Centrale unica di committenza: dal primo gennaio 2015 è obbligatoria per i Comuni non capoluogo di provincia per espletare le procedure di gare per l’acquisto di beni e servizi (per i lavori pubblici l’obbligo scatta dal primo luglio 2015).
Tale obbligo trova applicazione anche per le regioni a statuto speciale e per la Sicilia?
Tra le misure tese a razionalizzare la spesa pubblica, il legislatore nazionale ha introdotto una forma di accentramento della gestione delle gare ad evidenza pubblica, ritenendo che tale previsione possa eliminare taluni costi inutili connessi alla frammentazione tra i Comuni della fase procedimentale di acquisizione di lavori, servizi e forniture.
Il d.l. n. 201/2011 (come convertito con modificazioni dalla l. n. 214/2011) aveva previsto tale obbligo modificando l’art. 33 del D. Lgs. n. 163/2006, aggiungendo il comma 3 bis, per i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia.
Con le modifiche apportate dal d.l. 66/2014 (conv. L. 89/2014) e dalla L. 114/2014 (di conversione del d.l. 90/2014) il comma 3-bis estende l’obbligo della centrale unica di committenza per tutti i Comuni non capoluogo di Provincia.
Il comma 3-bis, dell’art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006, attualmente vigente, prevede che: I Comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni … ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento (per i Comuni istituiti a seguito di fusione l’obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione).
Tale obbligo è diventato effettivo ed efficace a partire dal primo gennaio 2015 per le gare relative all’acquisizione dei servizi e delle forniture e lo diventerà dal primo luglio 2015 per le gare relative ai lavori pubblici.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 220 del 3 luglio 2013, è stata chiamata a pronunciarsi (su impugnativa del Friuli Venezia Giulia) sull’applicabilità alle Regioni a statuto speciale dell’art. 23, comma 4, del D.L. n. 201/2011 che introduce il comma 3-bis all’art. 33 del D. Lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti).
La Corte Costituzione ha escluso l’applicabilità della norma alle Regioni a statuto speciale, proprio in forza del combinato disposto dell’art. 4, comma 5, e dell’art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006.
Il comma 5 dell’art. 4 del D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce che Le Regioni a statuto speciale… adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione.
La modifica operata sull’art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006 trova, però, diretta applicazione in Sicilia in forza dell’art. 1 della L.r. n. 12 del 12 luglio 2011 che sancisce che “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge… si applicano nel territorio della Regione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 … e le sue modifiche ed integrazioni ed i regolamenti in esso richiamati e le successive modifiche ed integrazioni”.
Il codice dei contratti, in materia di centrali uniche di committenze, prevede che i Comuni possano optare per le seguenti modalità:
- tramite Unioni di Comuni (se esistenti, ovvero Accordi consortili)
- tramite soggetto aggregatore
- tramite Province
- tramite Consip e Mepa
La legge n. 56/2014 (cosiddetta legge Delrio) prevede al comma 44, lettera c, che “d’intesa con i comuni interessati, la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione unica appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive”; mentre al comma, 88 prevede che “La provincia può, altresì, d’intesa con i comuni esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione unica appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive”.
La Delrio non trova applicazione in Sicilia, dove le Province sono state abolite (leggi regionali n. 7/2013 e n. 8/2014).
Non essendo ancora completato il percorso di riforma dell’architettura istituzionale in Sicilia e non essendo state definite le funzioni di città metropolitane e liberi consorzi di comuni, rispetto agli enti locali del resto d’Italia, i comuni siciliani non possono attualmente usufruire di due importanti modalità di espletamento delle gare pubbliche ed in particolare delle funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione unica appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive, da parte di città metropolitane e province (oggi denominate liberi consorzi).
Inoltre, in Sicilia opera l’Ufficio regionale per l’espletamento di gare per l’appalto di lavori pubblici (UREGA), già istituito con l’art. 7 ter della L.r. 2 agosto 2002, n. 7 (ora abrogato) e regolato dall’art. 9 della L.r. 12 luglio 2011, n. 12 nonché dall’art. 15 del Decreto Presidenziale 31 gennaio 2012, n. 13 (Regolamento di esecuzione ed attuazione).
La vigente normativa sulle centrali uniche di committenza non tiene conto che l’UREGA espleta gare per appalti di lavori con importo, a base d’asta, superiore a € 1.250.000,00, e che, in Sicilia, è data facoltà agli Enti appaltanti di avvalersi, in conformità a richiesta motivata, dell’Ufficio, indipendentemente dall’importo dell’appalto.
La normativa regionale in materia di centrali uniche di committenze dovrebbe essere armonizzata anche con la vigente normativa in materia di Urega.
Sarebbe, quindi, opportuno che l’obbligo di ricorrere alle centrali uniche di committenze per i comuni siciliani, non capoluogo di provincia, decorra dal momento in cui la normativa regionale concederà le stesse opzioni offerte agli enti locali del resto d’Italia.