Uno dei problemi più rilevanti posti dalla previsione di un elevato contributo unificato in tema di appalti pubblici è quello relativo alla sua quantificazione.
Infatti,il contributo unificato appalti è dovuto in misura pari a quella prevista dalla legge per il valore della controversia cui si riferisce. In particolare, esso è dovuto:
– nella misura di 2000 euro quando il valore della controversia è pari o inferiore ad euro 200.000;
– nella misura di 4000 euro quando il valore della controversia è compreso tra euro 200.000 e 1.000.000;
– nella misura di 6000 euro quando il valore della controversia supera euro 1.000.000.
Tale sistema si caratterizza per una strana anomalia:il “valore della controversia” preso in considerazione dalla legge per consentire di individuare l’importo del contributo unificato dovuto è inteso, infatti, come l’importo della base d’asta individuato dalle stazioni appaltanti negli atti di gara e non, invece, come l’utile che l’impresa potrebbe ricavare dall’aggiudicazione del contratto.
Dunque, la legge prende in considerazione un parametro astratto e penalizzante: infatti, le imprese rischierebbero di dover sopportare costi di accesso alla giustizia non realmente commisurati all’utile che esse effettivamente potrebbero percepire nel caso in cui le loro pretese venissero riconosciute legittime in giudizio, dal momento che l’utile che le imprese percepiscono viene presuntivamente valutato nella misura del 10% del valore dell’appalto.
E, certamente, sarebbe tale ultimo dato quello da tenere in considerazione per l’individuazione dell’importo del contributo unificato, così come già avviene in altri Paesi europei: si pensi, ad esempio, alla Germania, in cui il contenzioso amministrativo è soggetto ad un contributo rapportato progressivamente al valore del contratto, quest’ultimo calcolato in relazione all’utile presunto, pari al 5% del valore effettivo del contratto.
Una ulteriore anomalia è data dal fatto che il contributo unificato sia dovuto per gli importi previsti dalla legge anche da coloro che intendano contestare in giudizio l’esclusione dalla procedura concorsuale: palese è, infatti, l’iniquità di un sistema che preveda un ingente onere fiscale per l’accesso alla giustizia di chi, anche qualora risultasse vittorioso, non ricaverebbe, immediatamente, nessuna utilità, ma avrebbe semplicemente la possibilità di concorrere, insieme ad altre imprese, per l’aggiudicazione di un appalto pubblico.
Pertanto, si auspica un intervento del legislatore che, nel rispetto del diritto al ricorso effettivo, individui criteri di quantificazione del contributo unificato più giusti e proporzionati, in modo tale da non precludere il fondamentale esercizio del diritto di difesa a quanti, in ragione delle condizioni economiche in cui si trovino, non siano in grado di sostenere costi della giustizia tanto elevati con il rischio di non recuperarli più.