Imprese “energivore”: il Consiglio di Stato rinvia in CGUE

Novità importanti sul fronte delle agevolazioni per le cosiddette imprese “energivore”, come definite dal Consiglio di Stato.

Un Istituto di ricovero ha impugnato il provvedimento amministrativo che vede negata la possibilità di ottenere sgravi fiscali riguardanti alcune particolari imprese, individuate dalla direttiva CE 2003/96, in particolare, secondo l’istituto, sarebbe illegittima la normativa di recepimento italiana laddove limita tali agevolazioni esclusivamente alle imprese con codice ATECO corrispondente a quello indicativo del settore manifatturiero.

In particolare, la direttiva 2003/96/CE, ha aperto alla possibilità agli Stati, con i soli limiti dei livelli minimi comunitari di tassazione e del rispetto delle norme in materia di concorrenza, di creare “sgravi fiscali” per le “entità commerciali” definite “a forte consumo di energia”, definendo tali soggetti attraverso criteri che tengono conto dei rapporti di costo energetico/produttività, tutto ciò senza alcuna differenziazione riferibile all’attività esercitata,

Il legislatore nazionale, con decreto legge n. 83/2012, ne ha disposto concretamente il recepimento e precisamente attraverso due diversi tipi di intervento:

– il primo, non ancora introdotto, riguardante un sistema di aliquote di favore in bolletta;

– un secondo, consistente in un abbattimento dei costi per l’energia consumata, sotto forma di “favorevole rimodulazione dei corrispettivi posti a copertura degli oneri generali del sistema elettrico. Tale secondo tipo di intervento, concretamente attuato dall’Autorità Nazionale per l’energia elettrica e il gas alla stregua degli “indirizzi del Ministro dello Sviluppo Economico” (come disposto dell’art. 39 comma 3 del decreto legge) ha visto delimitare, come anticipato, tali agevolazioni (decreto ministeriale 5 aprile 2013), da qui, la conseguente ordinanza del Consiglio di Stato che ha preferito rinviare alla Corte di Giustizia della Comunità alcune questioni concernenti l’interpretazione della direttiva applicata.

Due i dubbi che il giudice europeo dovrà chiarire:

  1. se il meccanismo agevolativo, così come predisposto dal legislatore italiano, ovvero a copertura degli oneri generali del sistema elettrico possa rientrare all’interno della nozione di “sgravi fiscali” predisposta dall’articolo 17, par.1, della Direttiva. (si tratta di costi individuati per legge a sostegno di interventi di interesse generale, che comprendono voci molto differenziate e spesso sostenuti anche da soggetti non economici tra cui:
  • gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate;
  • le promozione dell’efficienza energetica;
  • gli oneri per la messa in sicurezza del nucleare e compensazioni territoriali;
  • i regimi tariffari speciali per la società Ferrovie dello Stato;
  • le compensazioni per le imprese elettriche minori;
  • il sostegno alla ricerca di sistema.
  1. Se la direttiva Comunitaria intendesse consentire agli Stati membri, una volta introdotti i benefici fiscali per le imprese “energivore”, di limitarne l’applicazione soltanto ad alcuni settori produttivi.

Se alla luce dei considerando della Direttiva, ad avviso del Giudice Italiano, il primo dei due quesiti sembra essere quello più persuasivo, va subito osservato che la risposta della Corte ad entrambe le questioni è di fondamentale importanza con riguardo ai canoni interpretativi sui recenti e futuri interventi fiscali nel campo energetico e, più in generale, rispetto agli interventi “agevolativi” all’interno della cornice delineata dalla normativa europea sulla concorrenza.

Redazione

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