Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4035 del 31 agosto 2015 ha statuito che nel procedimento di project financing è possibile l’impugnazione anche nella prima fase.
Al riguardo ha richiamato la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2012, che ha analizzato la disciplina del project financing, affermando che “nel procedimento di project financing l’atto con cui la Stazione appaltante conclude la c.d. prima fase di selezione di una proposta, da porre a base della successiva gara, sia immediatamente impugnabile da coloro che abbiano presentato proposte concorrenti in relazione alla medesima opera pubblica. La scelta della proposta migliore ritenuta di pubblico interesse, preceduta da un valutazione di idoneità tecnica della proposta, è atto discrezionale sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità dal giudice amministrativo.”
Nella sentenza ha poi precisato che la fase preliminare di individuazione del promotore ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 15 aprile 2010, n. 1; Id., Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 843). Da ciò discende che è legittima l’esclusione del progetto presentato da una Società promotrice sulla base della valutazione negativa anche di uno solo dei parametri di valutazione indicati nel bando di gara (Cons. St., Sez. V, 25 giugno 2010, n. 4084).
Di seguito il testo della sentenza.
***
N. 04035/2015REG.PROV.COLL
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7286 del 2012, proposto da:
Cam S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Frontoni, Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo. in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;
contro
Roma Capitale (Già Comune di Roma), in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dall’avvocato Pier Ludovico Patriarca, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, n. 21; Commissario Delegato all’attuazione di Interventi volti a fronteggiare l’emergenza del settore traffico e mobilità della Città di Roma, Roma Capitale (Già Comune di Roma) – Ufficio Extradipartimentale Parcheggi – Uo Parcheggi Pubblici, Responsabile del Procedimento c/o Ufficio Extradipartimentale Parcheggi – Uo Parcheggi Pubblici di Roma Capitale;
nei confronti di
Cmb – Soc. Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi, in persona del legale rappresentante in proprio e quale capogruppo mandataria Ati, Ati Ccc – Consorzio Cooperative Costruzioni e in proprio, Ati Dicos S.p.A., rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Pallottino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Oslavia, n. 14; Isveur Istituto Per Lo Sviluppo Edilizio e Urbanistico S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Pasquale Frisina, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, Via Gaetano Donizetti, n. 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I, n. 5005/2012, resa tra le parti, concernente avviso pubblico di project financing per la progettazione attuazione e gestione del nodo Scambio Marconi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale (Già Comune di Roma) e di Cmb – Soc. Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi in proprio e quale capogruppo mandataria Ati e di Ati Ccc – Consorzio Cooperative Costruzioni e in Proprio e di Ati Dicos S.p.A. e di Isveur Istituto Per Lo Sviluppo Edilizio e Urbanistico S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Gianluca Luzi su delega dell’avvocato Massimo Frontoni, Raffaele Izzo, Pier Ludovico Patriarca, Francesco Nardocci su delega dell’avvocato Giovanni Pallottino, Francesca Rosetti su delega dell’avvocato Pasquale Frisina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante principale adiva il TAR per il Lazio, chiedendo l’annullamento:
– della determinazione dirigenziale dell’Ufficio extradipartimentale n. 163 del 21 dicembre 2007, con la quale era stata comunicata la conclusione della fase di valutazione tecnica delle proposte in relazione all’avviso pubblico indicativo di project financing ai sensi dell’art. 37-bis e ss. della legge 109/94 per la progettazione, attuazione e gestione del nodo di scambio Marconi, pubblicato all’albo pretorio e sulla G.U.R.I. in data 20 aprile 2005;
– della determinazione dirigenziale dell’Ufficio extradipartimentale n. 132 del 19 novembre 2007, con la quale si era provveduto alla riattivazione della commissione per la valutazione delle proposte;
– della determinazione dirigenziale dell’Ufficio extradipartimentale n. 129 del 16 novembre 2007, con la quale erano stati disposti i provvedimenti preliminari di cui all’art. 153 del d.lgs. n. 163/2006 per l’esame delle proposte aggiornate;
– della nota dell’Ufficio extradipartimentale n. 4809 del 7 novembre 2007, con la quale erano stati trasmessi lo schema di convenzione e di capitolato speciale;
– della determinazione dirigenziale dell’Ufficio extradipartimentale Parcheggi n. 96 del 21 settembre 2007, con la quale era stato prorogato il termine di scadenza per la presentazione di una proposta rimodulata;
– della determinazione dirigenziale dell’Ufficio extradipartimentale Parcheggi n. 79 del 16 luglio 2007, con la quale era stata disposta la fissazione del termine per la presentazione di eventuali proposte rimodulate;
– della nota dell’Ufficio extradipartimentale Parcheggi n.2975 del 6 luglio 2007, con la quale i proponenti erano stati convocati alla riunione dell’11 luglio 2007;
– della determinazione dirigenziale dell’Ufficio extradipartimentale Parcheggi n. 75 del 5 luglio 2007, con la quale era stato riattivato il procedimento volto alla verifica dell’interesse pubblico delle proposte presentate dai proponenti.
Con lo stesso ricorso si invocava il risarcimento del danno in forma specifica ed, in subordine, per equivalente.
2. Il primo giudice dichiarava il ricorso principale in parte irricevibile ed in parte infondato, mentre dichiarava irricevibile il ricorso per motivi aggiunti.
La pronuncia in rito veniva resa dal TAR in relazione al ricorso principale in ragione del fatto che lo stesso veniva ritenuto tempestivo soltanto nella parte in cui veniva impugnata la determinazione dirigenziale dell’Ufficio Extradipartimentale n. 163 del 21.12.2007, relativa alla conclusione della fase di valutazione tecnica delle proposte, risultando, invece, tardivo in ordine alla contestazione di tutti i precedenti atti della procedura adottati dall’Amministrazione, dei quali l’originario ricorrente principale aveva consapevolezza e rispetto ai quali aveva palesato acquiescenza. Anche il ricorso per motivi aggiunti veniva dichiarato irricevibile, atteso che con questo si sollevavano ulteriori doglianze e motivi in ordine ad atti e valutazioni già da tempo conosciuti dall’originaria ricorrente, siccome contenuti nella determinazione dirigenziale n. 163 del 21.12.2007 impugnata con l’originario ricorso.
2.1. Prima di passare all’esame delle residue censure il primo giudice respingeva l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse sulla scorta dell’insegnamento della pronuncia n. 1/2012 dell’Adunanza Plenaria, riconoscendo la piena ed immediata lesività dell’atto di esclusione della proposta dell’originaria ricorrente.
2.2. Il TAR, quindi, valutava non fondato il ricorso nel merito, ponendo in evidenza che: a) quanto alla contestazione degli atti dell’amministrazione nella parte in cui avevano consentito, dopo la scelta effettuata all’inizio della procedura, la modificazione soggettiva delle imprese concorrenti titolari della proposta (riformulata) presentata a firma congiunta, si trattava di doglianza, oltre che tardiva, inammissibile per carenza di interesse, dal momento che la presenza di una proposta concorrente non poteva incidere sul giudizio di non idoneità della proposta che ha condotto alla esclusione della ricorrente; b) la doglianza diretta avverso la valutazione di ammissibilità della proposta di CMB-ISVEUR era dichiarata, oltre che tardiva, inammissibile per carenza di interesse, non potendo la CAM trarre alcun vantaggio dall’eventuale accoglimento del motivo in questione, non potendo esso incidere sul giudizio di non idoneità della proposta che ha condotto alla esclusione della ricorrente; c) le valutazioni effettuate dalla Commissione, in ragione delle quali la proposta dell’originaria ricorrente veniva ritenuta né fattibile, né idonea, non sembravano né illogiche, né contraddittorie, ma si basavano sull’analitico esame della proposta presentata dalla ricorrente a seguito della riattivazione del procedimento e risultavano congruamente motivate.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’originaria ricorrente, lamentando le erronee conclusioni alle qual quest’ultima sarebbe giunta.
Con una prima censura l’appellante principale rappresenta che il ricorso contenente motivi integrativi, e non aggiunti, non sarebbe tardivo, dal momento che tempestivamente notificato in data 14 marzo 2008 e non in data 18 marzo 2008, a fronte della conoscenza in data 17 gennaio 2008, del provvedimento lesivo rappresentato dalla determinazione n. 163 del 21 dicembre 2007. Le censure ivi contenute unitamente al terzo motivo esposto nel ricorso introduttivo sarebbero inoltre fondate, mentre il TAR le avrebbe disattese con un giudizio sommario, come si rileverebbe dalla circostanza che avrebbe ritenuto fondamentale criticità del progetto l’inidoneità dell’accessibilità al Nodo da sud, mentre la commissione avrebbe rilevato questa carenza solo per il breve ma non per il lungo periodo, tale quindi da non determinare un giudizio di non fattibilità. Del resto, l’appellante principale si sarebbe attenuta nel riformulare il progetto alle disposizioni impartite dall’amministrazione, recependone ognuna delle tre osservazioni rese in relazione alla propria proposta progettuale. Da qui l’illogicità e la contraddittorietà della valutazione della Commissione che ciò nonostante valutava inidoneo il progetto così riformulato. Pertanto, l’appellante principale ripropone in dettaglio i motivi integrativi non esaminati dal primo giudice, la cui fondatezza dovrebbe evincersi anche dal raffronto con le valutazioni espresse dall’amministrazione in relazione alle considerazioni rese, invece, sulla proposta delle odierne appellate.
La sentenza sarebbe a giudizio dell’appellante principale erronea nella parte in cui ha ritenuto tardivi e inammissibili i primi due motivi del ricorso introduttivo di prime cure. Infatti, da un lato, l’appellante non avrebbe prestato alcuna acquiescenza agli atti della procedura posti in essere dall’amministrazione prima della determinazione n. 163 del 21 dicembre 2007. Dall’altro, non potrebbe essere revocato in dubbio il suo interesse alle suddette doglianze, dal momento che sarebbero state illegittimamente alterate le condizioni alla base della selezione, cosi determinando una grave disparità di trattamento tra i concorrenti. In questo senso l’amministrazione non avrebbe dovuto consentire la modifica soggettiva, che ha interessato gli odierni appellati, né avrebbe dovuto valutare positivamente una proposta che dagli stessi non sarebbe stata semplicemente riformulata, ma si presenterebbe come del tutto nuoca e difforme rispetto ad i contenuti ed ai criteri esposti nell’avviso pubblico.
Da ultimo, l’appellante ripropone domanda di risarcimento in forma specifica o, in subordine, per equivalente.
4. In data 26 novembre 2012 Roma Capitale deposita atto di appello incidentale con il quale lamenta l’erroneità della sentenza, poiché non avrebbe rilevato la carenza di interesse dell’originaria ricorrente principale. Infatti, a giudizio dell’amministrazione capitolina il TAR avrebbe applicato il principio elaborato dall’Adunanza Plenaria con la pronuncia n. 1/2012, che però riguarderebbe la diversa ipotesi del soggetto già individuato quale promotore a seguito di valutazione comparativa, sicché la lesione si poteva apprezzare proprio in ragione di quella scelta. Al contrario, nella fattispecie in esame la lesione non deriva da una comparazione, ma da una valutazione individuale, mentre la valutazione della proposta degli originari controinteressati non avrebbe inciso sul giudizio di non idoneità dell’offerta dell’originario ricorrente. Sicché quest’ultimo non avrebbe alcun interesse ad impugnare il giudizio positivo espresso dall’amministrazione sull’offerta degli odierni appellati.
L’amministrazione comunale, infine, sostiene che i motivi proposti dall’appellante principale sarebbero comunque infondati anche in ragione dell’ampia discrezionalità riservata all’amministrazione. Inoltre, il giudizio operato dalla Commissione sarebbe corretto e privo di illogicità e contraddittorietà, per non essersi l’originario ricorrente adeguato alle precedenti indicazioni offerte dall’amministrazione, come si desume dal fatto che gli elaborati progettuali tra la prima e la seconda proposta sono rimasti immutati. In ogni caso le censure sarebbero infondate, come i motivi con i quali si lamenta la disparità di trattamento rispetto alla proposta degli originari controinteressati. Del tutto destituita di fondamento sarebbe pertanto sia la richiesta di risarcimento in forma specifica che per equivalente.
5. Con appello incidentale CMB, CCC e Soc. di Cos. lamentano che la pronuncia di prima cure non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria, n. 1/2012, secondo la quale l’onere di impugnazione sorgerebbe solo con la scelta del promotore e non prima. Pertanto, l’originario ricorrente non sarebbe titolare di alcun interesse a far valere eventuali profili di illegittimità delle valutazioni espresse dall’amministrazione sulla proposta dell’appellante incidentale, sicché la pronuncia di prime cure avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’iniziativa giurisdizionale dell’odierno appellante.
6. Costituitasi in giudizio ISVEUR invoca la reiezione dell’appello principale e con memoria del 4 maggio 2015 espone le proprie difese, da un lato, ponendo in luce la correttezza della pronuncia di prime cure nel rilevare la tardività dei motivi aggiunti proposti dall’originario ricorrente principale, nonché l’inammissibilità e infondatezza delle censure contenute nel ricorso introduttivo di prime cure; dall’altro, aderendo all’impostazione sposata dagli appellanti incidentali.
7. Con memoria depositata il 19 maggio 2015 l’appellante incidentale sostiene che l’amministrazione comunale nell’invitare gli originari proponenti ad elaborare nuove proposte progettuali non si sarebbe limitata a specifiche prescrizioni, ma avrebbe richiesto loro anche di tenere in considerazione il mutato quadro di interventi in programma per la zona Ostiense Marconi, Sicchè sarebbe stato richiesta una completa rivisitazione delle proposte già presentate secondo esigenze emerse nel corso di riunioni alle quali avrebbe preso parte, senza nulla opporre, anche l’odierna appellante. In ogni caso sarebbero infondati i motivi con i quali si lamentano supposte illegittimità per la valutazione positiva espressa dall’amministrazione comunale sulla propria proposta, come quello con il quale si contesta la valutazione negativa manifestata dall’amministrazione sulla proposta dell’originario ricorrente principale, che sarebbe inattendibile sotto il profilo economico-finanziario.
8. Con memoria del 19 maggio 2015 Roma Capitale, nel reiterare le proprie conclusioni, precisa che l’istruttoria relativa all’iter approvativo del progetto preliminare non sia ancora terminata e che lo stesso non è stato dichiarato di pubblico interesse.
9. In sede di replica l’appellante principale reitera le proprie argomentazioni e ribadisce, tra l’altro, la tempestività del ricorso di primo grado per motivi aggiunti e la corretta quantificazione del danno sofferto rappresentato dalle spese di partecipazione alla procedura come la sussistenza nella fattispecie del nesso causale e della colpa dell’amministrazione ad integrazione degli elementi costitutivi dell’illecito.
10. Con memoria di replica del 23 maggio 2015 Roma capitale insiste nelle proprie conclusioni.
11. Con memoria depositata in pari data ISV.E.UR. insiste per la reiezione dell’appello principale.
12. Occorre analizzare in via preliminare la censura con la quale l’appellante principale lamenta la declaratoria da parte del TAR di tardività del ricorso per motivi aggiunti. La censura è fondata, dal momento che il ricorso in questione risulta essere stato notificato il 14 marzo 2008, ossia entro prima del decorso del termine decadenziale di sessanta giorni per impugnare la determinazione n. 163 del 21 dicembre 2007, conosciuta solo in data 17 gennaio 2008. Sicché deve farsi applicazione del principio secondo il quale la proposizione del ricorso dinanzi al giudice di primo grado non ha l’effetto di consumare il potere di azione, che può quindi essere ulteriormente esercitato purché entro il breve termine decadenziale attraverso la sottoposizione al giudice adito di ulteriori censure avverso l’atto impugnato nel rispetto del principio del contraddittorio, che impone la notifica del ricorso contenente motivi integrativi alle parti del giudizio. Conseguentemente, devono essere vagliati i due motivi ivi contenuti e non esaminati dal giudice di prime cure.
13. L’intera riemersione del thema decidendi definito dinanzi al TAR impone, prima di passare al vaglio delle single doglianze contenute nell’appello principale, a porre una premessa teorica in ordine alla sussistenza dell’interesse da parte dell’appellante principale, già ricorrente dinanzi al TAR, rispetto alle censure proposte.
Il punto di partenza deve essere rinvenuto nella disamina dei principi fissati nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2012, che ha analizzato la disciplina del project financing applicabile anche alla fattispecie in esame ratione temporis.
Nella citata pronuncia il massimo consesso della giustizia amministrativa ha avuto modo di affermare che nel procedimento di project financing l’atto con cui la Stazione appaltante conclude la c.d. prima fase di selezione di una proposta, da porre a base della successiva gara, sia immediatamente impugnabile da coloro che abbiano presentato proposte concorrenti in relazione alla medesima opera pubblica. La scelta della proposta migliore ritenuta di pubblico interesse, preceduta da un valutazione di idoneità tecnica della proposta, è atto discrezionale sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità dal giudice amministrativo.
Quest’atto è quello che chiude il primo subprocedimento nel quale si articola il procedimento di project financing, poiché porta ad individuare il promotore finanziario, attribuendo a quest’ultimo un vantaggio. Inoltre, solo da quest’atto sorge un vincolo in capo all’amministrazione di procedere alla gara e alla realizzazione dell’opera (Cons. St., Sez. III, 13 marzo 2013, n. 1495). Infatti, la valutazione tecnica circa la fattibilità dell’opera formulata dalla Commissione tecnica non esclude che l’Amministrazione possa concludere con giudizio negativo quanto all’interesse pubblico sulla proposta del progetto così come formulato, atteso che i due momenti della verifica di fattibilità e della individuazione del progetto da realizzare, pur necessariamente finalizzati alla soddisfazione dell’interesse pubblico, si pongono su piani diversi, con la conseguenza che, in linea di principio, non può ravvisarsi una contraddizione invalidante tra una valutazione di fattibilità di un determinato progetto (che implica un giudizio positivo circa il soddisfacimento dei molteplici interessi pubblici coinvolti) e una decisione di difetto di interesse pubblico alla realizzazione di quel medesimo progetto (Cons. St., Sez. V, 16 dicembre 2010, n. 8947).
Nella fattispecie la proposta delle originarie controinteressate ha superato solo il vaglio della valutazione di idoneità tecnica, senza aver riportato ancora la declaratoria di pubblico interesse, sicché quest’ultime ancora non sono state designate promotore finanziario.
Allo stesso tempo è provvedimento autonomamente lesivo e immediatamente impugnabile, da parte del soggetto escluso, l’atto con cui la Stazione appaltante dichiara che la sua proposta non è di pubblico interesse, per l’opposta ragione che trattandosi di un atto endoprocedimentale che gli nega lo stesso bene della vita, comportando un blocco alla sua istanza di divenire promotore finanziario è in sé dotato di autonoma lesività.
Questa chiara distinzione consente di operare un discrimine tra le doglianze sorrette da un effettivo interesse e quelle che ne sono prive.
Tra le seconde devono essere annoverate quelle aventi ad oggetto il giudizio dispositivo di fattibilità della proposta dei controinteressati, dal momento che la proposta in questione non è stata ancora ritenuta di pubblico interesse sicché non può dirsi concluso quel primo subprocedimento nel quale si articola il più ampio procedimento di project financing secondo la disciplina ratione temporis vigente. Pertanto risultano inammissibili per difetto di interesse: a) la seconda doglianza contenuta nel ricorso per motivi integrativi con la quale si contesta che la proposta delle odierne appellate sarebbe carente della asseverazione del piano economico finanziario da parte di un istituto di credito; b) quella contenuta nel primo motivo del ricorso di primo grado con la quale si contesta la possibilità che Isveur e ATI CMB possano provvedere alla redazione di una proposta congiunta ed innovativa rispetto alle precedenti grazie ad un’asseritamente indebita modificazione soggettiva; c) quella contenuta nel secondo motivo del ricorso di primo grado inerente alla possibilità concessa dall’amministrazione di riformulare le proposte ammettendo anche quella dei controinteressati in primo grado che si presentava come radicalmente diversa da quella originaria.
14. Deve, invece essere esaminata la doglianza contenuta nel terzo motivo del ricorso principale sviluppata nel primo motivo del ricorso per motivi integrativi, poiché quest’ultima si rivolge avverso l’atto con il quale è stato espresso un giudizio di inidoneità tecnica della proposta dell’appellante principale. La censura in questione contesta la legittimità del giudizio di inidoneità tecnica della proposta dell’appellante principale, pur se quest’ultimo si sarebbe attenuto alle disposizioni impartite dall’Amministrazione, avendo riproposto la proposta iniziale del 2005, rimodulata e riformulata alla luce delle osservazioni tecniche della Commissione e della sopravvenuta normativa e che, tuttavia, la Commissione tecnica avrebbe rilevato ulteriori vizi e difformità, mai eccepiti prima. Inoltre, nel primo motivo del ricorso per motivi integrativi, il cui esame in questa sede viene operato per la prima volta, vengono sistematicamente contestate le criticità rilevate dalla Commissione tecnica e fatte proprie dalla determinazione dirigenziale n.163/2007.
Prima di passare all’esame in dettaglio delle suddette censure appare opportuno rammentare che la fase preliminare di individuazione del promotore ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 15 aprile 2010, n. 1; Id., Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 843). Da ciò discende che è legittima l’esclusione del progetto presentato da una Società promotrice sulla base della valutazione negativa anche di uno solo dei parametri di valutazione indicati nel bando di gara (Cons. St., Sez. V, 25 giugno 2010, n. 4084).
14.1. In ordine alla doglianza circa l’essersi l’appellante adeguata ai rilievi mossi dalla Commissione., deve confermarsi l’argomentazione sposata dal primo giudice che non viene smentita dalle critiche contenute nell’appello in esame, dal momento che non si registrano illogicità o contradditorietà nel giudizio della Commissione, che individuava precisa criticità di carattere economico-finanziario ed evidenziava il mancato adeguamento ad alcuni rilievi mossi dalla Commissione, tanto che l’appellante, come correttamente indicato dal primo giudice, ripresentava gli stessi elaborati progettuali. Sicché, il giudizio della commissione tecnica non risulta essere inficiato dai vizi di illogicità o contraddittorietà denunciati dall’appellante principale.
14.2. Quanto alle carenze rilevate dalla Commissione tecnica, deve ribadirsi che l’appellante per ottenere l’annullamento del giudizio di inidoneità dovrebbe confutarle tutte. Ebbene, in ordine agli aspetti “Urbanistico ed ambientale” e “Viabilità ed accessibilità”, l’appellante sostiene che quelle relative all’assetto dello svincolo esulerebbero dal tema progettuale oggetto della proposta in project financing, poiché lo svincolo non costituirebbe parte del progetto preliminare presentato, né ne sarebbe prevista la realizzazione contestualmente a quella del nodo. La censura non può essere condivisa dal momento che il documento preliminare alla progettazione nello stabilire gli indirizzi per la formulazione della proposta per quanto riguarda le infrastrutture della mobilità prevede tra le opere stradali la costruzione di Lungotevere Dante e del relativo svincolo con Via del Mare. Lo stesso documento prevedeva che il nodo fosse subordinato alla definizione del sistema delle intersezioni derivanti dal prolungamento del Lungotevere Dante sino a Viale Marconi e Via del Mare. Veniva, quindi, rimessa al proponente la determinazione di tutte le componenti progettuali, urbanistiche, architettoniche, funzionali, gestionali corrispondenti al miglior equilibrio tra interesse pubblico e privato per il raggiungimento degli obiettivi individuati. Da ciò deriva che la proposta inerente al suddetto svincolo avanzata dall’appellante doveva essere esaminata dalla Commissione tecnica, la cui valutazione di inadeguatezza della proposta progettuale dell’appellante non risulta illogica, se si considera che le soluzioni di breve e lungo periodo proposte sono coerentemente valutate dalla Commissione nel verbale del 29 novembre 2007 come non soddisfacenti, dal momento che: “Lo svincolo presenta una non considerazione delle problematiche plano-altimetriche e di funzionamento dello svincolo medesimo, che rimangono del tutto non verificate” e “la connessione tra la rampa di raccordo Lungotevere Dante – via Del Mare – Ostiense in direzione Ostia e la prosecuzione del viale Marconi verso la via Colombo è incongruente con il funzionamento dello svincolo e i suoi sensi di marcia”. Affermazioni che non vengono inficiate dalle contestazioni opposte dall’appellante.
Stessa sorte segue la doglianza con la quale si critica l’affermazione della Commissione secondo la quale: “L’accessibilità da Sud è la stessa della proposta del 2005, e rimane del tutto assente”. Al riguardo, deve rammentarsi come quest’aspetto era già stato individuato come rilevante criticità della precedente proposta e che nella versione più recente non viene emendata. Da qui un ulteriore elemento di non idoneità della proposta, che non viene posto nel nulla dalla contestazione contenuta nel ricorso per motivi integrativi, che si limita a sostenere che l’accesso al nodo sarebbe possibile tramite viale Marconi sia per i mezzi provenienti da nord che per quelli provenienti da sud, oin questo modo obliterando l’indicazione contenuta nel documento di indirizzi, secondo il quale: “In questo quadro programmatico, il nodo di scambio Marconi assume il doppio ruolo di porta di accesso, per chi proviene da sud, ad un settore urbano che si va rafforzando nella dotazione di servizi e di attrezzature di livello urbano…”.
L’esame degli ulteriori profili di censura risulta a questo punto irrilevante, dal momento che il provvedimento impugnato fonda su autonome motivazioni e la sopravvivenza anche solo di una di queste impedisce il soddisfacimento dell’interesse dell’originario ricorrente.
14.3. La valutazione di infondatezza e di inammissibilità dell’appello principale fa venire meno l’interesse all’esame degli appelli incidentali che devono, dunque, essere dichiarati improcedibili. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
15. La sostanziale soccombenza dell’appellante principale impone di porre a suo carico le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
accoglie in parte l’appello, ed in parziale riforma della sentenza impugnata, giudicando sul ricorso per motivi aggiunti di primo grado in parte lo rigetta e in parte lo dichiara inammissibile. Rigetta nel resto l’appello principale. Dichiara improcedibili gli appelli incidentali.
Condanna l’appellante principale al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, in favore di ciascuna delle altre parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/08/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)