Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 842 del 29 febbraio, ha affermato che le indennità di accompagnamento per i disabili sono escluse dal computo ISEE, bocciando così le nuove modalità per la determinazione ed i campi d’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente di cui al DPCM 5 dicembre 2013 n. 159
Il Collegio ha precisato che l’ISEE deve, ai fini di un’equa e seria ripartizione dei carichi per i diversi tipi di prestazioni erogabili per il cui accesso tal indicatore è necessario, tener conto di tutti i redditi che sono esenti ai fini IRPEF, purché redditi.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, se si tratta, di indennità o di risarcimento veri e propri (com’è, p. es., l’indennità di accompagnamento o misure risarcitorie per inabilità che prescindono dal reddito), né l’una, né l’altro rientrano in una qualunque definizione di reddito assunto dal diritto positivo, né come reddito – entrata, né come reddito – prodotto (essenzialmente l’IRPEF). In entrambi i casi, per vero, difetta un valore aggiunto, ossia la remunerazione d’uno o più fattori produttivi (lavoro, terra, capitale, ecc.) in un dato periodo di tempo, con le correzioni che la legge tributaria se del caso apporta per evitare forme elusive o erosive delle varie basi imponibili.
Tali indennità o il risarcimento, aggiunge il Collegio, sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa. Pertanto, la «capacità selettiva» dell’ISEE, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerali per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile.
Quindi, ad avviso del Collegio tali indennità non vanno considerati reddito ai fini dell’ISEE.
Respinto il ricorso del Governo, e confermata la sentenza di primo grado del Tar Lazio che aveva bocciato alcune norme del dpcm n. 159/2013, di revisione delle modalità di calcolo dell’Isee.