CGA: il termine per impugnare decorre dalla data di conoscenza dell’atto lesivo

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 689 del  16 dicembre 2015, ha osservato, in merito ai termini di impugnazione, che il termine per impugnare decorre dalla data di conoscenza dell’atto lesivo a prescindere dal fatto che la parte abbia ricevuto o meno tutte le informazioni previste dall’articolo 79 Codice Appalti, rimanendo sempre ferma la possibilità di proporre motivi aggiunti.

Al riguardo il Collegio precisa che la giurisprudenza ha stabilito che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 79 commi 5 e 5 bis, codice dei contratti pubblici e 120 comma 5, c. proc. amm., è irricevibile il ricorso proposto contro un provvedimento di esclusione dopo lo spirare del termine di trenta giorni dalla sua conoscenza ottenuta mediante comunicazione compiuta dalla stazione appaltante via fax e, ai fini della piena conoscenza di un provvedimento lesivo, non è necessario che esso sia conosciuto nella sua integralità, ma è sufficiente la concreta percezione dei suoi elementi essenziali, posto che la completa successiva cognizione di tutti gli aspetti del provvedimento o del procedimento può consentire la proposizione dei motivi aggiunti (Consiglio di Stato, sez. V, 7 novembre 2012 n. 5645).

Tale conclusione, sempre a giudizio del Collegio, è legislativamente imposta. Una volta percepiti gli elementi essenziali dell’atto (amministrazione procedente, destinatario e decisione concretamente presa), il privato ha l’onere di impugnare tempestivamente il provvedimento per evitare di frustrare quelle esigenze di celerità che il legislatore del 2010 (ma prima ancora la direttiva 66/2007) intendeva realizzare. Ragionando diversamente, infatti, il termine per impugnare “slitterebbe” in avanti sino al momento della comunicazione formale ex articolo 79 cod. contr.

In altri termini i trenta giorni previsti a pena di decadenza iniziano a decorrere o dalla data della comunicazione ex articolo 79 cod. contr. o dal momento in cui aliunde l’interessato ha avuto conoscenza dell’atto nei suoi aspetti essenziali ferma restando la possibilità di proporre motivi aggiunti.

Si riporta di seguito il testo integrale della sentenza.

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N. 00689/2015REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 706 del 2015, proposto dall’Assessorato Regionale Beni Culturali e Identita’ Siciliana, Parco Archeologico e Paesaggistico della “Valle dei Templi” di Agrigento, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Palermo, Via De Gasperi, n. 81;

contro

Bluecoop Soc.Coop. a r.l. in proprio e in qualità di mandataria dell’a.t.i. BlueCoop./ Coop. Culture, non costituita in appello;

nei confronti di

La Valle Dorica Soc.Coop., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv. Giuseppe Immordino e Giovanni Immordino, con domicilio eletto presso Giovanni Immordino in Palermo, Via Libertà 171;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Sicilia – Palermo, sezione II n. 1336/2015, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di La Valle Dorica Soc.Coop.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il Cons. Vincenzo Neri e uditi per le parti gli Avvocati Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino e l’Avvocato dello Stato Caserta
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della regione siciliana ha proposto appello avverso la sentenza del TAR, in epigrafe indicata, che ha accolto il ricorso proposto da BlueCoop soc. coop. a r.l. in proprio e nella qualità di mandataria dell’a.t.i. BlueCoop./ Coop. Culture.
Per l’appellante la sentenza del TAR sarebbe erronea nella parte in cui ha respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso proposta innanzi al giudice di primo grado.
Nel giudizio di appello si è costituito il controinteressato, impresa La Valle Dorica – Società Cooperativa ritenendo fondato l’appello proposto dall’assessorato appellante.
Con ordinanza 10 luglio 2015 n. 472 questo Consiglio ha così deciso:
«Ritenuto che – anche tenuto conto dell’art. 136, comma 1, c.p.a. – sia comunque rituale la notifica dell’appello effettuata presso la P.E.C. del difensore della ricorrente principale in primo grado;
Considerato che l’appello, seppure allo stato di una sommaria delibazione propria della sede cautelare, presenta profili di apparente fondatezza in ordine alla dedotta irricevibilità del ricorso di primo grado, atteso che la BlueCoop, in una nota diretta all’amministrazione aggiudicatrice, ebbe a dichiarare di avere avuto piena conoscenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva in data 19 gennaio 2015;
che non rileva in contrario, ai fini della formazione della conoscenza di cui all’art. 120, comma 5, c.p.a., che la nota suddetta sia stata sottoscritta con firma digitale soltanto il giorno successivo e ciò sia perché non risulta – fatti salvi i futuri approfondimenti in sede di merito – che il contenuto della nota summenzionata sia stato fatto oggetto in primo grado di una specifica contestatio contra factum proprium sia perché le regole civilistiche sulla certezza della data rispetto a terzi non sembrano attagliarsi allo specifico profilo processuale in esame;
che sussistono altresì i presupposti per la sospensione dell’esecutività della sentenza, in ragione dell’esigenza di scongiurare rischi di malfunzionamento del servizio nel periodo estivo, durante il quale maggiore è l’afflusso turistico al sito monumentale;
che deve esser fissata la data dell’udienza pubblica di discussione nell’appello:
che il regolamento delle spese processuali della fase cautelare va differito alla decisione definitiva;
che, in ogni caso, sussiste ed è comprovata documentalmente (v. il verbale di gara del 29 ottobre 2014) la grave violazione delle regole di trasparenza (correttamente stigmatizzata dal T.a.r.), consistita nell’apertura e nella valutazione delle offerte tecniche in seduta riservata;
che si impone, pertanto, la segnalazione prescritta dall’art. 8, comma 3, della L. n. 69/2015».
All’udienza pubblica del 18 novembre 2015 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Occorre preliminarmente verificare l’integrità del contraddittorio perché la BlueCoop, vittoriosa in primo grado, non risulta costituita in grado d’appello.
Va preliminarmente ricordato che dalla sentenza impugnata emerge che la predetta BlueCoop è difesa dall’avvocato Francesco Bonanno. L’assessorato appellante, con il patrocinio dell’Avvocatura, ha prodotto:
a) copia della “ricevuta di accettazione” – spedita il 23 giugno 2015 alle ore 18.38.05 e ricevuta alle ore 18.38.36 dello stesso giorno – attestante la notifica, ai sensi della legge 53/1994, del ricorso in appello con istanza di sospensiva indirizzato a “avv.bonanno@legalmail.it” e a “giuseppeimmordino@pec.it”. Nella predetta copia si trova scritto che il messaggio “è stato accettato dal sistema e inoltrato”;
b) copia di un messaggio spedito da “posta-certificata@legalmail.it” e indirizzato a “ads.pa@mailcert.avvocaturastato.it” avente ad oggetto “Ricevuta di avvenuta consegna” con il quale si attesta che «Il giorno 23/06/2015 alle ore 18:38:08 (+0200) il messaggio “Notifica ai sensi della L. 53/1994 – ricorso in appello con istanza di sospensione al CGARS avverso sentenza n. 1336/2015 del TAR di Palermo – CONT. 1971715 AVV. CIANI” proveniente da “ads.pa@mailcert.avvocaturastato.it” ed indirizzato a “avv.bonanno@legalmail.it” è stato consegnato nella casella di destinazione».
Va solo aggiunto che l’indirizzo di posta elettronica certificata è quello dichiarato dallo stesso difensore di BlueCoop anche nel ricorso di primo grado.
Alla luce delle circostanze sino a qui esposte, nonché del chiaro disposto dell’articolo 136 c.p.a. e della legge 53/1994, l’appello va considerato come ritualmente notificato alla parte appellata.
2.1. Come accennato in premessa, l’assessorato appellante chiede la riforma della sentenza impugnata perché la decisione del TAR avrebbe erroneamente respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado. In particolare per l’assessorato appellante la ricorrente con la mail inviata per posta elettronica certificata in data 20 gennaio 2015 ha dichiarato di aver avuto conoscenza dell’aggiudicazione definitiva il precedente 19 gennaio 2015; conseguentemente per l’appellante il ricorso proposto in data 19 febbraio 2015 sarebbe irricevibile perché il termine era scaduto il 18 febbraio 2015.
Per la decisione della censura va ricordato che l’articolo 120, comma 5, c.p.a. testualmente stabilisce “Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto”.
La giurisprudenza, con orientamento mantenuto nel tempo, ha affermato che l’art. 120 comma 5, c.p.a., non prevedendo forme di comunicazione esclusive e tassative, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, con precipuo riferimento alla possibilità che la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita con forme diverse rispetto a quelle divisate dall’ art. 79 del codice dei contratti pubblici (Cons. St., V, 10 febbraio 2015 n. 671; Cons. St., VI, 15 dicembre 2014 n. 6156; Cons. St., VI, 14 marzo 2014 n. 1296; Cons. St., VI, 5 dicembre 2013 n. 5806).
Non v’è dubbio dunque che la conoscenza dell’atto di aggiudicazione definitiva possa avvenire con modalità diverse da quelle in prima battuta previste dal richiamato articolo 120, comma 5, c.p.a.; sotto altro aspetto tale conclusione risulta avvalorata proprio dall’inciso contenuto nel predetto comma 5 ove si dice “ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto”.
Nel caso di specie, la missiva spedita tramite posta elettronica certificata in data 20 gennaio 2015 attesta – recando in calce come data di sottoscrizione quella del 19 gennaio 2015 – che la parte aveva avuto conoscenza dell’aggiudicazione definitiva in data 19 gennaio 2015. Da quel giorno dunque decorreva il termine per impugnare il provvedimento; conseguentemente il termine andava a scadere il 18 febbraio 2015 così dovendosi reputare tardivo l’inoltro del ricorso in data 19 febbraio 2015 (così come accertato dal giudice di primo grado).
Si aggiunga che, a giudizio del Consiglio, il termine per impugnare decorre dalla data di conoscenza dell’atto lesivo a prescindere dal fatto che la parte abbia ricevuto o meno tutte le informazioni previste dall’articolo 79 Codice Appalti, rimanendo sempre ferma la possibilità di proporre motivi aggiunti. La giurisprudenza in fatti ha stabilito che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 79 commi 5 e 5 bis, codice dei contratti pubblici e 120 comma 5, c. proc. amm., è irricevibile il ricorso proposto contro un provvedimento di esclusione dopo lo spirare del termine di trenta giorni dalla sua conoscenza ottenuta mediante comunicazione compiuta dalla stazione appaltante via fax e, ai fini della piena conoscenza di un provvedimento lesivo, non è necessario che esso sia conosciuto nella sua integralità, ma è sufficiente la concreta percezione dei suoi elementi essenziali, posto che la completa successiva cognizione di tutti gli aspetti del provvedimento o del procedimento può consentire la proposizione dei motivi aggiunti (Consiglio di Stato, sez. V, 7 novembre 2012 n. 5645).
Tale conclusione, sempre a giudizio del Collegio, è legislativamente imposta. Una volta percepiti gli elementi essenziali dell’atto (amministrazione procedente, destinatario e decisione concretamente presa), il privato ha l’onere di impugnare tempestivamente il provvedimento per evitare di frustrare quelle esigenze di celerità che il legislatore del 2010 (ma prima ancora la direttiva 66/2007) intendeva realizzare. Ragionando diversamente, infatti, il termine per impugnare “slitterebbe” in avanti sino al momento della comunicazione formale ex articolo 79 cod. contr.
In altri termini i trenta giorni previsti a pena di decadenza iniziano a decorrere o dalla data della comunicazione ex articolo 79 cod. contr. o dal momento in cui aliunde l’interessato ha avuto conoscenza dell’atto nei suoi aspetti essenziali ferma restando la possibilità di proporre motivi aggiunti.
2.2. Sotto altro aspetto, va rilevato che la conoscenza dell’atto non è avvenuta solo con riferimento al difensore ma alla parte personalmente. Ed invero nella missiva datata 19 gennaio 2015 (e spedita per mail il successivo 20 gennaio) si trova testualmente affermato: “…la società mia assistita ha avuto conoscenza dell’avvenuta aggiudicazione definitiva … solo in data odierna…”. Così si dimostra una conoscenza appunto di carattere personale e non per il tramite del difensore.
In altri termini il Collegio condivide l’affermazione del TAR per cui la parte ha avuto piena conoscenza dell’aggiudicazione definitiva; tuttavia, a differenza di quanto stabilito dal giudice di primo grado, ritiene che tale conoscenza debba risalire al giorno 19 gennaio 2015 (data apposta in calce alla missiva inviata il successivo 20 gennaio 2015) e non debba essere posposta – in termini di data certa (come detto dal TAR) – al successivo 20 gennaio 2015. La data certa, infatti, rileva nei rapporti con i terzi e non nei rapporti tra le parti.
3. Per le ragioni sino a qui esposte l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato irricevibile il ricorso proposto innanzi al giudice di primo grado. L’accertata irricevibilità del ricorso di primo grado impedisce a questo Consiglio di valutare la fondatezza nel merito del ricorso; tuttavia, in ragione dell’accertamento che il TAR ha fatto nel giudizio di primo grado ove l’eccezione di irricevibilità era stata superata, ritiene il Consiglio che nella gara in questione siano emerse condotte o atti contrastanti con le regole della trasparenza e conseguentemente, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, l. 27 maggio 2015 n. 69 dispone la trasmissione di copia degli atti alla commissione di cui all’articolo 1, comma 32 bis, l. 6 novembre 2012 n. 190.
4. La peculiarità della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.
Dispone, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, l. 27 maggio 2015 n. 69 la trasmissione di copia degli atti alla commissione di cui all’articolo 1, comma 32 bis, l. 6 novembre 2012 n. 190.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Vincenzo Neri, Consigliere, Estensore
Giuseppe Mineo, Consigliere
Alessandro Corbino, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione

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