Legge di Stabilità 2016: le novità per le pensioni

La Legge di Stabilità 2016, dopo essere stata varata dal Governo il 15 ottobre 2015 ed aver ricevuto il via libera dal Presidente della Repubblica, è approdata ieri al Senato.

Uno dei capitoli più attenzionati dai media, e non solo, è sicuramente quello sulle pensioni.

In primo luogo ci saranno dei tagli per le rivalutazioni degli importi.

Nessun taglio per le pensioni superiori a tre volte il minimo, ossia quelle di circa 1.500 euro lordi.

La seconda fascia, quella fino a 2mila euro, potrà contare invece su una rivalutazione più alta, il 95% contro il 90 previsto attualmente.

Mentre le fasce superiori subiranno un vero e proprio taglio: per le fasce tra quattro e cinque volte il minimo, la rivalutazione scenderà al 75% contro il 90% attuale; tra cinque e sei volte il minimo scenderà al 50% contro il 75% attuale mentre infine i trattamenti superiori a 6 volte il minimo riceveranno una rivalutazione del 45% rispetto al 75%.

I risparmi serviranno a rifinanziare «Opzione donna», cioè la possibilità per le lavoratrici che sono a pochi anni dalla pensione (35 anni di contributi e 57-58 anni di età) di anticipare il ritiro in cambio di un ricalcolo dell’assegno meno favorevole, che viene dunque esteso anche al 2016.

I risparmi inoltre serviranno anche a sostenere la no tax area per i pensionati, ossia la soglia di reddito entro la quale i pensionati non versano l’Irpef, che viene aumentata. La legge di Stabilità  prevede dal 2017 la “no tax area” per chi ha più di 75 anni sale da 7.500 euro a 8mila euro, parificandosi a quella dei redditi da lavoro. I pensionati, invece, che hanno meno di 75 anni beneficeranno di un aumento della “no tax area” da 7.500 a 7.750 euro.

E’ inoltre prevista, in forma soltanto sperimentale per il triennio 2016-2018, la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato a cui restano non più di tre anni al raggiungimento della pensione di vecchiaia, di ridurre l’orario lavorativo in misura compresa tra il 40% e  il 60%, ottenendo mensilmente dal datore di lavoro una somma corrispondente alla contribuzione previdenziale a fini pensionistici a carico del datore di lavoro relativa alla prestazione lavorativa non effettuata. Tale facoltà  è concessa previa autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro. Il datore di lavoro con riferimento al lavoratore che intende, di intesa con lo stesso datore di lavoro, accedere alla facoltà di ricorso al lavoro a tempo parziale , deve dare comunicazione all’INPS e alla Direzione Territoriale del lavoro della stipulazione del contratto. Non si avranno penalizzazioni sulla pensione perché lo Stato si farà carico dei contributi figurativi.

E’ prevista altresì una misura di salvaguardia ad hoc per ulteriori 26 mila lavoratori esodati.

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Redazione

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