Impugnazione atti. Non basta il generico richiamo

Il Consiglio di Stato  con la sentenza n. 1242 del 25 marzo 2016, ha chiarito che l’impugnazione non si estende nei confronti di atti non specificamente indicati in epigrafe.

Nel caso di specie l’appellante si era limitata ad impugnare l’aggiudicazione definitiva della gara non impugnando alcun atto presupposto e immediatamente lesivo della sua posizione giuridica, (come la deliberazione dell’Amministrazione dell’indizione di una nuova gara) e limitandosi a riportare, nell’oggetto della domanda, una mera clausola di stile “nonché, occorrendo, degli atti presupposti e/o procedenti non ancora cogniti, essendone negato l’accesso”.

Il Collegio ha rilevato che la giurisprudenza ha da tempo affermato che l’utilizzo di formule di stile come quelle utilizzate, nonché di formule analoghe, non sono utili ad estendere l’impugnazione nei confronti di atti non specificamente indicati in epigrafe (gli atti presupposti), quale appunto la deliberazione di indizione della nuova gara.

Ad avviso del Collegio il generico richiamo, nell’epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi e conseguenti, o la mera citazione di un atto nel corpo del ricorso stesso non sono sufficienti a radicarne l’impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell’oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure; ciò perché solo l’inequivoca indicazione del petitum dell’azione di annullamento consente alle controparti la piena esplicazione del loro diritto di difesa.

Nel caso in esame, dal ricorso non si evince in alcun modo, chiaramente ed inequivocabilmente, che parte appellante abbia inteso contestare la decisione di indire la nuova gara con la conseguenza che, mancando l’impugnativa del relativo provvedimento, il ricorso di primo grado non può che dichiararsi inammissibile.

Infatti, nel processo amministrativo, ove sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto conseguenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6012).

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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N. 01242/2016REG.PROV.COLL

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6133 del 2015, proposto da:
Lami Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Colarizi, Ermes Coffrini, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, viale Bruno Buozzi, 87;

contro

Consorzio della Bonifica Burana, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Ventura e Francesca Giuffré, con domicilio eletto presso l’avv. Francesca Giuffré in Roma, via dei Gracchi, 39;

nei confronti di

Impresa Idraulica Fratelli Sala Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Giorgio Fregni, con domicilio eletto presso l’avv. Filippo De Magistris in Roma, via Pompeo Magno, 2/B;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA: SEZIONE II n. 00310/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento dei lavori per la messa in sicurezza dell’impianto irriguo di Sabbioncello.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio della Bonifica Burana e dell’Impresa Idraulica Fratelli Sala Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2016 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Massimo Colarizi, Federico Ventura e Francesca Giuffré;

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, con la sentenza 26 marzo 2015, n. 310, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento della deliberazione n. 359-2014 del 30.10.2014 del comitato amministrativo del consorzio Burana, contenente l’affidamento dei lavori per l’intervento provvisionale di messa in sicurezza dell’impianto irriguo Sabbioncello in Comune di Quingentole (MN).
Il TAR ha rilevato sinteticamente che la ricorrente ha impugnato l’aggiudicazione definitiva di una gara alla quale la medesima non ha mai partecipato, senza peraltro avere impugnato gli atti presupposti e immediatamente lesivi della posizione della ricorrente e cioè la deliberazione indicata e gli atti d’indizione della nuova gara; ne discende, per il TAR, che gli atti suindicati sono divenuti inoppugnabili con la conseguenza che nessun vantaggio l’interessata può ottenere attraverso la proposizione dell’odierna impugnativa.
L’appellante contestava la sentenza del TAR, deducendone la violazione e l’erronea applicazione delle norme e dei principi in tema di interesse alla proposizione del ricorso giurisdizionale, e riproponendo, nella sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame si chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituivano l’Amministrazione appellata ed il controinteressato, chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza pubblica del 19 gennaio 2016 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio rileva in punto di fatto che, previa gara ad evidenza pubblica, l’appellato Consorzio della Bonifica di Burana, in attuazione dell’ordinanza del Presidente della Regione Emilia Romagna 3.7.2013, n. 77, riferita agli eventi sismici del maggio 2012, aveva affidato, con contratto in data 14.2.2014, alla società appellante Lami Costruzioni S.r.l. la realizzazione dell’impianto irriguo Sabbioncello di via Sabbioncello n. 10.
Successivamente, in data 3.7.2014, con provvedimento prot. n. 30717/Area 1/Antimafia, il Prefetto della Provincia di Modena aveva adottato un’Informazione Interdittiva Antimafia ex artt. 84, comma 4, e art. 91, comma 6, d.lgs. n. 159-2011, nei confronti dell’appellante Lami Costruzioni S.r.l. per tentativo di infiltrazioni mafiose.
In base a detto provvedimento della Prefettura di Modena, il Consorzio Bonifica di Burana, in ottemperanza all’art. 92, comma 3 e comma 4, d.lgs. n. 159-2011, nel rispetto dell’art. 3.3 (controlli antimafia) delle Linee Guida Antimafia dettate dal Ministero dell’Interno, Comitato di Coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, aveva risolto il predetto contratto d’appalto sottoscritto con la società appellante Lami Costruzioni.
Successivamente, l’Amministrazione ha indetto una nuova gara ad evidenza pubblica per l’assegnazione dei lavori sopra indicati, con Deliberazione 22.7.2014, n. 224, lavori che venivano aggiudicati in via definitiva alla società Idraulica Fratelli Sala S.r.l., odierni appellati.
Nel contempo, il Gruppo Interforze aveva ritenuto, alla luce della richiesta di riesame inoltrata dal titolare dell’impresa Lami Costruzioni s.r.l., in considerazione di sopravvenute circostanze favorevolmente valutate, non più sussistente il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata nei confronti della Lami Costruzioni s.r.l. e, pertanto, il Prefetto della Provincia di Modena in data 5.9.2014 provvedeva alla revoca della misura Interdittiva e all’iscrizione della società Lami Costruzioni s.r.l. nella cosiddetta White List.
L’appellante Lami Costruzioni s.r.l. impugnava quindi l’aggiudicazione definitiva di questa nuova gara, instaurando codesto giudizio, al concreto esame del Collegio.
2. Il Collegio rileva che l’appellante si è limitata ad impugnare l’aggiudicazione definitiva della gara (Deliberazione del 30.10.2014, n. 359-2014), non impugnando alcun atto presupposto e immediatamente lesivo della sua posizione giuridica, segnatamente la scelta dell’Amministrazione di indire una nuova gara, assunta con la Deliberazione 22.7.2014, n. 224 e limitandosi a riportare, nell’oggetto della domanda, una mera clausola di stile “nonché, occorrendo, degli atti presupposti e/o procedenti non ancora cogniti, essendone negato l’accesso”.
La giurisprudenza ha da tempo affermato che l’utilizzo di formule di stile come quelle utilizzate, nonché di formule analoghe, non sono utili ad estendere l’impugnazione nei confronti di atti non specificamente indicati in epigrafe (gli atti presupposti), quale appunto la deliberazione di indizione della nuova gara 22.7.2014, n. 224.
Infatti, già ai sensi della previgente norma sancita dall’art. 6, r.d. n. 642-1907 e oggi, ratione temporis, dall’art. 40 c.p.a., come interpretato dalla costante giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2417; sez. III, 14 gennaio 2014 n. 101; sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2960; sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6012), nel processo amministrativo l’individuazione degli atti impugnati deve essere operata non con riferimento alla sola epigrafe, bensì in relazione all’effettiva volontà del ricorrente, quale è desumibile dal tenore complessivo del gravame e dal contenuto delle censure dedotte sicché è possibile ritenere che sono oggetto di impugnativa tutti gli atti che, seppure non espressamente indicati tra quelli impugnati ed indipendentemente dalla loro menzione in epigrafe, costituiscono senz’altro oggetto delle doglianze di parte ricorrente in base ai contenuti dell’atto di ricorso; il generico richiamo, nell’epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi e conseguenti, o la mera citazione di un atto nel corpo del ricorso stesso non sono sufficienti a radicarne l’impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell’oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure; ciò perché solo l’inequivoca indicazione del petitum dell’azione di annullamento consente alle controparti la piena esplicazione del loro diritto di difesa.
Nel caso in esame, dal ricorso non si evince in alcun modo, chiaramente ed inequivocabilmente, che parte appellante abbia inteso contestare la decisione di indire la nuova gara con la conseguenza che, mancando l’impugnativa del relativo provvedimento (citata Deliberazione 22.7.2014, n. 224), il ricorso di primo grado non può che dichiararsi inammissibile.
Infatti, nel processo amministrativo, ove sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto conseguenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6012).
3. Atteso che l’espressione utilizzata dalla difesa avversaria per la sua genericità di formulazione è pertanto inidonea a ricomprendere nell’oggetto del ricorso anche gli atti non espressamente menzionati e censurati, quale appunto l’atto presupposto ovvero la Deliberazione 22.7.2014, n. 224 di scelta dell’Amministrazione di indire una nuova gara, si deve rilevare, come è noto, che condizione essenziale per poter contestare in sede giudiziaria la determinazione negativa della stazione appaltante e per essa della commissione di gara nella nuova gara, è l’avvenuta presentazione nei termini fissati dal bando o dalla lettera d’invito della domanda di partecipazione (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 7 aprile 2011, n. 4).
Nel caso di specie, l’appellante Lami Costruzioni s.r.l. non ha partecipato alla gara e, quindi, non ha alcun interesse giuridicamente rilevante a censurarne l’esito al fine di ottenerne la ripetizione, in quanto titolare di un mero interesse di fatto (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 7 aprile 2011, n. 4).
Il principio sopra esposto, in coerenza con i principi affermati anche in sede comunitaria, può essere derogato riconoscendo la legittimazione a ricorrere anche al non partecipante alla gara, ma solo in tre specifiche ipotesi:
– Quando, a prescindere, dalla partecipazione alla stessa, il ricorrente abbia specificatamente impugnato la scelta dell’amministrazione di indire la gara;
– Quando il ricorrente non abbia potuto partecipare alla gara per mancanza della stessa in quanto l’Amministrazione ha proceduto ad affidamento diretto;
– Infine, quando il bando di gara contenga clausole escludenti per il ricorrente.
Nessuna di dette ipotesi è ricorrente nel caso in esame, con la conseguenza che deve confermarsi l’inammissibilità del ricorso di primo grado.
4. In ogni caso, le censure riproposte nell’odierno atto d’appello avverso gli atti impugnati sono del tutto infondate.
Infatti, la Stazione Appaltante ha risolto il contratto con l’Impresa Lami Costruzioni s.r.l. in maniera del tutto legittima a seguito del verificarsi di eventi che, incontestabilmente, integravano cause di risoluzione del contratto, come nella specie il sopraggiungere, nel corso del rapporto contrattuale, del provvedimento Interdittivo Informativo Antimafia della Prefettura di Modena a carico della Lami Costruzioni.
In primo luogo, parte appellante pare dolersi non dell’indizione della nuova gara, che come detto, non è stata oggetto di alcuna impugnazione, o della risoluzione del contratto a causa del provvedimento Informativo Interdittivo Antimafia, ma esclusivamente dell’eventuale mancato pagamento, da parte della Stazione Appaltante, delle lavorazioni eseguite e del rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione, nei limiti delle utilità conseguite dall’Amministrazione, petitum che attenendo all’esecuzione del contratto, non rientra nella, giurisdizione del giudice adito.
In secondo luogo, l’appellante afferma la natura non vincolata, ma discrezionale del potere di risoluzione/recesso esercitato dal Consorzio di Burana al ricevimento dell’Informativa Interdittiva Antimafia della Prefettura di Modena, affermazione del tutto confutata da un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 9 settembre 2013, n. 4467 e sez. V, 3 ottobre 2005, n. 5247), atteso in particolare che la Stazione appaltante non ha facoltà di sindacare il contenuto dell’Informativa prefettizia, poiché è al Prefetto che la legge demanda in via esclusiva la raccolta degli elementi e la valutazione circa la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa.
5. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 2000,00 ciascuno, oltre accessori di legge, a favore del Consorzio e del controinteressato costituiti in appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione

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