Il piano nazionale di edilizia abitativa, detto Piano casa, è stato introdotto dal decretolegge 112/2008, con l‟obiettivo di “garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana”. Esso ha previsto una serie di misure rivolte all’incremento del patrimonio immobiliare, sia con nuove costruzioni, sia con il recupero di quelle esistenti, da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate. Il Piano Casa ha voluto coinvolgere soprattutto le risorse private attraverso il ricorso a modelli di intervento in precedenza limitati al settore delle opere pubbliche (project financing), oppure attraverso strumenti finanziari immobiliari, innovativi per l‟acquisizione o la costruzione di immobili per l‟edilizia residenziale, quali l‟istituzione di fondi immobiliari per la residenza sociale, social housing. Le disposizioni relative al piano casa fornite dal D.L. 112/2008 sono state modificate dal decreto legge 158/2008, dal decreto legge 185/2008 e dal decreto legge 5/2009, introducendo nuove disposizioni sulle risorse a disposizione del Piano. Al fine di semplificare le procedure relative all‟approvazione degli accordi di programma per l‟attuazione del Piano, sono intervenuti il D.L. 201/2011 e il D.L. 1/2012. Il decreto legge 112/2008 prevede che il Piano venga approvato con D.P.C.M., previa delibera del CIPE e d‟ intesa in sede di Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (MIT). il D.P.C.M. del 16 luglio 2009 ha provveduto all’approvazione del Piano nazionale di edilizia abitativa,prevedendone una articolazione in sei linee di intervento: a) costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per la realizzazione di immobili di edilizia residenziale; b) incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica; c) promozione finanziaria anche ad iniziativa di privati (project financing); d) agevolazioni a cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi; e) programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale; f) interventi di competenza degli ex IACP. Il Piano è rivolto all‟incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l‟offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati. Tali alloggi dovranno quindi essere destinati prioritariamente a prima casa per le seguenti categorie sociali svantaggiate, nell‟accesso al libero mercato degli alloggi in locazione: 20 – nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito; – giovani coppie a basso reddito; – anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate; – studenti fuori sede; – soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio; – altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all‟art. 1 della legge n. 9/2007 (vale a dire reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, essere o avere nel proprio nucleo familiare persone ultra sessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, o avere, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico); – immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella stessa regione. Particolare attenzione meritano le disposizioni in merito ad uno degli interventi in cui può essere articolato il piano, ovvero l‟attuazione di programmi integrati di edilizia sociale nel contesto di interventi di riqualificazione urbana. In particolare, al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa, si prevede l‟approvazione (con D.M. infrastrutture) di appositi accordi di programma (previa delibera CIPE, d‟intesa con la Conferenza unificata) promossi dal MIT. Tali interventi possono essere realizzati anche attraverso programmi integrati di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da elevati livelli di qualità in termini di vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica e con l‟apporto di risorse pubbliche e private. Il D.L. 112/2008 contiene la definizione di “alloggio sociale” inteso “come parte essenziale e integrante della più complessiva offerta di edilizia residenziale sociale, che costituisce nel suo insieme servizio abitativo finalizzato al soddisfacimento di esigenze primarie”. Un‟articolata definizione di alloggio sociale è contenuta nel D.M. 22 aprile 2008 recante “Definizione di alloggio sociale ai fini dell’esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità ”. L‟art. 1 del D.M. definisce, infatti, quale “alloggio sociale” l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Rientrano in tale definizione anche gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche – quali esenzioni fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico – destinati alla locazione 21 temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà. L’alloggio sociale, in quanto servizio di interesse economico generale, costituisce standard urbanistico aggiuntivo da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi, sulla base e con le modalità stabilite dalle normative regionali. L‟art. 2 demanda quindi alle regioni la definizione dei requisiti per l’accesso e la permanenza nell’alloggio sociale e la determinazione del relativo canone di locazione, in relazione alle diverse capacità economiche degli aventi diritto, alla composizione del nucleo familiare e alle caratteristiche dell’alloggio. L’alloggio sociale deve inoltre essere adeguato, salubre, sicuro e costruito o recuperato nel rispetto delle caratteristiche tecnico-costruttive indicate agli artt. 16 e 43 della Legge 457/1978 (che prevedono una superficie massima delle nuove abitazioni non superiore a mq 95 ed alcune caratteristiche tecniche e costruttive). Nel caso di servizio di edilizia sociale in locazione si considera adeguato un alloggio con un numero di vani abitabili tendenzialmente non inferiore ai componenti del nucleo familiare – e comunque non superiore a cinque – oltre ai vani accessori quali bagno e cucina. Infine, l’alloggio sociale dovrà essere costruito secondo principi di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico, utilizzando, ove possibile, fonti energetiche alternative. Il Governo, nel mese di marzo 2009, ha avviato alcune misure per il rilancio del settore edilizio, detto Piano casa 2. Si tratta, in primo luogo, dell‟intesa del 31 marzo 2009, raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni, nella quale le regioni si sono impegnate ad approvare proprie leggi volte a regolamentare interventi che migliorino la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-bi familiari, a disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica e dell’efficienza energetica. Con le medesime leggi le regioni si impegnano, altresì, ad introdurre forme semplificate e celeri per l’attuazione degli interventi edilizi indicati, in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale. Sono esclusi da tali interventi gli edifici abusivi, quelli situati nei centri storici o nelle aree di inedificabilità assoluta. Le leggi regionali possono, inoltre, individuare ulteriori ambiti di esclusione o limitazione per gli interventi previsti ed ambiti nei quali i medesimi interventi sono, invece, favoriti con incentivazioni e premi finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate. Anche se con tempi diversi, tutte le regioni hanno emanato leggi regionali attuative del “Piano casa 2”, interpretando in vario modo l‟intesa del 31 marzo 2009: alcune 22 hanno ampliato i criteri definiti nell‟intesa includendo ulteriori fattispecie di edifici oltre a quelli residenziali, quali gli edifici agricoli o produttivi non utilizzati, o hanno incrementato i premi volumetrici. Altre hanno previsto meccanismi perequativi e compensativi, compresa la delocalizzazione di cubature, ovvero la possibilità di demolire e poi ricostruire altrove andando oltre la volumetria esistente. In alcune leggi regionali, infine, sono stati introdotti anche incrementi premiali finalizzati all’incremento della dotazione di verde pubblico, di servizi, di spazi pubblici e al sostanziale miglioramento della qualità urbana.