Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Sicilia con la sentenza n. 65 del 1 marzo 2016 ha chiarito che in base a quanto pronunciato dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 9/2015, l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria.
Il Collegio ha riepilogato la questione affermando che la giurisprudenza non ha – sino a tempi recentissimi – assunto una posizione univoca per quanto riguarda la necessità dell’indicazione del nominativo dei subappaltatori in sede di offerta da parte dei concorrenti di una gara di appalto, i quali abbiano dichiarato di voler subappaltare parte delle prestazioni oggetto dell’affidamento, per le quali non risultino in possesso della richiesta qualificazione.
Secondo l’orientamento nel tempo prevalente, l’art. 118, comma 2, del d.lgs. nr. 163/2006, nella parte in cui sottopone l’affidamento in subappalto alla condizione che i concorrenti all’atto dell’offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo, andava interpretato nel senso che la dichiarazione deve contenere anche l’indicazione del subappaltatore, unitamente alla dimostrazione del possesso in capo al medesimo dei requisiti di qualificazione, ogniqualvolta il ricorso al subappalto si renda necessario in conseguenza del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione (cd. subappalto necessario).
Secondo l’orientamento giurisprudenziale obiettivamente minoritario e secondo l’ANAC, invece, la normativa vigente non pone l’obbligo d’indicare i nominativi dei subappaltatori in sede di offerta, a differenza di quanto previsto dall’art. 49 del d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163 per l’impresa ausiliaria, ma soltanto l’onere di dichiarare preventivamente le lavorazioni che il concorrente intenda subappaltare, qualora privo della necessaria qualificazione, fermo restando, in tal caso, che la mancanza della qualificazione nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria deve essere compensata da un corrispondente incremento della qualificazione nella categoria prevalente, e ciò a tutela della stazione appaltante, circa la sussistenza della complessiva capacità economica e finanziaria in capo all’appaltatore.
Infine però, con ord.za n. 2707 del 2015 della IV Sezione del Consiglio di Stato ed ord.za n. 3069 del 2015 della V Sezione la controversa questione è stata rimessa all’Adunanza Plenaria la quale con la recentissima sentenza 2.11.2015 n. 9 ha in sostanza stabilito che l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art. 107, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207.
Ad avviso del Collegio rimane inoltre assorbita ogni riflessione sul tema della applicabilità – in caso di omessa indicazione del nominativo del subappaltatore – del soccorso istruttorio ex art. 46 comma 1 ter del codice appalti.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 00065/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 752 del 2015, proposto da:
Ricciardello Costruzioni S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Fulvio Cintioli, con domicilio eletto presso Alessandra Allotta in Palermo, Via Trentacoste n. 89;
contro
Consorzio per le Autostrade Siciliane, rappresentato e difeso dagli avv.ti Riccardo Rotigliano, Candeloro Nania, con domicilio eletto presso Riccardo Rotigliano in Palermo, Via Filippo Cordova n. 95;
nei confronti di
Notari Luigi S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Sergio Colombo, Elvira Poscio, Diego Ziino, con domicilio eletto presso Diego Ziino in Palermo, V. Francesco P. Di Blasi n.16;
Costruzioni Bruno Teodoro S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Starvaggi, con domicilio eletto presso Giorgia Lo Monaco in Palermo, Via Fiume n. 6;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE I n. 01839/2015, resa tra le parti, concernente appalto – lavori di messa in sicurezza della galleria Capo d’Orlando dell’autostrada a20 Messina – Palermo – aggiudicazione;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio Per Le Autostrade Siciliane, di Notari Luigi S.p.A. e di Costruzioni Bruno Teodoro S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2015 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati F. Cintioli, R. Rotigliano per sè stesso e su delega di C. Nania, P. Starvaggi e E. Poscio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Nell’agosto del 2014 il Consorzio per le Autostrade Siciliane – CAS ha bandito una gara per l’aggiudicazione – col metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa – dei lavori di messa in sicurezza della galleria Capo D’Orlando dell’autostrada Messina –Palermo.
All’esito della procedura si è classificata al primo posto della graduatoria di merito l’ATI avente come mandataria l’impresa Luigi Notari s.p.a., seguita dalla Ricciardello Costruzioni s.r.l..
La Ricciardello ha impugnato gli atti di gara con ricorso, poi seguito da motivi aggiunti, proposto avanti al TAR Catania ed ha sostenuto che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla selezione per molteplici motivi.
La ricorrente ha inoltre denunciato vizi afferenti al procedimento di verifica, da parte della stazione appaltante, dell’anomalia dell’offerta della ATI Teodoro.
La mandante dell’ATI aggiudicataria, per parte sua, ha proposto un ricorso incidentale escludente, sostenendo che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa per mancata indicazione in seno all’offerta degli oneri di sicurezza aziendale nonché per irregolarità della cauzione provvisoria presentata.
In sede cautelare il TAR, opinando per la fondatezza di almeno una delle censure dedotte, ha provveduto alla tempestiva fissazione dell’udienza di merito.
Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale etneo ha in primo luogo dichiarato tardivo il ricorso incidentale dell’aggiudicataria.
Quindi – discostandosi dall’avviso espresso in sede incidentale – ha respinto il ricorso introduttivo, rilevando l’infondatezza di tutte le censure ivi versate.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dalla Impresa soccombente la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività, ed ha dedotto a tal fine tre motivi di impugnazione.
Si è costituito in resistenza il Consorzio.
Si sono altresì separatamente costituite le componenti dell’ATI aggiudicataria, le quali hanno chiesto il rigetto dell’avverso gravame.
Con ord.za n. 487 del 2015 questo Consiglio di Giustizia ha respinto l’istanza cautelare.
Le Parti hanno depositato memorie e note di replica, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 19 novembre 2015 l’appello è stato spedito in decisione.
DIRITTO
L’appello non è fondato e va come tale respinto.
Oggetto sostanziale della presente controversia è la procedura di gara comunitaria, bandita nell’agosto del 2014 dal Consorzio per le Autostrade Siciliane – C.A.S. per l’aggiudicazione, col metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dei lavori di messa in sicurezza della galleria Capo D’Orlando dell’autostrada Messina –Palermo.
All’esito della procedura si è classificata al primo posto della graduatoria di merito, ed ha poi conseguito l’aggiudicazione, l’ATI costituita tra l’impresa Costruzioni Bruno Teodoro s.p.a. e la Notari Luigi s.p.a..
La Ricciardello Costruzioni s.r.l., classificatasi al secondo posto nella graduatoria di merito, ha impugnato gli atti della procedura e l’aggiudicazione con ricorso e motivi aggiunti, sostenendo da un lato che l’ATI avversaria avrebbe dovuto essere esclusa dalla selezione; dall’altro che in ogni caso la stazione appaltante, in sede di verifica della anomala offerta dell’ATI, aveva posto in essere gravi vizi di legittimità.
La sentenza del TAR Catania in epigrafe indicata, con la quale è stata integralmente respinta l’impugnativa, è impugnata con l’atto di appello oggi in esame dalla soccombente impresa Ricciardello, la quale ne chiede la riforma deducendo a tal fine tre articolati motivi di impugnazione.
Ciò premesso, si procede al vaglio del primo motivo, mediante il quale l’appellante deduce che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla selezione per omessa indicazione del subappaltatore cui l’ATI – in quanto sprovvista di SOA OG10 per impianti di illuminazione – avrebbe dovuto di necessità demandare l’esecuzione delle relative opere, ovviamente considerate scorporabili dalla legge di gara nonostante la rilevante incidenza quantitativa sul complesso dell’appalto.
Il mezzo, che investe uno dei punti nodali della controversia, non può essere accolto.
In punto di fatto si ricorda che l’ATI Notari – la cui capogruppo è in possesso di certificazione SOA per la categoria prevalente OG 4 lavori nel sottosuolo, per classifica di importo superiore all’insieme dei lavori previsti nel bando – ha dichiarato in sede di offerta di essere tenuta a subappaltare tutti lavori della ctg. OG10, scorporabile ma come si è detto sopra a qualificazione obbligatoria.
L’ATI non ha però indicato nel contesto dell’offerta l’impresa alla quale il subappalto in controversia sarebbe stato affidato.
Come è noto, la giurisprudenza non ha – sino a tempi recentissimi – assunto una posizione univoca per quanto riguarda la necessità dell’indicazione del nominativo dei subappaltatori in sede di offerta da parte dei concorrenti di una gara di appalto, i quali abbiano dichiarato di voler subappaltare parte delle prestazioni oggetto dell’affidamento, per le quali non risultino in possesso della richiesta qualificazione.
Secondo l’orientamento nel tempo prevalente, l’art. 118, comma 2, del d.lgs. nr. 163/2006, nella parte in cui sottopone l’affidamento in subappalto alla condizione che i concorrenti all’atto dell’offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo, andava interpretato nel senso che la dichiarazione deve contenere anche l’indicazione del subappaltatore, unitamente alla dimostrazione del possesso in capo al medesimo dei requisiti di qualificazione, ogniqualvolta il ricorso al subappalto si renda necessario in conseguenza del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione (cd. subappalto necessario).
Secondo l’orientamento giurisprudenziale obiettivamente minoritario e secondo l’ANAC, invece, la normativa vigente non pone l’obbligo d’indicare i nominativi dei subappaltatori in sede di offerta, a differenza di quanto previsto dall’art. 49 del d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163 per l’impresa ausiliaria, ma soltanto l’onere di dichiarare preventivamente le lavorazioni che il concorrente intenda subappaltare, qualora privo della necessaria qualificazione, fermo restando, in tal caso, che la mancanza della qualificazione nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria deve essere compensata da un corrispondente incremento della qualificazione nella categoria prevalente, e ciò a tutela della stazione appaltante, circa la sussistenza della complessiva capacità economica e finanziaria in capo all’appaltatore.
Con ord.za n. 2707 del 2015 della IV Sezione del Consiglio di Stato ed ord.za n. 3069 del 2015 della V Sezione la controversa questione è stata rimessa all’Adunanza Plenaria la quale con la recentissima sentenza 2.11.2015 n. 9 ha in sostanza stabilito che l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art. 107, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207.
In tal senso la sentenza ora citata ha rilevato quanto segue:
“ L’art. 92, commi 1 e 3, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce, innanzitutto, che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente (quando il concorrente, singolo o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili), purché per l’importo totale dei lavori.
Il combinato disposto degli artt. 92, comma 7 e 109, comma 2, d.P.R. cit. e 37, comma 11, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le opere scorporabili indicate all’art. 107, comma 2 (c.d. opere a qualificazione necessaria) non può eseguire direttamente le relative lavorazioni ma le deve subappaltare a un’impresa provvista della relativa, indispensabile qualificazione.
L’art. 118 d.lgs. cit. (collocato sistematicamente entro la Sezione V del codice, rubricata “principi relativi all’esecuzione del contratto”) si occupa, invece, di definire le modalità e le condizioni per il valido affidamento delle lavorazioni in subappalto e prevede, per quanto qui rileva, che all’atto dell’offerta siano indicati (solo) i lavori che il concorrente intende subappaltare e che l’affidatario depositi, poi, il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di inizio delle relative lavorazioni (unitamente a tutte le attestazioni e dichiarazioni prescritte).
Dall’analisi delle regole appena citate si ricavano, quindi, i seguenti principi:
a) per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate all’art. 107, comma 2, d.P.R. cit.);
b) le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate all’art. 107, comma 2, d.P.R. cit. non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria);
c) nell’ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare l’esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione;
d) la validità e l’efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell’offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell’inizio dei lavori subappaltati;
e) il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le quali, ad esempio, l’incameramento della cauzione).
Si tratta come si vede di un apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune.”.
A fronte di tali inequivoche statuizioni non può dunque seguirsi la Difesa dell’appellante quando – sia pure alla stregua di argomentazioni assai suggestive – mira a dimostrare la perdurante validità dell’orientamento più restrittivo.
Infatti, come rilevato dall’Adunanza Plenaria, “in primo luogo l’affermazione dell’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta si risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che non lo prevedeva), mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex specialis di un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente pretermessa nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della sua eterointegrazione).
Mentre, infatti, l’eterointegrazione della lex specialis postula logicamente l’omessa ripetizione, in essa, di un adempimento viceversa sancito chiaramente da una disposizione normativa imperativa (cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 11 marzo 2015, n. 1250), nella fattispecie in esame verrebbe, al contrario, automaticamente inserita nel bando una clausola non rinvenibile nel diritto positivo e di mera creazione giurisprudenziale.”. ( Ap. n. 9/2015 citata).
A ciò deve aggiungersi che, come peraltro ben eccepito dalle Difese della ATI e del CAS con argomentazioni poi avallate dal Supremo Consesso, da un lato la tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo in questione comporterebbe una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse; dall’altro la stessa tesi vanifica e rende inutiliter dato il disposto dell’art. 92 del Regolamento il quale come si è visto impone al concorrente non qualificato per le opere scorporabili di possedere nella categoria prevalente una classifica pari all’intero importo dell’appalto, opere scorporabili comprese.
Il mezzo in rassegna va quindi disatteso, rimanendo perciò assorbita ogni riflessione sul tema della applicabilità – in caso di omessa indicazione del nominativo del subappaltatore – del soccorso istruttorio ex art. 46 comma 1 ter del codice appalti.
Con il secondo motivo l’appellante deduce che illegittimamente, in sede di verifica dell’anomalia, la stazione appaltante ha tenuto conto di giustificazioni rese dalla concorrente e che invece avrebbero dovuto esser rese dalla impresa subappaltatrice, in quanto riguardanti proprio i prezzi delle forniture e lavorazioni afferenti alle opere scorporabili in subappalto necessario.
Il mezzo non merita positiva considerazione, in quanto – non dovendo essere indicato il subappaltatore in sede di offerta – logicamente l’unico interlocutore della stazione appaltante nel procedimento di verifica non poteva che essere l’ATI concorrente.
Analoghe considerazioni valgono per quanto riguarda l’acquisizione dei preventivi delle forniture relative ai lavori in subappalto necessario.
Nè l’appellante può essere seguito quando afferma che l’ATI aggiudicataria – avendo acquisito direttamente questi preventivi – ha in realtà intenzione di ricorrere non al subappalto ma ad un contratto di cottimo: in disparte il rilievo che non solo nel cottimo l’appaltante può fornire i materiali all’esecutore, la questione, comunque, riguarda palesemente la fase esecutiva dell’appalto ed è quindi irrilevante per quanto concerne la gara.
Con il terzo motivo l’appellante deduce da un lato che la verifica dell’anomalia è stata condotta dalla stazione appaltante in modo del tutto sommario e poco rispettoso delle scansioni legali; dall’altro che la dichiarazione di congruità dell’offerta è complessivamente apodittica e comunque non attendibile.
Il mezzo non merita positiva considerazione.
In punto di fatto deve evidenziarsi che la stazione appaltante ha dimostrato nel giudizio di primo grado come la concentrazione temporale del procedimento di verifica sia stata in realtà imposta dalla assoluta necessità di pervenire all’aggiudicazione entro il termine invalicabile del 31 dicembre, onde non vanificare il relativo finanziamento comunitario.
Ciò premesso, deve in diritto osservarsi che i rilievi dell’appellante circa l’estrema accelerazione impressa al procedimento di verifica non sono in realtà concludenti, atteso che la celerità del procedimento di per sè sola – e cioè ove non collegata all’indicazione di travisamenti dimenticanze o aporie del controllo esercitato – in linea generale non ridonda in vizio di legittimità.
Passando poi al merito delle contestazioni che l’appellante rivolge contro il giudizio di congruità questo Collegio non può che rilevare – in linea con l’indirizzo giurisprudenziale consolidato – che nelle gare pubbliche d’appalto, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, il giudizio della stazione appaltante, cui compete il più ampio margine di apprezzamento, costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza; in tal caso, l’obbligo di motivare in modo completo e approfondito sussiste solo nel caso in cui la stazione appaltante esprima un giudizio negativo che faccia venir meno l’aggiudicazione, non richiedendosi, per contro, una motivazione analitica nel caso di esito positivo della verifica di anomalia; di conseguenza incombe sul soggetto, che contesta l’aggiudicazione, l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il giudice amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero sia stata basata su fatti erronei o travisati ( cfr. ex multis V Sez. n. 5450 del 2015).
Ciò comporta sul piano applicativo che, riguardo alla verifiche di anomalia, il giudice amministrativo può esercitare un sindacato limitato ai casi di macroscopiche illegittimità oppure di valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, ipotesi queste che nella presente controversia – nonostante gli sforzi argomentativi profusi dall’appellante – non è possibile riscontrare.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va quindi respinto.
Le incertezze della giurisprudenza, all’epoca della proposizione dell’appello, sulla questione principalmente controversa impongono di compensare spese e onorari di questo grado del giudizio tra tutte le Parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Le spese di questo grado del giudizio sono integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere, Estensore
Vincenzo Neri, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere
Alessandro Corbino, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)