Da un’indagine svolta dall’Autorità Nazionale Anticorruzione su un campione di 39 stazioni appaltanti che fanno parte di vari servizi sanitari regionali e relativa a contratti di lavanolo, pulizie e ristorazione, è emerso un utilizzo distorto delle proroghe “tecniche” così come previste dalla elaborazione giurisprudenziale e dall’Autorità.
L’Anac, nel comunicato in cui esplicita gli esiti dell’indagine, ha ricordato che sull’istituto della proroga e del rinnovo, è intervenuta in numerosi casi; con la deliberazione n. 34/2011, ha chiarito che la proroga – oggetto di numerose pronunce da parte della giustizia amministrativa – è un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che comunque non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice. Al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge (art. 23, legge n. 62/2005) la proroga dei contratti pubblici costituisce una violazione dei principi enunciati all’art. 2 del d.lgs. 163/2006 e, in particolare, della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara (Cons. di Stato n. 3391/2008).
Quanto al rinnovo, è stato chiarito che a seguito dell’intervento abrogativo dell’art. 23 della legge n. 62/2005 (c.d. legge comunitaria 2004), nei confronti della legge n. 537/1993, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario attribuisce al divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti una valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni della normativa nazionale che consentono di eludere il divieto di rinnovazione dei contratti pubblici.
Tuttavia, l’Autorità ha rilevato residuali margini di applicabilità del rinnovo espresso a determinate condizioni e nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza e par condicio alla base dell’evidenza pubblica. In particolare, l’art. 57 comma 5 lett. b) del d.lgs. n. 163/2006 ripristina indirettamente la possibilità di ricorrere al rinnovo dei contratti, ammettendo la ripetizione dei servizi analoghi, purché tale possibilità sia stata espressamente prevista e stimata nel bando e rientri in determinati limiti temporali (cfr. Parere n. 242/2008; Deliberazione n. 183/2007 della ex Avcp).
Ma, soprattutto, condizione inderogabile per l’affidamento diretto dei servizi successivi è che il loro importo complessivo stimato sia stato computato per la determinazione del valore globale del contratto iniziale, ai fini delle soglie di cui all’art. 28 del citato d.lgs. 163 e degli altri istituti e adempimenti che la normativa correla all’importo stimato dell’appalto. Si rinvia – ex plurimis – alla deliberazione n. 6 del 20.02.2013 e al parere AG 38/13 del 24.07.2013.
L’Autorità rileva come una causa di questo utilizzo improprio sia addebitabile all’obbligo della centralizzazione degli acquisti. La chiara indicazione del legislatore, sia nazionale che della stragrande maggioranza delle regioni, di obbligare gli enti del servizio sanitario a forme di acquisto sempre più unificate ove non attuata attraverso una specifica programmazione, ha di fatto determinato, nelle situazioni monitorate, effetti distorsivi. La normativa inoltre spesso contiene divieti assoluti per le stazioni appaltanti di procedere in autonomia a nuove procedure. Al contempo, l’organo deputato alla gara centralizzata spesso le avvia con ritardo, dovuto principalmente alla esigenza di programmare le gare stesse – con cadenza pluriennale – sulle diverse tipologie di beni o in altri casi per la difficoltà di uniformare le esigenze di strutture spesso molto diversificate.
La necessità di garantire i servizi obbliga le amministrazioni in questa condizione a prorogare i contratti in essere, più volte. Il quadro fattuale delle esperienze di centralizzazione che deriva dalla lettura delle relazioni del campione appare segnato da una carenza di raccordo tra la previsione normativa e la realtà operativa.
La proroga “tecnica” non è più uno strumento di “transizione” per qualche mese di ritardo determinato da fatti imprevedibili, ma diventa ammortizzatore pluriennale di palesi inefficienze di programmazione e gestione del processo di individuazione del nuovo assegnatario.
L’Anac ricorda infine che l’uso improprio delle proroghe, può assumere profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi\amministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato.