Ddl concorrenza: le novità su energia e ambiente

Come già ampiamente detto, la Camera dei Deputati ha avviato l’esame del ddl Concorrenza.

Il disegno di Legge interviene in numerosi settori contenendo misure: per le assicurazioni, con particolare riguardo al campo della RC Auto; i fondi pensione; le comunicazioni; i servizi postali; l’energia e la distribuzione in rete di carburanti per autotrazione; le banche; i servizi  professionali; la distribuzione farmaceutica.

Dopo aver analizzato le novità per i servizi professionali e quelle per le assicurazioni e fondi pensioni, passiamo alle novità riguardanti l’energia e l’ambiente.

Con riferimento al settore energetico si elimina, a partire dal 2018, il regime di “maggior tutela” che opera transitoriamente nei settori del gas e dell’energia elettrica. In pratica, viene abrogata la disciplina che prevede la definizione da parte dell’Autorità per l’energia delle tariffe del gas e dell’energia elettrica delle tariffe per i consumatori che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero (articoli da 19 a 21, nel testo originario del disegno di legge). Nel corso dell’esame parlamentare sono state introdotte disposizioni volte a garantire: la comparabilità delle offerte, la verifica delle condizioni della piena liberalizzazione e le comunicazioni obbligatorie che debbono esser attuate prima della fase del passaggio definitivo alla piena liberalizzazione. È stata prevista inoltre una procedura amministrativa per la verifica delle condizioni della piena liberalizzazione dei mercati retail. Le disposizioni in materia sono ora contenute negli articoli da 19 a 19-octies (gli articoli 20 e 21 sono stati soppressi).

Con specifico riguardo alla distribuzione dei carburanti, il testo originario del decreto (articolo 22) eliminava una barriera all’entrata per l’installazione di nuovi impianti di distribuzione di carburanti, disponendo che non possa essere posto in nessun caso il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti. Durante l’esame parlamentare l’articolo è stato sostituito, e il nuovo testo non elimina più il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ma vieta di subordinare l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti ad altri obblighi, salvo quelli stabiliti con decreto del MiSE, di concerto con il MIT (sentite l’Autorità Antitrust e la Conferenza Stato-Regioni, tenuto conto delle esigenze di sviluppo del mercato dei combustibili alternativi ai sensi della normativa europea). Sempre nel corso dei lavori parlamentari, è stato inserito un articolo aggiuntivo in tema di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti, che prevede numerose innovazioni riguardanti i seguenti aspetti:

  • la verifica della compatibilità degli impianti, per quanto concerne i soli aspetti attinenti la sicurezza della circolazione stradale. Contestualmente all’iscrizione all’anagrafe degli impianti stradali di distribuzione di benzina, gasolio, GPL e metano della rete stradale e autostradale, infatti, i titolari degli impianti devono presentare una dichiarazione attestante che l’impianto ricade o non ricade in una delle fattispecie di incompatibilità (definite dalla normativa regionale e dalla norma in esame ai commi 12 e 13, che riguardano, rispettivamente, gli impianti ubicati all’interno e all’esterno dei centri abitati). Nel caso in cui l’impianto ricada nelle fattispecie di incompatibilità, il titolare può impegnarsi all’adeguamento, da completare entro un anno. Se invece non si impegna all’adeguamento, deve cessare l’attività di vendita entro 9 mesi e procedere allo smantellamento. La norma dettaglia inoltre le procedure e le sanzioni da porre in essere nei casi in cui l’impianto sia incompatibile ma il titolare non cessi l’attività di vendita, nei casi di mancato invio della dichiarazione e nei casi in cui sia accertata la non compatibilità di un impianto dichiarato compatibile;
  • l’autorizzazione all’installazione di nuovi impianti;
  • le procedure di dismissione degli impianti che chiuderanno entro tre anni. In tali casi, sono previste procedure semplificate di dismissione, che consistono nello smantellamento delle attrezzature fuori terra, nella rimozione dei fondami e degli eventuali prodotti residui presenti nei serbatoi, nella messa in sicurezza delle strutture interrate e, se necessario a causa di una contaminazione, nell’esecuzione di indagini ambientali. La rimozione delle strutture interrate dovrà essere effettuata dai titolari degli impianti in caso di riutilizzo dell’area.

Riguardo, invece, il settore ambiente, nel corso dell’esame parlamentare, è stata inserita una norma che riguarda l’accesso da parte dei produttori al mercato di gestione autonoma degli imballaggi.

Al fine di favorire l’accesso a tale mercato, viene sospeso l’obbligo di corrispondere il contributo ambientale a seguito del riconoscimento del progetto e fino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato funzionamento del sistema, e ne dia comunicazione al Consorzio. La normativa attualmente vigente prevede che i produttori che vogliano attuare la gestione autonoma debbano presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di gestione richiedendone il riconoscimento. Il recesso dai  Consorzi è efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio. Fino a tale momento permane l’obbligo di corrispondere il contributo ambientale. E’ stato inoltre sostituito il parere del CONAI con quello dell’ISPRA, in quanto organo indipendente e privo di conflitto di interessi.

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Redazione

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