Con una nota del 15 ottobre 2015, l’Ifel, l’Istituto per la finanza locale dell’Anci, a seguito dei numerosi quesiti ricevuti in merito all’applicazione delle disposizioni relative al c.d. baratto amministrativo – dettate dapprima dall’art. 11, comma 2, lett. f) del D.lgs. n. 23 del 20111 e, successivamente, dall’art.24 del Dl n.133 del 2014, convertito nella legge 11 novembre 2014, n. 1642 – ha ritenuto necessario fornire alcuni chiarimenti, volti al corretto inquadramento del nuovo istituto.
In primo luogo, la Fondazione ha rilevato che la disposizione originaria riguardante il tema in oggetto (art.11, co.2 lett. f, D.lgs n.23 del 2011), è contenuta nella disciplina dell’imposta municipale secondaria, attualmente non applicabile in quanto, come noto, l’entrata in vigore del tributo in questione – che dovrà sostituire i prelievi sull’occupazione (Tosap e Cosap) e sulla pubblicità (Icp e Canone istallazione mezzi pubblicitari) – è stata differita al 1° gennaio 2016 dall’art. 10, comma 11-bis del Dl n. 192 del 2014, termine di cui si prevede, peraltro, l’ulteriore proroga. Pertanto, l’unica norma di riferimento per l’applicazione del baratto amministrativo in tema di tributi comunali risulta essere, ad oggi, solo l’art. 24 della legge n. 133 del 2014.
Ai sensi di tale norma i soggetti potenzialmente beneficiari delle agevolazioni tributarie debbano necessariamente coincidere con i soggetti “abilitati” a presentare progetti di riqualificazione del territorio. In questo senso, i beneficiari potranno essere individuati tra cittadini singoli o associati, con la precisazione che, ai fini della concessione dell’agevolazione da parte dei Comuni, la norma privilegia prioritariamente le “comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”. In proposito, si ritiene che nel caso delle citate associazioni di cittadini, la riduzione o l’esenzione potrà essere accordata in via del tutto prioritaria con riferimento ad obbligazioni tributarie di cui è soggetto passivo l’associazione stessa. Solo in caso di “incapienza”, cioè di scostamento negativo tra valorizzazione dell’attività di pubblico interesse posta in essere e agevolazione attribuibile al soggetto associativo, il beneficio potrà estendersi ai soggetti componenti l’associazione.
Quanto alle attività in relazione alle quali possono essere deliberate dal Comune le agevolazioni tributarie in commento, la stessa norma stabilisce che l’intervento dei cittadini deve riguardare un territorio da qualificare, ed in particolare i progetti presentati devono riguardare “la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano”. In questo senso non può ritenersi corretta l’interpretazione che autorizzi l’ente locale a disporre la riduzione o l’esonero dai tributi in relazione a qualsiasi intervento dei cittadini, nei diversi campi di azione dell’ente locale. In altri termini, l’attività cui collegare le agevolazioni non può essere individuata liberamente dal Comune, ma deve essere riconducibile alle tipologie di attività elencate dalla norma nel rispetto del principio della riserva di legge ex art. 23 della Costituzione.
In merito ai tributi per i quali è possibile applicare il baratto, la Fondazione chiarisce che non vi sono particolari limitazioni purché le agevolazioni siano adeguatamente giustificate e legate ai presupposti impositivi propri di ciascun tributo. Il Comune potrà pertanto disporre deliberazioni di riduzione o esenzione di tributi “inerenti il tipo di attività posta in essere”. Si ritiene opportuno precisare, a questo proposito, che la ratio sottesa alla norma in commento consente di collegare la delibera di agevolazione al tributo di riferimento (IMU, Tasi, Tari, Cosap ecc) anche se in apparenza non direttamente ricollegabile al tipo di attività posta in essere. Così, ad esempio, si potranno prevedere riduzioni o esenzioni dalla Tari per progetti di pulizia di parchi pubblici, ma anche agevolazioni Tasi per gli stessi interventi, riconducibili alla sua natura di tributo sui servizi indivisibili. Oppure, nulla vieta che per un progetto di riqualificazione di un bene immobile possa essere concessa un’agevolazione sull’IMU. In definitiva, il concetto di “inerenza” del tributo per cui si prevede l’agevolazione all’attività svolta dai cittadini (singoli o associati), dovrà essere valutato attentamente in sede di predisposizione della delibera di agevolazione ed ispirato a criteri di ragionevolezza e corrispondenza tra beneficio reso ed agevolazione concessa.
Riguardo il quantum dell’agevolazione disposta dal Comune per la “remunerazione” delle attività elencate dall’art. 24., in assenza di criteri oggettivi di corrispondenza economica univoci sul territorio nazionale, si ritiene opportuno e necessario giustificare la scelta compiuta con elementi ispirati a responsabilità e ragionevolezza nella quantificazione del trattamento agevolativo. La necessità di quantificare a priori le agevolazioni a fronte di determinate attività, trova poi un ulteriore elemento rafforzativo nel rendere più agevole il controllo da parte del Comune. È in proposito opportuno sottolineare che il riconoscimento di qualsiasi agevolazione non deve essere solo legittimo ma anche controllabile.
L’Ifel inoltre precisa che non appare coerente con la ratio della norma la possibilità di prevedere riduzioni o esenzioni anche con riferimento ad eventuali debiti tributari del contribuente. Un intervento in tal senso appare ancor meno opportuno se si considera il principio di indisponibilità e di irrinunciabilità al credito tributario cui soggiacciono tutte le entrate tributarie comunali.
Riguardo infine lo strumento per l’adozione delle agevolazioni in questione, la norma parla di “delibera” (“i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere”), senza rimandare ai poteri regolamentari esercitati a norma del D.Lgs. 446 del 1997. Pur non potendo escludere la validità di una semplice delibera (comunque di competenza del Consiglio comunale), ad avviso dell’Ifel appare opportuno che le deliberazioni vengano adottate sulla base dei poteri di natura regolamentare, trattandosi di integrazioni alla disciplina tributaria. Pertanto le decisioni in tale materia assumeranno efficacia secondo i criteri stabiliti per i regolamenti comunali delle entrate e dunque un eventuale intervento deciso nel corso di quest’anno (quindi oltre il 30 luglio, termine previsto da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione), troverà attuazione dal 1° gennaio 2016.