Corte dei Conti: partecipate non soggette alla giurisdizione contabile

 

La Corte dei Conti Siciliana con la sentenza 793/2015 ha statuito che una società partecipata, in misura non totalitaria, non va considerata pubblica amministrazione e pertanto non è soggetta alla Giurisdizione Contabile.

A parere del Collegio “non si comprenderebbe come una società di capitali,  ( nel caso di specie con partecipazione del privato nella misura del 49%), che per statuto ha scopo di lucro ed è governata con criteri imprenditoriali, possa qualificarsi come pubblica amministrazione, mancando tra l’altro ogni possibilità di porre in essere gli atti autoritativi che connotano peculiarmente gli enti di cui al comma 1 del decreto legislativo n. 39/1993 (amministrazioni autonome dello Stato ed enti pubblici non economici nazionali); inoltre, non potrebbe ritenersi, comunque, che un organismo societario regionale possa essere qualificato come amministrazione autonoma dello Stato o come ente pubblico non economico nazionale”.

Nè tantomeno, ad avviso del Collegio, per la società, partecipata solo in prevalenza dalla Regione Siciliana, “viene in rilievo quel particolare statuto legale che ha consentito alle Sezioni Unite della Corte di cassazione di riconoscere la giurisdizione contabile nei confronti di società per azioni con partecipazione totalitaria dello Stato, riconoscendone la natura sostanziale di enti pubblici, quali la R.A.I. s.p.a. (ordinanza n. 24092/2009), l’E.N.A.V. s.p.a. (ordinanza n. 5032/2010), l’A.N.A.S. s.p.a. (sentenza n. 15594/2014). 

Il Collegio inoltre riguardo la possibilità di qualificare la società partecipata come società in house e quindi in tal senso suscettibile di giurisdizione contabile ha rilevato che ” La Suprema corte ha puntualizzato, con giurisprudenza costante (ex multis n. 26283/2013, n. 26936/2013 e n. 5491/2014), che ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile una società è da qualificarsi in house solo se costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. In particolare, “è necessaria la contemporanea presenza di tre requisiti: 1) il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti la cessione delle partecipazioni a privati; 2) la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; 3) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile”.

Quindi ad avviso del Collegio la circostanza che la partecipazione della Regione sia parziale (del 51 % nel caso specifico) e non totalitaria “escluderebbe di per sé e in radice la possibilità di qualificare in house la società in questione” così come il fatto che la Regione Siciliana sia stato l’unico ente che concretamente abbia erogato corrispettivi alla società per i servizi svolti, fornendo così la relativa provvista, non è dirimente per fare acquistare a tale organismo la natura di società in house.

In conclusione il Collegio ha ritenuto che la partecipazione della Regione Siciliana in società per azioni non ne comporta, ovviamente, la loro automatica sussumibilità nell’ambito delle società in house, essendo necessario che ricorrano i tre requisiti sopra menzionati per il riconoscimento della giurisdizione contabile.

Redazione

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