Dipendenti pubblici a termine: il CdS sul trattamento giuridico da applicare

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 56 dell’11 gennaio 2016, si è espresso in merito alla disciplina assistenziale e previdenziale da applicare ai dipendenti pubblici a termine.

Il Collegio ha ritenuto di doversi attenere ai principi elaborati dalla giurisprudenza, relativamente alla situazione del personale previsto dalla Legge n. 285 del 1977, e i particolare ai principi affermati dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 1 del 1991, la quale ha ricostruito le fasi del rapporto di lavoro di tale personale, individuando tre distinti rapporti giuridici, ciascuno dei quali con una propria specifica fonte normativa ed un’autonoma disciplina:

a) quello di impiego pubblico a termine, disciplinato dalla Legge n. 285 del 1977 e da un contratto di formazione lavoro, ex lege prorogato e mai modificato, fino all’espletamento dell’esame di idoneità (con la instaurazione di un rapporto preliminare e precario, non assimilabile al trattamento giuridico, assistenziale e previdenziale dei dipendenti non di ruolo);
b) quello di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato fino all’immissione nei ruoli, costituito ai sensi della Legge n. 33 del 1980 con l’iscrizione nelle apposite graduatorie a seguito del superamento dell’esame di idoneità (con la formazione di un rapporto, a differenza del precedente stadio e a causa dell’accertamento di idoneità, assimilabile a quello dei dipendenti non di ruolo);
c) quello di pubblico impiego «di ruolo» nelle diverse Amministrazioni, disciplinato dalle relative disposizioni vigenti.

Il Collegio osserva che, il riferimento a tre distinti rapporti giuridici ha indotto correttamente la giurisprudenza a ritenere che il rapporto del personale di cui alla prima categoria, dall’assegnazione e fino all’immissione in ruolo (configurandosi come rapporto a termine, preliminare e precario, al quale non può applicarsi il trattamento giuridico assistenziale e previdenziale dei dipendenti non di ruolo dello Stato, trattandosi di un rapporto costituito specificamente ai sensi della L. 285 del 1977 e dal contratto correlativamente stipulato), non consente l’applicazione dell’art. 26 della L. 285 del 1977, per il quale la retribuzione delle prestazioni deve essere in ogni caso determinata in misura corrispondente al trattamento economico base minimo per i dipendenti di ruolo dello Stato addetti alle stesse od analoghe mansioni, per cui è stipulato il contratto, ridotta in proporzione dell’orario di servizio prestato.

Infatti, ad avviso del Collegio, la diretta applicabilità di tale disposizione in tema di trattamento economico non può che essere negata proprio con riferimento alla particolarità del rapporto in oggetto, secondo la L. 285 del 1977 (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 23 maggio 2008, n. 2491).

Pertanto il Collegio, condividendo e facendo propria tale giurisprudenza, ha statuito che il rapporto degli originari ricorrenti si configura come un rapporto di «impiego pubblico a termine, preliminare e precario» dall’assegnazione e fino all’immissione in ruolo, al quale rapporto non poteva applicarsi il trattamento giuridico assistenziale e previdenziale dei dipendenti non di ruolo dello Stato.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

***

N. 00056/2016REG.PROV.COLL

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7623 del 2007, proposto dai signori Salvatore D’Alesio, Giovanni Russo, Pasquale Borriello, Aniello D’Antonio, Raffaele Serpe, Raffaella Avvinto, Vincenzo Accardo, Gennaro Spinalbese, Aniello Cannolicchio, Gabriella Marrazzo, Nunziata Madonna, Pasquale Caccavale, Nunzia Sorrentino, Vincenzo Gambardella, Angelina Castello, Giuseppe Cirillo, Ciro Garofalo, Gaetana Garofalo, Maria Concetta Parlato, Enrico Pinto, Rosa Raiola, Maria Rosaria Speranza, Antonio Tornato, Immacolata Tate’, Mario Morelli, Francesco Iuliano, Antonietta Mauriello, Maddalena Aurilia, Giovanni Marrazzo, Vincenzo Russo, Pietro D’Alesio, Ambrogio De Simone, Giuseppina Formisano, Anna Mulinaro quale coniuge di Domenico Truppi, Irene Di Crisio, Antonio Federico, Federico Mazza, Angelo Nocerino, Caterina De Simone quale coniuge di Francesco Iacobelli, Aldo Iacobelli, Raimondo Coccoli, Rachele Intoccia, Gennaro Boccardi, rappresentati e difesi dagli avvocati Raffaele Montefusco, Enrico Cuomo, Pasquale Montesarchio, con domicilio eletto presso l’avvocato Claudia De Curtis in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 142;

contro

Il Comune di Torre del Greco;
il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui ufficio sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania. Napoli, Sez. VI n. 6972/2006, resa tra le parti, concernente il diritto alla corresponsione dell’indennità di buonuscita in misura intera;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato Francesco Manzo, su delega dell’avvocato Raffaele Montefusco, e l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto al Tar della Campania notificato in data 10 luglio 1999 e rubricato al n. 6262 del R.G. del 1999, i signori indicati in epigrafe esponevano di essere stati preavviati al lavoro ai sensi della L. 285 del 1977 e di aver svolto attività lavorativa con contratto di lavoro a tempo determinato sino alla data di immissione nella graduatoria, a seguito di superamento dell’esame di idoneità, che ha comportato la trasformazione del rapporto di lavoro non di ruolo a tempo indeterminato sino al 1° giugno 1984.
A decorrere dal 2 giugno 1984, essi sono stati inquadrati nel ruolo soprannumerario del personale del Comune e, contestualmente, sono iscritti all’INADEL (mentre sino al 1° giugno 1984 essi erano privi di copertura previdenziale, non essendo stati iscritti all’INADEL, sicché il relativo trattamento di fine rapporto, maturato fino a quel momento, doveva essere erogato dall’ente locale).
In esecuzione della deliberazione consiliare n. 1693 del 28 novembre 1997, il Comune aveva anticipato, per conto dello Stato, i ratei di trattamento di fine rapporto maturati sino al passaggio dei ricorrenti nel ruolo sopranumerario, in accoglimento della domanda degli interessati.
A seguito della emanazione di un atto del 1998, che aveva retrodatato l’iscrizione degli istanti alla gestione INADEL, il Comune aveva richiesto la ripetizione di parte degli importi, già corrisposti a titolo di trattamento di fine rapporto.
Con il ricorso di primo grado, gli interessati – nel rappresentare che avevano ottenuto la liquidazione del TFR corrispondente all’attività lavorativa da loro prestata, dalla data di assunzione fino al 2 giugno 1984, epoca dell’immissione nei ruoli organici – lamentavano che nella base retributiva di computo non fosse stata compresa anche l’indennità integrativa speciale loro corrisposta nel corso dell’attività lavorativa.
Essi dolevano altresì che le somme versate a titolo di TFR nel dicembre 1997 non comprendevano la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulle somme rivalutate a decorrere dalla data di maturazione del credito, ma solo gli interessi legali a decorrere dalla data di presentazione della domanda.
Quindi i ricorrenti chiedevano che – tenuto conto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 208 del 1986 e n. 243 del 1993 – si dichiarasse la spettanza del computo– nel trattamento di fine rapporto per il periodo di lavoro prestato in regime di convenzionamento – anche dell’indennità integrativa speciale, ai sensi dell’art. 1 della Legge n. 87 del 1994, con i relativi accessori del credito
Si costituivano in giudizio gli intimati Ministeri dell’Interno e del Tesoro, chiedendo il rigetto del ricorso, mentre non si costituiva il Comune di Torre del Greco.
2. Con la sentenza n. 6971 del 13 giugno 2006, il Tar della Campania respingeva il ricorso, rilevando che per l’art. 26 quater, ultimo coma, del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, « al personale [degli enti locali già in regime di convenzionamento e successivamente assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato] è attribuito, fino all’immissione nei ruoli, il trattamento giuridico dei dipendenti civili non di ruolo dello Stato, nonché il relativo trattamento assistenziale e previdenziale. Al personale stesso continua ad essere corrisposto il trattamento retributivo base minimo previsto per i dipendenti dello Stato addetti alle stesse o ad analoghe mansioni il disposto di cui all’articolo 9 D. Lgs. CPS 207 del 1947».
Tale disposizione, tenuto conto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 208 del 1986 e n. 243 del 1993, impone a sua volta l’inclusione dell’indennità integrativa, seppure nei limiti di cui all’articolo 3 della legge n.87 del 1994, nella base di calcolo per la determinazione del trattamento di fine rapporto.
Tuttavia, ai sensi del citato art. 3 – per ottenere l’inclusione della IIS nella base di calcolo – occorre da un lato che i rapporti giuridici attinenti alla liquidazione dell’indennità «non siano ancora giuridicamente esauriti» e dall’altro che i dipendenti abbiano presentato «apposita domanda nel termine perentorio di cui al 30 settembre 1994».
Ora, ad avviso del TAR, nella fattispecie in esame non risultavano sussistere tali requisiti, né alcun principio di prova in tal senso emergeva in giudizio, con la conseguente reiezione del ricorso.
3. Con l’appello in esame, notificato il 26 luglio 2007, i signori indicati in epigrafe impugnavano la sentenza questione del TAR, riproponendo le deduzioni formulate in primo e sostenendo che i rapporti giuridici attinenti all’indennità di buonuscita non potevano ritenersi esauriti, visto che l’ente locale aveva disposto la liquidazione del TFR maturato sino al passaggio degli interessati nel ruolo sopranumerario solamente con le deliberazioni n. 1693 del 1997 e n. 26 del 1998, sicché al momento dell’entrata in vigore della L. 87 del 1994 non vi poteva essere stato l’«esaurimento» dei rapporti giuridici, attesa la mancata erogazione dell’indennità di buonuscita.
Quanto alla domanda da presentare entro il 30 settembre 1994, si dovrebbe ritenere la relativa previsione normativa riguardasse solamente i dipendenti cessati dal servizio che avevano già percepito l’indennità di buonuscita senza il computo dell’indennità integrativa speciale.
Quindi gli appellanti hanno chiesto l’accoglimento del ricorso di primo grado e in via subordinata la remissione degli atti alla Corte Costituzionale, per la violazione degli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione da parte dell’art. 1, lett. b), L. 87 del 1994, con vittoria di spese di giudizio.
Il Comune di Torre del Greco non si è costituito in giudizio.
Le Amministrazioni statali appelate hanno depositato una nota di formale costituzione in giudizio.
All’udienza del 10 dicembre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L’appello è infondato.
Il Collegio ritiene di doversi attenere ai principi elaborati dalla giurisprudenza, relativamente alla situazione del personale previsto dalla Legge n. 285 del 1977, e i particolare ai principi affermati dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 1 del 1991, la quale ha ricostruito le fasi del rapporto di lavoro di tale personale, individuando tre distinti rapporti giuridici, ciascuno dei quali con una propria specifica fonte normativa ed un’autonoma disciplina:
a) quello di impiego pubblico a termine, disciplinato dalla Legge n. 285 del 1977 e da un contratto di formazione lavoro, ex lege prorogato e mai modificato, fino all’espletamento dell’esame di idoneità (con la instaurazione di un rapporto preliminare e precario, non assimilabile al trattamento giuridico, assistenziale e previdenziale dei dipendenti non di ruolo);
b) quello di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato fino all’immissione nei ruoli, costituito ai sensi della Legge n. 33 del 1980 con l’iscrizione nelle apposite graduatorie a seguito del superamento dell’esame di idoneità (con la formazione di un rapporto, a differenza del precedente stadio e a causa dell’accertamento di idoneità, assimilabile a quello dei dipendenti non di ruolo);
c) quello di pubblico impiego «di ruolo» nelle diverse Amministrazioni, disciplinato dalle relative disposizioni vigenti.
Il riferimento a tre distinti rapporti giuridici ha indotto correttamente la giurisprudenza a ritenere che il rapporto del personale di cui alla prima categoria, dall’assegnazione e fino all’immissione in ruolo (configurandosi come rapporto a termine, preliminare e precario, al quale non può applicarsi il trattamento giuridico assistenziale e previdenziale dei dipendenti non di ruolo dello Stato, trattandosi di un rapporto costituito specificamente ai sensi della L. 285 del 1977 e dal contratto correlativamente stipulato), non consente l’applicazione dell’art. 26 della L. 285 del 1977, per il quale la retribuzione delle prestazioni deve essere in ogni caso determinata in misura corrispondente al trattamento economico base minimo per i dipendenti di ruolo dello Stato addetti alle stesse od analoghe mansioni, per cui è stipulato il contratto, ridotta in proporzione dell’orario di servizio prestato.
Infatti, la diretta applicabilità di tale disposizione in tema di trattamento economico non può che essere negata proprio con riferimento alla particolarità del rapporto in oggetto, secondo la L. 285 del 1977 (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 23 maggio 2008, n. 2491).
Tenuto conto della sopra richiamata giurisprudenza (che il collegio condivide e fa propria), il rapporto degli originari ricorrenti si configura come un rapporto di «impiego pubblico a termine, preliminare e precario» dall’assegnazione e fino all’immissione in ruolo, al quale rapporto non poteva applicarsi il trattamento giuridico assistenziale e previdenziale dei dipendenti non di ruolo dello Stato.
Peraltro, si deve rilevare che le censure proposte risultano comunque generiche, con riferimento alle specifiche posizioni individuali, poiché non è stato esposto alcunché circa eventuali previsioni contrattuali in senso contrario (che comunque si sarebbero dovute interpretare in conformità alle disposizioni di legge).
Dalla sopra indicata qualificazione del rapporto antecedente all’immissione in ruolo, deriva che il trattamento economico dei ricorrenti, in tale periodo, risulta essere stato correttamente quantificato dall’Amministrazione, senza neppure la possibilità di conseguire altri trattamenti (assistenziali, previdenziali) propri dei pubblici dipendenti di ruolo o di vantare pretese (come la retribuzione individuale di anzianità) connesse ad una qualificazione del rapporto, nel caso insussistente.
La radicale differenza dei modelli di rapporto di lavoro impedisce in via manifesta che si possa sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, lett. b), L. 87 del 1994 per violazione degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, questione in ordine alla quale nell’atto d’appello non sono state formulate specifiche deduzioni in relazione ai distinti parametri invocati.
5. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 7623 del 2007, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate del secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione

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