Il Tar Lazio, con sentenza n. 8778 del 17 giugno scorso, ha confermato l’anticoncorrenzialità sollevata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) del parere n. 48/2012 del CNF, con il quale, su richiesta del Consiglio dell’Ordine di Verbania, il CNF ha fornito l’interpretazione dell’art. 19 del Codice deontologico forense, relativo all’accapparramento della clientela, in relazione all’offerta, da parte di un avvocato, di prestazioni professionali mediante la piattaforma “Amica Card”.
In particolare, nel parere il Cnf ha risposto rilevando come la funzione dei siti web, quali Amica Card, va ben oltre la pura pubblicità, proponendosi di generare un contatto tra l’offerente ed il consumatore destinatario della proposta; in tal modo il messaggio non si esaurisce nel fine promozionale ma protende all’acquisizione del cliente, integrando la vicenda la violazione del canone I del codice deontologico forense e la concorrente violazione del canone III dello stesso art. 19.
Il Cnf dunque ha ravvisato la violazione del Codice deontologico non nella pubblicità dell’attività svolta attraverso una vetrina on line, ma nell’asserito utilizzo, da parte del professionista e dietro compenso, di un procacciatore di clienti.
Il Collegio ha condiviso invece la natura anticoncorrenziale del parere. A suo avviso, non può infatti individuarsi, contrariamente a quanto afferma il CNF, in Amica Card un intermediatore che procura un incontro tra il soggetto che cerca una prestazione professionale e il professionista che offre tale servizio. Amica Card mette infatti solo a disposizione dell’avvocato, in cambio di un corrispettivo in denaro, uno spazio on line nel quale questi può presentare l’attività professionale svolta e proporre uno sconto all’utente che decida di utilizzare i suoi servigi. Il ruolo svolto da Amica Card, dunque, non è molto diverso da quello di chi affitta uno spazio di un giornale, consentendo al professionista di pubblicizzare l’attività svolta.
Ad avviso del Collegio quindi la piattaforma Amica Card altro non è che un lecito strumento con il quale gli avvocati possono farsi pubblicità cercando di creare un primo contatto con il potenziale cliente, fermo restando che per l’eventuale conferimento del mandato (non essendo il primo approccio per nulla vincolante) si seguiranno le vie ordinarie: non si stipulerà quindi un contratto a distanza ma ci si procurerà un incontro con il professionista per verificare se sussistono le condizioni per conferirgli il mandato.
Il Tar Lazio dunque ha dato ragione ad Agcm confermando che la posizione restrittiva verso la pubblicità online assunta dal Cnf risulta in contrasto con i principi comunitari del libero mercato e della libera concorrenza.
Per ulteriori approfondimenti si allega il testo della sentenza