisciviazione in falda, l’utilizzo dei terreni scavati è consentito solo se nell’area di riutilizzo sono attivi sistemi di barrieramento fisico o idraulico di cui siano comprovate l’efficienza e l’efficacia.

Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), secondo la definizione riportata all’art. 240, comma 1, lettera b), del d.lgs. 152/2006, corrispondono ai “livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica”.

Qualora invece la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori CSC allora – come chiarisce l’art. 240, comma 1, lettera f), del citato decreto legislativo – il sito viene considerato “non contaminato”.

Le CSC sono individuate nell’Allegato 5 alla parte quarta del d.lgs. 152/2006, che elenca le CSC nel suolo e nel sottosuolo in relazione alla specifica destinazione d’uso (a verde pubblico, privato e residenziale oppure ad uso commerciale e industriale) dei siti da bonificare, nonché le CSC nelle acque sotterranee.

Si ricorda brevemente la differenza tra CSR e CSC, richiamando le pertinenti definizioni contenute nell’art. 240 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).

Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) sono i limiti tabellari considerati come valori soglia, uguali su tutto il territorio nazionale, al di sotto dei quali il sito si considera “non contaminato”.

Le concentrazioni soglia di rischio (CSR) sono invece i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell’Allegato 1 alla parte IV del Codice e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione.

Per valutare se un sito è potenzialmente contaminato si controlla, ai sensi della lettera d) del comma 1 dell’art. 240, il rispetto dei valori di CSC. Se le soglie CSC sono superate allora occorre effettuare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle CSR. Se quindi le CSR sono superate occorrerà procedere alla bonifica del sito al fine di riportarlo in una condizione che garantisca il rispetto delle CSC o dei valori di CSR (solitamente superiori a quelli di CSC) determinate a seguito dell’analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica.

Il comma 10-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera, modifica in più punti la procedura semplificata per le operazioni di bonifica dettata dall’art. 242-bis del cd. Codice dell’ambiente, introdotto dall’art. 13 del D.L. 91/2014.

La lettera a) del comma in esame integra il comma 1 del citato art. 242-bis al fine di chiarire che la caratterizzazione dei suoli e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle procedure ordinarie di approvazione (contemplate dall’art. 242 e, nel caso di siti di interesse nazionale, dall’art. 252 del Codice), ma alle procedure di controllo disciplinate dai commi 3-4 del medesimo articolo 242-bis, finalizzate a verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) nei suoli per la specifica destinazione d’uso.

Il comma 3 dell’art. 242-bis dispone che, ultimati gli interventi di bonifica, l’interessato presenta il piano di caratterizzazione all’autorità competente, al fine di verificare il conseguimento delle CSC della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso. Il successivo comma 4 disciplina la validazione dei risultati del piano di campionamento di collaudo finale e prevede, in caso di esito negativo (cioè di mancato raggiungimento delle CSC), la sottoposizione del progetto di bonifica alle procedure ordinarie (disciplinate dagli artt. 242 o 252 del Codice).

La lettera b) aggiunge, nel testo dell’art. 242-bis, un comma 1-bis che disciplina l’attuazione in fasi o lotti funzionali del progetto di bonifica per i siti contaminati di maggiori dimensioni, distinguendo i seguenti casi:

  • sito con estensione superiore a 15.000 mq.: in tal caso il progetto di bonifica può essere attuato in non più di tre fasi ciascuna delle quali soggetta al termine di esecuzione di cui al comma 2 (vale a dire entro 18 mesi dall’approvazione, salva eventuale proroga non superiore a 6 mesi; decorsi tali termini, salvo motivata sospensione, il comma 2 dell’art. 242-bis prevede che il progetto venga ricondotto al procedimento ordinario disciplinato dagli artt. 242 o 252);
  • sito con estensione superiore a 400.000 mq.: il numero delle fasi o lotti funzionali in cui si articola il progetto è stabilito dallo specifico cronoprogramma ivi annesso, che deve essere oggetto di intesa con l’Autorità competente. Il cronoprogramma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e messa in sicurezza relative all’intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda.

Il comma 10-ter, anch’esso aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera, per gli affidamenti comunque definiti e denominati di lavori e servizi attinenti le bonifiche ambientali, prevede l’obbligo di pubblicazione sul sito web dell’ente o dell’Autorità procedente:

  • del curriculum del soggetto affidatario;
  • e dell’ultima visura camerale dello stesso disponibile.

Procedure di contenzioso

Nel presupposto che l’articolo in esame possa applicarsi anche in relazione all’area di Taranto, si ricorda che la Commissione ha avviato il 26 settembre 2013 una procedura di infrazione (n. 2177/2013), contestando che lo stabilimento siderurgico di Taranto sarebbe gestito in violazione della normativa europea sia in materia di emissioni industriali sia di responsabilità ambientale. In particolare, la Commissione rileva il mancato rispetto dell’articolo 14, lettera a), della direttiva 96/61/CE (Integrated Pollution Prevention and Control – IPCC), a norma del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il gestore rispetti, nel proprio impianto, le condizioni dell’autorizzazione.

Nell’ambito di tale procedura, il 16 aprile 2014 la Commissione europea ha trasmesso all’Italia una messa in mora complementare.

Articolo 35

(Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore. Tali impianti, individuati con finalità di progressivo riequilibrio socio economico fra le aree del territorio nazionale concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio mentre deprimono il fabbisogno di discariche. Tali impianti di termotrattamento costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente. 1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbanie assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuaticostituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica.
2. Tutti gli impianti, sia esistenti che da realizzare, devono essere autorizzati a saturazione del carico termico, come previsto dall’articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46. Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono ad adeguare le autorizzazioni integrate ambientali. 2. Ai medesimi fini di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, effettua la ricognizione dell’offerta esistente e individua, con proprio decreto, il fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, articolato per regioni; sino alla definitiva realizzazione degli impianti necessari per l’integrale copertura del fabbisogno residuo così determinato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, ove tecnicamente possibile, un incremento fino al 10 per cento della capacità degli impianti di trattamento dei rifiuti organici per favorire il recupero di tali rifiuti raccolti nel proprio territorio e la produzione di compost di qualità.
3. Tutti gli impianti di nuova realizzazione dovranno essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico di cui al punto R1 (nota 4), allegato C, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. 3. Tutti gli impianti di recupero energetico da rifiuti sia esistenti che da realizzare sono autorizzati a saturazione del carico termico, come previsto dall’articolo 237-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora sia stata valutata positivamente la compatibilità ambientale dell’impianto in tale assetto operativo incluso il rispetto delle disposizioni sullo stato della qualità dell’aria di cui al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le autorità competenti provvedono ad adeguare le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti esistenti, qualora la valutazione di impatto ambientale sia stata autorizzata a saturazione del carico termico, tenendo in considerazione lo stato della qualità dell’aria così come previsto dal citato decreto legislativo n. 155 del 2010.
4. Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine, quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali. 4. Gli impianti di nuova realizzazione devono essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico di cui alla nota 4 del punto R1 dell’allegato C alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
5. Ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni non sussistendo vincoli di bacino per gli impianti di recupero, negli stessi deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e a saturazione del carico termico, devono essere trattati rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario, adeguando coerentemente le autorizzazioni integrate ambientali alle presenti disposizioni nei termini sopra stabiliti. 5. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per gli impianti esistenti, le autorità competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1 e, quando ne ricorrono le condizioni e nel medesimo termine, adeguano in tal senso le autorizzazioni integrate ambientali.
6. I termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità, di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1, sono ridotti alla metà. Se tali procedimenti sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono ridotti della metà i termini residui. 6. Ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sussistendo vincoli di bacino al trattamento dei rifiuti urbani in impianti di recupero energetico, nei suddetti impianti deve comunque essere assicurata priorità di accesso ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo fabbisogno e, solo per la disponibilità residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni. Sono altresì ammessi, in via complementare, rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo nel pieno rispetto del principio di prossimità sancito dall’articolo 182-bis, comma 1, lettera b), del citatodecreto legislativo n. 152 del 2006 e delle norme generali che disciplinano la materia, a condizione che l’impianto sia dotato di sistema di caricamento dedicato a bocca di forno che escluda anche ogni contatto tra il personale addetto e il rifiuto; a tale fine sono adeguate le autorizzazioni integrate ambientali ai sensi del presente comma.
7. In caso di mancato rispetto dei termini di cui ai commi 2, 4, 5 e 6 si applica il potere sostitutivo previsto dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. 7. Nel caso in cui in impianti di recupero energetico di rifiuti urbani localizzati in una regione siano smaltiti rifiuti urbani prodotti in altre regioni, i gestori degli impianti sono tenuti a versare alla regione un contributo, determinato dalla medesima, nella misura massima di 20 euro per ogni tonnellata di rifiuto urbano indifferenziato di provenienza extraregionale. Il contributo, incassato e versato a cura del gestore in un apposito fondo regionale, è destinato alla prevenzione della produzione dei rifiuti, all’incentivazione della raccolta differenziata, a interventi di bonifica ambientale e al contenimento delle tariffe di gestione dei rifiuti urbani. Il contributo è corrisposto annualmente dai gestori degli impianti localizzati nel territorio della regione che riceve i rifiuti a valere sulla quota incrementale dei ricavi derivanti dallo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale e i relativi oneri comunque non possono essere traslati sulle tariffe, poste a carico dei cittadini.
8. I termini per le procedure di espropriazione per pubblica utilità degli impianti di cui al comma 1 sono ridotti della metà. Nel caso tali procedimenti siano in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono ridotti di un quarto i termini residui. I termini previsti dalla legislazione vigente per le procedure di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1 si considerano perentori.
9. In caso di mancato rispetto dei termini di cui ai commi 3, 5 e 8 si applica il potere sostitutivo previsto dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
10. Al comma 9-bis dell’articolo 11 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, dopo le parole: «il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare» sono inserite le seguenti: «, anche avvalendosi di Consip S.p.A., per lo svolgimento delle relative procedure, previa stipula di convenzione per la disciplina dei relativi rapporti,».
11. All’articolo 182 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi dellalegge 24 febbraio 1992, n. 225».
12. All’articolo 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è abrogato;
b) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico»;
c) al comma 13 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il contributo percentuale di riciclaggio è stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. Con il medesimo decreto di cui al presente comma è stabilita anche l’entità dei contributi di cui al comma 10, lettera b).».
13. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 13 dell’articolo 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal presente articolo, i contributi previsti dal medesimo articolo 234, commi 10 e 13, sono dovuti nella misura del 30 per cento dei relativi importi.

L’articolo 35, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di una rete nazionale di impianti di recupero energetico dei rifiuti, con determinate caratteristiche prestazionali. A tal fine viene demandata ad un apposito D.P.C.M. l’individuazione degli impianti di recupero di energia e di smaltimento esistenti e da realizzare, che vengono qualificati come “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente” (comma 1). Vengono inoltre definiti le caratteristiche prestazionali e i parametri di funzionamento degli impianti nuovi (commi 2-3-5). Al fine di garantire il rispetto di tali caratteristiche e parametri anche da parte degli impianti di recupero esistenti, si prevede che le autorità competenti procedano alle necessarie verifiche e ai conseguenti adeguamenti delle autorizzazioni già rilasciate. Si prevede, inoltre, il dimezzamento dei termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità, di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA) degli impianti di recupero da realizzare (comma 6), mentre il comma 7 prevede l’applicazione del potere sostitutivo in caso di mancato rispetto dei termini fissati per la verifica degli impianti e l’adeguamento delle autorizzazioni, nonché dei nuovi termini abbreviati delle procedure autorizzative.

L’articolo in esame persegue finalità analoghe a quelle dell’art. 19 del c.d. collegato ambientale (A.C. 2093), soppresso nel corso dell’esame in sede referente.

Nel corso dell’esame in prima lettura la Camera dei deputati ha ampiamente modificato l’art. 35 prevedendo, da un lato, una serie di modifiche alla procedura per la realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti (commi 1, 3-6, 8 e 9), e dall’altro disposizioni aggiuntive in materia di: recupero dei rifiuti organici (comma 2); contributi economici per il trattamento energetico fuori regione dei rifiuti (comma 7); affidamento della nuova concessione del SISTRI dal 2016 (comma 10); deroga al divieto di smaltimento fuori regione dei rifiuti urbani nei casi di calamità naturali (comma 11); rifiuti di beni in polietilene (commi 12 e 13).

Il comma 1, al fine (dichiarato espressamente) di conseguire, a livello nazionale, l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti e superare così le procedure di infrazione in corso, prevede l’emanazione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente, che dovrà individuare gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti.

Lo stesso comma dispone che tali impianti siano individuati con la finalità di:

  • perseguire un progressivo riequilibrio socio economico fra le aree del territorio nazionale;
  • concorrere allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio;
  • nonché di deprimere il fabbisogno di discariche.

L’ultimo periodo del comma 1 fa poi riferimento a tali impianti come a impianti di termotrattamento qualificandoli come infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente.

Rispetto al testo originario del comma 1 sopra illustrato, il nuovo testo del comma 1, come derivante dalla modifiche introdotte nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati:

  • prevede che tale decreto faccia riferimento ai soli rifiuti urbani e assimilati e, relativamente agli impianti, ai soli impianti di incenerimento (il testo vigente fa invece riferimento agli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali). Che il nuovo testo riguardi i soli rifiuti urbani e assimilati, e non anche quelli speciali (che invece sono contemplati dal testo vigente), viene confermato da una modifica che interviene nel secondo periodo del comma 1 e che precisa che gli impianti individuati attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati;
  • chiarisce che tale decreto dovrà preliminarmente individuare, a livello nazionale, la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento esistenti, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e, in subordine, gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo (il testo vigente stabilisce genericamente che il D.P.C.M. dovrà individuare gli impianti esistenti e da realizzare);
  • richiede, per l’emanazione del D.P.C.M., il parere della Conferenza Stato-Regioni;
  • riferisce il termine (di 90 giorni) per l’emanazione del D.P.C.M. all’entrata in vigore non del decreto-legge, ma della relativa legge di conversione;
  • con riferimento alle finalità da perseguire, stabilisce che tra di esse rientra il rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio e, altresì, che si deve tener conto della pianificazione regionale.

Si osserva, ai fini di un eventuale coordinamento, che la lettera f) del comma 1 dell’articolo 195 del decreto legislativo n. 152/2006 già disciplina “l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese, sentita la Conferenza unificata, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e inserito nei documenti di programmazione economico-finanziaria”.

La citata lettera f) del comma 1 dell’articolo 195, nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici prevede che il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico (finalità richiamate anche nell’articolo in esame) fra le aree del territorio nazionale indicando nel disegno di legge di stabilità (la norma fa ancora riferimento al disegno di legge finanziaria) le risorse necessarie, anche ai fini dell’erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili.

L’individuazione di impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale è inclusa tra le competenze statali in materia di rifiuti elencate nel citato articolo 195 del d.lgs. 152/2006, mentre le competenze regionali sono riportate nell’articolo 196 del medesimo decreto legislativo, il quale affida alle regioni la pianificazione regionale della gestione dei rifiuti, la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti (fatta salva la disciplina in materia di AIA), nonché la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali fissati a livello statale.

Rispetto al quadro normativo di riferimento, l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di rifiuti n. 2008/98/CE (recepito dall’articolo 179 del d.lgs. 152/2006) elenca la seguente gerarchia, che si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e

e) smaltimento.

In base al comma 2, tutti gli impianti, sia esistenti che da realizzare, devono essere autorizzati a saturazione del carico termico.

Ciò implica, per gli impianti esistenti, la necessità di un adeguamento delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA) rilasciate, che dovrà essere effettuato, secondo il comma 2, dalle autorità competenti entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.

Ai sensi dell’allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) l’AIA è necessaria per lo smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento dei rifiuti o in impianti di coincenerimento dei rifiuti:

a) per i rifiuti non pericolosi con una capacità superiore a 3 Mg all’ora;

b) per i rifiuti pericolosi con una capacità superiore a 10 Mg al giorno.

Lo stesso comma precisa che la richiesta di saturazione del carico termico è in linea con il disposto dell’art. 15 del D.Lgs. 46/2014. Il riferimento sembra essere all’art. 237-sexies del D.Lgs. 152/2006 (inserito dal citato articolo 15), secondo cui l’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento deve in ogni caso indicare esplicitamente, tra l’altro, la capacità nominale e il carico termico nominale autorizzato dell’impianto. Per “carico termico nominale” si intende “la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono l’impianto, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa come prodotto tra la quantità oraria di rifiuti inceneriti ed il potere calorifico dichiarato dei rifiuti” (lettera l) del comma 1 dell’art. 237-ter del D.Lgs. 152/2006).

Il comma 2, come risultante dalla riscrittura operata nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati,attiene al recupero della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU) raccolta in maniera differenziata. Con tale comma si introduce una disposizione che, per le medesime finalità del comma precedente, prevede l’emanazione di un altro D.P.C.M. che dovrà effettuare la ricognizione dell’offerta esistente e individuare il fabbisogno residuo, articolato per regioni, di impianti di recupero della FORSU raccolta in maniera differenziata. Tale decreto dovrà essere emanato, su proposta del Ministro dell’ambiente, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge di conversione.

Lo stesso comma consente alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, sino alla definitiva realizzazione degli impianti necessari per I’integrale copertura del fabbisogno residuo così determinato, di autorizzare, ove tecnicamente possibile, un incremento fino al 10% della capacità degli impianti di trattamento dei rifiuti organici per favorire il recupero di tali rifiuti raccolti nel proprio territorio e la produzione di compost di qualità.

Si segnala che l’art. 14, comma 8-ter, del D.L. 91/2014, nelle more del completamento degli impianti di compostaggio nella regione Campania e nella regione Lazio, consente agli impianti di compostaggio sul territorio nazionale di aumentare, sino al 31 dicembre 2015, la propria capacità ricettiva e di trattamento dei rifiuti organici (codice CER 20.01.08, rifiuti biodegradabili di cucine e mense) dell’8%, ove tecnicamente possibile, al fine di accettare ulteriore rifiuto organico proveniente dalle medesime regioni, qualora richiedenti perché in carenza di impianti di compostaggio.

In base al comma 3 tutti i nuovi impianti dovranno essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico di cui al punto R1 (nota 4), allegato C alla parte quarta del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006).

Il citato punto R1 include, tra le operazioni di recupero dei rifiuti, la “utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia”. La nota (4) a tale punto chiarisce che gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi nel punto R1 solo se la loro efficienza energetica (calcolata con una articolata formula matematica indicata nel prosieguo della stessa nota) è uguale o superiore al 65%.

Il comma 4 prevede che le autorità competenti, entro il medesimo termine di 60 giorni previsto dal comma 2, verifichino, per gli impianti esistenti, la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine, quando ne ricorrano le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali (AIA).

Il comma 5 detta le seguenti priorità di utilizzo degli impianti di recupero:

  • priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale; la norma sottolinea che tale priorità è perseguibile dato che non sussistono vincoli di bacino per gli impianti di recupero;
  • in subordine, a saturazione del carico termico, devono essere trattati rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario.

A tale fine lo stesso comma prevede il coerente adeguamento delle AIA alle presenti disposizioni nei termini sopra stabiliti (cioè entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge).

Il comma 6 prevede il dimezzamento dei termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità, di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA) degli impianti di recupero R1 da realizzare.

Nel caso di procedimenti in corso, il dimezzamento opera sui termini residui.

Nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati sono stati modificati in più punti i commi 3-6,riguardanti l’adeguamento degli impianti di recupero energetico esistenti e i criteri di utilizzo degli impianti, sia esistenti che da realizzare.

Prima di entrare nel merito delle modifiche rispetto al testo vigente, si fa notare che mentre il comma 1 fa riferimento ad impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati, a partire dal comma 3 si parla più genericamente di impianti di recupero energetico da rifiuti.

Ciò premesso, nel nuovo testo dei commi da 3 a 6 si rinvengono numerose modifiche che riguardano:

  • la previsione secondo cui tutti gli impianti (sia nuovi che esistenti) sono autorizzati a saturazione del carico termico, che viene contemperata dall’inserimento di vincoli ambientali. Viene infatti previsto che tale saturazione potrà essere raggiunta qualora sia stata valutata positivamente la compatibilità ambientale dell’impianto in tale assetto operativo, incluso il rispetto delle disposizioni sulla qualità dell’aria dettate dal D.Lgs. 155/2010 (primo periodo del comma 3, corrispondente al comma 2 del testo vigente);
  • l’adeguamento delle AIA (autorizzazioni integrate ambientali) degli impianti esistenti, che dovrà avvenire entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge di conversione (e non entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, come dispone il testo vigente), qualora la VIA (valutazione di impatto ambientale) sia stata autorizzata a saturazione del carico termico, tenendo in considerazione lo stato della qualità dell’aria (secondo periodo del comma 3);
  • il termine per verificare l’efficienza degli impianti esistenti (che deve soddisfare la formula definita nella nota 4 del punto R1 dell’allegato C del D.Lgs. 152/2006), che viene spostato a 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge di conversione, rispetto al termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge previsto dal testo vigente (nuovo testo del comma 5, corrispondente al comma 4 del testo vigente);
  • i criteri di priorità di accesso dei rifiuti negli impianti (nuovo testo del comma 6, corrispondente al comma 5 del testo vigente). Se nel testo vigente viene considerato prioritario il trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale, il nuovo testo dà priorità ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo fabbisogno e, solo per la disponibilità residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni. Riguardo ai rifiuti speciali – che il testo vigente ammette a saturazione del carico termico, purché non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario – il nuovo testo del comma 6 stabilisce che sono ammessi, in via complementare, rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo nel rispetto del principio di prossimità e a condizione che l’impianto sia dotato di sistema di caricamento dedicato a bocca di forno che escluda anche ogni contatto tra il personale addetto ed il rifiuto.

Si fa notare che il nuovo testo del comma 4, benché non presenti modifiche sostanziali rispetto al comma 3 del testo vigente, si riferisce, in maniera generica, agli impianti di nuova realizzazione.

Il comma 7 prevede l’applicazione del potere sostitutivo in caso di mancato rispetto dei termini fissati dai commi 2, 4 e 5 per la verifica degli impianti e l’adeguamento delle autorizzazioni, nonché dal comma 6 per l’accelerazione delle procedure autorizzative.

In merito al potere sostitutivo la norma richiama l’art. 8 della L. 131/2003, il quale dispone, tra l’altro, che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento (comma 1).

A seguito delle modifiche apportate dalla Camera dei deputati, il contenuto del comma 7 è stato trasposto nell’attuale comma 8, che vede anche un necessario adeguamento del richiamo ai commi dell’articolo in esame. Si richiamano infatti i commi 3, 5 e 8.

Il nuovo comma 7, dopo la riscrittura operata da parte della Camera dei deputati, attiene al contributo per il conferimento di rifiuti urbani in impianti di recupero energetico fuori dal territorio regionale. Esso introduce un contributo annuale, a valere sulla quota incrementale dei ricavi derivanti dallo smaltimento dei rifiuti extraregionali – da versare nel caso in cui in impianti di recupero energetico di rifiuti urbani localizzati in una regione siano trattati rifiuti urbani indifferenziati prodotti in altre regioni – a carico dei gestori degli impianti. Tale contributo, da versare alla regione, è determinato dalla medesima regione nella misura massima di euro 20 per ogni tonnellata di rifiuto urbano indifferenziato trattato di provenienza extraregionale. Il contributo è versato a cura del gestore su un apposito fondo regionale destinato alla prevenzione della produzione dei rifiuti, all’incentivazione della raccolta differenziata, ad interventi di bonifica ambientale ed al contenimento delle tariffe di gestione dei rifiuti urbani. Gli oneri a carico dei gestori per lo smaltimento dei rifiuti extraregionali non possono essere trasferiti sulle tariffe poste a carico dei cittadini.

Il testo del nuovo comma 8, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, corrispondente al comma 6 del testo vigente e attiene alla riduzione dei termini delle procedure di esproprio e perentorietà dei termini di VIA ed AIA.

Per i procedimenti (relativi agli impianti di cui al comma 1) di espropriazione per pubblica utilità, viene confermato il dimezzamento dei termini previsto dal testo vigente, mentre per i procedimenti in corso la riduzione dei termini residui opera in ragione di un quarto e non (come invece prevede il testo vigente) della metà

Sono invece considerati perentori i termini previsti dalla legislazione vigente per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e l’autorizzazione integrata ambientale (AIA), che il testo vigente riduce invece della metà.

La Camera dei deputati ha inoltre introdotto i commi da 10 a 13.

Il nuovo comma 10, riguarda l’affidamento della nuova concessione del SISTRI dal 2016 e prevede la modifica il comma 9-bis dell’art. 11 del D.L. 101/2013 – che impone al Ministero dell’ambiente, entro il 30 giugno 2015, di avviare le procedure per l’affidamento della nuova concessione del SISTRI a partire dal 2016 – al fine di consentire al medesimo Ministero di avvalersi di Consip S.p.A., per lo svolgimento delle relative procedure, previa stipula di convenzione per la disciplina dei relativi rapporti.

Il nuovo comma 11, che riguarda la deroga al divieto di smaltimento fuori regione dei rifiuti urbani nei casi di calamità naturali, modifica l’articolo 182 del D.Lgs. 152/2006, aggiungendo il comma 3-bis, che stabilisce la non applicazione del divieto previsto al comma 3, ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene debbano essere avviati a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori dal territorio della Regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

Il comma 3 dell’articolo 182 vieta di smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.

Il nuovo comma 12 interviene sull’articolo 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, apportando le seguenti modificazioni:

a) abroga il comma 2 che contiene la definizione dei beni in polietilene, la cui individuazione è demandata ad un decreto del Ministero dell’ambiente;

Si ricorda che il vigente comma 2 è stato sostituito dall’art. 14, comma 8, lett. b-quinquies), del D.L. n. 91 del 2014 e che le tipologie di beni in polietilene sono state individuate con il D.M. 2 maggio 2006, di cui è stata segnalata l’inefficacia con il Comunicato 26 giugno 2006, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

b) modifica il comma 3, che disciplina l’istituto e la composizione del Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene (POLIECO), prevedendo, in ogni caso, la partecipazione nel consiglio di amministrazione del Consorzio di un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, da nominarsi con decreto del Ministro dell’ambiente, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

Il comma 3 dell’articolo 234 prevede, tra l’altro, che nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri dì amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Ai sensi del comma 4 ai consorzi partecipano: i produttori e gli importatori di beni in polietilene; gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene; i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene.

c) modifica il comma 13, che disciplina gli obiettivi minimi di riciclaggio dei beni in polietilene, prevedendo che il contributo percentuale di riciclaggio, previsto in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, da applicarsi sull’importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno, venga stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. La modifica in esame prevede altresì che, con il previsto decreto del Ministro dell’ambiente, per la definizione degli obiettivi minimi di riciclaggio, venga stabilita anche l’entità del contributo dei soggetti partecipanti al POLIECO.

Il comma 13 dell’articolo 234 stabilisce che il Ministro dell’ambiente di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull’importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto

Il nuovo comma 13 stabilisce che fino all’emanazione del decreto di cui al comma 13 dell’art. 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal presente articolo, i contributi previsti dal medesimo articolo 234, commi 10 e 13, sono dovuti nella misura del 30% dei relativi importi.

Il comma 10 dell’articolo 234 stabilisce che i consorzi sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria e i mezzi finanziari per il funzionamento dei consorzi sono costituiti: a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi; b) dai contributi dei soggetti partecipanti; c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile; d) dall’eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.

Gestione dei rifiuti in Campania

Con sentenza del 4 marzo 2010, pronunciata nella causa C 297/08 (in esito alla procedura di infrazione n. 2007/2195), la Corte di Giustizia ha statuito che l’Italia ha violato gli obblighi comunitari di corretta gestione dei rifiuti nella regione Campania, in particolare per la mancanza di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione.

Rilevando che il Programma attuativo per la realizzazione degli interventi necessari ad adempiere agli obblighi stabiliti nella citata sentenza, predisposto e approvato dalla regione Campania, non è stato rispettato, il 10 dicembre 2013, la Commissione europea ha nuovamente deferito lo Stato italiano innanzi alla Corte di Giustizia per mancata esecuzione della medesima sentenza (causa C-323/13).

Il programma attuativo reca misure destinate a gestire i rifiuti nella regione fino al 2016, quando dovrebbero diventare operativi nuovi impianti di trattamento. Tuttavia, la Commissione contesta che dall’estate 2011 le autorità locali hanno dirottato grandi quantità di rifiuti verso impianti in altre regioni, soluzione questa di natura meramente temporanea. Pur riconoscendo i progressi fatti, ad esempio sotto il profilo della raccolta differenziata, la Commissione sottolinea i ritardi che hanno portato all’arresto della costruzione della maggior parte degli impianti previsti per il recupero dei rifiuti organici, degli inceneritori e delle discariche, con il rischio che molte delle installazioni previste non siano pronte per la fine del 2016. Altri fattori preoccupanti sono, ad avviso della Commissione, i circa sei milioni di tonnellate di rifiuti imballati e stoccati presso vari siti in Campania, in attesa di un inceneritore che deve ancora essere costruito, e il basso tasso di raccolta differenziata nella provincia di Napoli: pur essendo la città della Campania che produce più rifiuti, Napoli ha un tasso di raccolta differenziata solo di circa il 20%.

La Commissione chiede alla Corte di giustizia di condannare l’Italia al versamento di sanzioni pecuniarie consistenti in una somma forfettaria di 28.089,6 euro al giorno (quantificabile su base annua in circa 10.252.704 euro) per il periodo intercorso tra la prima e la seconda sentenza e in una penalità di mora di 256.819,20 euro al giorno (vale a dire 85.606,4 euro al giorno per ogni categoria di installazione) dovuta dal giorno in cui verrà pronunciata la seconda sentenza fino al completo adempimento (quantificabile su base annua in circa 93.739.008 euro).

Smaltimento dei rifiuti in discarica

Il 23 novembre 2012, la Commissione, nell’ambito della procedura di infrazione 2011/2215, ha emesso nei confronti dell’Italia un parere motivato ex art. 258 per la violazione degli obblighi imposti dall’art. 14 (obbligo di procedere all’esecuzione di piani di riassetto) della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti. In particolare, la Commissione considera irregolari 102 discarichegià esistenti o autorizzate al 16 luglio 2001per le quali, entro il 16 luglio 2009, in base alla normativa europea si sarebbe dovuto prevedere e dare esecuzione un adeguato piano di riassetto ovvero procedere alla chiusura qualora detto piano fosse risultato inadeguato.

Sulla base delle informazioni, risulta alla Commissione che, nonostante i progressi compiuti, sul territorio italiano vi sono ancora 46 discariche con riferimento alle quali non sono stati adempiuti gli obblighi previsti dalla direttiva. Le regioni interessate sono l’Abruzzo (15 discariche), la Basilicata (19 discariche), la Campania (2 discariche), il Friuli Venezia Giulia (4 discariche), la Liguria (1 discarica per rifiuti pericolosi) e la Puglia (5 discariche).

Articolo 36

(Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca degli idrocarburi)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. All’articolo 32, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo la lettera n-sexies) è aggiunta la seguente: 1. All’articolo 32, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo la lettera n-sexies) è aggiunta la seguente:
«n-septies)per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, delle spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata nelle aree in cui si svolgono le ricerche e le coltivazioni di idrocarburi, per gli importi stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 luglio di ciascuno anno, sulla base dell’ammontare delle maggiori entrate riscosse dalla Regione, rivenienti dalla quota spettante alle stesse Regioni dall’applicazione dell’articolo 20, commi 1 e 1-bis del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 nel limite delle aliquote di prodotto relative alle produzioni incrementali realizzate negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 rispetto all’anno 2013. ». «n-septies) delle spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale, di bonifica, di ripristino ambientale e di mitigazione del rischio idrogeologico nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata per gli importi stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 luglio di ciascun anno, sulla base dell’ammontare delle maggiori entrate riscosse dallaregione, rivenienti dalla quota spettante alle stesse regioni dall’applicazione dell’articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, nel limite delle aliquote di prodotto relative agli incrementi di produzione realizzati rispetto all’anno 2013».
2. Con la legge di stabilità per il 2015 è definito per le Regioni, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno delle spese in conto capitale finanziate con le entrate delle aliquote di prodotto di cui all’articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625. 2. Con la legge di stabilità per il 2015 e con quelle successive è definito per le Regioni, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno delle spese in conto capitale finanziate con le entrate delle aliquote di prodotto di cui all’articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625.
2-bis. All’articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Istituzione del Fondo per la promozione di misure di sviluppo economico e l’attivazione di una social card nei territori interessati dalle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi»;
b) al comma 2, le parole: «alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti» sono sostituite dalle seguenti: «alla promozione di misure di sviluppo economico e all’attivazione di una social card»;
c) al comma 4, dopo le parole: «Ministro dello sviluppo economico» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con i Presidenti delle regioni interessate,».

Il comma 1 esclude dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata la Camera dei deputati ha aggiunto, in proposito, gli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di mitigazione del rischio idrogeologico.

L’esclusione si calcola sulla base delle maggiori entrate delle aliquote di prodotto (royalties) destinate alle regioni che verranno versate dagli operatori: la Camera dei deputati ha modificato tale ultima previsione, prevedendo che operi nel limite delle aliquote di prodotto relative agli incrementi di produzione realizzati nel 2013 (con ciò eliminando il riferimento al quadriennio 2015-2018, ma anche quello al limite geografico delle aree in cui si svolgono le ricerche e le coltivazioni di idrocarburi).

La disposizione è volta a favorire lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali, sbloccando gli investimenti privati già programmati. L’obiettivo, infatti, è quello di accelerare il processo decisionale di autorizzazione allo svolgimento delle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, che vede coinvolte le regioni, insieme allo stato, in virtù della competenza concorrente in materia.

Gli importi oggetto dell’esclusione saranno stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 luglio di ciascuno anno, sulla base dell’ammontare delle maggiori entrate riscosse dalla Regione, derivanti dalla destinazione delle aliquote relative alla produzione di idrocarburi alle Regioni a statuto ordinario, nel limite delle aliquote di prodotto relative agli incrementi di produzione realizzati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 rispetto all’anno 2013.

Si ricorda che, dal 1997, per ciascuna concessione di coltivazione situata in terraferma, il valore dell’aliquota è corrisposto per il 55% alla regione a statuto ordinario e per il 15% ai comuni interessati; i comuni destinano tali risorse allo sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, all’incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche e le coltivazioni. A decorrere dal 1999, alle regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno è corrisposta, per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata nelle aree di estrazione e adiacenti, anche l’aliquota destinata allo Stato (articolo 20, commi 1 e 1-bis, del D.Lgs. 625/1996).

Con la legge di stabilità per il 2015 (la Camera dei deputati ha aggiunto, in proposito, anche il riferimento alle leggi di stabilità successive) dovrà essere definito per le Regioni, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno delle spese in conto capitale finanziate con le entrate delle aliquote di prodotto aliquote destinate alle Regioni a statuto ordinario (comma 2).

La disciplina vigente del patto di stabilità interno per le regioni – dettata dall’articolo 32 della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) e dall’articolo 1, commi 448-472, della legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) come modificati dalla legge di stabilità 2014 – pone annualmente un limite al complesso delle spese finali di ogni singola regione.

Dal complesso delle spese considerate ai fini della verifica del patto di stabilità sono escluse una serie di spese o perché sottoposte ad una disciplina di contenimento specifica, come nel caso delle spese per la sanità, oppure perché considerate ‘dovute’ in quanto finanziate con trasferimenti o stanziamenti dal bilancio dello Stato come nel caso delle spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario oppure i contributi per la ricostruzione a seguito di terremoto. Il lungo elenco delle spese escluse dal computo di quelle finali rilevanti ai fini del patto di stabilità è contenuto nel comma 4 dell’articolo 32 della citata legge 183/2011, come più volte modificato. Diverse altre esclusioni specifiche sono inserite, per lo più, nella legge di stabilità, in genere nella norma che stabilisce lo stanziamento di bilancio viene anche definito il limite entro il quale opera l’esclusione.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 2-bis, per prevedere che il fondo alimentato dall’aumento di aliquota sulle produzioni di idrocarburi liquidi, istituito dall’articolo 45 della legge n. 99/2009, sia destinato non alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti delle regioni interessate dall’estrazione di idrocarburi bensì alla promozione di misure di sviluppo economico e all’attivazione di una social card. Inoltre nella procedura di emanazione del decreto ministeriale con cui sono annualmente destinate le somme spettanti per le iniziative a favore dei residenti in ciascuna regione interessata si prevede la necessità dell’intesa con i Presidenti delle Regioni interessate.

Articolo 36-bis

(Interventi in favore dei territori con insediamenti produttivi petroliferi)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. L’articolo 16 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, si applica alle maggiori entrate effettivamente realizzate attraverso i versamenti dei soggetti titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in terraferma con riferimento a progetti di sviluppo la cui autorizzazione all’esercizio, di cui agli articoli 85 e 90 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, e all’articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, e successive modificazioni, sia stata rilasciata successivamente al 12 settembre 2013. La quota delle maggiori entrate da destinare alle finalità del citato articolo 16 del decreto-legge n. 1 del 2012è determinata nella misura del 30 per cento di tali maggiori entrate e per i dieci periodi di imposta successivi all’entrata in esercizio dei relativi impianti. Il decreto attuativo di cui all’articolo 16 del decreto-legge n. 1 del 2012 continua ad applicarsi per le parti compatibili con le disposizioni del presente articolo.

La Camera dei deputati ha inserito l’articolo aggiuntivo 36-bis, che interviene sulla disciplina di cui all’art. 16 del DL 1/2012 (che continua ad applicarsi solo in quanto compatibile). Esso atteneva alla destinazione a progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi, di una quota delle maggiori entrate per l’erario garantite dalle risorse energetiche strategiche nazionali di idrocarburi.

Si tratta di una disciplina che impatta sull’elaborazione de iure condendo delle modifiche all’attuale disciplina in materia di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, sulla quale le Commissioni VIII e X della Camera dei deputati, approvando la risoluzione Zan (8-00075, sulla revisione del sistema delle autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti petroliferi e modifica della normativa sulla materia), hanno impegnato il Governo, nella seduta del 6 agosto 2014, a riformulare il decreto interministeriale 12 settembre 2013 al fine di garantire maggiori benefici alle regioni interessate dalle attività estrattive. Dagli atti preparatori emerge che lo sviluppo delle prospezioni risulta rallentato o impedito dalle difficoltà derivanti dall’insediamento degli impianti di estrazione di idrocarburi, spesso in competizione con altre attività di sfruttamento del territorio, generalmente di minore valore economico ma fortemente radicate e che generano occupazione. Garantendo ai residenti dei territori di insediamento degli impianti e delle aree limitrofe, oltre alle entrate già oggi assicurate dalle royalties, investimenti infrastrutturali ed occupazionali attraverso una quota delle maggiori entrate derivanti dalle nuove produzioni di idrocarburi, si assicurerebbero maggiori entrate primarie e fiscali e si assicurerebbe crescita e nuova occupazione.

Al riguardo, con il comma 1, si specifica che le maggiori entrate sono quelle effettivamente realizzate attraverso i versamenti dei soggetti titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, con riferimento a progetti di sviluppo la cui autorizzazione all’esercizio sia rilasciata successivamente al 12 settembre 2013. Si specifica inoltre che la quota delle maggiori entrate da destinare alle suddette finalità, è determinata dalla misura del trenta per cento(139) di tali maggiori entrate e per dieci periodi di imposta successivi all’entrata in esercizio dei relativi impianti.


139) L’ordine del giorno G/3066/232/5 e 6 (testo 2), del senatore Latronico, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta delle Commissioni 5° e 6° riunite del 20 dicembre 2011, nel suo testo iniziale indicava, a tal fine, una quota minima del 50 per cento, poi abbandonata nella versione accolta dal Governo con il parere favorevole dei relatori.

Articolo 37

(Misure urgenti per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al fine di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle situazioni di crisi internazionali esistenti, i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di interesse strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. 1. Al fine di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle situazioni di crisi internazionali esistenti, i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di interesse strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.
2. Per i fini di cui al comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni alle normative vigenti: 2. Identico:
a) all’articolo 52-quinquies, comma 2, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, dopo le parole «appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164,» sono inserite le parole: «per i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero e le opere accessorie,» e in fine allo stesso primo periodo sono aggiunte le parole: «e dei piani di gestione e tutela del territorio comunque denominati»; a) all’articolo 52-quinquies, comma 2, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, dopo le parole «appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164,» sono inserite le parole: «per i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse, » e in fine allo stesso primo periodo sono aggiunte le parole: «e dei piani di gestione e tutela del territorio comunque denominati»;
b) all’articolo 52-quinquies, comma 2, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, dopo le parole «urbanistici ed edilizi» sono inserite le seguenti: «nonché paesaggistici»; b) identica;
c) all’articolo 52-quinquies, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, il quinto periodo è sostituito dal seguente: «I soggetti titolari o gestori di beni demaniali, di aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche, e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche, che siano interessati dal passaggio di gasdotti della rete nazionale di trasporto o da gasdotti di importazione di gas dall’estero, partecipano al procedimento di autorizzazione alla costruzione e in tale ambito sono tenuti ad indicare le modalità di attraversamento degli impianti ed aree interferenti. Qualora tali modalità non siano indicate entro i termini di conclusione del procedimento, il soggetto richiedente l’autorizzazione alla costruzione dei gasdotti entro i successivi trenta giorni propone direttamente ai soggetti sopra indicati le modalità di attraversamento, che, trascorsi ulteriori trenta giorni senza osservazioni, si intendono comunque assentite definitivamente e approvate con il decreto di autorizzazione alla costruzione.»; c) all’articolo 52-quinquies, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, il quinto periodo è sostituito dai seguenti: «I soggetti titolari o gestori di beni demaniali, di aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche, e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche, che siano interessati dal passaggio di gasdotti della rete nazionale di trasporto o da gasdotti di importazione di gas dall’estero, partecipano al procedimento di autorizzazione alla costruzione e in tale ambito sono tenuti ad indicare le modalità di attraversamento degli impianti ed aree interferenti. Qualora tali modalità non siano indicate entro i termini di conclusione del procedimento, il soggetto richiedente l’autorizzazione alla costruzione dei gasdotti entro i successivi trenta giorni propone direttamente ai soggetti sopra indicati le modalità di attraversamento, che, trascorsi ulteriori trenta giorni senza osservazioni, si intendono comunque assentite definitivamente e approvate con il decreto di autorizzazione alla costruzione.»;
c-bis) all’articolo 52-quinquies, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito»;
d) all’Allegato XII, punto 2), Parte II, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunte in fine le parole «nonché quelli facenti parte della rete nazionale dei gasdotti con potenza termica di almeno 50 MW». d) identica.
3. Ai fini di cui al comma 1 e, in particolare, per accrescere la risposta del sistema nazionale degli stoccaggi in termini di punta di erogazione, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il servizio idrico, a decorrere dal periodo di regolazione che inizia dal 2015, in accordo alle previsioni, anche quantitative, contenute nelle disposizioni emanate in applicazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, stabilisce meccanismi tariffari incentivanti gli investimenti per lo sviluppo di ulteriori prestazioni di punta effettuati a decorrere dal 2015, privilegiando gli sviluppi contraddistinti da un alto rapporto tra prestazioni di punta e volume di stoccaggio e minimizzando i costi ricadenti sul sistema nazionale del gas. 3. Ai fini di cui al comma 1 e, in particolare, per accrescere la risposta del sistema nazionale degli stoccaggi in termini di punta di erogazione e di iniezione, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a decorrere dal periodo di regolazione che inizia dal 2015, stabilisce meccanismi regolatori incentivanti gli investimenti per lo sviluppo di ulteriori prestazioni di punta effettuati a decorrere dal 2015, anche asimmetrici, privilegiando gli sviluppi contraddistinti da un alto rapporto tra prestazioni di punta e volume di stoccaggio e minimizzando i costi ricadenti sul sistema nazionale del gas.

L’articolo 37 introduce alcune modifiche sulle norme vigenti in materia di infrastrutture di gas naturale. Si rammenta che, nella strategia di sicurezza energetica (COM(2014)330), presentata il 28 maggio 2014, la Commissione europea sottolinea la necessità di rendere sicuri gli approvvigionamenti energetici europei attraverso anche una politica attiva per la realizzazione di importanti infrastrutture energetiche.

In particolare, la Commissione sottolinea la necessità di concentrarsi sulla costruzione di interconnettori chiave, in particolare quelli tranfrontalieri, dando tempestiva attuazione ai progetti di interesse comune (PCI)(140) , selezionati lo scorso anno, grazie a procedure snelle di concessione delle autorizzazioni e ai 5,8 miliardi di euro del CEF (il meccanismo per collegare l’Europa – Connecting Europe Facility). Tale finanziamento costituisce circa il 3% dell’investimento di 200 miliardi di euro necessario da qui al 2020, ma può essere combinato con gli sforzi delle autorità di regolamentazione volti a finanziare parte delle infrastrutture attraverso tariffe di rete e con l’impegno degli Stati membri a utilizzare i fondi strutturali e i fondi di investimento europei ove possibile. Si ricorda che attualmente il livello medio di interconnessione è di circa l’8% e che la Commissione europea, su sollecitazione del Consiglio (marzo 2014), propone di alzare l’attuale obiettivo di interconnessione del 10%, portandolo al 15% entro il 2030.

Tra le infrastrutture in costruzione o in via di completamento, di particolare interesse per l’Italia risultano i gasdotti TAP e South Stream per il trasporto del gas in Europa.

TANAP (Trans Anatolian Pipeline) veicolerà il gas azerbaigiano estratto dai fondali del Mar Caspio (trasportato attraverso la Georgia dal South Caucasus Pipeline) verso l’Europa: proprio al confine tra Grecia e Turchia, infatti, avrà inizio il tracciato del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP), che veicolerà il gas azero verso l’Europa.

South Stream, al quale, oltre a Gazprom, partecipano, tra gli altri, anche l’italiana Eni, la tedesca Wintershall e la francese EDF, collegherà la Russia alla Bulgaria per servire il mercato europeo con due rami, uno a sud attraverso la Grecia per raggiungere l’Italia, l’altra a nord attraverso la Serbia, l’Ungheria e la Slovenia per raggiungere l’Austria. Nel quadro dell’esigenza di ridurre la dipendenza dell’UE dalle risorse energetiche russe, la Commissione europea, alla fine dello scorso anno, ha chiesto alla Russia di rivedere i suoi accordi con i paesi dell’UE che partecipano al progetto – Austria, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Grecia e Slovenia – così come Serbia, in quanto non sembrerebbero perfettamente conformi alla legislazione dell’UE per la posizione dominante assunta da Gazprom in seno al consorzio. La Commissione europea aveva manifestato la sua preferenza per il progetto di gasdotto Nabucco, che avrebbe veicolato il gas azero in Europa in modo da ridurre la dipendenza dalla Russia. Tale ultimo progetto non ha tuttavia avuto seguito per la preferenza accordata dai paesi europei interessati e dalle relative società ed enti gestori al progetto South Stream.

In particolare, i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse: rivestono carattere di interesse strategico; costituiscono una priorità a carattere nazionale; sono di pubblica utilità; sono indifferibili e urgenti (comma1). Inoltre, la norma cerca di incentivare gli investimenti per lo sviluppo di ulteriori prestazioni di punta degli stoccaggi a decorrere dal 2015.

Si ricorda che, con la legge 19 dicembre 2013, n. 153, il Parlamento ha autorizzato la ratifica dell’Accordo per il gasdotto transadriatico (TAP). L’Accordo, che attua un memorandum d’intesa siglato nel settembre 2012, riconosce l’importanza del Gasdotto transadriatico impegnando le Parti (Albania, Grecia ed Italia) a facilitare le procedure di autorizzazione per l’implementazione dello stesso; e stabilisce la necessità di rispettare standard uniformi con riferimento alle normative tecniche, nonché in materia di sicurezza, ambiente, lavoro. L’Accordo inoltre impegna i Governi dei tre Paesi a siglare accordi con gli investitori del progetto, e definisce l’ambito giuridico, nonché il regime fiscale applicabili. La L. 153/2013 autorizza per l’attuazione dell’Accordo TAP la spesa di 1.150 euro per il 2013 e di 1.155 euro a decorrere dal 2014. Il TAP dovrebbe portare il gas naturale dall’Azerbaijan all’Italia passando per la Grecia e l’Albania, limitando la dipendenza dalla Libia e dall’Ucraina rafforzando la sicurezza energetica dell’Italia.

Le variazioni introdotte alla normativa vigente (contenuta nell’art. 52-quinquies, comma 2, del D.P.R. 327/2001) sono le seguenti (comma 2):

a) le procedure autorizzative e di espropriazione per pubblica utilità concernenti le infrastrutture lineari energetiche facenti parte della rete nazionale dei gasdotti (nonché gli oleodotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto) vengono estese ai gasdotti di approvvigionamento dall’estero e alle operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse (in conseguenza di quest’ultima modifica, operata dalla Camera dei deputati, non si fa, pertanto, più riferimento alle opere accessorie, previste nel testo originario del decreto); per tutti i gasdotti ed oleodotti citati viene chiarito che l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli stessi costituisce anche variante dei piani di gestione e tutela del territorio comunque denominati.

Tale effetto dell’autorizzazione si aggiunge; alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera; alla valutazione di impatto ambientale (VIA), ove prevista, o alla valutazione di incidenza (VINCA); all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e alla variazione degli strumenti urbanistici, già contemplati dal testo previgente.

b) viene chiarito che il potere, riconosciuto all’autorizzazione, di sostituire ogni altro provvedimento di assenso previsto dalle norme vigenti, non vale solo a fini urbanistici ed edilizi (come previsto dal testo previgente) ma anche a fini paesaggistici;

c) viene introdotta una procedura dettagliata per la risoluzione delle interferenze, la cui finalità principale sembra quella di garantire maggiore certezza e speditezza all’iter autorizzativo. Per perseguire tali finalità viene innanzitutto fornito un elenco dei “soggetti interferenti” (titolari/gestori di beni e aree demaniali marittime/lacuali/fluviali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, ecc.) che, se interessati dal passaggio di gasdotti, partecipano al procedimento di autorizzazione. Dopodiché vengono previste apposite fasi e scadenze;

d) vengono assoggettati ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) statale gli impianti di combustione facenti parte della rete nazionale dei gasdotti ed aventi potenza termica di almeno 50 MW (tale modifica opera sul punto 2) dell’Allegato XII alla Parte II, del D.Lgs. 152/2006).

In virtù di una lettera c-bis), inserita dalla Camera dei deputati, si prevede altresì (attraverso una novella del comma 5 dell’articolo 52-quinquies del D.P.R. n. 327/2001) che, per le infrastrutture lineari energetiche facenti parte della rete nazionale dei gasdotti, l’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla costruzione è adottato d’intesa con le Regioni interessate, previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta decorsi i quali il parere si intende acquisito.

Il comma 3 riguarda invece gli stoccaggi di gas naturale, con l’obiettivo di accrescere la risposta del sistema nazionale degli stoccaggi in termini di punta di erogazione. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a decorrere dal periodo di regolazione che inizia dal 2015, deve stabilire meccanismi (non più tariffari, ma regolatori, mercé l’intervento emendativo della Camera dei deputati) incentivanti gli investimenti per lo sviluppo di ulteriori prestazioni di punta effettuati a decorrere dal 2015, privilegiando gli sviluppi contraddistinti da un alto rapporto tra prestazioni di punta e volume di stoccaggio e minimizzando i costi ricadenti sul sistema nazionale del gas. L’emendamento approvato dalla Camera dei deputati (oltre ad eliminare il rinvio alle previsioni, anche quantitative, di cui alla normativa vigente) apporta alcune integrazioni, in quanto, oltre alla punta di erogazione, aggiunge quella di iniezione; inoltre vi si precisa che i meccanismi regolatori di incentivazione per lo sviluppo delle prestazioni di punta del sistema nazionale degli stoccaggi (che l’AEEGSI deve stabilire) a decorrere dal periodo di regolazione che inizia dal 2015) possono essere anche asimmetrici.

Lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo è realizzato in Italia nei giacimenti di idrocarburi esauriti, che sono strutture geologiche sotterranee con caratteristiche idonee all’immagazzinamento e al prelievo del gas. Il giacimento non è una cavità ma un sistema roccioso poroso e permeabile che è in grado di garantire la permanenza del gas e di erogarlo quando richiesto dal mercato. Solitamente si utilizzano giacimenti sabbiosi già sfruttati minerariamente per la produzione di gas, situati mediamente a circa 1.300 – 2.000 metri di profondità. Il giacimento è quindi un sistema roccioso idoneo a garantire il confinamento del gas iniettato e la sua erogazione controllata per rispondere alle richieste del mercato, in termini di punta oraria(141) e giornaliera(142) .


140) Si tratta di 27 progetti (tra cui rientra anche il TAP) relativi al gas e 6 all’energia elettrica, di cui la metà si prevede sia completata entro il 2017, mentre per i progetti rimanenti la data di messa in servizio prevista arriva fino al 2020. L’ampia maggioranza di questi progetti cruciali è ubicata nell’Europa orientale e sud-occidentale, a un costo stimato intorno ai 17 miliardi di euro.

141) Per disponibilità di punta oraria si intende la quantità di gas naturale, espressa in Smc/g, erogabile da un sistema di stoccaggio nell’ambito di un’ora, moltiplicata per le 24 ore.

142) Per disponibilità di punta giornaliera si intende la quantità di gas naturale, espressa in Smc/g, erogabile da un sistema di stoccaggio nell’ambito di un giorno.

Articolo 38

(Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi decreti autorizzativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. 1. Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità.
1-bis. Il Ministro dello sviluppo economico con proprio decreto, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di cui al comma 1.
2. Qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell’autorizzazione ha effetto di variante urbanistica. 2. Identico.
3. Al punto 7) dell’Allegato II alla Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo le parole «coltivazione di idrocarburi» sono inserite le seguenti: «sulla terraferma e». 3. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al punto 7) dell’allegato II alla parte seconda, dopo le parole: «coltivazione di idrocarburi» sono inserite le seguenti: «sulla terraferma e»;
b) alla lettera v) dell’allegato III alla parte seconda, le parole: «degli idrocarburi liquidi e gassosi e» sono soppresse;
c) al punto 2. dell’allegato IV alla parte seconda:
1) la lettera g) è abrogata;
2) alla lettera l) le parole «, di petrolio, di gas naturale» sono soppresse.
4. Per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la Regione presso la quale è stato avviato il procedimento, conclude lo stesso entro il 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine la Regione trasmette la relativa documentazione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico. 4. Per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso leregioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la regione presso la quale è stato avviato il procedimento conclude lo stesso entro il 31 marzo 2015. Decorso inutilmente tale termine, la regione trasmette la relativa documentazione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico. I conseguenti oneri di spesa istruttori rimangono a carico delle società proponenti e sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
5. Le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono svolte a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico, sulla base di un programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca, per la durata di sei anni, prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca, a seguito della quale, in caso di rinvenimento di un giacimento riconosciuto tecnicamente ed economicamente coltivabile da parte del Ministero dello sviluppo economico, seguono la fase di coltivazione, per la durata di trenta anni, da prorogare per una o più volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile, e quella di ripristino finale. 5. Le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono svolte a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico, sulla base di un programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca, per la durata di sei anni, prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca,a cui seguono, in caso di rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico, la fase di coltivazione della durata di trenta anni prorogabile per una o più volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile, e quella di ripristino finale.
6. Il titolo concessorio unico di cui al comma 5 è accordato: 6. Identico:
a) con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e le Sezioni territoriali dell’Ufficio nazionale minerario idrocarburi e georisorse d’intesa, per le attività da svolgere in terraferma, con la regione o la provincia autonoma di Trento o di Bolzano territorialmente interessata; a) a seguito di un procedimento unico svolto nel termine di centottanta giorni tramite apposita conferenza di servizi, nel cui ambito è svolta anche la valutazione ambientale preliminare del programma complessivo dei lavoriespressa, entro sessanta giorni, con parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
b) a seguito di un procedimento unico svolto nel termine di centottanta giorni tramite apposita conferenza di servizi, nel cui ambito è svolta anche la valutazione ambientale strategica del programma complessivo dei lavori; b) con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la regione o la provincia autonoma di Trento o di Bolzano territorialmente interessata, per le attività da svolgere in terraferma, sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e le Sezioni territoriali dell’Ufficio nazionale minerario idrocarburi e georisorse;
c) a soggetti che dispongono di capacità tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate alla esecuzione e realizzazione dei programmi presentati e con sede sociale in Italia o in altri Stati membri dell’Unione europea e, a condizioni di reciprocità, a soggetti di altri Paesi. c) a soggetti che dispongono di capacità tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate, alla esecuzione e realizzazione dei programmi presentati e con sede sociale in Italia o in altri Stati membri dell’Unione europea e, a condizioni di reciprocità, a soggetti di altri Paesi. Il rilascio del titolo concessorio unico ai medesimi soggetti è subordinato alla presentazione di idonee fideiussioni bancarie o assicurative commisurate al valore delle opere di recupero ambientale previste.
Le attività di perforazione e di realizzazione degli impianti di sviluppo sono soggette a VIA e ad autorizzazione di sicurezza, svolte secondo le procedure stabilite dalla legge entro 60 giorni dalla presentazione delle domande. 6-bis. I progetti di opere e di interventi relativi alle attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi relativi a un titolo concessorio unico di cui al comma 5 sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale nel rispetto della normativa dell’Unione europea. La valutazione di impatto ambientale è effettuata secondo le modalità e le competenze previste dallaparte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
6-ter. Il rilascio di nuove autorizzazioni per la ricerca e per la coltivazione di idrocarburi è vincolato a una verifica sull’esistenza di tutte le garanzie economiche da parte della società richiedente, per coprire i costi di un eventuale incidente durante le attività, commisurati a quelli derivanti dal più grave incidente nei diversi scenari ipotizzati in fase di studio ed analisi dei rischi.
7. Con disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sono stabilite, entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, le modalità di conferimento del titolo concessorio unico di cui al comma 5, nonché le modalità di esercizio delle relative attività. 7. Con disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sono stabilite, entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, le modalità di conferimento del titolo concessorio unico di cui al comma 5, nonché le modalità di esercizio delle relative attività ai sensi del presente articolo.
8. I commi 5 e 6 si applicano, su istanza del titolare o del richiedente, da presentare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente decreto, anche ai titoli vigenti e ai procedimenti in corso. 8. I commi 5, 6 e 6-bis si applicano, su istanza del titolare o del richiedente, da presentare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche ai titolirilasciati successivamente alla data di entrata in vigore deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e ai procedimenti in corso. Il comma 4 si applica fatta salva l’opzione, da parte dell’istante, di proseguimento del procedimento di valutazione di impatto ambientale presso la regione, da esercitare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
9. All’articolo 10 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: 9. Soppresso.
«3-bis. Al fine di effettuare e verificare gli studi previsti dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con l’impiego di nuove tecnologie disponibili per la tutela ambientale e la valorizzazione delle risorse nello svolgimento dell’attività mineraria, la procedura definita nel presente articolo si applica, ai titoli minerari e ai procedimenti di conferimento ricadenti nelle aree di cui all’articolo 4, comma 1.».
10. All’articolo 8 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: 10. Identico:
«1-bis. Al fine di tutelare le risorse nazionali di idrocarburi in mare localizzate in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato e al fine di valorizzare e provare in campo l’utilizzo delle migliori tecnologie nello svolgimento dell’attività mineraria, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Regioni interessate, può autorizzare, per un periodo non superiore a cinque anni, progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti. I progetti sono corredati sia da un’analisi tecnico-scientifica che dimostri l’assenza di effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici e sia dai relativi progetti e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica, da condurre sotto il controllo del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ove nel corso delle attività di verifica vengano accertati fenomeni di subsidenza sulla costa determinati dall’attività, il programma dei lavori è interrotto e l’autorizzazione alla sperimentazione decade. Qualora al termine del periodo di validità dell’autorizzazione venga accertato che l’attività è stata condotta senza effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, nonché sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici, il periodo di sperimentazione può essere prorogato per ulteriori cinque anni, applicando le medesime procedure di controllo. «1-bis. Al fine di tutelare le risorse nazionali di idrocarburi in mare localizzate nel mare continentale e in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato e al fine di valorizzare e provare in campo l’utilizzo delle migliori tecnologie nello svolgimento dell’attività mineraria, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Regioni interessate, può autorizzare, previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale che dimostri l’assenza di effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici, per un periodo non superiore a cinque anni, progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti. I progetti sono corredati sia da un’analisi tecnico-scientifica che dimostri l’assenza di effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici e sia dai relativi progetti e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica, da condurre sotto il controllo del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ove nel corso delle attività di verifica vengano accertati fenomeni di subsidenza sulla costa determinati dall’attività, il programma dei lavori è interrotto e l’autorizzazione alla sperimentazione decade. Qualora al termine del periodo di validità dell’autorizzazione venga accertato che l’attività è stata condotta senza effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, nonché sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici, il periodo di sperimentazione può essere prorogato per ulteriori cinque anni, applicando le medesime procedure di controllo.
1-ter. Nel caso di attività di cui al comma 1-bis, ai territori costieri si applica quanto previsto dall’articolo 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004 e successive modificazioni.». 1-ter. Identico.
1-quater. All’articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239, e successive modificazioni, dopo le parole: “Le regioni” sono inserite le seguenti: “, gli enti pubblici territoriali”».
11. Al comma 82-sexies, dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, dopo le parole «compresa la perforazione», sono aggiunte le parole «e la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento». 11. Al comma 82-sexies, dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, dopo le parole «compresa la perforazione», sono aggiunte le parole «e la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento. Le autorizzazioni relative alla reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che esse non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi».
11-bis. All’articolo 5 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, e successive modificazioni, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Ai fini di un’efficace applicazione delle disposizioni dei commi da 1 a 4, l’operatore è tenuto ad avere un registro delle quantità esatte di rifiuti di estrazione solidi e liquidi, pena la revoca dell’autorizzazione all’attività estrattiva».
11-ter. Al comma 110 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, le parole: «0,5 per mille» sono sostituite dalle seguenti: «1 per mille».
11-quater. All’articolo 144 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Ai fini della tutela delle acque sotterranee dall’inquinamento e per promuovere un razionale utilizzo del patrimonio idrico nazionale, tenuto anche conto del principio di precauzione per quanto attiene al rischio sismico e alla prevenzione di incidenti rilevanti, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato sono vietati la ricerca e l’estrazione di shale gas e di shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. A tal fine è vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui sono intrappolati loshale gas e lo shale oil. I titolari dei permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione comunicano, entro il 31 dicembre 2014, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relativi all’utilizzo pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale, compresi quelli sugli additivi utilizzati precisandone la composizione chimica. Le violazioni accertate delle prescrizioni previste dal presente articolo determinano l’automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso».
11-quinquies. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono definite condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell’energia da cogenerazione ad alto rendimento, ottenuta a seguito della riconversione di impianti esistenti di generazione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili, che alimentano siti industriali o artigianali, in unità di cogenerazione asservite ai medesimi siti. La predetta maggiore valorizzazione è riconosciuta nell’ambito del regime di sostegno alla cogenerazione ad alto rendimento, come disciplinato in attuazione dell’articolo 30, comma 11, della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modificazioni, e in conformità alla disciplina dell’Unione europea in materia.

L’articolo 38 qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Vengono inoltre stabiliti nuovi principi per il conferimento di titoli minerari, in modo da semplificare e ridurre i tempi necessari per il rilascio dei titoli abilitativi per la ricerca e la produzione di idrocarburi, prevedendo il rilascio di un titolo concessorio unico. Si modifica inoltre la disciplina che consente lo svolgimento di attività mineraria in forma sperimentale, ove si presentino particolari difficoltà operative o sia necessario realizzare prove o studi di fattibilità di particolare impegno. Infine si semplifica la procedura di autorizzazione per la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento.

Il comma 1, al fine dichiarato di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività:

  • di interesse strategico;
  • di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.

I relativi titoli abilitativi (come la Camera dei deputati ha precisato, estendendo la definizione, originariamente riferita ai decreti autorizzativi) comportano pertanto:

  • la dichiarazione di pubblica utilità(143) , indifferibilità ed urgenza(144) dell’opera;
  • l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio(145) dei beni in essa compresi;
  • e, per quanto disposto dal comma 2, se le opere da eseguire comportano variazione degli strumenti urbanistici, hanno effetto di variante urbanistica.

La Camera dei deputati ha aggiunto il comma 1-bis, che demanda al Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell’ambiente, la predisposizione di un piano delle aree in cui sono consentite le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale.

Il comma 3 trasferisce dalle Regioni al Ministero dell’ambiente la competenza al rilascio del provvedimento di VIA (valutazione di impatto ambientale) relativamente ai progetti relativi ad attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sulla terraferma.

Il testo previgente dell’allegato II alla parte II del D.Lgs. 152/2006 (che viene modificato dalla norma in esame) attribuiva alla competenza del Ministero dell’ambiente solo i progetti off-shore, cioè relativi ad attività di prospezione, ricerca e coltivazione in mare.

La Camera dei deputati ha aggiunto una modifica alla lettera v) dell’allegato III alla citata parte II del D.Lgs. 152/2006, per coordinarla con quanto sopra disposto, mediante la sottrazione alla competenza regionale della VIA dei progetti relativi ad “attività di coltivazione sulla terraferma degli idrocarburi liquidi e gassosi”. Per coordinare il trasferimento dalle regioni al Ministero dell’ambiente della competenza al rilascio del provvedimento di VIA – quanto ai progetti relativi ad attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sulla terraferma – viene anche operata la corrispondente modifica dell’allegato IV, eliminando dall’elenco dei progetti di competenza regionale i riferimenti alle attività citate relative agli idrocarburi.

Il comma 4 contiene una norma transitoria destinata a disciplinare gli effetti dello spostamento di competenze operato dal comma 3 sui procedimenti di VIA in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

Per tali procedimenti viene previsto che se la Regione non conclude il procedimento entro il 31 marzo 2015 (comemodificato dalla Camera dei deputati), la stessa dovrà:

  • provvedere alla trasmissione di tutta la documentazione al Ministero dell’ambiente per i seguiti istruttori di competenza;
  • darne notizia al Ministero dello sviluppo economico.

Un’ulteriore modifica operata dalla Camera dei deputati precisa che, nei casi di trasferimento dei procedimenti al Ministero dell’ambiente, i conseguenti oneri istruttori rimangono a carico delle società proponenti e sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al Ministero medesimo.

I commi da 5 a 8 modificano la disciplina per il conferimento di titoli minerari, con specifico riguardo al rilascio dei titoli abilitativi per la ricerca e la produzione di idrocarburi.

La prima novità è l’introduzione di un “titolo concessorio unico” in luogo di due titoli distinti (permesso di ricerca e concessione di coltivazione). Il titolo è rilasciato sulla base di un programma generale di lavori articolato nelle seguenti fasi:

  • fase di ricerca, della durata di sei anni, prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca(146) ;
  • fase di coltivazione (nel caso in cui la prima fase abbia condotto al rinvenimento di un giacimento riconosciuto tecnicamente ed economicamente coltivabile da parte del Ministero dello sviluppo economico)(147) , della durata di trenta anni, da prorogare per una o più volte per un periodo di dieci anni, ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile. A seguito di una modifica della Camera dei deputati al comma 5, la proroga della fase di coltivazione da parte del Mise non è più automatica, ma subordinata al caso di rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico;
  • fase di ripristino finale.

Con riguardo al contenuto del programma dei lavori, che deve essere predisposto prima dell’attività di ricerca, esso difficilmente potrà specificare in maniera puntuale le singole aree interessate dalla ricerca e successiva coltivazione.

La conseguenza più importante del titolo unico è che non vi sono più diversi procedimenti abilitativi autonomi (per ricerca, perforazione e coltivazione), seppur strettamente collegati, bensì un “unico” procedimento “concessorio”.

Secondo il comma 6, il titolo concessorio unico è accordato:

a) con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e le Sezioni territoriali dell’Ufficio nazionale minerario idrocarburi e georisorse, d’intesa, per le attività da svolgere in terraferma, con la regione o la provincia autonoma di Trento o di Bolzano territorialmente interessata;

b) a seguito di un procedimento unico svolto nel termine di centottanta giorni tramite apposita conferenza di servizi, nel cui ambito è svolta anche la valutazione ambientale strategica del programma complessivo dei lavori. A seguito di unamodifica della Camera dei deputati, si specifica che la valutazione ambientale preliminare è svolta entro 60 giorni con parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS del MATTM. Grazie alla Camera si ribadisce anche che per il decreto ministeriale di rilascio del titolo per le attività in terraferma, è necessaria la previa intesa con la Regione, ma rilevato che nel nuovo procedimento unico non è prevista la partecipazione obbligatoria degli enti locali, se non per le attività da svolgere in terraferma(148) ;

c) a soggetti che dispongono di capacità tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate alla esecuzione e realizzazione dei programmi presentati e con sede sociale in Italia o in altri Stati membri dell’Unione europea e, a condizioni di reciprocità, a soggetti di altri Paesi.

Mercé una modifica della Camera dei deputati, è inserito un comma 6-bis che – in luogo della disposizione originaria, secondo cui le attività di “perforazione” e di “realizzazione degli impianti di sviluppo” sono a loro volta soggette a VIA e ad autorizzazione di sicurezza, svolte secondo le procedure stabilite dalla legge entro 60 giorni dalla presentazione delle domande – rinvia alla normativa comunitaria e alla seconda parte del Codice ambientale per il rilascio della VIA per i progetti di opere ed interventi relativi ad attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi; con il comma 6-ter, poi, la medesima Camera dispone che il rilascio del titolo concessorio unico sia subordinato alla presentazione di idonee garanzie bancarie o assicurative.

Il comma 7 prevede che, con disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, siano stabilite, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, le modalità di conferimento del titolo concessorio unico e le modalità di esercizio delle relative attività.

Il comma 8 dispone l’applicazione delle nuove norme sul titolo concessorio unico anche ai titoli rilasciati successivamente alla data di entrata in vigore del Codice ambientale (e non più a tutti i titoli vigenti: ciò in ragione della modifica apportata dalla Camera dei deputati) e ai procedimenti in corso, su istanza del titolare o del richiedente, da presentare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento (termine innovato dalla Camera dei deputati, la quale ha inoltre fatta salva, con riguardo all’applicazione delle disposizioni sui procedimenti di VIA in corso presso le Regioni, l’opzione, da parte dell’istante, di proseguimento del procedimento di valutazione di impatto ambientale presso la Regione, da esercitarsi entro trenta giorni dal medesimo termine).

La Camera dei deputato ha soppresso il comma 9 del decreto-legge, che interveniva sulla disciplina dei casi in cui, per difficoltà di ordine tecnico o di ubicazione, lo sviluppo o la coltivazione di un giacimento di idrocarburi richiedessero l’impiego di tecnologie non ancora acquisite all’esperienza industriale (si tratta delle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po).

Il comma 10 integra l’ articolo 8 del DL 112/2008 per rendere possibili progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti di idrocarburi in mare in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi. In virtù delle modifiche apportate dalla Camera dei deputati, si integra la norma per tutelare anche le risorse localizzate nel mare continentale(149) e si inseriscono gli enti pubblici territoriali (oltre alle regioni e agli enti locali) tra gli enti territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche o dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti che hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale.

I progetti sperimentali:

  • sono autorizzati dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Regioni interessate,
  • sono corredati sia da un’analisi tecnico-scientifica (la Camera dei deputati ha precisato che deve avvenire mediante VIA) che dimostri l’assenza di effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici e sia dai relativi progetti e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica, da condurre sotto il controllo del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Qualora, nel corso delle attività di verifica vengano accertati fenomeni di subsidenza sulla costa determinati dall’attività, il programma dei lavori è interrotto e l’autorizzazione alla sperimentazione decade.

Qualora invece, al termine del periodo di validità dell’autorizzazione, venga accertato che l’attività è stata condotta senza effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, nonché sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici, il periodo di sperimentazione può essere prorogato per ulteriori cinque anni, applicando le medesime procedure di controllo.

Nel caso di attività di cui sopra, ai territori costieri le regioni e gli enti locali territorialmente interessati hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale.

Il comma 11 semplifica la procedura per le attività di reiniezione delle acque di strato(ovvero l’acqua che proviene dalla roccia serbatoio e che viene estratta insieme a petrolio e gas naturale) o della frazione gassosa estratta in giacimento, inserendo tali attività tra quelle soggette esclusivamente ad autorizzazione rilasciata dall’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (UNMIG, istituito presso il MiSE). Nel caso dei giacimenti a terra, pertanto, non è più necessaria l’autorizzazione delle regioni ma solo dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia. Conl’integrazione disposta dalla Camera dei deputati, si prevede che le autorizzazioni relative alla reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa siano rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che esse non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

La norma integra a tal fine il comma 82-sexies dell’articolo 1 della legge 239/2004, secondo la quale le attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati, sono soggette ad autorizzazione rilasciata dall’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia(150) . Si segnala in proposito che nel cd. “collegato ambientale” (AC 2093), l’articolo 26-ter, inserito durante l’esame in Commissione, introduce nel D. Lgs. 152/2006, nella disciplina sulla tutela delle risorse idriche, il divieto di tecniche di stimolazione idraulica mediante iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose (c.d. fracking) nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato. E’ inoltre previsto l’obbligo, per i titolari di permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione di idrocarburi, di comunicazione entro il 31 dicembre 2014 al Ministero dello sviluppo economico, e al Ministero dell’Ambiente e all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, dei dati e delle informazioni relative all’utilizzo pregresso di tali tecniche per ciascun titolo, anche in via sperimentale. La sanzione in caso di violazioni delle prescrizioni previste dall’articolo in esame consiste nella decadenza automatica dal relativo titolo concessorio o dal permesso. Si ricorda inoltre che in data 18 settembre 2013, l’VIIII Commissione Ambiente della Camera, ha approvato una risoluzione (8-00012 Zaratti) che impegna il Governo ad escludere l’utilizzo della fratturazione idraulica nel territorio italiano e che, in data 6 agosto 2014, le Commissioni riunite VIII Ambiente e X Attività produttive della Camera hanno approvato la citata risoluzione (8-00074 risultante dal testo unificato delle risoluzioni 7-00034 Mariastella Bianchi e 7-00086 Cominelli) nella quale viene, tra l’altro, richiamato il suddetto impegno.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-bis, riguardante i rifiuti solidi e liquidi delle attività estrattive. Per tali rifiuti, gli operatori delle industrie estrattive vengono obbligati a tenere un registro delle quantità esatte, pena la revoca dell’autorizzazione dell’attività estrattiva.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-ter, che aumenta il limite massimo del contributo richiesto a carico dei soggetti richiedenti per le attività svolte dagli uffici della Direzione generale per l’energia e le risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico, quali autorizzazioni, permessi o concessioni, volte alla realizzazione e alla verifica di impianti e di infrastrutture energetiche di competenza statale il cui valore sia di entità superiore a 5 milioni di euro. Tale contributo passa da un massimo dello 0,5 per mille ad un massimo dell’1 per mille del valore delle opere da realizzare.

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 11-quater, che vieta, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato, la ricerca e dell’estrazione di shale gas e shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. Si specifica al riguardo che è vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. È inoltre imposto l’obbligo ai titolari dei permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione di comunicare entro il 31 dicembre 2014 al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relative all’utilizzo pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale. Con riguardo alle sanzioni, si specifica che le violazioni dei divieti suddetti determinano l’automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso.

La Camera dei deputati ha introdotto, infine, il comma 11-quinquies, in cui si demanda ad un decreto del MISE la definizione di condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell’energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili che alimentano siti industriali o artigianali. Il riferimento per la definizione di tale valorizzazione è il meccanismo dei certificati bianchi alla cogenerazione ad alto rendimento (di cui al decreto del MISE 5 settembre 2011).


143) In merito alla dichiarazione di pubblica utilità, si ricorda che essa accerta l’esistenza di ragioni di pubblico interesse alla realizzazione di un’opera e attribuisce all’opera medesima una determinata qualità giuridica, che costituisce presupposto per le procedure espropriative. Diversi sono gli atti che possono comportare la dichiarazione di pubblica utilità: ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. 327/2001, infatti, la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta:
a) quando l’autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità, ovvero quando sono approvati il piano particolareggiato, il piano di lottizzazione, il piano di recupero, il piano di ricostruzione, il piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ovvero quando è approvato il piano di zona;
b) in ogni caso, quando in base alla normativa vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l’approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti.

144) La disciplina concernente l’occupazione d’’urgenza è contenuta nell’art. 22-bis del D.P.R. 327/2001.

145) Per quanto riguarda l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, si ricorda che esso rappresenta uno dei presupposti per l’emanazione del decreto di esproprio. Ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 327/2001, infatti, il decreto di esproprio può essere emanato se:
a) l’opera è prevista nello strumento urbanistico generale (o atto di efficacia equivalente) e sul bene da espropriare è stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio;
b) vi è stata la dichiarazione di pubblica utilità;
c) è stata determinata, anche se in via provvisoria, l’indennità di esproprio.

146) Si ricorda che la disciplina previgente all’entrata in vigore del decreto legge in esame distingue permesso di ricerca e concessione di coltivazione. Il permesso di ricerca (la normativa di riferimento per il rilascio del permesso di ricerca è l’art. 8, comma 1, del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 484; l’art. 6, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 9, nonché, per la terraferma, l’art. 1, comma 7, lettera n) della legge 20 agosto 2004, n. 239. Il permesso di ricerca è rilasciato a seguito di un procedimento unico, disciplinato dall’art. 1 commi 77 e 79 della legge 23 agosto 2004, n. 239 per ultimo modificato dal comma 34 dell’art. 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99), di tipo esclusivo, è rilasciato a seguito di una valutazione comparata fra eventuali diversi richiedenti, e in esso il permissionario s’impegna ad effettuare lavori per l’individuazione di un eventuale giacimento coltivabile presente nell’area richiesta. Le operazioni ammesse sul campo e descritte nel programma dei lavori approvato all’atto del rilascio, sono ricerche geofisiche e perforazioni di ricerca. In caso di ritrovamenti di idrocarburi possono essere anche ammesse delle produzioni, ma solo strettamente finalizzate alle valutazioni del giacimento e dei suoi prodotti, essenziali per la richiesta della concessione di coltivazione. La durata del permesso è di sei anni. Il titolare del permesso ha diritto a due successive proroghe di tre anni ciascuna, se ha adempiuto agli obblighi derivanti dal permesso stesso. Al titolare del permesso può essere accordata un’ulteriore proroga qualora, alla scadenza definitiva del permesso, siano ancora in corso lavori di perforazione o prove di produzione per motivi non imputabili a sua inerzia, negligenza o imperizia. La proroga è accordata per il tempo necessario al completamento dei lavori e comunque per un periodo non superiore ad un anno. Con il decreto di proroga è approvato il programma tecnico e finanziario particolareggiato relativo al nuovo periodo di lavori.

147) La concessione di coltivazione, di tipo esclusivo, è l’atto con cui in cui al concessionario, in genere a seguito di un ritrovamento positivo che egli stesso ha ottenuto, è dato il diritto di produrre in base ad un programma di sviluppo del giacimento approvato all’atto del rilascio della concessione. L’attività principale nella concessione è la coltivazione del giacimento, cioè la produzione, con l’obiettivo di massimizzarla.
La normativa sulle concessioni per i titoli minerari è molto stratificata. La legge L. 21-7-1967 n. 613 (art. 29) ha fissato la durata della concessione in trenta anni. La stessa norma stabilisce che decorsi i due terzi del suddetto periodo, il concessionario ha diritto ad una proroga di dieci anni se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione.. Al fine di completare lo sfruttamento del giacimento, decorsi i sette anni dal rilascio della proroga decennale, al concessionario possono essere concesse una o più proroghe, di cinque anni ciascuna se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione o dalle proroghe
L’ art. 1, che D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore della legge 21-7-1967 n. 613, con specifico riguardo al contenuto dll’art. 29 che stabilisce la durata della concessione e la disciplina delle proroghe, nonostante il Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n. 625 (“Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricer- ca e coltivazione di idrocarburi”) contiene invece la disposizione in base alla quale la concessione, può essere rilasciata per venti anni e può essere prorogata fino ad ulteriori dieci anni, in modo da non lasciare idrocarburi recuperabili. Tale complessa stratificazione, non rende, dunque, facilmente individuabile, nell’ordinamento vigente, la durata della concessione.

148) La disciplina previgente all’entrata in vigore del decreto (art.1-commi 78-82-ter della legge 239/2004) distingue tra permesso di ricerca in terraferma e in mare:
1) il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma è rilasciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali e regionali interessate; esso consente solo lo svolgimento delle attività di prospezione, esclusa la perforazione dei pozzi esplorativi, per la quale occorre apposita autorizzazione da parte dell’ufficio territoriale minerario per gli idrocarburi e la geotermia competente, rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale, oltre alla Regione, partecipano anche gli enti locali interessati; 2) il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in mare è rilasciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali interessate. Anche in questo caso è esclusa la perforazione del pozzo esplorativo, per la quale occorre apposita autorizzazione, previa valutazione di impatto ambientale.
La concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi è rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni competenti. Con decreto dei Ministri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le attività preliminari che non comportano effetti significativi e permanenti sull’ambiente che, in attesa della determinazione conclusiva della conferenza di servizi.
Anche nella disciplina vigente entrambi i titoli vengono rilasciati quindi a seguito del c.d. procedimento unico, volto a sostituire i diversi iter autorizzatori incardinati presso le singole Amministrazioni competenti, che vengono quindi coinvolte nell’unica procedura introdotta dalla legge. Tale procedimento comprende e sostituisce, salvo ipotesi particolari, tutte le autorizzazioni necessarie e viene svolto, con le modalità di cui alla l. n. 241/90, ricorrendo allo strumento della conferenza di servizi che viene indetta dall’amministrazione individuata come responsabile a rilasciare il decreto autorizzativo. Anche per la legge n. 99 del 2009 (che ha riscritto i commi 78-82-ter dell’art. 1 della legge 239/2004) si è limitata la partecipazione obbligatoria degli Enti locali al procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione al pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle infrastrutture connesse alle attività di perforazione.

149) Si ricorda che l’art. 6, comma 17, del Codice ambientale (D.lgs. 152/2006), fa divieto di svolgere attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle aree marine e costiere “a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale” ed estende detto divieto alle zone di mare poste entro le dodici miglia dalla costa per l’intero perimetro costiero nazionale, facendo tuttavia salvi i procedimenti concessori in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128. In questo modo, il divieto di svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi non trova applicazione ai procedimenti avviati e non ancora conclusi alla data di entrata in vigore del decreto; sebbene l’autorizzazione allo svolgimento delle attività relative debba essere preceduta dalla VIA e debba essere acquisito il parere degli Enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle stesse. In data 6 agosto 2014, poi, le Commissioni riunite VIII Ambiente e X Attività produttive della Camera hanno approvato una risoluzione (8-00074 risultante dal testo unificato delle risoluzioni 7-00034 Mariastella Bianchi e 7-00086 Cominelli) nella quale tra l’altro si impegna il Governo “a valutare le linee di base delle acque territoriali lungo l’intero perimetro costiero nazionale ai fini del divieto entro le 12 miglia delle attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare”.

150) La normativa vigente in tema di reiniezione delle acque di strato è contenuta nell’art. 104 del Codice ambientale (D.Lgs. 152/2006), che vieta lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo. In deroga a tale principio generale:

  • per i giacimenti a mare, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico e,
  • per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni
  • possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

Articolo 39, comma 1

(Revisione degli incentivi per i veicoli a basse emissioni complessive)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni: 1. Identico:
a) all’articolo 17-bis, il comma 2, lettera c), è sostituito dal seguente: a) identica;
«c) per veicoli, di cui all’articolo 47,comma 1, lettere e), f), g) ed n) del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, appartenenti alle categorie M1, N1, L comprensivo delle categorie L1e, L2e, L3e, L4e, L5e, L6e, L7e di cui al comma 2 del medesimo articolo 47, nonché quelli di cui all’articolo 54, comma 1, letterea), c), d), f) e g) del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992;»
b) all’articolo 17-decies, sono apportate le seguenti modifiche: b) identico:
1) al comma 1, dopo le parole: «anche in locazione finanziaria» e prima delle parole: «un veicolo» sono inserite le seguenti: «e immatricolano», e le parole: «da almeno dodici mesi» sono soppresse; 1) al comma 1, alinea, dopo le parole: «anche in locazione finanziaria» e prima delle parole: «un veicolo» sono inserite le seguenti: «e immatricolano», e le parole: «da almeno dodici mesi, » sono soppresse;
2) al comma 1, lettera a), le parole «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti «fino al 20 per cento»; 2) identico;
3) al comma 1, lettera b) le parole «15 per cento» sono sostituite dalle seguenti «fino al 15 per cento»; 3) identico;
4) al comma 1, lettera c) le parole «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti «fino al 20 per cento»; 4) identico;
5) al comma 1, lettera d) le parole «15 per cento» sono sostituite dalle seguenti «fino al 15 per cento»; 5) identico;
6) al comma 1, lettera e) le parole «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti «fino al 20 per cento»; 6) identico;
7) al comma 1, lettera f) le parole «15 per cento» sono sostituite dalle seguenti «fino al 15 per cento»; 7) identico;
8) al comma 2, l’alinea è sostituito dal seguente: «Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati a partire dalla data di operatività della piattaforma di prenotazione dei contributi, resa nota per gli anni 2014 e 2015 sul sito web www.bec.mise.gov.it, e fino al 31 dicembre 2015 a condizione che:»; 8) identico;
9) al comma 2, lettera c), le parole «e risulti immatricolato almeno dieci anni prima della data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b);» sono soppresse; 9) identico;
10) al comma 2, lettera d) le parole «da almeno dodici mesi dalla data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b),» sono soppresse; 10) identico;
c) all’articolo 17-undecies, comma 2, lettere a) e b) le parole «esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa» sono sostituite dalle seguenti parole «come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa o dati in uso promiscuo ai dipendenti». c) all’articolo 17-undecies, comma 2, lettere a) e b) le parole «esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa» sono sostituite dalle seguenti parole «come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa o dati in disponibilità ai dipendenti in uso proprio e per lo svolgimento dell’attività lavorativa ».

L’articolo 39 modifica alcuni dei criteri per la fruizione degli incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, attraverso una serie di modifiche alle disposizioni del decreto-legge n. 83 del 2012 che li aveva introdotti istituendo un programma triennale di incentivazione per l’acquisto di tutte le tipologie di veicoli aziendali (autovetture, veicoli commerciali, ciclomotori, motocicli e quadricicli), purché destinati all’esercizio di impresa o ad uso pubblico e a condizione che venisse rottamato un veicolo obsoleto, della stessa categoria, avente almeno 10 anni di anzianità, ovvero anche senza rottamazione ma nel caso di acquisto di veicoli aventi emissioni particolarmente basse (< 95g/km).

Come evidenziato nella relazione illustrativa al decreto in esame, la fruizione dei contributi all’acquisto dei veicoli, affidata dal MISE ad una società in house (che ha realizzato un’apposita piattaforma on line all’indirizzo www.bec.mise.gov.it per la prenotazione dei contributi ed il monitoraggio delle risorse disponibili) ha evidenziato alcune complessità normative e di attuazione, che ne hanno impedito un più vasto utilizzo. Viene infatti riportato che il monitoraggio effettuato sulla fruizione dei contributi ha evidenziato un utilizzo delle risorse, al dicembre 2013, per circa 5 milioni di euro, pari al 12% delle risorse disponibili, a fronte di una disponibilità di bilancio nell’apposito Fondo per l’erogazione degli incentivi statali pari a 50 milioni di euro per l’anno 2013 e a 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

Gli articoli del decreto-legge n. 83 del 2012 modificati sono i seguenti:

• l’articolo 17-bis, comma 2, lett. c) che definisce l’elenco dei veicoli ai fini delle agevolazioni, accorpandoli in un’unica categoria L, comprensiva delle previgenti categorie L1e, L2e, L3e, L4e, L5e, L6e, L7e, in modo da consentire la rottamazione di uno qualsiasi dei veicoli di questa categoria più ampia e non esattamente di un veicolo della stessa categoria del veicolo che si va ad acquistare, come previsto fino ad oggi;

• l’articolo 17-decies, commi 1 e 2, consentendo l’agevolazione anche nel caso di immatricolazione in Italia (e quindi anche di veicoli acquistati all’estero), oltre che di veicoli nuovi acquistati in Italia ed eliminando il requisito del possesso o della proprietà da almeno 12 mesi; per quanto riguarda la misura del contributo viene puntualizzato che questo non è necessariamente pari, nei diversi casi previsti, al 15% o al 20%, ma può arrivare fino al 15% o fino al 20%,consentendo anche che il contributo possa essere inferiore e giustificando, nella relazione governativa, tale riduzione con un ampliamento del numero di rivenditori interessati all’iniziativa; si stabilisce poi che il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati a partire dalla data di operatività della piattaforma di prenotazione dei contributi, mentre tra le condizioni previste per fruire del contributo, in parte modificate alla Camera, viene eliminato il requisito che il veicolo rottamato sia stato immatricolato da almeno dieci anni (condizione che aveva reso molto difficile la fruizione dei contributi per molte aziende che non hanno flotte di veicoli di tale anzianità), nonché il requisito dell’intestazione da almeno 12 mesi allo stesso intestatario che acquista il veicolo nuovo;

• l’articolo 17-undecies, comma 2, lett. a) e b) che riguarda il Fondo per l’erogazione degli incentivi, prevedendo che una quota delle risorse del Fondo siano assegnate non solo nel caso di veicoli utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa ma anche se dati in disponibilità ai dipendenti in uso proprio e per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Articolo 39, comma 1-bis

(Rafforzamento della tutela degli ecosistemi terrestri e marini)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1-bis. All’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
«d-bis) rafforzare la tutela degli ecosistemi terrestri e marini, a partire dalle aree e dai siti protetti nazionali, internazionali e dell’Unione europea, anche mediante l’impiego di idonei mezzi e strutture per il monitoraggio, il controllo e il contrasto dell’inquinamento».

Il comma 1-bis dell’articolo 39, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è volto ad includere, nel novero degli interventi a cui è possibile destinare il 50% dei proventi delle aste del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, anche il rafforzamento della tutela degli ecosistemi terrestri e marini, a partire dalle aree e dai siti protetti nazionali, internazionali e dell’Unione europea, anche mediante l’impiego di idonei mezzi e strutture per il monitoraggio, il controllo e il contrasto dell’inquinamento (nuova lettera d-bis) del comma 6 dell’art. 19 del D.Lgs. 30/2013).

Si rammenta che l’articolo 19 del D.Lgs. 30/2013, che disciplina la messa all’asta di una quantità di quote di emissione di gas a effetto serra determinata con decisione della Commissione europea, prevede che i proventi delle aste siano versati al GSE in un apposito conto corrente dedicato “Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System” (“TARGET2”) per essere trasferiti su un apposito conto presso la Tesoreria dello Stato, successivamente versati all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnati ad appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari. Alla ripartizione delle risorse si provvede con decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze.

Il 50 per cento dei proventi derivanti dalle singole aste è riassegnato ad apposito capitolo di spesa del Ministero dello sviluppo economico e destinato (in attuazione del D.L. 72/2010), al rimborso dei crediti spettanti ai gestori degli impianti “nuovi entranti” che a causa dell’esaurimento della riserva di quote “nuovi entranti” non hanno beneficiato di assegnazione a titolo gratuito per il periodo 2008-2012, e per il restante 50% alle attività volte (principalmente) a contrastare i cambiamenti climatici elencate dal comma 6, che sono le stesse previste dall’art. 10, par. 3, della direttiva 2003/87/CE.

In particolare:

a) ridurre le emissioni dei gas a effetto serra;

b) sviluppare le energie rinnovabili ;

c) favorire misure atte ad evitare la deforestazione e ad accrescere l’afforestazione e la riforestazione nei Paesi in via di sviluppo;

d) favorire il sequestro mediante silvicoltura nella Comunità;

e) incentivare la cattura e lo stoccaggio geologico ambientalmente sicuri di CO2;

f) incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni;

g) finanziare la ricerca e lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle tecnologie pulite nei settori disciplinati dal presente decreto;

h) favorire misure intese ad aumentare l’efficienza energetica e l’isolamento delle abitazioni;

i) coprire le spese amministrative connesse al sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas ad effetto serra nella Comunità .

Articolo 39-bis

(Teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. La lettera tt) del comma 2 dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, è sostituita dalla seguente:
«tt) teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti: sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa, in alternativa, almeno:
a) il 50 per cento di energia derivante da fonti rinnovabili;
b) il 50 per cento di calore di scarto;
c) il 75 per cento di calore cogenerato;
d) il 50 per cento di una combinazione delle precedenti;».

La Camera dei deputati ha inserito l’articolo aggiuntivo 39-bis, volto ad innovare rispetto all’attuale definizione di teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti, contenuta nel d.lgs. 102/2014 (di recepimento della direttiva 27/2012/UE sull’efficienza energetica). Fino ad ora, si trattava di un sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa, in alternativa, almeno: a) il 50 per cento di calore di scarto; b) il 50 per cento di energia derivante da fonti rinnovabili; c) il 50 per cento di una combinazione delle precedenti; d) il 75 per cento di calore cogenerato.

Invece, nel testo proposto dalla Camera l’ultimo requisito (per il calore rigenerato) è innalzato di posto (dalla lettera d)alla lettera c)), col risultato che il termine “precedenti” (per il 50 per cento dell’uso combinato) si riferisce anche ad esso.

Articolo 40

(Rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga ed altre misure finanziarie)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. In considerazione della necessità di assicurare una adeguata tutela del reddito dei lavoratori in modo tale da garantire il perseguimento della coesione sociale, il Fondo sociale per l’occupazione e la formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementato di 728 milioni di euro per l’anno 2014, ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all’articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni e integrazioni. La dotazione di cui all’articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, è incrementata di 70 milioni di euro per l’anno 2015. 1. In considerazione della necessità di assicurare una adeguata tutela del reddito dei lavoratori in modo tale da garantire il perseguimento della coesione sociale, il Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementato di 728 milioni di euro per l’anno 2014, ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all’articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni e integrazioni. La dotazione di cui all’articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, è incrementata di 70 milioni di euro per l’anno 2015.
2. Alla copertura degli oneri di cui al comma 1 si provvede mediante i seguenti interventi: 2. Identico.
a) riduzione pari a 150 milioni per l’anno 2014 e 70 milioni di euro per il 2015 della dotazione di cui all’articolo 1, comma 12, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2013; a) identica;
b) riduzione pari a 70 milioni di euro per l’anno 2014 della dotazione di cui all’articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge n. 76 del 2013; b) identica;
c) riduzione pari a 11.757.411 di euro per il 2014, del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne, di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; c) identica;
d) versamento all’entrata del bilancio dello Stato, da parte dell’Inps, di 292.343.544 euro a valere sulle risorse derivanti dall’aumento contributivo di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, per l’anno 2014; tali risorse gravano per un importo massimo di 200 milioni di euro sulla quota inoptata e per la restante parte sulle quote destinate ai fondi interprofessionali per la formazione continua; d) identica;
e) in luogo di quanto previsto all’articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 27 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013, utilizzo delle risorse finanziarie stanziate, per l’anno 2012, ai fini dell’attribuzione degli sgravi contributivi sulle retribuzioni previste dalla contrattazione di secondo livello, di cui all’articolo 1, commi 67 e 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e rimaste inutilizzate, pari a 103.899.045 euro, le quali sono appositamente riversate all’entrata del bilancio dello Stato; e) identica;
f) riduzione pari a 50 milioni di euro per l’anno 2014, del Fondo di cui all’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 247 e successive modificazioni, con conseguente rideterminazione dello stesso Fondo nell’importo di 557 milioni di euro per l’anno 2014 medesimo; f) identica;
g) per 50 milioni di euro mediante utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che restano acquisite al bilancio dello Stato. g) per 50 milioni di euro mediante utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che, conseguentemente, sono acquisite, nel predetto limite di 50 milioni di euro, al bilancio dello Stato.
3. Le somme di cui all’articolo 1, comma 12, lettere a) e b), del decreto-legge n. 76 del 2013 non sono ulteriormente suddivise tra le regioni. All’articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge n. 76 del 2013, le parole «ripartiti tra le Regioni sulla base dei criteri di riparto dei Fondi strutturali» sono abrogate 3. Le somme di cui all’articolo 1, comma 12, lettere a) e b), del decreto-legge n. 76 del 2013 non sono ulteriormente suddivise tra le regioni. All’articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge n. 76 del 2013, le parole «, ripartiti tra le Regioni sulla base dei criteri di riparto dei Fondi strutturali» sono soppresse.
4. Al fine di completare l’erogazione dei trattamenti di competenza dell’anno 2013, il limite di spesa di cui all’articolo 3, comma 17, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per il medesimo anno è incrementato di 8 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. 4. Al fine di completare l’erogazione dei trattamenti di competenza dell’anno 2013, il limite di spesa di cui all’articolo 3, comma 17, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per il medesimo anno è incrementato di 8 milioni di euro a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
5. All’articolo 1, comma 253, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, le parole «, per l’anno 2013,» sono soppresse. 5. Identico.
6. Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni è incrementato di 151,2 milioni di euro per l’anno 2014 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2015-2017. 6. Identico.

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo 40 reca un incremento del finanziamento, per il 2014, degli ammortizzatori sociali in deroga. Il secondo periodo dello stesso comma e le lettere a) e b) del comma 2 operano una rimodulazione delle risorse per l’incentivo alle assunzioni di lavoratori giovani, mentre il comma 3 modifica la procedura del finanziamento del medesimo incentivo. Il comma 2 provvede altresì alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalcomma 1. I commi 4 e 5 recano norme finanziarie e contabili per alcune specifiche fattispecie di ammortizzatori sociali. Il comma 6 incrementa la dotazione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

Il comma 1, primo periodo, incrementa il finanziamento, per il 2014, degli ammortizzatori sociali in deroga nella misura di 728 milioni di euro, elevando, dunque, l’importo complessivo per il 2014 a circa 2.450 milioni – restano fermi gli importi relativi al 2015 (700 milioni) e al 2016 (400 milioni) –(151) . Si ricorda che i criteri per l’erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga sono stati ridefiniti dal D.M. 1 agosto 2014, n. 83473.

La rimodulazione delle risorse di cui al secondo periodo del comma 1 e alle lettere a) e b) del comma 2 concerne, come accennato, la misura di incentivo prevista per i datori di lavoro e relativa alla stipulazione – entro il 30 giugno 2015 – di contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con soggetti di età compresa tra i 18 ed i 29 anni (privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale) e che diano luogo ad un incremento occupazionale netto – misura di cui all’art. 1 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, e successive modificazioni -. La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che la rimodulazione di risorse in oggetto è operata in séguito al ridotto utilizzo – fin qui verificatosi – dell’incentivo. In particolare, si prevede: una riduzione delle relative risorse nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia, nella misura di 150 milioni di euro per il 2014 e di 70 milioni di euro per il 2015; lo spostamento di 70 milioni di euro dal 2014 al 2015 per le risorse nelle restanti regioni. Di conseguenza, lo stanziamento per il 2015 risulta pari a 80 milioni di euro nelle regioni meridionali summenzionate ed a 168 milioni di euro nelle restanti regioni. Riguardo agli stanziamenti residui per il 2014, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che essi – considerando anche l’importo di 75 milioni di euro, derivante dalla riprogrammazione di risorse relative a programmi comunitari ivi descritta – appaiono esaustivi per il flusso prevedibile di domande. Il successivo comma 3 modifica la procedura del finanziamento dell’incentivo, sopprimendo la previsione del riparto delle risorse tra le regioni.

Il comma 2 – oltre ad operare le suddette rimodulazioni – dispone:

  • una riduzione, nella misura di 11.757.411 euro per il 2014, del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne (lettera c));
  • il versamento all’entrata del bilancio dello Stato, da parte dell’INPS, di 292.343.544 euro, a valere sulle risorse derivanti dalla contribuzione relativa alla formazione professionale; tale riduzione è imputata, per un importo massimo di 200 milioni di euro, alla quota generale e, per la restante parte, alle quote destinate ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua (lettera d));
  • l’impiego (per la copertura degli oneri finanziari di cui al comma 1) delle risorse stanziate, per l’anno 2012, ai fini dell’attribuzione degli sgravi contributivi sugli emolumenti previsti dalla contrattazione di secondo livello, e rimaste inutilizzate, pari a 103.899.045 euro (lettera e));
  • una riduzione, nella misura di 50 milioni di euro per il 2014, del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, con conseguente rideterminazione della dotazione del Fondo per il 2014 nella misura di 557 milioni di euro (lettera f));
  • l’impiego (sempre per la copertura degli oneri finanziari di cui al comma 1) di una quota pari a 50 milioni di euro delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato – entrate che, in via ordinaria, sono destinate ad iniziative in favore dei consumatori – (lettera g), di cui la Camera ha operato una riformulazione tecnico-contabile).

La norma finanziaria di cui al comma 4 è intesa a completare, per il 2013, l’erogazione dei trattamenti di disoccupazione ASPI concessi, in base ad una normativa sperimentale e transitoria, per una particolare fattispecie di lavoratori sospesi (per crisi aziendali o occupazionali). Il relativo limite di spesa per il 2013 viene incrementato nella misura di 8 milioni di euro, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

L’articolo 3, comma 17, della L. n. 92 del 2012 ha riconosciuto, in via sperimentale per il periodo 2013-2015, l’erogazione dell’ASPI ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso dei requisiti specifici previsti dall’articolo 2, commi 4-5(152) , della stessa L. n. 92 del 2012, a condizione che ci sia un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20% dell’indennità stessa a carico dei fondi bilaterali di cui ai commi in esame, ovvero a carico dei fondi di solidarietà bilaterali. La durata massima del trattamento, in ogni caso, non può superare novanta giornate da computare in un biennio mobile.

Il comma 5 estende con riferimento agli effetti finanziari per gli anni successivi al 2013 la possibilità che la riprogrammazione – oggetto del Piano di azione e coesione – dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013preveda il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle regioni, connessi a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell’occupazione(153) .

Il comma 6 incrementa nella misura di 151,2 milioni di euro per il 2014 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017 la dotazione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, istituito, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All’utilizzo del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.


151) Cfr. l’art. 2, comma 65, della L. 28 giugno 2012, n. 92, l’art. 21, comma 1, del D.L. 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2013, n. 90, e l’art. 1, comma 183, della L. 27 dicembre 2013, n. 147.

152) Tali lavoratori devono essere in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 (cioè soggetti privi di lavoro, che siano immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti) e devono poter far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.

153) La quota di risorse relative alle misure di politica attiva è gestita dalle regioni interessate.

Articolo 41

(Disposizioni urgenti in materia di trasporto pubblico locale nella regione Calabria)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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1. Al fine di consentire la rimozione dello squilibrio finanziario derivante dagli oneri relativi all’esercizio 2013 posti a carico del bilancio della regione e concernenti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale, nonché di assicurare per il biennio 2014-2015 un contributo straordinario per la copertura dei costi del sistema di mobilità regionale di trasporto pubblico locale, la regione Calabria è autorizzata ad utilizzare le risorse ad essa assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 nel limite massimo di 40 milioni di euro per il 2014, di cui 20 milioni a copertura degli oneri relativi all’esercizio 2013, e di 20 milioni di euro per il 2015, a condizione che vengano implementate le misure che la regione deve attuare ai sensi dell’articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per un più rapido raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei costi rispetto ai ricavi effettivi, in linea con quanto stabilito con il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. A tal fine la regione Calabria integra, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il piano di riprogrammazione di cui al comma 4 del medesimo articolo 16-bis, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. 1. Al fine di consentire la rimozione dello squilibrio finanziario derivante dagli oneri relativi all’esercizio 2013 posti a carico del bilancio della regione e concernenti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale, nonché di assicurare per il biennio 2014-2015 un contributo straordinario per la copertura dei costi del sistema di mobilità regionale di trasporto pubblico locale, la regione Calabria è autorizzata ad utilizzare, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le risorse ad essa assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 nel limite massimo di 40 milioni di euro per il 2014, di cui 20 milioni a copertura degli oneri relativi all’esercizio 2013, e di 20 milioni di euro per il 2015, a condizione che vengano implementate le misure che la regione deve attuare ai sensi dell’articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per un più rapido raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei costi rispetto ai ricavi effettivi, in linea con quanto stabilito con il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. A tal fine la regione Calabria integra, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il piano di riprogrammazione di cui al comma 4 del medesimo articolo 16-bis, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
2. Il piano di cui al comma 1 deve prevedere il contenimento dei corrispettivi a treno/km prodotti, attuato tramite iniziative di razionalizzazione dell’offerta e riqualificazione dei servizi, misure di efficientamento coerenti, per il servizio ferroviario, con i corrispettivi medi a treno/km registrati nelle regioni, e, per il servizio su gomma, un corrispettivo medio a bus/km che rispecchi la media rilevata nelle principali regioni italiane. Il piano deve altresì prevedere la fissazione di tariffe che tengano conto della tariffa media applicata a livello nazionale per passeggero/km, ed inoltre un rapporto tra ricavi da traffico e corrispettivo da regione non inferiore al 20 per cento. Il piano deve dimostrare che, stanti le misure di efficientamento adottate e tenuti fermi gli standard di qualità, la prosecuzione nell’erogazione del servizio di trasporto pubblico locale dall’anno 2016 avvenga senza ulteriori contributi straordinari. Per l’erogazione del contributo straordinario di cui al comma 1 relativo alle annualità 2014 e 2015, la regione Calabria deve dimostrare l’effettiva attuazione delle misure previste in termini di diminuzione del corrispettivo necessario a garantire l’erogazione del servizio per le rispettive annualità. 2. Identico.
3. Le risorse sono rese disponibili, entro il predetto limite di 60 milioni di euro complessivi, previa rimodulazione degli interventi già programmati a valere sulle risorse stesse. 3. Identico.
4. Per il 2014, le risorse finalizzate alla copertura degli oneri relativi all’esercizio 2013 sono disponibili, nel limite di 20 milioni di euro, previa delibera della Giunta regionale di rimodulazione delle risorse ad essa assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, adottata previo parere favorevole dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, successivamente alla presentazione del piano di cui al comma 1. 4. Identico.
5. Al fine di consentire la efficace prosecuzione delle attività del piano di rientro di cui all’articolo 16, comma 5, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, non è consentito intraprendere azioni esecutive, anche concorsuali, ivi compresi gli atti di intervento nelle procedure esecutive pendenti alla data predetta, nei confronti delle società di cui all’articolo 16, comma 7, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, né sulle risorse di cui all’articolo 11, comma 13, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, all’articolo 16, comma 9, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, nonché all’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, destinate alla Regione Campania. I pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle società di cui al primo periodo. 5. Identico.

I commi da 1 a 4 dell’articolo 41 intervengono in materia di risorse per il trasporto pubblico locale nella Regione Calabria per consentire la rimozione dello squilibrio finanziario derivante dagli oneri relativi all’esercizio 2013 posti a carico del bilancio della regione e concernenti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale, nonché per assicurare per il biennio 2014-2015 un contributo straordinario per la copertura dei costi del sistema di mobilità regionale di trasporto pubblico locale.

Le disposizioni in commento risultano di identico contenuto dell’articolo 3 della proposta di legge C. 2256, già approvata dal Senato ed attualmente all’esame della V Commissione Bilancio della Camera; a sua volta l’articolo 3 dell’A.C. 2256 riprende sostanzialmente il contenuto dei commi da 2-bis a 2-quinquies dell’articolo 1 del disegno di legge C. 1906 di conversione del decreto-legge n. 126/2013, inseriti nel corso dell’iter di conversione al Senato (l’iter si è poi interrotto alla Camera e il provvedimento non è stato convertito).

In particolare, il comma 1 autorizza la regione Calabria, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, a utilizzare le risorse ad essa assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2007-2013, nel limite di 40 milioni di euro per il 2014 (di cui 20 milioni a copertura degli oneri relativi all’esercizio 2013), e di 20 milioni di euro per il 2015, quale contributo straordinario per la copertura dei costi del sistema di mobilità regionale di trasporto pubblico locale.

L’utilizzo di tali risorse viene condizionato alla implementazione delle misure previste dall’art. 16-bis del decreto-legge95/2012(154) , per un più rapido raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei costi rispetto ai ricavi effettivi, in linea con quanto stabilito con il decreto legislativo 422/1997(155) . Il riferimento è ad uno dei criteri di efficientamento dei servizi di trasporto pubblico locale a cui viene espressamente condizionata, l’erogazione di una quota del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, in base al D.P.C.M. 11 marzo 2013 che ha definito i criteri per la ripartizione del Fondo in questione. Si condiziona inoltre tale utilizzo alla integrazione da parte della regione Calabria, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, del piano di riprogrammazione di cui al medesimo articolo 16-bis, da approvarsi con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Il citato articolo 16-bis ha previsto l’emanazione con D.P.C.M. dei criteri e modalità di ripartizione e trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle risorse del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario prevedendo che le risorse di detto Fondo e quelle derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio non possano essere destinate a finalità diverse dal finanziamento del trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario. Il D.P.C.M. è stato emanato l’11 marzo 2013 (Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2013) ed ha previsto che le risorse stanziate sul Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale siano ripartite entro il 30 giugno di ciascun anno con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, da emanare, sentita la Conferenza Unificata. La ripartizione è effettuata per il 90% sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 del decreto e per il residuo 10% in base alle medesime percentuali ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di efficientamento del servizio: a) un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. A titolo di anticipazione il 60% delle risorse viene ripartito ed erogato alle regioni sulla base delle percentuali della Tabella 1, mentre Il residuo 40%, al netto delle eventuali riduzioni conseguenti al mancato raggiungimento degli obiettivi, viene erogato su base mensile a decorrere dal mese di agosto di ciascun anno. Le regioni provvedono poi ai corrispondenti trasferimenti agli enti locali.

Con D.P.C.M. 26 luglio 2013 è stata inoltre determinata l’aliquota di compartecipazione alle accise sulla benzina e sul gasolio per autotrazione che alimenta il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, fissata al 19,7 per cento per l’anno 2013.

Si segnala altresì che recentemente era intervenuto in materia anche l’art. 25, comma 11-sexies del 69/2013(156) che ha autorizzato la regione Calabria ad attingere, nel limite massimo di 40 milioni di euro per il biennio 2013-2014, alle risorse del Fondo sviluppo e coesione assegnate alla Calabria per il cofinanziamento nazionale delle politiche di coesione dell’Unione europea per operazioni di potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro, compreso l’acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario. La norma ha previsto che le risorse vengano rese disponibili previa rimodulazione degli interventi previsti nell’ambito della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Il comma 2 definisce le caratteristiche del piano di riprogrammazione che dovrà prevedere:

  • il contenimento dei corrispettivi a treno/km prodotti, attuato tramite iniziative di razionalizzazione dell’offerta e riqualificazione dei servizi;
  • misure di efficientamento coerenti, per il servizio ferroviario, con i corrispettivi medi a treno/km registrati nelle regioni e, per il servizio su gomma, un corrispettivo medio a bus/km che rispecchia la media rilevata nelle principali regioni italiane;
  • la fissazione di tariffe che tengano conto della tariffa media applicata a livello nazionale per passeggero/km;
  • un rapporto tra ricavi da traffico e corrispettivo da regione non inferiore al 20 per cento.

Il piano dovrà inoltre dimostrare che, stante le misure di efficientamento adottate e tenuti fermi gli standard di qualità, la prosecuzione nell’erogazione del servizio di trasporto pubblico locale dall’anno 2016 avviene senza ulteriori contributi straordinari. Per l’erogazione del contributo straordinario relativo alle annualità 2014 e 2015 la regione Calabria dovrà dimostrare l’effettiva attuazione delle misure previste in termini di diminuzione del corrispettivo necessario a garantire l’erogazione del servizio per le rispettive annualità.

Il comma 3 stabilisce che le risorse siano rese disponibili, entro il predetto limite di 60 milioni di euro complessivi, previa rimodulazione degli interventi già programmati a valere sulle predette risorse.

Il comma 4 prevede che per il 2014, le risorse finalizzate alla copertura degli oneri relativi all’esercizio 2013 siano disponibili nel limite di 20 milioni previa delibera della Giunta regionale di rimodulazione delle risorse ad essa assegnate, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, adottata su parere favorevole dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, previa presentazione del piano di riprogrammazione.

Il comma 5 differisce al 31 dicembre 2015 il blocco, scaduto il 30 giugno 2014, delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il trasporto ferroviario regionale nella regione Campania ed interessate dal piano di rientro dalla situazione di disavanzo.

Il decreto-legge 16/2014(157) aveva già disposto, all’articolo 17 comma 5 il blocco delle azioni esecutive, anche concorsuali, fino al 30 giugno 2014 in relazione alla particolare situazione del trasporto ferroviario regionale campano. La norma prevedeva il blocco:

  1. nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale (già considerate dall’articolo 16, comma 7, del decreto-legge 83/2012(158) );
  2. nei confronti delle somme anticipate alla regione Campania per il pagamento dei debiti dell’amministrazione regionale e destinate anche al piano di rientro nel settore del trasporto ferroviario regionale campano, ai sensi dell’articolo 11, comma 13, del decreto-legge 76/2013(159) ;
  3. nei confronti delle risorse dell’incremento dell’addizionale regionale IRPEF e IRAP che, a decorrere dal 2013, sono incrementate per finanziare il medesimo piano di rientro, ai sensi dell’articolo 16, comma 9, del decreto-legge 83/2012;
  4. nei confronti delle somme del fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni alle regioni in situazione di squilibrio finanziario, istituito dall’art. 1, co. 9-bis del decreto-legge 174/2012(160) e destinato, ai sensi della medesima disposizione, anche al finanziamento del piano di rientro della regione Campania nel settore del trasporto regionale ferroviario.

Il blocco delle azioni esecutive e dei pignoramenti in relazione alla situazione del trasporto ferroviario regionale campano era stato dapprima stabilito dall’articolo 16, comma 7, del decreto-legge 83/2012, per un periodo di dodici mesi, fino al 27 giugno 2013. Successivamente l’articolo 1, comma 177, della legge di stabilità 2013 (228/2012) aveva esteso il blocco a tutto il 2013.

Si ricorda che i commi da 5 a 10 dell’art. 16 del decreto-legge 83/2012 hanno delineato una procedura di accertamento dei disavanzi e una conseguente procedura di definizione dei piano di rientro, da realizzarsi nel termine di 5 anni, necessarie a riorganizzare e riqualificare il sistema di mobilità regionale su ferro della Regione Campania (comma 5). Il comma 6, per garantire la continuità dell’erogazione dei servizi di trasporto pubblico regionale, consente al Commissarioad acta, nominato ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge n. 78/2010 per il riordino delle società partecipate della regione Campania, nelle more dei tre mesi previsti per la predisposizione del piano di rientro, di adottare ogni atto necessario ad assicurare lo svolgimento della gestione del servizio da parte di un unico gestore a livello di ambito o bacino territoriale ottimale, coincidente con il territorio della Regione, con il vincolo di garantire comunque il principio di separazione tra la gestione del servizio e la gestione e manutenzione delle infrastrutture.

La norma del comma 5 in commento non consente pertanto, fino al 31 dicembre 2015, di intraprendere e proseguire azioni esecutive, anche concorsuali, compresi gli atti di intervento nelle procedure pendenti, nei confronti delle società ferroviarie regionali, nonché prevede l’impignorabilità delle risorse destinate alla copertura del piano di rientro della Regione Campania.

Il comma 5 prevede inoltre che i pignoramenti effettuati non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati, pertanto questi soggetti possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle società di trasporto pubblico locale.


154) Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”.

155) D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

156) Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

157) Decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 “Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonche’ misure volte a garantire la funzionalita’ dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche”.

158) Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”.

159) Decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche’ in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti”.

160) Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche’ ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”.

Articolo 42, commi 1-14

(Disposizioni in materia di finanza delle Regioni)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Al decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, all’articolo 46, comma 6, le parole: «31 ottobre 2014», sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre 2014» e dopo il comma 7 sono aggiunti i seguenti: 1. Identico:
«7-bis. Le Regioni a statuto ordinario, in base a quanto stabilito dall’intesa sancita, ai sensi del comma 6, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 29 maggio 2014, sono tenute per l’anno 2014 ad effettuare, fermo restando il rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, come modificati dal comma 7-quater, le spese nei confronti dei beneficiari, a valere sulle seguenti autorizzazioni di spesa: «7-bis. Identico.
a)articolo 1, comma 260, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per le istituzioni scolastiche paritarie, per un importo complessivamente pari a 100 milioni di euro;
b)articolo 2 del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, e articolo 1, comma 259, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per il diritto allo studio, per un importo complessivamente pari a 150 milioni di euro;
c)articolo 1 del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, per contributi e benefìci a favore degli studenti, anche con disabilità, per un importo complessivamente pari a 15 milioni di euro;
d) articolo 9, comma 4-bis, del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, per il fondo per il diritto al lavoro dei disabili per un importo complessivamente pari a 20 milioni di euro;
e)articolo 23, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per l’erogazione gratuita di libri di testo per un importo complessivamente pari a 80 milioni di euro;
f)articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per il materiale rotabile per un importo complessivamente pari a 135 milioni di euro.
7-ter. Le Regioni attestano l’effettuazione delle spese di cui al comma 7-bis, nell’ambito della certificazione di cui all’articolo 1, comma 461, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Le regioni che, sulla base della certificazione di cui al periodo precedente, risultino non aver effettuato integralmente la spesa, versano all’entrata di Bilancio statale la quota non effettuata. 7-ter. Le Regioni attestano l’effettuazione delle spese di cui al comma 7-bis, nell’ambito della certificazione di cui all’articolo 1, comma 461, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Le regioni che, sulla base della certificazione di cui al periodo precedente, risultino non aver effettuato integralmente la spesa, versano all’entrata del bilancio dello Stato la quota di spesa non effettuata.
7-quater. Per l’anno 2014, non si applicano le esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno previste dalle seguenti disposizioni: 7-quater. Identico».
a)articolo 1, comma 260, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
b) articolo 1, comma 4, e articolo 2, comma 2, del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128;
c)articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
Conseguentemente, per l’anno 2014, non si applica il comma 7 del presente articolo.»;
2. Al comma 517 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole «30 giugno 2014» sono sostituite da «15 ottobre 2014». 2. Identico.
3. Al comma 140 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, aggiungere, alla fine, il seguente periodo «Per l’anno 2014, il termine del 1 marzo, di cui al primo periodo, è posticipato al 30 settembre e il termine del 15 marzo, di cui al secondo periodo, è posticipato al 15 ottobre». 3. Identico.
4. All’articolo 1, comma 525, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole «30 aprile 2014» sono sostituite dalle seguenti «31 ottobre 2014». Inoltre, alla fine del medesimo comma è aggiunto il seguente periodo: «Nelle more della individuazione delle risorse di cui al primo periodo, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili, gli ammontari di spesa indicati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.». 4. Identico.
5. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell’Accordo sottoscritto il 9 giugno 2014 fra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della regione Siciliana, l’obiettivo di patto di stabilità interno della regione Siciliana, di cui al comma 454 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è determinato in 5.786 milioni di euro per l’anno 2014 e in 5.665 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. I predetti obiettivi, per gli anni 2014-2017, possono essere rideterminati in conseguenza di nuovi contributi alla finanza pubblica posti a carico delle autonomie speciali con legge statale. Per gli anni 2014-2017 non si applica alla regione Siciliana quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Dai predetti obiettivi sono escluse le sole spese individuate dal citato Accordo del 9 giugno 2014. 5. Identico.
6. Gli accantonamenti previsti dalla normativa vigente per l’anno 2014 a valere sulle quote di compartecipazione della regione Siciliana ai tributi erariali sono ridotti in misura corrispondente all’ammontare delle entrate riservate all’erario dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e da restituire alla predetta Regione per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 241 del 31 ottobre 2012. 6. Identico.
7. La regione Siciliana nel 2014 non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell’ambito della certificazione di cui al comma 461 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell’economia e delle finanze il rispetto del predetto limite. 7. Identico.
8. Gli effetti positivi in termini di indebitamento netto e fabbisogno derivanti dall’applicazione del comma 5, pari a 400 milioni di euro annui, alimentano il «Fondo Rapporti finanziari con le autonomie speciali» istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. 8. Gli effetti positivi in termini di indebitamento netto e fabbisogno derivanti dall’applicazione del comma 5, pari a 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, alimentano il «Fondo Rapporti finanziari con le autonomie speciali» istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell’Accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della regione Sardegna, l’obiettivo di patto di stabilità interno della regione Sardegna, di cui al comma 454 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è determinato in 2.696 milioni di euro per l’anno 2014. Dall’obiettivo 2014 sono escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a. 9. Identico.
10. A decorrere dall’anno 2015 la regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla regione Sardegna non si applica il limite di spesa di cui al comma 454 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilità interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell’articolo 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228. 10. A decorrere dall’anno 2015 la regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla regione Sardegna non si applicano il limite di spesa di cui al comma 454 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilità interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell’articolo 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228.
11. Non si applica alla regione Sardegna quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. 11. Identico.
12. La regione Sardegna nel 2014 non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell’ambito della certificazione di cui al comma 461 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell’economia e delle finanze il rispetto del predetto limite. 12. Identico.
13. Gli oneri in termini di indebitamento netto e fabbisogno derivanti dall’applicazione dei commi 9 e 10 del presente articolo, pari a 320 milioni di euro annui, trovano compensazione per pari importo sul «Fondo Rapporti finanziari con le autonomie speciali» di cui al comma 8 del presente articolo. 13. Identico.
14. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 14. Identico.

L’articolo 42 opera diversi interventi concernenti la finanza regionale.

Il comma 1 riguarda il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario disposto dall’articolo 46, commi 6 e 7, del decreto legge 66/2014 e pari complessivamente a 500 milioni di euro per l’anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.

Secondo quanto disposto dal citato comma 6, le regioni possono decidere gli ambiti di spesa sui quali incidere per realizzare il risparmio e l’ammontare del risparmio riferito a ciascuna regione mediante intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Le somme così stabilite (comma 7) andranno sottratte al limite di spesa fissato per il patto di stabilità interno.

La norma inserisce, inoltre, dopo il citato articolo 46, comma 7, i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater al fine di dare attuazione all’intesa sancita in Conferenza Stato-Regioni il 29 maggio 2014, in relazione al contributo alla finanza pubblica per il 2014, di 500 milioni di euro.

Le regioni hanno concordato di realizzare il concorso alla riduzione della spesa per un valore complessivo di 500 milioni per il 2014 (ai fini all’indebitamento netto), attraverso la rinuncia a determinate deroghe al patto di stabilità previste dalla legislazione vigente. Il comma 7-bis dispone quindi che le risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 ed attualmente escluse dal patto di stabilità, devono essere spese dalle regioni, nei limiti dell’obiettivo programmatico già fissato (e come modificato dal successivo comma 7-quater). Si tratta di contributi che le regioni ricevono al fine di finanziare particolari settori:

a) scuole paritarie, per 100 milioni di euro; la deroga è stabilita dall’art. 1 comma 260 della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014). La norma esclude le spese per il sostegno alle scuole paritarie effettuate dalle regioni con le risorse ad esse attribuite dallo Stato (pari complessivamente a 220 milioni di euro) dal computo ai fini del patto di stabilità interno per il 2014, nel limite di 100 milioni di euro;

b) borse di studio universitarie, per 150 milioni di euro; il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie (art. 18, co. 1, lett. a), del d.lgs. 68/2012), è stato incrementato di 100 milioni di euro annui, a decorrere dal 2014, dall’art. 2, comma 1 del D.L. 104/2013 (legge 128/2013) e di 50 milioni di euro dall’articolo 1, comma 259 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014); il citato art. 2 della del D.L. 104/2013, al comma 2 ha escluso dai limiti del patto di stabilità i pagamenti effettuati dalle regioni con le risorse statali del Fondo integrativo;

c) contributi e benefici a favore degli studenti, anche con disabilità, per 15 milioni di euro, stanziati dall’articolo 1 del decreto legge 104/2013 (legge 128/2013); il comma 4 del medesimo articolo 1 esclude dal patto di stabilità la corrispondente spesa regionale;

d) fondo per il diritto al lavoro dei disabili, per un importo pari a 20 milioni di euro, corrispondente allo stanziamento per il 2014, effettuato dall’articolo 9, comma 4-bis, del decreto legge 76/2013 (legge 99/2013),

e) libri di testo, per 80 milioni di euro; l’art. 23, comma 5, del D.L. 95/2012 (l. 135/2012) ha autorizzato, a decorrere dal 2013, la spesa di 103 milioni di euro per la fornitura gratuita dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l’obbligo scolastico, ovvero in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore;

f) materiale rotabile per 135 milioni di euro; la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 83) ha incrementato il fondo per l’acquisto dei veicoli del trasporto pubblico locale istituito dall’articolo 1, comma 1031 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) di 300 milioni di euro per il 2014 e 100 milioni di euro per il 2015 e 2016 per l’acquisto di materiale rotabile su gomma e ferroviario, nonché di vaporetti e ferry-boat, da destinare al trasporto pubblico locale; la medesima norma esclude i relativi pagamenti dal patto di stabilità interno nel limite del 45 per cento dell’assegnazione di ciascuna regione per l’anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016.

Il comma 7-ter stabilisce che ciascuna regione certifica di aver effettuato le suddette spese, nell’ambito delle certificazioni di rito per la verifica del patto di stabilità, come disciplinate dal comma 461 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013. In caso di mancato pagamento la regione è tenuta a versare al bilancio dello Stato la somma corrispondente.

In conseguenza della rinuncia alle deroghe al patto di stabilità sopra illustrate, il comma 7-quater stabilisce che per l’anno 2014 non si applicano le esclusioni dai vincoli del patto concernenti:

  • le scuole paritarie per 100 mln. di euro (L. 147/2013 art. 1, comma 260),
  • le borse di studio universitarie (D.L. 104/2013, art 2 e legge 147/2013 art. 1, comma 259)
  • i contributi per gli studenti, anche disabili (D.L. 104/2013, art 1)
  • il materiale rotabile (legge 147/2013, art. 1, comma 83).

Per l’anno 2014, infine, non trova applicazione il comma 7 del citato articolo 46, il quale dispone che gli importi imputati a ciascuna regione in sede di intesa al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica (il risparmio richiesta a ciascuna regione dal citato art. 46, comma 6), dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità.

Si ricorda al riguardo che il comma 449-bis dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (come modificato dal comma 497 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014) individua, in apposita tabella, per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, l’obiettivo del patto di stabilità interno espresso in termini di competenza eurocompatibile di ciascuna regione a statuto ordinario.

In sostanza le regioni, con l’intesa sottoscritta il 29 maggio hanno concordato – possibilità prevista dalla legge – una diversa modalità di attuare il risparmio richiesto, anziché attraverso una riduzione dei limiti di spesa del patto di stabilità, attraverso la rinuncia a determinate deroghe.

Il comma 2 riguarda il patto orizzontale tra le regioni, vale a dire la possibilità che le regioni a statuto speciale e le regioni a statuto ordinario si scambino spazi finanziari nel rispetto dei saldi di finanza pubblica definiti complessivamente. Previsto dal comma 517, art. 1, della legge di stabilità 2014 e fino ad ora non attuato, la norma posticipa il termine per la definizione dell’accordo da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni, dal 30 giugno al 15 ottobre 2014.

Il comma 3 concerne il “patto regionale verticale” (disciplinato dall’articolo 1, commi 138-140, della 220/2010, legge di stabilità 2011) secondo il quale le regioni possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio, in termini di competenza euro compatibile, per un ammontare pari all’entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali – il rispetto degli obiettivi finanziari.

La procedura prevede che gli enti locali devono comunicare all’ANCI, all’UPI e alle regioni e province autonome, entro il 1 marzo di ciascun anno, l’entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell’anno. Le regioni, entro il termine perentorio del 31 marzo, comunicano i nuovi obiettivi agli enti locali interessati dalla compensazione verticale. I due termini sono stati anticipati, da ultimo, dalla legge di stabilità 2014, art. 1, comma 543; la norma in esame posticipa questi due termini, limitatamente al 2014, rispettivamente al 30 settembre e 15 ottobre.

Il comma 4 concerne l’ulteriore concorso agli obiettivi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario determinato dai commi 522-527, art. 1, legge di stabilità 2013 per un complessivo importo di 560 milioni di euro, in termini di saldo netto da finanziare. Ciascuna regione è tenuta a versare ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio statale, entro il 31 marzo 2014, la somma indicata nella tabella allegata alla legge di stabilità. Il comma 525, dispone che in caso di mancato versamento, gli importi dovuti da ciascuna regione sono sottratti dalle risorse dovute dallo Stato alla regione medesima, entro il termine del 30 aprile 2014. Non possono essere soggette a tagli le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale. La regione può indicare alla Ragioneria Generale dello Stato quali risorse tagliare entro il 15 aprile 2014.

La norma in esame posticipa il termine entro cui, in caso di mancato pagamento, gli importi dovuti da ciascuna regione sono sottratti dalle risorse dovute dallo Stato alla regione medesima, dal 30 aprile al 31 ottobre. Viene inoltre inserita una ulteriore disposizione secondo la quale, fino alla individuazione delle risorse da tagliare alla regione inadempiente, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili le voci di spesa indicati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.

I commi da 5 a 8 riguardano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana. Le norme danno attuazione all’accordo sottoscritto con la Regione il 9 giugno 2014, nell’ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013.

La disciplina del patto di stabilità per le regioni a statuto speciale è dettata dai commi 454-459 dell’unico articolo della legge di stabilità 2013, con le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2014 e dal decreto legge 66/2014.

Il comma 454 definisce gli obiettivi di risparmio, in termini di competenza eurocompatibile, calcolati sul complesso delle spese finali per le regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Le norme (ultimi due periodi) confermano la necessità, per ciascun ente, di concordare con il Ministero dell’economia e delle finanze per ciascuno degli anni dal 2013 al 2017, l’obiettivo specifico. Questo dovrà essere calcolato sottraendo alle spese finali 2011, le voci di spesa elencate al comma stesso che rappresentano i diversi contributi richiesti alle autonomie speciali a partire dalla legge di stabilità 2012:

a) gli importi indicati per il 2013 nella tabella inserita nel comma 10 dell’articolo 32 della legge di stabilità 2012, per complessivi 2.500 milioni di euro;

b) il contributo previsto dall’articolo 28, comma 3, del D.L. 201/2011, vale a dire la ‘riserva all’erario’ del maggior gettito derivante dall’aumento dell’addizionale IRPEF, disposta dal comma 1 del medesimo articolo 28, per complessivi 920 milioni di euro. A decorrere dal 2012, le autonomie speciali devono versare all’erario, 860 milioni di euro annui e le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le due Province autonome di Trento e di Bolzano anche 60 milioni di euro annui da parte dei comuni ricadenti nei propri territori. Fino all’emanazione delle norme di attuazione; il risparmio di 920 milioni di euro dovrà essere realizzato attraverso un accantonamento di quote di compartecipazioni ai tributi erariali spettanti a ciascuna autonomia.. Successivamente l’articolo 35, commi 4-5, del decreto legge 1/2012 (convertito con la legge 27/2012) ha inoltre disposto la riserva all’erario delle maggiori entrate ottenute nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, derivanti dall’incremento dell’accisa sull’energia elettrica. Il comma 4 esplicita la finalizzazione della riserva all’erario, disponendo un aumento del concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto speciale e delle due province autonome (di cui all’articolo 28, comma 3, del D.L. 201/2011) di 235 milioni di euro annui a decorrere dal 2012. Si ricorda infine che il D.L 16/2012 all’articolo 4, commi 10-11, sopprime l’imposta sul consumo dell’energia elettrica nei comuni e nelle province dei territori delle regioni a statuto speciale ed impone alle stesse regioni di reintegrare agli enti locali il mancato gettito. Conseguentemente riduce il contributo agli obiettivi di finanza pubblica dovuto dalle regioni a statuto speciale ai sensi del D.L. 201/2011, dell’importo corrispondente al mancato gettito stimato pari a 180 milioni di euro per il 2012 e pari a 239 milioni annui dal 2013;

c) gli importi indicati nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione del D.L. 95/2012, art. 16, comma 3 che determina complessivamente il contributo delle autonomie speciali alla finanza pubblica. Nel decreto sono determinate le somme da accantonare annualmente a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali, per ciascuna autonomia speciale. Per il 2012 ha disposto il Decreto 27 novembre 2012; per il 2013 il Decreto 23 settembre 2013 e per il 2014, il Decreto 17 giugno 2014.

d) gli importi indicati nella tabella inserita nel testo di legge dalla legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, art. 1, comma 499, come ulteriormente modificato dall’art. 46, comma 2, del decreto legge 66/2014) per un importo complessivo di 500 milioni di euro per il 2014 e 703 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017;

d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali.

Con l’accordo del 9 giugno viene stabilito l’obiettivo 2013 ed insieme certificato il rispetto del patto di stabilità da parte regionale per l’anno in questione.

L’obiettivo 2013, in termini di competenza eurocompatibile e di competenza finanziaria, è fissato in 6.200 milioni di euro. In questa somma non sono comprese le spese correttive e compensative delle entrate relative a regolazioni contabili inerenti gli accantonamenti relativi alla riserva all’erario di cui all’art. 28, comma 3, del D.L. 201/2011 e al contributo alla finanza pubblica di cui all’art. 16, comma 3, del D.L. 95/2012.

Diversamente dagli esercizi precedenti, le parti hanno, inoltre, concordato gli obiettivi del patto di stabilità per gli 2014-2017.

Il comma 5 determina l’obiettivo del patto di stabilità della Regione, in termini di competenza eurocompatibile, per l’anno 2014 pari a 5.786 milioni di euro e per gli anni dal 2015 al 2017 pari a 5.665 milioni di euro.

Nell’accordo viene specificato che questi obiettivi sono assunti sottraendo dal complesso delle spese finali (consuntivo 2012) rilevanti ai fini del patto di stabilità, pari a 7.060 milioni di euro, i contributi a carico della regione, previsti dalla normativa vigente, di 874 milioni di euro per il 2014 e 995 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 e un ulteriore contributo, aggiuntivo rispetto la normativa vigente, di 400 milioni di euro consuntivo 2012

La misura è tale da garantire un contributo della Regione in termini di indebitamento netto e fabbisogno pari a 400 milioni annui, contributo, dichiarato al comma 8 dell’articolo in esame, che andrà a confluire nel “Fondo Rapporti Finanziari con autonomie speciale”, istituito dallo stesso comma 8. Una modifica apportata nel corso dell’esame alla Camera dei deputati ha specificato che il contributo della Regione pari a 400 milioni di euro è da intendersi per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017.

La norma in esame sostituisce quindi l’accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto in relazione a ciascuno degli anni dal 2014 al 2017; per tale motivo, non si applicano gli ultimi due periodi del comma 454, nei quali è stabilito che il Presidente della Regione trasmette la proposta di accordo al Ministero, entro il 31 marzo di ciascun anno; l’ultimo periodo dispone per il solo 2014, fissando il termine al 30 giugno 2014.

Benché l’accordo valga per il triennio, la norma in esame specifica che rimane ferma la possibilità di rideterminare gli obiettivi, qualora vengano posti a carico delle autonomie speciali ulteriori contributi alla finanza pubblica.

In relazione al 2014, inoltre, il comma 7 stabilisce che la Regione non può impegnare spese correnti, con esclusione di quelle per la sanità, in misura superiore all’importo minimo dei corrispondenti impegni del triennio 2011-2013.

Il comma 6 dà attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2013 che ha riconosciuto illegittime le riserve all’erario stabilite dal D.L. 138/2011 in relazione alle entrate tributarie spettanti alla Regione. Gli accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione dei tributi erariali della Regione siciliana per il 2014, previsti dalla normativa vigente, devono perciò essere ridotti in misura corrispondente alle somme da restituire alla Regione.

Nell’accordo gli importi da restituire alla regione, sono determinati in 118, 9 milioni di euro in riferimento alle riserva all’erario dettata dal D.L. 138/2011 e in 436,5 milioni di euro in riferimento alle riserva all’erario dettata dal D.L. 201/2011.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 36, del D.L. 138/2011 dispone la riserva all’erario delle maggiori entrate derivanti dalle norme recate dallo stesso decreto legge, per un periodo di cinque anni. Le risorse dovranno essere destinate alle «esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalità della situazione economica internazionale»; con decreto dovranno essere definite le modalità di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione(161) .

Sulle disposizioni del decreto legge 138/2011 sopra descritte è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 241 dell’ottobre 2012, che decide sui ricorsi delle regioni Sicilia, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Le questioni sono dichiarate tutte infondate, con la sola eccezione della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 5-bis e 5-ter, del decreto-legge n. 138 del 2011, nella parte in cui dispone che la riserva allo Stato del gettito delle entrate derivanti da tali commi si applica alla Regione siciliana con riguardo a tributi spettanti alla Regione ai sensi dello statuto. Anche nel caso di dichiarazione di infondatezza della questione, tuttavia, l’analisi della Corte su ciascuna disposizione, al fine di verificare se essa sia o meno conforme alle norme statutarie, ha esiti opposti quanto alla spettanza del maggior gettito: nei casi in cui la norma denunciata è applicabile in quanto conforme alle norme statutarie, infatti, il maggiore gettito è di spettanza dello Stato; nei casi in cui, proprio per effetto della clausola di salvaguardia, sia inapplicabile perché non conforme allo statuto, il maggior gettito è, invece, di spettanza della regione.

Si ricorda infine che, a seguito della sentenza n. 241, i commi 508, 510 e 511 dell’unico articolo della legge di stabilità 2014, hanno riscritto le norme sulla riserva all’erario. Come nella norma precedente, la ‘nuova’ riserva all’erario dettata dal comma 508 costituisce una modalità per le regioni a statuto speciale di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica ed è delimitata nel tempo per un periodo di 5 anni. Oggetto della riserva sono le nuove e maggiori entrate derivanti dalle norme recate dei già citati decreti leggi 138/2011 e 201/2011. Le risorse sono interamente destinate alla copertura degli oneri del debito pubblico al fine di garantire la riduzione dello stesso, nella misura e dei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità. In attuazione di tali disposizioni è stato emanato il Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 11 settembre 2014 con il quale sono stabilite le modalità di individuazione, attraverso separata contabilizzazione, del maggior gettito da riservare all’Erario.

I commi da 9 a 13 riguardano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna. Le norme danno attuazione all’accordo sottoscritto con la Regione il 21 luglio 2014, nell’ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013.

Con l’accordo del 21 luglio viene concordato l’obiettivo 2013 e certificato il rispetto del patto di stabilità da parte regionale per l’anno in questione.

L’obiettivo 2013, in termini di competenza eurocompatibile e di competenza finanziaria è determinato in 2.420 milioni di euro. In questa somma non sono comprese le spese relative al Fondo unico destinato agli enti locali (art. 10, L.R. 2/2007, finanziaria 2007 e art. 1, comma 2, L.R.12/2013, finanziaria 2013) e non è altresì compresa la quota dell’obiettivo annuale attribuito agli enti locali nell’ambito del patto regionale verticale (art. 1 comma 138 L. 220/2010).

Diversamente dagli esercizi precedenti, le parti hanno, inoltre, concordato gli obiettivi del patto di stabilità per gli 2014-2017.

Nel caso della regione Sardegna, l’accordo sul patto di stabilità dà seguito a quanto stabilito dall’articolo 11, comma 5-bis del decreto-legge 35/2013 (inserito dalla legge di conversione n. 64/2013). La disposizione pone il termine di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge, per la definizione dell’accordo tra Stato e Regione sulle modifiche da apportate al patto di stabilità per la regione Sardegna, modifiche necessarie a seguito della revisione dell’ordinamento finanziario della regione operata con la legge finanziaria del 2007, che ha rideterminato le entrate tributarie spettanti alla regione Sardegna e a cui non è seguito una rimodulazione degli obiettivi del patto.

Sulla quantificazione delle entrate spettanti alla Regione Sardegna (ed esattamente dall’esercizio 2010, decorrenza delle modifiche statutarie) è in corso – ma si intende che dovrebbe essere conclusa con l’accordo di luglio – quella che è stata definita ‘vertenza entrate’ tra lo Stato e la Regione e sulla quale si sono espresse più volte sia la Corte costituzionale, nell’ambito del corposo contenzioso costituzionale(162) , sia la Corte dei conti nelle relazioni annuali che accompagnano il giudizio di parificazione del rendiconto della Sardegna(163) , sottolineando come la non conclusione della vertenza entrate sia un punto problematico del rapporto tra Stato e Regione e come ulteriore motivo di difficoltà per l’impostazione delle manovre di bilancio e delle politiche di intervento della Regione.

Secondo quanto stabilito dal comma 5-bis, l’obiettivo dell’accordo deve essere dare piena attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 834 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), vale a dire la nuova determinazione delle quote di compartecipazione ai tributi erariali attribuite alla regione (a decorrere dal 2010, i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre imposte). L’attuazione del nuovo ordinamento finanziario, inoltre, dovrà avvenire secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012(164) , sentenza che evidenzia come la determinazione dei livelli di spesa non può prescindere dall’attuazione della revisione delle entrate regionali.

Il comma 9 determina l’obiettivo del patto della Regione, in termini di competenza eurocompatibile, per l’anno 2014 pari a 2.696 milioni di euro; dal patto sono escluse le spese previste dalla normativa vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a.

Nell’accordo viene specificato che l’obiettivo programmatico per il 2014 è assunto sottraendo dal complesso delle spese finali (consuntivo 2011) rilevanti ai fini del patto di stabilità, pari a 3.340 milioni di euro, il contributo a carico della regione, previsto dalla normativa vigente e pari a 964 milioni di euro ed incrementando le spese finali di 320 milioni, a seguito dell’accordo.

Alla regione viene riconosciuta in sostanza un incremento del limite di spesa di 320 milioni di euro.

Il comma 10 determina l’obiettivo programmatico del patto di stabilità della Regione, a decorrere dal 2015, nel pareggio di bilancio (saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali). Non si applicheranno perciò, a decorrere dal 2015, i limiti alle spese previste per le autonomie speciali dalla normativa vigente (i limiti vigenti sono illustrati sopra in commento ai commi da 5 a 8, concernenti la Regione siciliana).

Restano ferme, invece, le disposizioni della normativa vigente in tema di monitoraggio, certificazione e sanzioni in caso di inadempienza del patto (art. 1, commi 460, 461 e 462, legge 228/2012, stabilità 2013, come modificati dalla legge di stabilità 2014).

Anche per la regione Sardegna, come per la Regione siciliana, la norma sostituisce l’accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto in relazione a ciascuno degli anni dal 2014 al 2017 (comma 11).

In relazione al 2014, inoltre, il comma 12 stabilisce che la Regione non può impegnare spese correnti, con esclusione di quelle per la sanità, in misura superiore all’importo minimo dei corrispondenti impegni del triennio 2011-2013.

Il comma 13 quantifica, infine, gli oneri derivanti dall’accordo sopra descritto, pari a 320 milioni annui come peggioramento in termini di indebitamento netto, oneri che trovano compensazione nel “Fondo Rapporti Finanziari con autonomie speciale”, istituito dal precedente comma 8.


161) In attuazione della riserva all’erario disposta dai due decreti legge 138/2011 e 201/2011, è stato emanato il Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 20 luglio 2012. Nella tabella allegata al Decreto sono quantificate le previsioni degli incrementi di gettito derivanti dalle norme recate dai due decreti legge 138/2011 e 201/2011, distinte per ciascun capitolo del bilancio dello Stato, in relazione all’anno 2012.

162) Si veda ad esempio la sentenza n. 95 del 2013, nella quale la Corte ricostruisce il contesto normativo e la ‘storia’ della vertenza entrate e sostiene che «l’inerzia statale troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze negative sulle finanze regionali, alle quali occorre tempestivamente porre rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a norma dello statuto».

163) Nella Relazione che accompagna il giudizio di parificazione del Rendiconto 2013 della regione Sardegna (http://www.corteconti.it/controllo/finanza_pubblica/), la Corte dei conti sintetizza: “L’ammontare dei residui attivi, derivanti dalla c.d. vertenza entrate, che si erano accumulati nel triennio 2010-2012 si è considerevolmente ridotto nel corso dell’esercizio 2013, passando da 1.312 milioni di euro a 406 milioni di euro in seguito ai versamenti effettuati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. La formazione di nuovi residui tributari, nell’esercizio 2013, per euro 913 milioni, importa che al 31.12.2013 i residui complessivi derivanti dalla c.d. “vertenza entrate” ammontano complessivamente a 1.319 milioni di euro”.

164) La sentenza n. 118 del 2012 decide il conflitto di attribuzione sollevato dalla regione Sardegna a seguito della nota del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011, n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilità interno per l’anno 2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna», con la quale la RGS invitava la regione a riformulare la proposta di patto al fine di addivenire al perfezionamento dell’accordo per il patto di stabilità. La Corte, dopo aver ribadito come l’accordo sia “lo strumento ormai consolidato per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata”, respinge il ricorso in quanto la nota della RGS e la richiesta sottostante non è in contrasto con la ratio dell’accordo. La Corte, inoltre, nell’esposizione della ricostruzione normativa e nell’analisi del contenuto dell’accordo, enuncia alcuni principi che dovrebbero essere alla base dell’accordo stesso.

Articolo 42, comma 14-bis

(Individuazione delle regioni di riferimento per la determinazione del fabbisogno sanitario standard)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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14-bis. Per l’anno 2014, al fine di consentire l’accelerazione delle procedure per l’intesa finalizzata alla determinazione dei fabbisogni standard regionali in materia di sanità, le regioni di riferimento di cui al comma 5 dell’articolo 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sono quelle stabilite nella seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 5 dicembre 2013.

Il comma 14-bis – inserito dalla Camera – dell’articolo 42 pone una deroga, per l’anno 2014, alle procedure per l’individuazione delle tre regioni di riferimento per la determinazione del fabbisogno sanitario standard. Si prevede, infatti, ai fini dell’accelerazione delle procedure, la conferma diretta delle tre regioni – Umbria, Emilia-Romagna e Veneto – individuate, per il precedente anno 2013, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 5 dicembre 2013.

Si ricorda che, secondo la procedura ordinaria, le tre regioni di riferimento sono scelte dalla suddetta Conferenza permanente tra le cinque indicate dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, “in quanto migliori cinque regioni”, secondo i criteri di cui all’art. 27 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, e alla Delibera del Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2012; in ogni caso, la terna deve comprendere la migliore regione.

In base al medesimo art. 27 del D.Lgs. n. 68, e secondo i criteri di calcolo ivi indicati, il fabbisogno sanitario standard delle singole regioni a statuto ordinario (cumulativamente pari al livello del fabbisogno sanitario nazionale standard) è determinato da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome(165) , applicando a tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle suddette regioni di riferimento.


165) Sentita la Struttura tecnica di monitoraggio paritetica.

Articolo 42, comma 14-ter

(Quota premiale del finanziamento del Servizio sanitario nazionale)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
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14-ter. All’articolo 2, comma 67-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per l’anno 2014, in via transitoria, nelle more dell’adozione del decreto di cui al primo periodo, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stabilisce il riparto della quota premiale di cui al presente comma, tenendo anche conto di criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome. Limitatamente all’anno 2014, la percentuale indicata al citatoarticolo 15, comma 23, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, è pari all’1,75 per cento.».

Il comma 14-ter – inserito dalla Camera – dell’articolo 42 pone due norme transitorie, relative ad una quota premiale nell’àmbito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale; tale quota è relativa alle regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e l’aggiudicazione di procedure di gara per l’approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un determinato importo e per quelle che introducano misure idonee a garantire la piena applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere pubbliche, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.

La prima novella proroga per il 2014 una disposizione transitoria già prevista per gli anni 2012 e 2013, con riferimento ai criteri per il riparto della quota premiale.

La procedura transitoria, oggetto della proroga in esame, prevede che, in attesa del decreto ministeriale contemplato dalla disciplina a regime(166) , il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, stabilisca il riparto della quota premiale, tenendo anche conto di criteri di riequilibrio, indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

La seconda novella incrementa, per il solo anno 2014, da 0,25 a 1,75 punti percentuali la misura complessiva della suddetta quota premiale (si ricorda che la base di calcolo è costituita dalle risorse ordinarie per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, risorse da cui viene sottratto l’importo in oggetto)(167) .


166) Quest’ultima è posta dall’art. 2, comma 67-bis, della L. 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dall’art. 15, comma 23, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135; essa fa riferimento ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

167) Per l’anno 2013, in base alla novella di cui all’art. 1, comma 234, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, la percentuale è stata pari a 0,30 punti.

Articolo 42, commi da 14-quater a 14-sexies

(Riduzione debiti commerciali regione Sardegna)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
14-quater. Per l’anno 2014, le riserve di cui all’articolo 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, afferenti al territorio della regione Sardegna, sono finalizzate alla riduzione dei debiti commerciali contratti dalla medesima regione.
14-quinquies. Alla copertura dell’onere di cui al comma 14-quaterin termini di saldo netto da finanziare, pari a 230 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 10, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, utilizzando la dotazione per l’anno 2014 della «Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari». Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 2.760.000 euro per l’anno 2016, a 2.683.024 euro per l’anno 2017, a 2.605.123 euro per l’anno 2018 e a 2.526.288 euro annui a decorrere dall’anno 2019, si provvede, quanto a 2.376.000 euro per l’anno 2016, a 2.299.024 euro per l’anno 2017, a 2.221.123 euro per l’anno 2018 e a 2.142.288 euro annui a decorrere dall’anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e, quanto a 384.000 euro annui a decorrere dall’anno 2016, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l’anno 2016, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
14-sexies. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Il comma 14-quater, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, destinano alla riduzione dei debiti commerciali contratti dalla regione Sardegna le riserve all’erario, di cui all’articolo 1, comma 508, della legge n. 147 del 2013(168) , afferenti al territorio della regione.

Si ricorda che le disposizioni concernenti la riserva all’erario delle maggiori entrate delle regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti-leggi n. 138/2011 e n. 201/2011, sono state riscritte dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 508, legge n. 147/2013) in quanto quelle già presenti nello stesso D.L. n. 138/2011, sono state censurate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012. La Corte ha considerato come l’ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale preveda la possibilità che venga riservato all’erario statale l’incremento di gettito delle imposte riscosse nel territorio delle regioni stesse, disposto dalla legge statale solo per far fronte a specifiche esigenze. Proprio la destinazione del gettito alla «copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo» è una delle condizioni – previste dalle norme statutarie affinché sia legittima la riserva all’erario, insieme alla delimitazione temporale ed alla quantificabilità del gettito – che la Corte ha trovato carente. Nella maggioranza dei casi l’esame della Corte ha avuto un esito favorevole alle regioni, per cui sono venute meno le condizioni per il versamento all’erario dei maggiori proventi previsti.

Il comma 14-quinquies, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, al fine di compensare gli effetti finanziari derivanti dal comma 14-quater, pari a 230 milioni di euro, prevede una corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 64 del 2013, utilizzando la dotazione per l’anno 2014 della “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”.

Si ricorda che l’articolo 1 comma 10 del D.L. decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (legge n. 64/2013) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti territoriali.

Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio), “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”.

Poiché tale utilizzo determina il venir meno di interessi attivi commisurati al tasso dei BTP a 5 anni per gli anni a venire si provvede a far fronte alla parte più cospicua degli oneri via via decrescenti a partire dal 2016 (2.376.000 euro) e sino al 2019, anno in cui l’onere sarà a regime, (2.142.228 euro) mediante la riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, previsto dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004. Per la parte di onere residuale (pari a 384 mila euro annui) a decorrere dall’anno 2016 si provvede mediante la riduzione delle proiezioni per l’anno 2016 dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.

Il Fondo per interventi strutturali di politica economica è stato istituito, ai sensi dell’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Cap. 3075), al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.

Il comma 14sexies, aggiunto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


168) L’articolo 1, comma 508, della legge n. 147 del 2013, dispone che, al fine di assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all’equilibrio dei bilanci e alla sostenibilità del debito pubblico, in attuazione dell’articolo 97, primo comma, della Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono riservate all’Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114. Con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione.

Articolo 42-bis

(Termini per la richiesta di ammissione al finanziamento dei programmi di edilizia sanitaria)

Testo del decreto-legge
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. I termini per la richiesta di ammissione al finanziamento di cui all’articolo 1, comma 310, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono fissati in trenta mesi, dalla sottoscrizione degli accordi di programma, per gli accordi di programma di edilizia sanitaria sottoscritti nell’anno 2013 ai sensi dell’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67. Sono conseguentemente fissati in trentasei mesi, dalla sottoscrizione degli accordi di programma, i termini relativi agli interventi per i quali la domanda di ammissione al finanziamento risulti presentata, ma valutata non ammissibile al finanziamento ai sensi del medesimo articolo 1, comma 310, della legge n. 266 del 2005.

L’articolo 42-bis – inserito dalla Camera – reca due norme transitorie, relative ai termini temporali per la richiesta di ammissione al finanziamento, da parte delle regioni e delle province autonome, per l’attuazione dei programmi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico.

Le modifiche transitorie in oggetto riguardano gli accordi di programma sottoscritti nell’anno 2013 – dalle regioni e dalle province autonome con il Ministero della salute (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome) -.

Le due norme transitorie elevano, rispettivamente: da 18 a 30 mesi il termine per la richiesta al Ministero della salute – da parte delle regioni e delle province autonome – di ammissione al finanziamento; da 24 a 36 mesi il termine per la presentazione di un’ulteriore domanda di ammissione al finanziamento, in caso di valutazione negativa di una precedente domanda. Si ricorda che(169) i termini in oggetto decorrono dalla sottoscrizione dell’accordo ovvero, per gli accordi aventi sviluppo pluriennale(170) , dalla data di inizio dell’annualità di riferimento, prevista dagli accordi medesimi per i singoli interventi; decorsi i termini summenzionati, l’accordo si intende risolto, con la conseguente revoca dei corrispondenti impegni di spesa (la risoluzione è parziale qualora solo per una parte degli interventi – oggetto dell’accordo – sia decorso inutilmente il termine).


169) Ai sensi dell’art. 1, comma 310, della L. 23 dicembre 2005, n. 266.

170) Cfr. il terzo periodo del citato art. 1, comma 310, della L. n. 266 del 2005.

Articolo 43

(Misure in materia di utilizzo del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti territoriali e di fondo di solidarietà comunale)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Gli enti locali che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, ai sensi dell’articolo 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono prevedere, tra le misure di cui alla lettera c) del comma 6 del medesimo articolo 243-bis necessarie per il ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio, l’utilizzo delle risorse agli stessi enti attribuibili a valere sul «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali» di cui all’articolo 243-ter del decreto legislativo n. 267 del 2000. A seguito dell’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti, qualora l’ammontare delle risorse attribuite a valere sul predetto «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali» risulti inferiore a quello di cui al periodo precedente, l’ente locale interessato è tenuto, entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di approvazione del piano stesso, ad indicare misure alternative di finanziamento per un importo pari all’anticipazione non attribuita. 1. Identico.
2. Nel caso di utilizzo delle risorse del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali» di cui all’articolo 243-ter del decreto legislativo n. 267 del 2000 secondo quanto previsto dal comma 1, gli enti locali interessati iscrivono le risorse ottenute in entrata nel titolo secondo, categoria 01, voce economica 00, codice SIOPE 2102. La restituzione delle medesime risorse è iscritta in spesa al titolo primo, intervento 05, voce economica 15, codice SIOPE 1570. 2. Identico.
3. Le entrate di cui al comma 2 rilevano ai fini del patto di stabilità interno nei limiti di 100 milioni per il 2014 e 180 milioni per gli anni dal 2015 al 2020 e nei limiti delle somme rimborsate per ciascun anno dagli enti beneficiari e riassegnate nel medesimo esercizio. Il Ministero dell’interno, in sede di adozione del piano di riparto del fondo di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Interno 11 gennaio 2013, recante «Accesso al fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali», pubblicato nella gazzetta ufficiale 8 febbraio 2013, n. 33, individua per ciascun ente, proporzionalmente alle risorse erogate, la quota rilevante ai fini del patto di stabilità interno nei limiti del periodo precedente. 3. Le entrate di cui al comma 2 rilevano ai fini del patto di stabilità interno nei limiti di 100 milioni di euro per il 2014 e 180 milioni per gli anni dal 2015 al 2020 e nei limiti delle somme rimborsate per ciascun anno dagli enti beneficiari e riassegnate nel medesimo esercizio. Il Ministero dell’interno, in sede di adozione del piano di riparto del fondo di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Interno 11 gennaio 2013, recante «Accesso al fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali», pubblicato nella gazzetta ufficiale 8 febbraio 2013, n. 33, individua per ciascun ente, proporzionalmente alle risorse erogate, la quota rilevante ai fini del patto di stabilità interno nei limiti del periodo precedente.
3-bis. La sanzione prevista dall’articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183, per inadempienza del patto di stabilità interno del 2013, ferme restando le rimanenti sanzioni, nel 2014 si applica fino ad un importo pari al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo disponibile del comune inadempiente. Su richiesta dei comuni che hanno attivato nell’anno 2014 la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, nonché di quelli che nel medesimo anno hanno deliberato il dissesto finanziario, il pagamento della sanzione di cui al primo periodo può essere reteizzato in dieci anni e gli effetti finanziari determinati dalla sua applicazione non concorrono alla riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno di cui al comma 122 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e successive modificazioni.
4. Entro il 20 settembre 2014 il Ministero dell’interno eroga ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ed ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna un importo, a titolo di anticipo su quanto spettante per l’anno 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale. L’importo dell’attribuzione è pari, per ciascun comune, al 66 per cento di quanto comunicato sul sito internet del Ministero dell’interno come spettante per l’anno 2014 a titolo di fondo di solidarietà comunale, detratte le somme già erogate in base alla disposizioni di cui all’articolo 8 del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, e dall’articolo 1 del decreto-legge 10 giugno 2014, n. 88. 4. Entro il 20 settembre 2014 il Ministero dell’interno eroga ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ed ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna un importo, a titolo di anticipo su quanto spettante per l’anno 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale. L’importo dell’attribuzione è pari, per ciascun comune, al 66 per cento di quanto comunicato sul sito internet del Ministero dell’interno come spettante per l’anno 2014 a titolo di fondo di solidarietà comunale, detratte le somme già erogate in base alle disposizioni di cui all’articolo 8 del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, e all’articolo 1 del decreto-legge 9 giugno 2014, n. 88.
5. Per l’anno 2014 l’importo di euro 49.400.000 impegnato e non pagato del fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59 dello stato di previsione del Ministero dell’interno è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo di solidarietà comunale, di cui al comma 380-ter dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. 5. Identico.
5-bis. All’articolo 1, comma 729-quater, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «I comuni per i quali, alla data del 20 settembre 2014, non sia stato possibile recuperare sul fondo di solidarietà comunale 2014 le somme risultanti a debito per effetto delle variazioni sulle assegnazioni del fondo di solidarietà 2013 di cui al comma 729-bis possono chiedere la rateizzazione triennale, decorrente dal 2015, delle somme ancora da recuperare, ivi comprese quelle da trattenere per il tramite dell’Agenzia delle entrate, con le modalità che sono rese note dal Ministero dell’interno mediante apposito comunicato. A seguito delle richieste di rateizzazione di cui al periodo precedente, il Ministero dell’interno comunica, ai comuni beneficiari delle maggiori assegnazioni del fondo di solidarietà comunale per l’anno 2013 di cui al comma 729-bis, gli importi da riconoscere in ciascuna delle annualità 2015, 2016 e 2017.».
5-ter. All’articolo 32, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dallalegge 23 giugno 2014, n. 89, le parole: «95 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «75 per cento».
5-quater. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, sono adottate, previa intesa in sede di Conferenza Stato – città ed autonomie locali, la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e la stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario, di cui all’articolo 1, comma 380-quater, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni. Lo schema di decreto con la nota metodologica e la stima, di cui al periodo precedente, è trasmesso alle Camere dopo la conclusione dell’intesa, perché su di esso sia espresso, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, il parere della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, di cui all’articolo 3 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, e delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso il termine di cui al secondo periodo, il decreto può comunque essere adottato. Il Ministro, se non intende conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette alle Camere, una relazioni con cui indica le ragioni per le quali non si è conformato ai citati pareri.

I commi da 1 a 3 dell’articolo 43, modificando le disposizioni previste dal T.U.E.L., recano disposizioni finalizzate a consentire agli enti locali in situazione di c.d. “predissesto”, che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di utilizzare le risorse del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali» per il ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio, al fine di potenziare la possibilità di pagamento ai creditori dei predetti debiti e ridurre, quindi, lo stock di debiti delle pubbliche amministrazioni. La possibilità per tali enti di utilizzare in tal modo le risorse ad essi attribuite a valere sul Fondo di rotazione è riconosciuta nei limiti di 100 milioni di euro per l’anno 2014 e di 180 milioni di euro annui dal 2015 al 2020.

Il comma 3-bis inserito in prima lettura provvede a limitare, per l’anno 2014, l’applicazione di talune sanzioni previste dalla normativa vigente per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2013 da parte degli enti locali. In particolare, per gli enti che non hanno raggiunto l’obiettivo del patto per il 2013, il comma riduce l’applicazione della sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, di cui alla lettera a) del comma 26 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011, limitandola ad un importo massimo corrispondente al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo (anziché commisurarla all’effettivo scostamento tra il risultato e l’obiettivo programmatico predeterminato, come previsto dalla normativa vigente). Si prevede che, su richiesta dei comuni che hanno attivato nel 2014 la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale nonché dei comuni che nel 2014 hanno deliberato il dissesto finanziario, il pagamento della sanzione possa essere rateizzato in 10 anni e gli effetti finanziari determinati dalla sua applicazione non concorrono alla riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno sulla base della premialità.

Il comma 4 prevede l’attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, da parte del Ministero dell’interno, di un importo a titolo di anticipo su quanto spettante per l’anno 2014 sul Fondo di solidarietà comunale, da erogare entro il 20 settembre 2014.

Il comma 5 destina ad incremento del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2014 la somma di 49,9 milioni di euro, quali somme in conto residui sul Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente, iscritto sul capitolo 1319 dello stato di previsione del Ministero dell’interno. A tal fine, la norma prevede il versamento delle relative somme all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo di solidarietà comunale.

Il comma 5-bis modifica il comma 729-quater della legge n. 147 del 2013 al fine di concedere ai comuni per cui non sia stato possibile recuperare sul fondo di solidarietà comunale 2014, prevedendo, per le somme risultanti a debito per effetto delle variazioni sulle assegnazioni del fondo di solidarietà 2013, come risultante dalla verifica del gettito IMU, la possibilità di chiedere la rateizzazione triennale, a decorrere dal 2015, delle somme ancora da recuperare, comprese quelle da trattenere per il tramite dell’Agenzia delle entrate. A seguito delle richieste di rateizzazione il Ministero dell’interno comunica ai comuni beneficiari gli importi da riconoscere in ciascuna annualità sino al 2017.

Il comma 5ter modifica l’articolo 32, comma 3, del D.L. n. 66/2014, riducendo dal 95 al 75% la percentuale dei pagamenti di debiti che le amministrazioni regionali devono aver certificato, al fine di poter accedere all’erogazione di anticipazioni di liquidità a valere sulla ulteriore dotazione aggiuntiva per il 2014 della “Sezione regioni”, derivante ad eventuali disponibilità relative ad anticipazioni attribuite precedentemente e non ancora erogate, anche per eventuali verifiche negative in merito al rispetto degli adempimenti richiesti alle Regioni.

Il comma 5-quater disciplina il procedimento per l’adozione della nota metodologica riferita alla procedura di calcolo e della stima delle capacità fiscali per i singoli comuni delle regioni a statuto ordinario, che costituiscono uno dei criteri, previsti dal comma 380-quater dell’articolo della legge n. 228 del 2012, per la ripartizione di quota parte (10 per cento) del Fondo di solidarietà comunale. In particolare, la nota metodologica e la stima delle capacità fiscali sono adottate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (da pubblicare in Gazzetta Ufficiale), previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Tale percorso eviterebbe di replicare la procedura prevista per l’adozione dei fabbisogni standard degli enti locali (decreto legislativo n. 216 del 2010) unanimemente ritenuta troppo farraginosa e pregiudizievole per la tempestiva adozione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, del decreto di riparto del Fondo di solidarietà comunale, previsto dal comma 380-ter della legge n. 228/2012. Tale decreto, infatti, a partire dall’anno 2015, deve essere adottato entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento.

A differenza di quanto previsto dal D.Lgs. n. 216 del 2010, tale nota metodologica non sarebbe oggetto di parere da parte della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti, per materia e verrebbe adottata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in luogo dell’apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Articolo 43-bis

(Regioni a statuto speciale e province autonome)

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati
——–
1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

L’articolo reca la clausola di applicazione nei riguardi delle autonomie speciali, prevedendo che le disposizioni del presente decreto siano applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

Articolo 44

(Disposizioni finali )

Testo del decreto-legge
——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati——–
1. Per l’attuazione del presente decreto il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni bilancio in termini di competenza e residui. Identico.

L’articolo 44 contiene la consueta clausola che autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le variazioni di bilancio, in termini di competenza e di residui, occorrenti per l’attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame.

Redazione

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