Ad avviso dei giudici della Suprema Corte di Cassazione va escluso l ‘indennizzo, quando la parte, avendo proposto una lite temeraria è consapevole dell’inconsistenza delle sue richieste.
E’ questo l’ultimo orientamento della VI sezione della Suprema Corte, che con la recentissima sentenza dell’ 11 marzo 2015 n. 4890 ha respinto il ricorso di un gruppo di poliziotti che si erano rivolti al giudice amministrativo per ottenere l’inserimento nella base di calcolo dell’indennità di fine servizio il 60% dell’indennità integrativa speciale.
Il Tribunale amministrativo regionale aveva respinto la richiesta sulla base di un indirizzo giurisprudenziale consolidatosi negli anni successivi al deposito dei ricorsi. I ricorrenti però hanno invocato il diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata del procedimento presso il Tar.
Ad avviso della Corte nel caso in esame, dopo la sentenza della Corte costituzionale 243/93 e l’emanazione della legge 87/94, era vana la speranza dei poliziotti di ottenere la liquidazione nella misura richiesta.
Quindi la Corte, pur non considerando pretestuoso il ricorso originario proposto davanti al giudice amministrativo, ha rilevato che la sopravvenuta sentenza della Consulta ha tolto ogni possibilità di successo del ricorso stesso.
Tale novità giurisprudenziale ha reso dunque scontato l’esito del giudizio, eliminando qualsiasi incertezza e sofferenza nei ricorrenti, presupposti del diritto al risarcimento.
Concludendo, alla luce della recentissima sentenza della Corte di Cassazione, non sussiste dunque «patema da ritardo» se la parte è consapevole dell’inconsistenza delle sue richieste.