A seguito dell’intervento in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario alla Corte dei Conti, che ha evidenziato una netta differenza tra l’interpretazione data dall’organo all’art. 38, comma 2-bis, del D. lgs. 163/2006 e quella datane dall’ANAC, abbiamo ritenuto opportuno indagare circa le ragioni che hanno indotto l’Autorità Nazionale Anticorruzione ad escludere l’automatica operatività della sanzione prevista dalla norma nei casi in cui un concorrente in una gara non voglia avvalersi del cd. soccorso istruttorio.
In particolare, l’Autorità ha preso posizione sulla questione nella determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015, nella quale ha fissato dei criteri interpretativi della norma, al fine di garantire un’uniforme applicazione della stessa da parte delle stazioni appaltanti.
L’ANAC, in un passaggio particolarmente rilevante, ha chiarito che il nuovo comma 2-bis della norma “prevede l’obbligo del concorrente di pagare, in favore della stazione appaltante, la sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria, e ciò, è da ritenere, solamente al fine di poter integrare e regolarizzare le relative omissioni e/o carenze”.
Infatti, l’Autorità individua la ratio della sanzione nella finalità di sanare tutte le irregolarità riscontrate nelle dichiarazioni dei concorrenti; ora, se questi non volessero sanare le irregolarità, rinunciando a partecipare alla gara, sarebbe priva di senso la richiesta di pagamento di una sanzione. Per questo motivo, nella determinazione, l’Autorità chiarisce che la stazione appaltante non dovrà procedere all’incameramento della cauzione provvisoria, posta a garanzia del pagamento della sanzione, “in ogni caso […] per il caso in cui il concorrente decida semplicemente di non avvalersi del soccorso istruttorio”.
Ad ulteriore conferma del fatto che la previsione di una sanzione debba essere limitata al minimo, l’ANAC si sofferma ad evidenziare che essa è prevista soltanto nel caso in cui l’irregolarità o la carenza delle dichiarazioni rese dai partecipanti abbiano il carattere dell’essenzialità; infatti, dice la norma, “nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione”.
Ebbene, secondo l’ANAC, “le carenze essenziali riguardano l’impossibilità di stabilire se il singolo requisito contemplato dal comma 1 dell’art. 38 sia posseduto o meno e da quali soggetti”. Tutte le altre irregolarità configurerebbero, a parere dell’Autorità, “un tertium genus, che riguarderebbe, per lo più, ipotesi di completamento o chiarimento delle dichiarazioni e dei documenti presentati, in ordine ai quali deve ritenersi possibile, per la stazione appaltante, attivare il soccorso istruttorio, senza irrogare alcuna sanzione pecuniaria”.
Emerge, dunque, la chiara volontà dell’Autorità di non introdurre, se non quando sia assolutamente necessario o quando non vi sia la volontà dei concorrenti di avvalersi del soccorso istruttorio, un ulteriore onere formale in capo ai partecipanti a gare ad evidenza pubblica, anche in ragione delle molte perplessità suscitate dalla norma.
Di tali perplessità, peraltro, lo stesso studio legale Giurdanella&Partners si è fatto portatore nella consultazione precedente alla determinazione qui richiamata, sottolineando l’irragionevolezza di un’interpretazione della disposizione che prevedesse che le imprese, pur quando decidano di non avvalersi dell’istituto e, quindi, di rinunciare alla gara senza rispondere alla richiesta di regolarizzazione avanzata dalla stazione appaltante, debbano pagare comunque la sanzione.