Contributo unificato appalti in CGUE: le conclusioni dell’Avvocato Generale

Si è appena conclusa l’udienza in Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la causa C-61/14, avente ad oggetto la questione di compatibilità con la normativa comunitaria degli importi del contributo unificato in materia di appalti pubblici vigenti in Italia.

All’udienza hanno partecipato, in qualità di difensori dell’associazione di consumatori Cittadini Europei, ed in rappresentanza dell’Associazione degli avvocati amministrativisti della Sicilia e di Amministrativisti.it – Associazione Avvocati Amministrativisti Sicilia Orientale, gli avvocati Carmelo Giurdanella e Patrizio Menchetti.

C’è grande soddisfazione ed entusiasmo per le conclusioni depositate dall’Avvocato Generale, già reperibili sul sito istituzionale della CGUE, qui di seguito riportate:

“La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata, interpretata alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e dei principi di equivalenza ed effettività, non osta ad una normativa nazionale che stabilisce un tariffario di contributi unificati applicabili solo ai procedimenti amministrativi in materia di contratti pubblici, purché l’importo del tributo giudiziario non costituisca un ostacolo all’accesso alla giustizia né renda l’esercizio del diritto al sindacato giurisdizionale in materia di appalti pubblici eccessivamente difficile. Non è compatibile con la direttiva 89/665, interpretata alla luce dell’art. 47 della Carta, la riscossione di più tributi giudiziari cumulativi in procedimenti giurisdizionali in cui un’impresa impugna la legittimità di un’unica procedura di aggiudicazione di un appalto ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lett. b della direttiva 89/665, a meno che ciò possa essere giustificato ai sensi dell’art. 52 paragrafo 1, della Carta, il che deve essere valutato dal giudice nazionale del rinvio.”

L’Avvocato Generale, in particolare, sviluppa il proprio ragionamento seguendo due direttrici: la prima, in sostanza, consiste nella valutazione generale della compatibilità, con la normativa comunitaria, del contributo unificato appalti italiano. In sostanza, l’Avvocato Generale ritiene che sia possibile che uno Stato membro preveda al proprio interno un sistema di tassazione diversificato per il contenzioso amministrativo in materia di appalti pubblici, non rientrando essi nella politica sociale e potendo il pagamento di un più alto contributo unificato costituire un sistema di finanziamento dei costi della giustizia ed un freno alle azioni temerarie, ma, allo stesso tempo, ribadisce che l’importo dovuto non debba essere talmente alto da ostacolare l’esercizio del diritto alla difesa, peraltro riconosciuto e tutelato anche nella Carta di Nizza, cui viene ormai attribuito, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, lo stesso valore giuridico dei trattati.

La seconda direttrice – quella, peraltro, cui l’Avvocato Generale attribuisce maggiore rilevanza – riguarda, nello specifico, la legittimità della previsione dell’obbligo di versare un contributo unificato di importo pari a quello versato al momento dell’introduzione del ricorso, in tutti quei casi in cui (ad es., motivi aggiunti o ricorso incidentale) si renda necessario, successivamente, impugnare atti relativi alla stessa procedura di aggiudicazione. Sulla questione, l’Avvocato Generale prende posizione, affermando che, in questo caso, il contributo sarebbe una forma di dissuasione dal proseguire il giudizio del tutto sproporzionata e, pertanto, in contrasto con il diritto comunitario, poiché nel sistema italiano sarebbe, così, del tutto vanificato il ricorso.

In sintesi, dunque, dalle conclusioni emerge come il contributo unificato appalti non sia, in sé, contrario al diritto comunitario, ma lo diventa se, e nella misura in cui, diventi un ostacolo significativo all’esercizio del diritto di difesa, e ciò avviene nel momento in cui il tributo venga richiesto cumulativamente per l’impugnazione di atti della stessa procedura. Si tratta di un varco importante, che consentirebbe alle imprese di conoscere in anticipo il costo di un’eventuale azione giudiziaria che intendano intraprendere.

Si rimane in attesa della decisione della Corte e delle successive determinazioni del giudice nazionale del rinvio (il Tar Trento), cui viene demandata la valutazione circa la natura sproporzionata e dissuasiva del contributo unificato.

Redazione

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