Il Tar Lazio con sentenza n. 11250 del 15 settembre 2015, richiamando la precedente sentenza del Consiglio di Stato sez. IV n. 1321/2015, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per le valutazioni afferenti il DURC, che sono invece soggette alla giurisdizione del giudice ordinario.
Il collegio ha rilevato che il rapporto sostanziale di cui il DURC è mera attestazione, si consuma interamente in ambito privatistico, senza che su di esso possano incidere direttamente o indirettamente poteri pubblicistici, sicché il suo sindacato esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti.
I giudici amministrativi romani hanno osservato che il documento unico di regolarità contributiva è una dichiarazione di scienza che si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso dell’ente, assistiti da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c. e facenti dunque prova fino a querela di falso, pertanto le inesattezze o gli errori contenuti in detto contenuto, investendo posizioni di diritto soggettivo, possono essere corretti solo dal giudice ordinario o all’esito della proposizione della querela di falso o a seguito di un’ordinaria controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria.
Il Tar Lazio ha inoltro statuito che le Stazioni appaltanti, a prescindere dall’obbligo degli istituti previdenziali di invitare l’interessato a regolarizzare la propria posizione -, sono obbligate a prendere in considerazione le risultanze ostative derivanti dalle irregolarità storicamente esistenti ed accertate dagli stessi.
Ad avviso del Collegio infatti l’art. 38, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 163/2006, va interpretato nel senso che la valutazione compiuta dagli Enti previdenziali ha valenza autonoma ed è vincolante per la Stazione Appaltante, la quale, collocandosi esternamente rispetto al rapporto tra l’Ente previdenziale stesso e l’operatore economico, non può che prendere atto delle attestazioni rilasciate.
Di seguito il testo integrale della sentenza.
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N. 11250/2015 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4635 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Soc Lombarduzzi Romeo Srl (Mandataria), rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Altieri, con domicilio eletto presso Giuseppe Altieri in Roma, Via Sardegna, 17;
contro
Ministero dell’Interno, Agenzia del Demanio, rappresentati e difesi per legge dall’ Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
del provvedimento del 4 marzo 2015 con il quale è stata data comunicazione dell’esclusione del RTI Lombarduzzi Romeo S.r.l. e della non aggiudicazione definitiva della gara per l’affidamento del servizio di recupero, custodia ed acquisto di veicoli oggetto di provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca ai sensi dell’art. 214-bis del Codice della Strada – ambito provinciale di Alessandria, e con il quale è stato disposto l’incameramento della fideiussione;
della decisione della Commissione esaminatrice assunta in date 21 gennaio 2015 e 3 marzo 2015, nella parte in cui è stata pronunciata l’esclusione del RTI ricorrente, la non aggiudicazione e l’incameramento della fideiussione;
nonché, di ogni altro atto presupposto e connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e di Agenzia del Demanio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2015 la dott.ssa Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha rappresentato quanto segue.
Lombarduzzi Romeo S.r.l., quale capogruppo del RTI formato con Carrozzeria Fiorente s.n.c., presentava domanda per la partecipazione alla gara di appalto per l’affidamento del servizio di recupero, custodia ed acquisto di veicoli, oggetto di provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca ai sensi dell’art. 214 bis del D.lg. 30.4.1992 n. 285, ambito provinciale di Alessandria, indetta dall’Agenzia del Demanio e dal Ministero dell’Interno.
Esperita la gara, veniva disposta l’assegnazione provvisoria in favore della parte ricorrente ma, a seguito della verifica della sussistenza dei requisiti di carattere generale, la Commissione di gara, nella seduta del 21 gennaio 2015, accertava una irregolarità contributiva risultante dal DURC, nonché una irregolarità fiscale per la mandante Carrozzeria Fiorente s.n.c. e, conseguentemente, pronunciava l’esclusione della RTI Lombarduzzi Romeo s.r.l. ed il contestuale incameramento della fideiussione.
La stazione appaltante, a seguito di tale verifica, non procedeva a dare comunicazione all’interessato, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, dell’avvio del procedimento per la revoca dell’assegnazione provvisoria e, con provvedimento del 4 marzo 2015, veniva data comunicazione dell’esclusione e dell’incameramento della fideiussione.
Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la parte ricorrente le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo i seguenti motivi di ricorso.
I) – Violazione degli artt. 2, 7, 10 della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento; difetto di istruttoria, contraddittorietà, ingiustizia manifesta; perplessità; illogicità; sviamento.
Nel caso di specie, l’Amministrazione ha violato l’obbligo di comunicare (ex art. 7 della legge 241/1990) le cause ostative all’aggiudicazione finale, omettendo di valutarle in contraddittorio con le imprese concorrenti (cfr. art. 29 D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163; art. 41 par. 1 della Direttiva 2004/18/CE).
Nel merito, la Lombarduzzi Romeo S.r.l. ha mantenuto una costante regolarità contributiva, provvedendo al pagamento di quanto dovuto sia nei confronti di Inail in data 13 ottobre 2014 quindi prima dell’emissione del DURC che risulta essere avvenuta in data 17 ottobre 2014 (all. 7 fasc. parte ricorrente).
Per quanto riguarda, invece, l’irregolarità fiscale, ha provveduto alla rateizzazione con l’agente di riscossione Equitalia Nord s.p.a. (all. 10,11, 12, 13)
In sede di contraddittorio avrebbe potuto rilevare la sanatoria delle irregolarità di quanto accertato dal DURC, evitando l’esclusione dalla gara di appalto ed avrebbe potuto segnalare la violazione, da parte dell’Inail, dell’art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98, il quale stabilisce che: “Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento, gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”.
Del resto, la Stazione appaltante non può sindacare il DURC negativo che attesta una irregolarità contributiva dell’impresa in relazione al requisito di gravità della stessa, ma può rilevare il carattere definitivo o meno di dette irregolarità, richiesto per legittimare il provvedimento di esclusione per carenza del requisito previsto dall’art. 38, lett. i), d.lgs. n. 163/2006.
Infatti, l’art. 31 del d.l. n. 69/2013, consente di sanare quelle situazioni ancora pendenti che sono determinate, come nel caso di specie, da omessa o inefficace comunicazione della sussistenza della violazione.
Con riferimento all’irregolarità fiscale la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe consentito di far conoscere alla stazione appaltante l’avvenuta rateizzazione.
II) – Violazione dell’art. 38 co. 1, lett. i), del D.Lvo n. 163/2006; violazione dell’art. 31, co. 8 del d.l. 21 giugno 2613 n. 69, convertito in legge 9 agosto 2013 n. 38; eccesso di potere; difetto assoluto di motivazione; contraddittorietà, ingiustizia manifesta; perplessità; illogicità; sviamento.
L’articolo 38 comma 1, lett. i), D.lgs. n. 163 /2006 prevede che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento coloro “che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi il pagamento, alle norme, in materia di contributi previdenziali e assistenziali.”.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione n. 8 del 4 maggio 2012, ha attribuito al DURC carattere vincolante quanto al requisito della gravità dell’irregolarità contributiva.
A diverse conclusioni deve, invece, pervenirsi riguardo al requisito del carattere definitivo di dette irregolarità.
La stazione appaltante ha, quindi, il dovere di dare avviso all’interessato dell’avvio del procedimento finalizzato alla revoca dell’assegnazione provvisoria, e deve condurre una adeguata istruttoria al fine di verificare la sussistenza del requisito della definitività delle irregolarità segnalate dall’istituto previdenziale (cfr. TAR Puglia, Bari, 6 maggio 2014 n. 569).
A ciò va aggiunto che con l’art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, è stato previsto l’obbligo della concessione di un termine, dall’emanazione del DURC, per la sanatoria delle irregolarità. La norma, oltre a regolare i rapporti tra l’impresa interessata e l’istituto previdenziale, incide sul comportamento delle stazioni appaltanti.
Nel caso di specie, l’emissione del DURC è avvenuto senza la comunicazione prevista dall’art. 31, comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, e non ha tenuto conto che alla data di emissione del 17 ottobre 2014 era già avvenuto il pagamento dell’importo di € 1772,30 segnato come irregolarità.
Con il pagamento avvenuto ancor prima della stessa materiale emissione del DURC deve ritenersi non definitivamente accertata la violazione.
III) – Violazione dell’art. 38 comma 1 lett. g) del D.Lgs. 163/06. Eccesso di potere. Difetto assoluto di motivazione. Contraddittorietà, ingiustizia manifesta, perplessità, illogicità, sviamento.
Il provvedimento di esclusione è illegittimo anche perché emanato a seguito della comunicazione dell’Agenzia dell’Entrate in ordine ad una situazione di irregolarità fiscale relativamente ad una serie di cartelle esattoriali di cui una dell’importo di € 11.413,11.
L’art. 38 c. 1 lett. g) del D.Lgs. 163/06 consente l’esclusione dalla gara solo in caso di violazione degli obblighi tributari accertata definitivamente.
Con riferimento alla suddetta cartella esattoriale Equitalia ha provveduto alla rateizzazione per n. 72 rate mensili. Analoga rateizzazione è stata concessa anche per quanto concerne le altre cartelle esattoriali: la rateizzazione ha comportato la sostituzione del debito originario con uno diverso, conseguendo un effetto novativo e ciò ricorre anche nel caso di rateazione disposta dall’agente della riscossione.
Poiché costituiscono violazione definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse “certi, scaduti ed esigibili”, la rateizzazione – rimodulando la scadenza dei debiti tributari – cancella l’originario inadempimento dei destinatari delle cartelle esattoriali.
IV) – Violazione degli artt. 48 e 75 del d.lgs. 163/2006; violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare; eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e diritto, illogicità, carenza di motivazione.
La Stazione appaltante, oltre ad adottare il provvedimento di esclusione, ha erroneamente disposto l’incameramento della cauzione, con violazione degli articoli 48 e 75 del d.lgs. n. 163/2006, posto che la mancanza del possesso del requisito di partecipazione non comporta l’escussione della cauzione provvisoria, la quale può avvenire soltanto per l’ipotesi della mancanza dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa previsti dall’art. 48 del codice dei contratti pubblici.
Infatti, la carenza dei requisiti di carattere generale comporta solo l’esclusione dalla gara.
Né è possibile ritenere che in tali casi sia possibile disporre l’incameramento della cauzione provvisoria con applicazione delle disposizioni di cui all’art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163 del-2006, poiché, tale disposizione disciplina la diversa ipotesi in cui l’aggiudicatario si rifiuti di sottoscrivere il contratto senza adeguata motivazione (Consiglio di Stato n. 80 del 2012).
E’ vero che l’Adunanza plenaria n. 8 del 2012 del Consiglio di Stato ha riconosciuto la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria in applicazione dell’art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 anche nelle ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, ma occorrerebbe valutare caso per caso le ragioni della mancata stipulazione per verificare se siano riconducibili all’aggiudicatario.
L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, sostenendone, nel merito, l’infondatezza e chiedendone il rigetto.
A sostegno delle proprie ragioni, l’Amministrazione ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza delle censure contenute nel ricorso.
Con ordinanza ex art. 55, co. 10, c.p.a., la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 21 luglio 2015, a seguito della quale è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa erariale in relazione alle censure con le quali la parte ricorrente contesta le risultanze del DURC sulla base del quale la Stazione appaltante ha escluso dalla procedura il RTI ricorrente.
L’eccezione è fondata.
Al riguardo, va rilevato che la procedura aperta oggetto di causa, è stata indetta con il bando di gara pubblicato sulla GURI del 30 luglio 2012, serie speciale contratti, per l’affidamento, da parte del Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio (Stazioni appaltanti), del servizio di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca ai sensi dell’art. 214 bis del D.lgs. 285/92 in diversi ambiti infraregionali.
Il RTI ricorrente ha partecipato a tale procedura ed è stata esclusa a causa delle risultanze negative del DURC e per la violazione degli obblighi tributari.
Ciò premesso, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per le valutazioni afferenti il DURC (Cons. di Stato sez. IV n. 1321/2015; TAR Brescia n. 290/2015), posto che le stesse attengono alla giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, il rapporto sostanziale di cui il DURC è mera attestazione, si consuma interamente in ambito privatistico, senza che su di esso possano incidere direttamente o indirettamente poteri pubblicistici, sicché il suo sindacato esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti.
In relazione a tale profilo, la controversia involge posizioni sostanziali qualificabili in termini di diritto soggettivo, in quanto attinenti al rapporto contributivo intercorrente con gli enti previdenziali o assicurativi.
Ai sensi dell’art. 4 del D.M. 2007, il DURC attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell’edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili; a tale fine deve contenere, tra l’altro, la dichiarazione di regolarità, ovvero non regolarità contributiva, con indicazione della motivazione o della specifica scopertura,nonché la data di effettuazione della verifica di regolarità.
Il documento unico di regolarità contributiva è una dichiarazione di scienza che si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso dell’ente (come detto, assistiti da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c. e facenti pertanto prova fino a querela di falso); le inesattezze o gli errori contenuti in detto contenuto, investendo posizioni di diritto soggettivo, possono essere corretti solo dal giudice ordinario o all’esito della proposizione della querela di falso o a seguito di un’ordinaria controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria (Cons. St., sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).
Ne deriva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per tutte le (sopra descritte) censure attinenti al merito delle irregolarità risultanti dal DURC posto a base degli atti impugnati.
2. Per quanto, invece, concerne l’asserita illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 31, comma 8, del D.L. 69/2013 conv. con L. 98/2013, il ricorso è infondato e va respinto.
Sul punto, la parte ricorrente ha affermato la non definitività della violazione attestata dal DURC, in quanto l’Ente Previdenziale competente non avrebbe concesso alla ditta il termine per la regolarizzazione di cui al DM 24 ottobre 2007.
Secondo la parte ricorrente, le Stazioni Appaltanti avrebbero dovuto appurare che l’Ente preposto avesse inviato all’interessato l’invito a regolarizzare, in quanto in difetto “la propria posizione contributiva non si può ritenere definitivamente accertata come previsto dall’art. 38, comma 1, lett. i)”. Infatti, un conto sarebbe la “gravità” della violazione ed altro la “definitività” della stessa, aspetto, questo, strettamente correlato alla corretta attuazione da parte dell’Ente preposto della norma di rango primario di cui all’art. 31 del D.L. 69/2013, a fronte della quale “deve ritenersi che nella vigenza del d.l. il requisito deve sussistere al momento della scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva. In assenza di tale assegnazione il DURC negativo è irrimediabilmente viziato (Tar Puglia, sede di Lecce, sez. III, 10 ottobre 2013 n. 2108)”.
Al riguardo, il Collegio osserva che il DURC ha natura di dichiarazione di scienza assistita da fede pubblica privilegiata ex art. 2700 c.c. facente prova fino a querela di falso (Cons. di Stato n. 8/2012).
Pertanto, le Stazioni appaltanti – a prescindere dall’obbligo degli istituti previdenziali di invitare l’interessato a regolarizzare la propria posizione -, non possono non prendere in considerazione le risultanze ostative derivanti dalle irregolarità storicamente esistenti ed accertate dagli stessi.
Con specifico riferimento alle previsioni di cui all’art. 31, comma 8, del D.L. 69/2013 conv. con L. 98/2013 e dell’art.7 del DM 24 ottobre 2007, recanti previsioni inerenti al cosiddetto invito alla regolarizzazione, il Collegio condivide l’orientamento secondo il quale trattasi di disposizioni che si riferiscono agli enti preposti al rilascio del DURC, e non impongono alla stazione appaltante di effettuare articolate indagini in ordine alle modalità di rilascio di tale certificazione.
Tale norma stabilisce che: “Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento, gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause dell’irregolarità”
La richiamata disciplina sull’invito alla regolarizzazione trova applicazione nell’ipotesi in cui la certificazione sia richiesta dal soggetto interessato, mentre non trova applicazione nel caso in cui il Durc sia richiesto dalla stazione appaltante per verificare il possesso dei requisiti autodichiarati dall’impresa, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, per la partecipazione alla gara. La verifica disposta dalla stazione appaltante con l’acquisizione del Durc, infatti, mira a fotografare la corrispondenza o meno tra quanto dichiarato in sede di partecipazione e quanto risulta dagli archivi degli Istituti deputati al relativo rilascio, al fine di accertare la sussistenza del requisito in capo ai concorrenti (Tar Puglia Bari sez.I 15 maggio 2014 n. 608).
In tale contesto, l’eventuale regolarizzazione postuma di violazioni contributive esistenti al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara può valere ad eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale, ma non può caso cancellare il fatto storico dell’accertato inadempimento alla data della dichiarazione e comportare, ex post, il venir meno della causa di esclusione (Tar Lazio Roma sez. III quater 31.03.2014 n. 3545; Tar Puglia Lecce sez. II 13.03.2014 n. 761).
Del resto, l’articolo 38 del codice dei contratti pubblici costituisce espressione dei principi generali di concorrenza, trasparenza e parità di trattamento, i quali sarebbero vanificati ove si ritenesse che la regolarità contributiva, dichiarata in sede di partecipazione, sia un requisito verificabile con riferimento ad un momento temporale (scadenza del termine di quindici giorni decorrente dalla richiesta di regolarizzazione rivolta dopo l’aggiudicazione della gara) successivo a quello della partecipazione, quest’ultimo espressamente previsto dal citato articolo 38, che avrebbe dovuto, pertanto, essere oggetto di abrogazione espressa.
Come osservato dalla giurisprudenza, l’antinomia tra le due norme (art. 38 d.lgs. n. 163/2006 e art. 31 d.l. n.69/2013), di pari rango nell’ambito delle fonti normative, deve essere risolta sulla base del principio di specialità per cui l’art. 31 d.lgs. n. 69/2013 si applica a tutte le ipotesi di d.u.r.c. rilasciato dagli enti competenti ad eccezione di quello acquisito per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione presentata per la partecipazione alla gara per il quale vale la disciplina prevista dall’articolo 38 del codice dei contratti pubblici (Tar Lazio Sez. III ter 18 luglio 2014 n. 7732; TAR Puglia, Bari, n. 1221 del 22.10.2014).
In sostanza l’art. 38, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 163/2006, va interpretato nel senso che la valutazione compiuta dagli Enti previdenziali ha valenza autonoma ed è vincolante per la Stazione Appaltante, la quale, collocandosi esternamente rispetto al rapporto tra l’Ente previdenziale stesso e l’operatore economico, non può che prendere atto delle attestazioni rilasciate.
Per completezza espositiva deve essere poi precisato che il pagamento del debito contributivo è avvenuto in data 13 ottobre 2014, e dunque correttamente l’INAIL in data 17 ottobre 2014 ha dichiarato nel DURC l’irregolarità contributiva della ditta in questione in sede di verifica dell’autodichiarazione alla data del 25 settembre 2014. (doc. n. 3 fasc. parte ricorrente).
5. Deve essere ora esaminata la censura di violazione dell’art. 38 comma 1 lett. g) del D.Lgs. 163/06.
La difesa erariale ha rilevato che dal certificato dell’Agenzia delle Entrate acquisito non risultano rateizzazioni in corso, quanto piuttosto violazioni definitivamente accertate, idonee a legittimare l’esclusione dell’operatore.
Parte ricorrente ha dedotto che la violazione non sarebbe definitivamente accertata in quanto
costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse “certi, scaduti ed esigibili”.
Nel caso di specie tutte le cartelle sarebbero state oggetto di rateizzazione da parte di Equitalia Nord, concessionario della riscossione, ivi compresa quella di 14.413,11 superiore al limite di € 10.000 e tale da integrare la violazione grave.
Dagli atti di causa si evince che la Carrozzeria Fiorente è stata ammessa alla rateizzazione in accoglimento dell’istanza di rateazione protocollo n. 68775 con dilazione di pagamento in 36 rate mensili per l’importo complessivo rateizzato di € 13.259,21 (di cui € 11.719,55 iscritto a ruolo, di cui € 477,54 per mora, di cui € 1.062,12 per compensi per la riscossione) a decorrere dal 30 giugno 2013 (doc. n. 13 fascicolo parte ricorrente); è stata anche ammessa alla rateizzazione in accoglimento dell’istanza di rateazione protocollo 79083 per l’importo complessivo rateizzato di € 11.913,82 (di cui € 11.413,11 iscritto a ruolo, € 530,71 per compensi di riscossione) a decorrere dal 15/12/2014.
Nella memoria depositata dell’8 giugno 2013 parte ricorrente ha precisato che la Carrozzeria Fiorente è stata ammessa alla rateizzazione in data 28 maggio 2013 su istanza presentata il 10 aprile 2013 (doc. n. 4 dell’elenco depositato il giorno 8 giugno 2015): detta rateizzazione si riferisce all’istanza di rateazione prot. n. 68775. Con riferimento alla successiva istanza di rateizzazione non è stata precisata la data in cui è stata accolta, ma sicuramente si riferisce ad una data successiva, tenuto conto del momento della decorrenza della rateazione (15/12/2014).
E’ quindi incontrovertibile che dalla documentazione prodotta in giudizio dalla ricorrente trova conferma il debito tributario certificato dall’Agenzia delle Entrate, che per la sua entità, è tale da configurarsi come “grave”.
La tesi della ricorrente non può essere accolta alla stregua dei principi espressi dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato A.P. 15/2013 e 20/2013), secondo cui non è ammissibile la partecipazione alla procedura di gara, ex art. 38, comma 1, lett. g, del codice dei contratti pubblici, del soggetto che, al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione, non abbia conseguito il provvedimento di accoglimento dell’istanza di rateizzazione.
La regolarità fiscale è requisito indispensabile per la partecipazione ad una gara di appalto e deve essere mantenuta per tutto l’arco di svolgimento della gara fino al momento dell’aggiudicazione, sussistendo l’esigenza di verificare l’affidabilità del soggetto fino alla conclusione della stessa e restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo degli obblighi fiscali, ancorchè con effetto retroattivo, giacchè la regolarizzazione postuma violerebbe la par condicio (Cons. Stato Sez. V n. 2682/13).
Nel caso di specie il termine ultimo per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara risale all’8 ottobre 2012, la rateazione si è perfezionata solo nel corso della procedura di gara, e secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza i requisiti di partecipazione devono sussistere al momento della presentazione della domanda e permanere nel corso di tutta la procedura di gara (cfr. Cons. Stato A.P. n. 20/2013).
La censura deve essere pertanto respinta.
6. Il rigetto delle predette censure consente di respingere anche il primo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente lamenta la violazione degli obblighi di partecipazione al procedimento, atteso che l’eventuale partecipazione non avrebbe potuto comunque sovvertire l’esito del procedimento.
7. Riguardo al profilo di doglianza inerente all’asserita errata interpretazione degli artt. 38, 48 e 75 del codice degli appalti in relazione alla escussione della cauzione provvisoria, va rilevato che con sentenza del Consiglio di Stato, Ad. plen. n. 8 del 2012, è stato affermato che la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria discende dall’art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 e riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all’art. 38 citato. Si è quindi in presenza di una serie di adempimenti dovuti e collegati al mero fatto dell’affidatario, senza alcuna ulteriore indagine se non quella dell’efficacia causale in merito alla mancata sottoscrizione del contratto.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia in parte inammissibile ed in parte infondato.
8. Sussistono gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Tre), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
– lo dichiara in parte inammissibile per difetto di giurisdizione ed in parte infondato;
– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;
– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 15/09/2015.