Contributo unificato: raffronto tra processo amministrativo, civile e tributario

L’eccessività degli importi fissati per il contributo unificato in materia di appalti può essere valutata anche in relazione alle somme previste per l’accesso al giudizio civile o tributario. Il contributo in tema di contratti pubblici è infatti  fissato in misura sproporzionatamente superiore a quella necessaria per adire il giudice civile o tributario, creandosi così un’ingiusta discriminazione tra i vari operatori economici.

Al riguardo, basti considerare che per una controversia civile di valore elevatissimo (ossia in cui l’utile sia superiore a € 520.000,00), il contributo massimo è di € 1.686,00 per i giudizi ordinari o, dinanzi alle sezioni specializzate in materia di impresa, di € 3.372,00; innanzi alle commissioni tributarie è invece previsto un contributo massimo di € 1.500 per tutte le cause di valore superiore ad € 200.000.

Volendo considerare che l’utile per le imprese che partecipano ad una procedura di evidenza pubblica può essere calcolato presuntivamente nel  10% dell’importo posto a base d’asta, un giudizio civile il cui valore sia tra € 5.200 ed € 26.000 (analogo dunque a quello di un giudizio amministrativo avverso procedure di gara di modesto importo), il contributo è di soli € 206, a fronte di € 2000 per il solo ricorso al TAR, cui si devono aggiungere gli ulteriori importida versare per i motivi aggiunti.

Se considerassimo gli appalti pubblici di valore più elevato e inserissimo nel conteggio anche la spesa necessaria per affrontare il secondo grado di giudizio la disparità sarebbe ancora più evidente.

Se ciò non bastasse, va ricordato che una simile sproporzione può essere riscontrata anche con riferimento alla medesima procedura, in quanto tutta la fase esecutiva dell’appalto, anche se pubblico, è di competenza del giudice civile.

Un esempio pratico, utilizzato anche dai giudici del TRGA di Trento nella stesura dell’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE, può, anche in questo caso, aiutare a comprendere meglio la problematica.

Un’impresa che voglia contestare davanti al giudice civile la risoluzione di un  contratto di appalto del valore di € 201.000,00, nel primo grado dovrà sostenere un contributo unificato pari ad € 660,00, nel grado di appello un contributo unificato di € 990,00, mentre nel giudizio di Cassazione un ulteriore contributo unificato di € 1.320,00, per un totale di € 2.970,00. Se, invece, la stessa impresa volesse contestare davanti al giudice amministrativo la fase precedente la stipula del contratto, dovrà normalmente preventivare un costo minimo di € 14.000 per il pagamento del contributo unificato (€ 4.000 per il ricorso introduttivo, altri € 4.000 per il ricorso per motivi aggiunti ed € 6.000 per l’appello al Consiglio di Stato).

Anche sotto tale profilo, dunque, la normativa italiana si rivela in contrasto con i principi comunitari di proporzionalità e di divieto di discriminazione, nonché con il principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Redazione

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