Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5458 del 2 dicembre 2015 ha precisato che tutte le imprese che partecipano alle gare d’appalto devono possedere i requisiti generali soggettivi di affidabilità morale e professionale, rendendo obbligatoriamente le pertinenti dichiarazioni e che in mancanza è legittima la loro esclusione dalla gara.
Il Collegio ha infatti ritenuto che, in base all’ordinamento di settore (artt. 38 e 46 codice dei contratti pubblici nel testo ratione temporis vigente), tutte le imprese che partecipano alle gare di appalto, incluse quelle raggruppate in a.t.i. o indicate quali ausiliarie in sede di avvalimento, devono possedere, a pena di esclusione, i requisiti generali soggettivi di affidabilità morale e professionale, rendendo obbligatoriamente le pertinenti dichiarazioni.
Al riguardo precisa che l’obbligo sostanziale e procedurale di cui al richiamato art. 38 cit., esprimendo un inderogabile precetto imperativo a tutela di superiori interessi pubblici, integra eventualmente anche i disciplinari di gara, silenti sul punto.
Ad avviso del Collegio, la formulazione letterale del menzionato art. 46, co. 1-bis impone di applicare la sanzione dell’esclusione alla violazione dell’art. 38, co. 2, cit., relativo alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza delle relative condizioni ostative (quand’anche queste fossero in concreto inesistenti) e giustifica l’applicazione della sanzione espulsiva sia nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara la preveda come conseguenza della sola assenza oggettiva dei requisiti di moralità (e non anche della loro mancata attestazione), sia quando (come verificatosi nel caso di specie) la stazione appaltante determini in modo puntuale le modalità dell’obbligo dichiarativo, scegliendo fra la dichiarazione «diretta» di cui all’art. 47, comma 1, t.u. n. 445 del 2000 e quella «indiretta» per conto terzi, prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
Inoltre, in presenza di dichiarazioni richieste a pena di esclusione e radicalmente mancanti, resta precluso all’amministrazione l’esercizio del potere sul «soccorso istruttorio» (che si risolverebbe in una lesione del principio della par condicio): invero, la mancata allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può essere considerata alla stregua di un’irregolarità sanabile, in applicazione del cd. “dovere di soccorso” di cui al più volte menzionato art. 46 e non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali.
Tale principio, spiego il Collegio, a maggior ragione si applica quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità di clausole della legge di gara, potendosi al più ammettere in tale contesto l’integrazione solo quando i vizi sono chiaramente imputabili ad errore materiale, ma sempre che riguardino dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest’ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l’integrazione postuma, che si tradurrebbe in una violazione dei termini massimi di presentazione dell’offerta e, in definitiva, in una violazione del principio di parità delle parti, che deve presiedere ogni procedura ad evidenza pubblica.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 05458/2015REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4047 del 2015, proposto dal Comune di Pietra Marazzi, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Di Raimondo in Roma, via della Consulta, n. 50;
contro
La s.r.l. Impresa Olivotto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Tita, Alessandra Carlin e Francesco Vannicelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Varrone, n. 9;
nei confronti di
La s.r.l. Società Cabrini Albino, non costituita;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Piemonte – Sezione II – n. 188 del 30 gennaio 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e contestuale appello incidentale dell’Impresa Olivotto s.r.l.;
Vista la memoria difensiva deposita dall’Impresa Olivotto in data 24 ottobre 2015;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti l’avvocato Mancini, su delega dell’avvocato Paolo Scarpone, e l’avvocato Cinquemani, su delega dell’avvocato Vannicelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito, principalmente, dal provvedimento di esclusione della Impresa Olivotto s.r.l. (in prosieguo ditta Olivotto), dalla gara indetta nell’aprile del 2014 dal comune di Pietra Marazzi per l’esecuzione delle opere necessarie per la realizzazione di un argine sulla sponda sinistra del fiume Tanaro (cfr. verbale del seggio di gara in data 12 giugno 2014, comunicazione n. 2768 del 17 giugno 2014).
L’esclusione è stata basata sulla violazione dell’obbligo – stabilito a pena di esclusione dal bando (punto 16.2.2., n. 3, in correlazione con il Modello di dichiarazione di cui all’allegato C) – imposto a tutti gli amministratori e direttori tecnici dell’impresa di dichiarare personalmente l’assenza delle condizioni ostative di cui all’art. 38, co. 1, lett. b) – provvedimenti o procedimenti in corso applicativi di misure di prevenzione – e lett. m-ter) – c.d. mancanza di coraggio – del d.lgs. n. 163 del 2006 recante il codice dei contratti pubblici (nella specie è accaduto che i signori Alfio, Luca e Paolo Olivotto, tutti, contestualmente, legali rappresentanti e direttori tecnici, non hanno reso le richieste dichiarazioni e che la stazione appaltante non ha ritenuto sufficiente la dichiarazione rilasciata dal signor Antonio Olivotto, altro legale rappresentante e direttore tecnico della ditta, nell’interesse dei sopra indicati soggetti).
Il giudizio riguarda altresì il bando di gara, in parte qua, e l’aggiudicazione definitiva della gara in favore della Società Cabrini Albino s.r.l. (cfr. determinazione comunale n. 9 del 6 agosto 2014).
2. La ditta Olivotto ha impugnato i su indicati provvedimenti – con ricorso principale avverso l’esclusione e con motivi aggiunti per dedurre l’invalidità derivata dell’aggiudicazione definitiva – proponendo contestuale domanda di condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno.
Queste le censure poste a base dell’unico complesso motivo, articolato nel ricorso di primo grado (pagine 6 – 16 del ricorso):
a) invalidità (sub specie di nullità o illegittimità) del bando, per contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, co. 1-bis, del codice dei contratti pubblici, e con l’art. 47, co. 2, t.u. n. 445 del 2000, secondo cui «La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza»;
b) incongruità del Modello di cui all’Allegato C) rispetto al Modello di cui all’Allegato B), sotto il profilo che il primo esigeva la dichiarazione personale sull’assenza della causa ostativa di cui alla menzionata lett. b), mentre il secondo imponeva al solo legale rappresentante dell’impresa di rendere tale dichiarazione anche per conto degli altri amministratori, direttori tecnici e soci;
c) discrasia fra il Modello di cui all’Allegato C) e la clausola del bando (punto 16.2.2., n. 3, lett. a), perché il primo non imponeva la dichiarazione personale;
d) incoerenza del Modello di cui all’Allegato C) rispetto alla più volte menzionata previsione del bando, relativamente alla dichiarazione concernente il requisito di cui alla lett. m-ter), tale per cui si doveva ritenere autorizzata la formulazione della dichiarazione per conto terzi;
e) divieto di escludere concorrenti indotti in errore dalla modulistica allegata al bando di gara.
3. L’impugnata sentenza – T.a.r. per il Piemonte – Sezione II – n. 188 del 30 gennaio 2015 -:
a) ha dichiarato la nullità della clausola del bando, richiamando quella parte della giurisprudenza che ammette la presentazione, da parte del rappresentante dell’impresa, di dichiarazioni sull’insussistenza di cause di esclusione anche per altri soggetti che nell’impresa medesima devono possedere tali requisiti;
b) ha conseguentemente ritenuta illegittima l’esclusione della ditta Olivotto, basata su tale clausola;
c) ha negato la sussistenza dei presupposti per dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato nelle more del giudizio;
d) ha condannato la stazione appaltante al risarcimento dei danni per equivalente monetario;
e) ha posto le spese di lite a carico del comune.
4. Con atto ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 29 aprile e 13 maggio 2015 – il comune di Pietra Marazzi ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, contestandone tutti i capi sfavorevoli.
5. Si è costituita in giudizio la ditta Olivotto, deducendo l’infondatezza in fatto e diritto del gravame principale; contestualmente, essa ha interposto appello incidentale, contestando la misura del risarcimento del danno liquidato dal T.a.r.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 10 novembre 2015.
7. L’appello principale del comune di Pietra Marazzi è fondato e deve essere accolto.
Preliminarmente, il Collegio osserva che, a seguito della proposizione degli appelli (principale e incidentale), è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado.
Il perimetro del giudizio di appello è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, sicché non possono trovare ingresso le censure nuove proposte per la prima volta in questa sede in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104, co.1, c.p.a. e della natura illustrativa delle memorie conclusionali (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, Sez. V, n. 673 del 2015; n. 5253 del 2014).
Pertanto, per comodità espositiva, saranno prese in esame direttamente le censure poste a sostegno del ricorso proposto in prime cure.
8. Le tesi e i motivi sviluppati nel ricorso di primo grado non sono suscettibili di favorevole esame, sia in fatto che in diritto, alla stregua dei consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cons. St., Ad. plen. nn. 16 del 2014 e 9 del 2014; Sez. V, n. 3605 del 2015; Sez. V, n. 2916 del 2015; Sez. V, n. 2839 del 2015; Corte giust. UE, Sez. X, 6 novembre 2014, C-42/13, Cartiera dell’Adda; 10 ottobre 2013, C-336/12, Manova, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.).
Ritiene al riguardo il Collegio che, in base all’ordinamento di settore (artt. 38 e 46 codice dei contratti pubblici nel testo ratione temporis vigente), tutte le imprese che partecipano alle gare di appalto, incluse quelle raggruppate in a.t.i. o indicate quali ausiliarie in sede di avvalimento, devono possedere, a pena di esclusione, i requisiti generali soggettivi di affidabilità morale e professionale, rendendo obbligatoriamente le pertinenti dichiarazioni.
L’obbligo sostanziale e procedurale di cui al richiamato art. 38 cit., esprimendo un inderogabile precetto imperativo a tutela di superiori interessi pubblici, integra in parte qua la disciplina di gara, silente sul punto (circostanza questa per altro non verificatasi nel caso di specie).
La formulazione letterale del menzionato art. 46, co. 1-bis impone di applicare la sanzione dell’esclusione alla violazione dell’art. 38, co. 2, cit., relativo alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza delle relative condizioni ostative (quand’anche queste fossero in concreto inesistenti) e giustifica l’applicazione della sanzione espulsiva sia nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara la preveda come conseguenza della sola assenza oggettiva dei requisiti di moralità (e non anche della loro mancata attestazione), sia quando (come verificatosi nel caso di specie) la stazione appaltante determini in modo puntuale le modalità dell’obbligo dichiarativo, scegliendo fra la dichiarazione «diretta» di cui all’art. 47, comma 1, t.u. n. 445 del 2000 e quella «indiretta» per conto terzi, prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
In presenza di dichiarazioni richieste a pena di esclusione e radicalmente mancanti, resta precluso all’amministrazione l’esercizio del potere sul «soccorso istruttorio» (che si risolverebbe in una lesione del principio della par condicio): invero, la mancata allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può essere considerata alla stregua di un’irregolarità sanabile, in applicazione del cd. “dovere di soccorso” di cui al più volte menzionato art. 46 e non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali.
Tale principio a maggior ragione si applica quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità di clausole della legge di gara, potendosi al più ammettere in tale contesto l’integrazione solo quando i vizi sono chiaramente imputabili ad errore materiale, ma sempre che riguardino dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest’ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l’integrazione postuma, che si tradurrebbe in una violazione dei termini massimi di presentazione dell’offerta e, in definitiva, in una violazione del principio di parità delle parti, che deve presiedere ogni procedura ad evidenza pubblica.
Le clausole del bando di gara – non smentite dalla Modulistica di cui all’Allegato C), unica a rilevare nella presente controversia – sono univoche nell’imporre l’obbligo, in capo a ciascun amministratore e direttore tecnico, di rilasciare una dichiarazione personale di assenza dei pregiudizi morali di cui alle più volte menzionate lett. b) e m-ter).
Le clausole del bando non hanno posto a carico dei concorrenti adempimenti particolarmente gravosi o discriminatori, non potendosi ritenere tali le previsioni inerenti le dichiarazioni personali sostitutive dell’atto di notorietà ex art. 47 t.u. n. 445 del 2000: esse soddisfano ragionevoli esigenze di speditezza dell’azione amministrativa e di trasparenza della condotta delle imprese offerenti, valori particolarmente rilevanti, anche per il diritto europeo (cfr. in particolare l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE), nel settore degli appalti pubblici.
Nella specie, l’amministrazione, in puntuale osservanza del bandodi gara e nel rispetto del principio della par condicio, ha doverosamente estromesso dalla gara la ditta Olivotto, per fatto ad essa imputabile in via esclusiva.
9. Quanto precede comporta l’accoglimento dell’appello principale (che ha evidenziato l’infondatezza del ricorso di primo grado) e la reiezione dell’appello incidentale, sicché – in riforma della sentenza impugnata – il ricorso di primo grado va respinto, con declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse dei motivi aggiunti.
10. Le spese di ambedue i gradi di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 4047 del 2015, come in epigrafe proposto:
a) accoglie l’appello principale, respinge l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma integrale dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado e dichiara improcedibili i connessi motivi aggiunti;
b) condanna l’Impresa Olivotto s.r.l. a rifondere in favore del Comune di Pietra Marazzi le spese e gli onorari di ambedue i gradi di giudizio, che liquida in complessivi euro 8.000 (ottomila), oltre accessori come per legge (15% a titolo rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.);
c) dispone che il contributo unificato versato in primo grado dall’Impresa Olivotto s.r.l. rimanga a carico di quest’ultima, mentre quello anticipato dal Comune di Pietra Marazzi per il giudizio davanti al Consiglio di Stato sia rimborsato dall’Impresa Olivotto s.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)