La revisione dei prezzi è una facoltà discrezionale della stazione appaltante

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5375 del 27 novembre 2015, si è espresso in merito alla presunta titolarità da parte di un impresa, di un diritto soggettivo alla revisione periodica per i contratti ad esecuzione ad esecuzione periodica o continuativa.

Al riguardo, il Collegio ha osservato che l’art. 44, 4 comma della L. n. 724/94  prevede, per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture, l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione. Conseguentemente sono nulle le clausole contrattuali che escludono la revisione del canone e si verifica l’eterointegrazione della disciplina di gara ai sensi degli artt. 1339 e 1419 cc., tuttavia, spiega il Collegio, questo principio non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti.

In tal senso, il Collegio precisa che  si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, sentt. 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465, T.A.R. sez. III Milano n. 222/2015, TAR Campania – Napoli, Sez. I, 21 ottobre 2010, n. 20632), rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa da un lato, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.
I risultati del procedimento di revisione prezzi sono quindi espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge.
La posizione dell’appaltatore assume carattere di diritto soggettivo solo dopo che l’Amministrazione, in base alle risultanze istruttorie, abbia riconosciuto la sua pretesa, vertendosi solo allora in tema di “quantum” del compenso revisionale.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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05375/2015REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4911 del 2006, proposto dalla Soc. Gesenu P.A. – Gestione Servizi Nettezza Urbana e e dal Fallimento Cogei – Consorzio Gestione Impianti e Servizi Ecoambientali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dagli avv. Michele Pallottino e Daniele Vagnozzi, con domicilio eletto presso Daniele Vagnozzi in Roma, Via Giunio Bazzoni, n. 3;

contro

Comune di Frascati, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale Di Rienzo, con domicilio eletto presso Pasquale Di Rienzo in Roma, viale G. Mazzini, n.11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II, n. 12432/2005, resa tra le parti, concernente la revisione del canone del servizio raccolta, trasporto, smaltimento rifiuti solidi urbani.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Frascati
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2015 il Cons. Sabato Guadagno e uditi per le parti gli avvocati Daniele Vagnozzi e Pasquale Di Rienzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

-1.- Con apposito ricorso giurisdizionale (n.6582/1997) il Cogei – Consorzio Gestione Impianti e Servizi Ecoambientali, avendo espletato nel comune di Frascati il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani fino al 30/6/1999, chiedeva il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere la revisione periodica del canone ai sensi dell’art.6, comma sesto, della L. n.537/1993.
Nelle more del giudizio il Consorzio ricorrente, con atto stipulato il 15 febbraio 1998 e notificato al Comune di Frascati il 13 gennaio 1999, cedeva alla Soc. Gesenu S.p.A. i crediti vantati nei confronti dell’amministrazione comunale di Frascati.
Il TAR Lazio, con sentenza n.570/1999, accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando l’obbligo del comune di Frascati di effettuare l’istruttoria prevista dall’art. 44, c. 4, della L. n.724/1994 per verificare la sussistenza dell’obbligo di corrispondere gli importi per la revisione dei corrispettivi inizialmente convenuti.
La sentenza passava in giudicato.
2.- Successivamente il suddetto Consorzio e la S.p.a. Ge.Se.N.U., quest’ultima in qualità di cessionaria dei crediti maturati dal primo nei confronti dell’amministrazione comunale, impugnavano avanti al TAR Lazio la nota dell’8 novembre 1999 dell’Ufficio Tecnico Ambiente del Comune di Frascati, contenente relazione istruttoria con parere negativo in ordine alla spettanza della suddetta revisione, deducendo che l’amministrazione comunale non aveva ottemperato alla suindicata sentenza n.570/1999 e chiedendo l’adozione dei provvedimenti necessari al fine di darvi attuazione, ovvero, in via subordinata, sul presupposto che la menzionata nota dell’8 novembre 1999, avesse natura autoritativa, ne chiedevano l’annullamento.
2.1- Il TAR Lazio, sez. II, con sentenza n. 6187 del 24 giugno 2004 rigettava il ricorso proposto per l’ottemperanza, sul presupposto che la sentenza n. 570/99 non richiedesse l’adozione di atti di natura vincolata, ma imponesse piuttosto lo svolgimento di un’attività istruttoria per la verifica della sussistenza dei presupposti della revisione prezzi, disponendo l’iscrizione del ricorso nei ruoli degli ordinari giudizi di legittimità al fine di esaminare la fondatezza delle censure mosse all’istruttoria espletata dall’amministrazione.
2.2- All’esito della trattazione del ricorso in sede di legittimità, il Tar Lazio, con sentenza n. 12432/2005, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto l’atto impugnato aveva natura di atto interno infraprocedimentale, trattandosi della mera relazione di un funzionario preposto all’Ufficio tecnico ambiente senza alcun carattere provvedimentale, mentre non era stata impugnata la successiva nota dirigenziale n. 25875 dell’11 novembre 99 avente valore provvedi mentale di rigetto dell’istanza di riconoscimento della revisione.
3. Con il presente giudizio la società GE.SE.NU. Spa – Gestione Servizi Nettezza Urbana ed il e CO. GE.I.– Consorzio Gestione e Servizi Ecoambientali hanno proposto appello avverso la suddetta sentenza, deducendo:
a) violazione dell’art. 6 della L. n. 537/93 ed errore di motivazione e contraddittorietà, contestando la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto, avendo il giudizio ad oggetto pretese di contenuto patrimoniale derivanti dalla disciplina contrattuale in materia di giurisdizione esclusiva, il ricorso poteva essere proposto nel termine decennale di prescrizione e indipendentemente dall’impugnazione di provvedimenti comunali, in quanto ai sensi dell’art. 6 della L. n. 537/93 poi modificato dall’art. 44 della L. n. 724/94, normativamente è riconosciuto un vero e proprio diritto al compenso revisionale;
b) violazione dell’art. 6 della L. n. 537/93 e dell’art. 44 L. n. n. 724/94, in quanto il diritto alla revisione del canone era fondato nel merito e l’impugnato atto del Comune di Frascati era illegittimo per carenza di istruttoria e violazione sia della legge n. 537/93 che della sentenza n. 570/99, tenuto anche conto che l’eventuale mancanza o indisponibilità delle rilevazioni Istat non rende inapplicabile il disposto dell’art. 6, 4 comma della L. n. 537/93 e dell’art. 44 della L. n. 724/94, avendo tali rilevazione carattere meramente orientativo.
4.- Si è costituito in giudizio il Comune di Frascati, chiedendo il rigetto dell’appello.
5. – All’udienza pubblica del 29 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
6.- L’appello è infondato.
6.1- Preliminarmente va rilevato che va disattesa l’eccezione dell’appellata amministrazione comunale in ordine all’interruzione del giudizio per il sopravvenuto fallimento del Cogei – Consorzio Gestione Impianti e Servizi Ecoambientali, dichiarato con sentenza del tribunale di Roma n. 940/2013 , in quanto il curatore fallimentare si è costituito in giudizio su autorizzazione del giudice delegato del Tribunale in data 22 settembre 2015.
Si prescinde invece dalla disamina dell’eccezione dell’appellata amministrazione comunale di Frascati di difetto di legittimazione dell’appellante Gesenu s.p.a., cessionaria del credito in base al contratto stipulato con la Co.Gei, mai accettato dall’appellata Amministrazione comunale, in quanto l’appello è infondato.
6.2- Passando alla disamina delle censure dedotte dalle appellanti, il Collegio rileva che la prospettazione di parte appellante si fonda sulla asserita titolarità di un diritto soggettivo alla revisione periodica in virtù del contratto stipulato tra Co.gei ed il Comune di Frascati in data 26 gennaio 1994.
Il Comune non disporrebbe di alcun potere autoritativo con la conseguenza che la controparte contrattuale potrebbe agire in giudizio entro il termine di prescrizione decennale, in quanto il suddetto art. 6, comma 4, della l. n. 537/1993 sancirebbe il diritto al compenso revisionale.
Tale assunto non può essere condiviso, in quanto il provvedimento dell’amministrazione comunale di Frascati non può essere qualificato atto paritetico e come tale impugnabile entro il termine prescrizionale a tutela dell’asserito diritto vantato degli appellanti.
Parte appellante omette di considerare che l’iter procedimentale in subiecta materia è bisafico, cioè caratterizzato da due distinte fasi di diversa natura.
In proposito si osserva che l’art. 44, 4 comma della L. n. 724/94, di cui parte appellante deduce la violazione prevede, per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture, l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione.
Conseguentemente sono nulle le clausole contrattuali che escludono la revisione del canone e si verifica l’eterointegrazione della disciplina di gara ai sensi degli artt. 1339 e 1419 cc., ma questo principio non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti.
In tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, sentt. 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465, T.A.R. sez. III Milano n. 222/2015, TAR Campania – Napoli, Sez. I, 21 ottobre 2010, n. 20632), rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa da un lato, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.
I risultati del procedimento di revisione prezzi sono quindi espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge.
La posizione dell’appaltatore assume carattere di diritto soggettivo solo dopo che l’Amministrazione, in base alle risultanze istruttorie, abbia riconosciuto la sua pretesa, vertendosi solo allora in tema di “quantum” del compenso revisionale.
Sia l’abrogato art. 6, comma 4, della legge 23 dicembre 1993 n. 537 (come modificato dall’art. 44 della legge 24 dicembre 1994 n. 724), che il vigente art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 prevedono per la revisione prezzi un’istruttoria da parte dei dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi, sulla base in primo luogo dei dati forniti dalla sezione centrale dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dall’ISTAT (art. 7, comma 4, lett. c), e comma 5, del d.lgs. n. 163/2006).
In base alle suesposte considerazioni non è configurabile alcuna contraddizione nelle pronunce del giudice amministrativo, che sanciscono, sotto un primo profilo, la sussistenza dell’obbligo di inserzione della clausola e quindi del corrispondente diritto della parte contraente (problematica esulante però dalla vicenda di cui è causa, in quanto la revisione era contrattualmente prevista) e, sotto un distinto e cronologicamente successivo profilo, ritengono che la situazione soggettiva dell’appaltatore in relazione alle modalità ed ai risultati della revisione sia di interesse legittimo in ragione della discrezionalità dell’Amministrazione sull’an debeatur (Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465).
Tali considerazioni portano a disattendere entrambe le censure prospettate dagli appellanti, in quanto la mancata impugnazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di revisione rende l’appello inammissibile, non potendo la relativa azione essere azionata nel termine decennale di prescrizione con la richiesta della declaratoria del relativo diritto.
Infatti parte appellante ha impugnato la nota dell’8 novembre 1999 dell’Ufficio Tecnico Ambiente, avente carattere di atto interno ed infraprocedimentale senza alcun valore dispositivo, contenente un semplice parere del funzionario in base ai risultati dell’indagine conoscitiva effettuata in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa per la concessione della revisione del canone originariamente previsto in sede contrattuale per l’espletamento del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani, ma non ha invece proceduto all’impugnazione del formale provvedimento di diniego del Dirigente del IV Settore n.25875 dell’11 novembre 1999, mai ritualmente impugnato.
7.- L’appello va pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,lo rigetta.
Condanna gli appellanti in solido al pagamento a favore del Comune di Frascati delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Sabato Guadagno, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2015

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione

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