La sesta sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 1160 del 21 marzo, ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea, la questione concernente la disciplina dettata dall’art. 38 del codice appalti in relazione alla c.d. moralità professionale degli ex amministratori di imprese concorrenti.
In particolare, si tratta del comma 1, lett. c), in tema di c.d. moralità professionale. Viene sollevato il dubbio in merito alla compatibilità di tale disposizione nella parte in cui estende il contenuto dell’ivi previsto obbligo dichiarativo sull’assenza di sentenze definitive di condanna (comprese le sentenze di patteggiamento) ai soggetti titolari di cariche nell’ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione, rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull’integrazione della condotta dissociativa, che consente alla stazione appaltante – anche alla luce di un parere dell’Autorità di Vigilanza e della prevalente giurisprudenza nazionale – di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara, una serie oneri, così riassunti dalla stessa ordinanza:
(i) oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica;
(ii) oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti;
(iii) oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede.
Infine, in relazione ad aspetti propriamente processuali, la decisione in epigrafe conferma l’autonomia del giudice nazionale nell’individuare, anche ex officio, le questioni da rimettere alla Corte europea, con la conseguente disapplicazione di eventuali norme nazionali che abbiano l’effetto di ledere tale competenza.
Concludendo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea è stata rimessa la questione pregiudiziale se osti alla corretta applicazione dell’art. 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lett. a) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 del 31 marzo 2004 e dei principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, una normativa nazionale, quale quella dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nella parte in cui estende il contenuto dell’ivi previsto obbligo dichiarativo ai soggetti titolari di cariche nell’ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara.
Si riporta di seguito il testo dell’ordinanza.
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N. 01160/2016 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 8263 del 2015, proposto da:
Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani s.p.a., in proprio e in qualità di capogruppo mandataria di costituenda associazione temporanea di imprese – a.t.i. con Guerrato s.p.a., quest’ultima anche in proprio, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Maria Alessandra Sandulli e Luca Antonini, con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;
contro
Provincia autonoma di Bolzano, Agenzia per i procedimenti e la vigilanza in materia di contratti pubblici di lavori servizi e forniture, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentate e difese dagli avvocati Claudio Guccione, Renate von Guggenberg, Laura Fadanelli e Alexandra Roilo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Corso Italia, 45;
Autorità nazionale anticorruzione – ANAC, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Società Italiana per Condotte d’Acqua s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Guarino e Cecilia Martelli, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza Borghese, 3;
Inso Sistemi per le Infrastrutture Sociali s.p.a., non costituita in giudizio nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, n. 00270/2015, resa tra le parti e concernente: esclusione dalla procedura per l’affidamento della concessione di finanziamento, della progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e gestione della nuova Casa Circondariale di Bolzano, risarcimento danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2015, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Sandulli, Antonini, Guccione e Martelli, nonché l’avvocato dello Stato Garofoli;
1. La presente controversia inerisce alla procedura di evidenza pubblica per l’affidamento, ai sensi dell’art. 153, commi da 1 a 14, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), della concessione avente ad oggetto il finanziamento, la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la gestione della nuova Casa Circondariale di Bolzano, secondo il modulo del c.d. project financing.
1.1. La procedura è stata indetta dalla Provincia autonoma di Bolzano con bando del 15 luglio 2013, in qualità di soggetto attuatore del Piano carceri per la realizzazione del nuovo Istituto penitenziario di Bolzano e di stazione concedente delegata con decreto n. 456 del 5 maggio 2013 del Capo Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – Ministero della Giustizia.
1.2. Alla procedura di evidenza pubblica ha partecipato, tra altri concorrenti, l’Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani s.p.a., in proprio e in qualità di capogruppo mandataria di costituenda associazione temporanea di imprese con la Guerrato s.p.a. (in seguito: a.t.i. Mantovani), con domanda di partecipazione del 16 dicembre 2013 presentata in forma telematica.
1.3. Ai fini del corretto inquadramento della questione centrale della presente controversia, occorre sin d’ora precisare che l’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, come modificato dall’art. 4, comma 2, lett. b), d.-l. 13 maggio 2011, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106, nella versione applicabile ratione temporis alla procedura di evidenza pubblica di cui è causa, prevede che la causa di esclusione, costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ex artt. 444 ss. Cod. proc. pen., per i reati ivi specificati, opera anche «nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata» (v. così, testualmente, la citata disposizione normativa).
1.4. Per quanto qui rileva, l’a.t.i. Mantovani ha presentato le seguenti due dichiarazioni ex art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, in ordine alla sussistenza dei requisiti generali, entrambe rese dall’amministratore delegato e legale rappresentante della capogruppo mandataria, ing. Gianfranco Zoletto:
(i) una dichiarazione del 4 dicembre 2013, nella quale lo stesso ha attestato, «per quanto a sua conoscenza, che nei confronti del Signor B. [omissis; n.d.e.], quale Presidente del Consiglio di Amministrazione, Amministratore Delegato e Legale rappresentante cessato dalla carica in data 06/03/2013, fino alla cessazione della carica: non sussistono le cause di esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici di cui alla lettera c) dell’art. 38 del D.lgs. 163/2006 e ss.mm.ii.. Attesta quindi che nei suoi confronti […] non è stata pronunciata condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale e che non è stato condannato con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari all’art. 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18 […]» (v. doc. 5 fascicolo di primo grado);
(ii) una dichiarazione successiva, datata 16 dicembre 2013, inserita al punto 4.04 della domanda di partecipazione, nella quale lo stesso ha attestato «di non essere a conoscenza dell’esistenza di provvedimenti di cui all’art. 38 c. 1 lett. c) D.Lgs. 163/2006 nei confronti dei soggetti di cui al punto 2.04, cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara relativo al presente appalto» (doc. 6 del fascicolo di primo grado).
1.5. Nella seduta di gara del 9 gennaio 2014, l’a.t.i Mantovani è stata ammessa con riserva, in attesa di chiarimenti, con la testuale motivazione che «per fatto notorio, pubblicato dal Corriere del Veneto sul sito online, l’ing. B. [omissis; n.d.e.], cessato dalla carica sociale di presidente del CDA, amministratore delegato e legale rappresentante, il 6.3.2013 “ha patteggiato 1 anno e dieci mesi – accusato di essere il promotore del sistema di false fatture” (Corriere del Veneto del 6 dic. 2013) » (doc. 4 fascicolo di primo grado).
1.6. La stazione appaltante provvedeva dunque, in sede di verifica dei requisiti, ad acquisire il certificato del casellario giudiziale relativo all’ing. B., dal quale emergeva che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia il 5 dicembre 2013 aveva emesso nei suoi confronti (in camera di consiglio, quindi non in udienza pubblica dibattimentale) dispositivo di sentenza – con successiva pubblicazione della sentenza completa di motivazione in data 3 febbraio 2014, divenuta irrevocabile il 29 marzo 2014 –, di applicazione della pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione (pena sospesa) su richiesta delle parti ex artt. 444 Cod. proc. pen., per i reati di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di associazione a delinquere e di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, reato continuato e in concorso (doc. 7 fascicolo di primo grado; l’ammontare complessivo delle fatture per operazioni inesistenti era pari a euro 9.124.000,00). Tale sentenza non è stata menzionata in sede di gara dal legale rappresentante della Mantovani nelle dichiarazioni sub § 1.4., in quanto rese in data anteriore alla pubblicazione e al passaggio in giudicato della sentenza.
1.7. Nella seduta del 29 maggio 2014, l’autorità di gara dichiarava di non sciogliere la riserva di ammissione alla gara dell’a.t.i. Mantovani, chiedendo alla stessa con nota del 3 giugno 2014 chiarimenti in merito alla menzionata sentenza (doc. 7-bis del fascicolo di primo grado).
1.8. Con memorie del 10 giugno 2014 e del 17 ottobre 2014, la Mantovani forniva i richiesti chiarimenti, deducendo che la sentenza penale era stata pubblicata e divenuta irrevocabile dopo che erano state rese le dichiarazioni ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 (di cui sopra sub § 1.4..), e di aver posto in essere una serie di atti che dimostravano una tempestiva, effettiva e completa dissociazione della società dalla condotta dell’ing. B., quali la sua immediata rimozione da tutte le cariche sociali del gruppo Mantovani, il riassetto interno degli organi di gestione della società, il riscatto delle azioni dallo stesso detenute e l’avvio di un’azione di responsabilità.
1.9. La stazione appaltante, ritenendo la questione di non facile soluzione, il 25 luglio 2014 chiedeva all’Autorità nazionale anticorruzione – ANAC (già Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – AVCP) un parere ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. n), d.lgs. n. 163 del 2006, proseguendo comunque nell’espletamento delle ulteriori fasi di gara (alle quali l’a.t.i. Mantovani era stata ammessa con riserva), sfociate nella graduatoria del 16 dicembre 2014, nella quale l’a.t.i. Mantovani risultava classificata al quinto posto, ad oltre 13 punti di distacco dalla prima classificata a.t.i.Società Italiana per le Condotte d’Acqua s.p.a. (d’ora in poi: a.t.i. Condotte).
In particolare, la stazione appaltante sottoponeva all’ANAC i seguenti quesiti:
(i) se nel caso di dichiarazione resa dal legale rappresentante per conto di un soggetto cessato dalla carica con la formula «per quanto a propria conoscenza», l’omessa dichiarazione di una condanna penale a carico del soggetto cessato dalla carica comporti l’esclusione del concorrente, oppure l’obbligo per la stazione appaltante di richiedere un’integrazione di quanto già dichiarato e di accertare in concreto il possesso dal parte del concorrente dei requisiti di partecipazione;
(ii) se nel caso di specie le iniziative adottate dalla Mantovani fossero idonee a dimostrare l’effettiva e completa dissociazione della società dalla condotta penalmente sanzionata dell’ex-amministratore;
(iii) se nel caso di specie sussistesse, o meno, una falsa dichiarazione ex art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006 con l’obbligo di segnalare il fatto all’Autorità.
1.10. L’ANAC con parere reso il 25 febbraio 2015 affermava, con riguardo al primo e al terzo quesito, che nel caso in cui il concorrente, con riferimento ai soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, produca una dichiarazione attestante l’assenza delle condizioni ostative di cui all’art. 38, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, con la formula «per quanto a propria conoscenza», fornendo una compiuta identificazione di tali soggetti, spetta alla stazione appaltante di procedere alle opportune verifiche in ordine alla sussistenza, o meno, dei requisiti generali in capo ai soggetti medesimi, ed escludeva che nel caso di specie fosse ravvisabile una falsa dichiarazione, non essendo sufficiente la mera pendenza di un procedimento penale, ma dovendosi trattare di sentenza irrevocabile, non ancora sussistente al momento delle dichiarazioni rese dall’amministratore delegato della Mantovani.
Con riguardo al secondo quesito, l’ANAC osservava che, non potendosi l’Autorità sostituire alle valutazioni discrezionali della stazione appaltante in ordine all’effettiva e completa dissociazione della società concorrente dalla condotta penalmente sanzionata dell’amministratore cessato dalla carica, spettava alla stazione appaltante «accertare se l’effettiva efficacia delle misure dissociative illustrate dalla Mantovani nelle note procedimentali del 10.6.2014 e 17.10.2014 sia stata negativamente incisa o, comunque, compromessa dal comportamento omissivo della Mantovani, che nella procedura in esame non ha dichiarato la sentenza di condanna de qua, divenuta irrevocabile, come sopra detto, solo in data 29.3.2014» (v. così, testualmente, il parere ANAC, doc. 12 fascicolo di primo grado). A suffragio di tale parere, l’ANAC richiamava un precedente giurisprudenziale riguardante proprio la Mantovani nell’ambito di una diversa gara d’appalto ed un dichiarazione ivi resa dall’ing. B. in ordine all’insussistenza, nei propri confronti, di una delle cause di esclusione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006: in particolare, l’ANAC richiamava la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, 22 dicembre 2014, n. 6284 (confermativa della sentenza di primo grado del T.a.r. per il Friuli-Venezia-Giulia 27 agosto 2014, n. 456), secondo cui costituirebbe un indice di non dissociazione, per violazione del dovere di leale collaborazione, la mancata tempestiva comunicazione alla stazione appaltante dello sviluppo delle vicende eventi penalmente rilevanti riguardanti i soggetti menzionati nell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006.
1.11. Nella seduta pubblica del 27 febbraio 2015 la stazione appaltante, preso atto del parere ANAC, disponeva l’esclusione dell’a.t.i. Mantovani dalla gara per carenza dei requisiti generali ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, «in ragione dell’insufficiente e tardiva dimostrazione della dissociazione dalla condotta penalmente rilevante posta in essere dal soggetto cessato dalla carica» (v. così, testualmente, il verbale di seduta) – rilevando che la condanna «è intervenuta in un momento antecedente alla dichiarazione resa in gara e come tale avrebbe potuto essere dichiarata dalla Mantovani in sede di partecipazione», e ritenendo non tempestivi gli atti di dissociazione posti in essere dalla Mantovani –, la conseguente escussione della cauzione provvisoria versata per la partecipazione alla gara e la segnalazione all’ANAC per eventuali provvedimenti di competenza.
2. Avverso il provvedimento di esclusione, comunicato all’a.t.i. Mantovani con nota del 4 marzo 2015, e gli atti presupposti, connessi e consequenziali (tra cui il parere ANAC del 25 febbraio 2015) il raggruppamento escluso – previa informativa ex art. 243-bis d.lgs. 163 del 2006, riscontrata dalla stazione appaltante negativamente con nota del 17 marzo 2015 – interponeva ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, con correlativa domanda cautelare (respinta dall’adìto Tribunale con ordinanza n. 82 dell’8 maggio 2015, il cui dispositivo di rigetto, in sede di appello cautelare, è stato confermato, con diversa motivazione, da questo Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2545 del 10 giugno 2015).
3. Con la qui impugnata sentenza n. 270 del 27 agosto 2015, l’adìto Tribunale regionale di giustizia amministrativa provvedeva come segue:
(i) in accoglimento di correlativa eccezione sollevata dall’ANAC, dichiarava inammissibile l’impugnazione dell’atto sub § 1.10., trattandosi di parere non vincolante e, dunque, privo di autonomo carattere lesivo;
(ii) dichiarava inammissibile l’impugnazione dell’aggiudicazione, non ancora intervenuta, essendo stata stilata solo la graduatoria finale, costituente atto endoprocedimentale non impugnabile autonomamente;
(iii) riteneva legittimo il diniego di accesso a tutti gli atti della gara, con particolare riguardo alle offerte degli altri concorrenti, differendo l’art. 13, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 l’accesso alla documentazione relativa alle offerte fino all’aggiudicazione, nella specie non ancora intervenuta;
(iv) respingeva i motivi di ricorso dedotti avverso l’atto di esclusione dalla gara (e gli atti consequenziali di escussione della cauzione e di segnalazione all’ANAC), per le seguenti ragioni:
– con richiamo alla sopra citata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia-Giulia n. 456/2014, confermata dal Consiglio Stato con sentenza n. 6284/2014, riteneva che l’amministratore delegato della Mantovani, con riferimento alla pena patteggiata dall’ing. B. il 5 dicembre 2013, «abbia violato quantomeno il dovere di leale collaborazione e di correttezza nei confronti della stazione appaltante», che lo stesso, «usando correttamente l’autodichiarazione […], avrebbe dovuto riferire alla stazione appaltante almeno la circostanza che la sentenza era stata pronunciata, anche se non era ancora in grado di riferirne il contenuto o – quantomeno – avrebbe dovuto fare presente che esisteva un procedimento penale a carico dell’ex amministratore», e che «l’autodichiarazione resa […] era quantomeno […] gravemente ed imperdonabilmente negligente, perché rilasciata in violazione del principio generale imposto dall’articolo 1176 codice civile che, prescrivendo a tutti (compresi gli operatori economici) una regola generale di condotta, cioè quella di usare la diligenza del buon padre di famiglia, implica anche l’obbligo di informarsi e di informare che va valutato – così il secondo comma della disposizione codicistica – “con riguardo alla natura dell’attività esercitata” » (v. così, testualmente, la sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa);
– escludeva la configurabilità della dissociazione dalla condotta penalmente rilevante dell’ex-amministratore, rilevando che «di tale beneficio» può «fruire solo chi abbia reso un’autodichiarazione corrispondente alla realtà e non chi abbia oggettivamente – non necessariamente soggettivamente – ‘depistato’ la stazione appaltante», e che gli atti indicati dalla Mantovani come dissociativi nella memoria procedimentale del 10 giungo 2014 non erano idonei ad integrare gli estremi della dissociazione completa, effettiva e tempestiva della società dalla condotta dell’ex-amministratore, dovendosi, in particolare, la proposizione dell’azione di responsabilità con atto notificato il 29 settembre 2014, ritenere «fuori tempo massimo» (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza);
(v) attesa l’infondatezza del ricorso nel merito, il Tribunale regionale si dichiarava esentato dall’affrontare sia l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso per mancata notificazione al Ministero della giustizia e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sollevata dalla resistente Provincia autonoma di Bolzano, sia la domanda risarcitoria;
(vi) condannava parte ricorrente a rifondere alle controparti le spese di causa.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’a.t.i. Mantovani, deducendo i seguenti motivi.
a) «Eccesso di potere giurisdizionale. Omessa pronuncia. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 38 e 46 d.lgs. n. 163 del 2006, degli artt. 1, 3, 6, 10 e 18 l. n. 241 del 1990, degli artt. 444 e 445 Cod. proc. pen., dell’art. 47 d.P.R. n. 445 del 2000, degli artt. 3, 11, 27, 41, 97 e 117, co. 1, Cost., degli artt. 41 e 49 della Carta di Nizza e degli artt. 45 direttiva 2004/18/CE e 57 direttiva 2014/24/UE. Eccesso di potere per sviamento, errore e travisamento nei presupposti, contraddittorietà e perplessità. Carenza di istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione e/o falsa applicazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, tutela della concorrenza e massima partecipazione alle procedure di gara. Illogicità e ingiustizia manifesta. Illegittimità derivata dal parere ANAC», formulando, nel contesto del motivo così testualmente rubricato, i seguenti profili di censura:
– l’erronea ricostruzione della situazione fattuale operata nell’impugnata sentenza, inficiante le relative conclusioni;
– l’erronea affermazione, nell’impugnata sentenza, di un onere dichiarativo in ordine a una sentenza penale non ancora pubblicata, né divenuta irrevocabile al momento delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante il 4 e il 16 dicembre 2013, e dunque non incidente sui requisiti generali, i quali, a norma dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, sono incisi solo da sentenze irrevocabili di condanna o di applicazioni della pena ex art. 444 Cod. proc. pen., con la conseguente inconfigurabilità, in assenza di una previsione tassativa di legge, di un onere dichiarativo relativo alle vicende di un procedimento penale soltanto pendente e non ancora definito con sentenza passata in giudicato;
– l’erronea interpretazione estensiva della previsione normativa di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 nella parte relativa ai soggetti cessati dalla carica sociale nell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara, dovendosi invece adottare in materia un’interpretazione particolarmente rigorosa e strettamente aderente alla tassativa previsione normativa, tenuto conto che le direttive comunitarie non prevedono alcun limite di partecipazione alla gara né alcun obbligo di dichiarazione con riguardo ai soggetti cessati dalla carica prima della pubblicazione del bando (art. 45 Direttiva 2004/18/CE e art. 57 Direttiva 2014/24/UE),
– l’erronea omessa considerazione che l’art. 38, nel richiedere la dichiarazione delle condanne relative ai soggetti cessati dalla carica, introduce un indebito ostacolo alla concorrenza, sebbene temperato dalla previsione che l’impresa possa dimostrare l’effettiva e completa dissociazione dalla condotta penalmente rilevante di tali soggetti;
– l’erronea sostituzione, nell’impugnata sentenza, della motivazione posta dalla stazione appaltante a base del provvedimento di esclusione, mai avendo quest’ultima affermato la falsità delle dichiarazioni rese, come invece adombrato nella sentenza;
– l’erronea e contraddittoria qualificazione dell’omessa dichiarazione circa la pendenza di un procedimento penale nei confronti dell’ex-amministratore e circa i relativi sviluppi in corso di gara come indice presuntivo da cui inferire la mancanza di una effettiva e completa dissociazione, in quanto in tal modo, per altra via, viene introdotto un onere dichiarativo, in realtà insussistente, in relazione a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile;
– la violazione del principio giurisprudenziale, secondo cui il legale rappresentante è onerato, in sede di gara, a rendere la dichiarazione relativa ai soggetti terzi cessati soltanto «per quanto a conoscenza», spettando poi all’amministrazione appaltante, la quale, a differenza del dichiarante, ha accesso al casellario giudiziale e ad altri archivi pubblici, qualora riscontri l’esistenza di condanne irrevocabili successive alla dichiarazione in sede di gara, chiedere all’impresa concorrente chiarimenti su eventuali misure dissociative assunte;
– l’erronea affermazione della tardività degli atti di dissociazione posti in essere dalla Mantovani, con particolare riferimento all’azione di responsabilità proposta nei confronti dell’ex-amministratore con atto di citazione notificato il 29 settembre 2014, dopo i chiarimenti richiesti dalla stazione appaltante, poiché in tal modo la stazione appaltante prima, e il Tribunale regionale di giustizia amministrativa poi, avrebbero introdotto, in via surrettizia, l’ulteriore requisito della spontaneità della dissociazione, non previsto dall’art. 38, né, tantomeno, sarebbe configurabile un onere dissociativo prima dell’irrevocabilità della sentenza penale pronunciata nei confronti dell’ex-amministratore;
– l’erronea valutazione delle misure di dissociazione poste in essere dalla Mantovani, essendo, invece, documentalmente comprovato che (i) l’ing. B. si era dimesso solo pochi giorni dopo essere stato sottoposto, il 28 febbraio 2013, alla misura della custodia cautelare in carcere, a ciò sollecitato da uno dei titolari della quota sociale di maggioranza, ed era contestualmente cessato da tutte le cariche che aveva ricoperto nelle società del gruppo Mantovani, (ii) la società, con deliberazione dell’assemblea degli azionisti del 15 marzo 2013, dunque adottata due settimane dopo l’arreso dell’ing. B., aveva assunto idonee misure organizzative volte a sostituire gli organi di gestione, e provveduto a rettificare i bilanci con isolamento contabile in appositi conti delle operazioni e dei saldi nei confronti dei soggetti individuati dagli inquirenti, (iii) le azioni detenute dall’ex-amministratore erano state riscattate dalla società al valore nominale sulla base di deliberazione del consiglio di amministrazione adottata il 5 giugno 2014, (iv) la società aveva pagato, senza avviare contenzioso, tutte le sanzioni comminate dall’agenzia delle entrate, (v) la società aveva proposto l’azione di responsabilità, con atto di citazione notificato nel mese di settembre 2014, sulla base di deliberazione assembleare del 6 giugno 2014;
b) l’erroneo mancato accoglimento dei motivi proposti contro l’escussione della cauzione provvisoria, prevista dalla lex specialis di gara solo in caso di mancata prova dei requisiti di capacità economico-finanziaria e di capacità tecnica, e contro la segnalazione all’ANAC, prevista solo in caso di presentazione di falsa dichiarazioni o di falsa documentazione, nella specie da escludere.
c) l’erronea statuizione sulle spese di causa, tenuto conto della novità delle questioni trattate.
L’appellante deduceva inoltre la censura di disparità di trattamento rispetto alla prima classificata a.t.i.Condotte (nominata promotore ai sensi dell’art. 153, comma 10, d.lgs. n. 163 del 2006), sotto il profilo che anche rispetto alla capogruppo Società Italiana per Condotte d’Acqua s.p.a., in sede di verifica dei requisiti generali, era emerso che, nei confronti di un soggetto cessato dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, era stata pronunciata una sentenza di applicazione della pena ex art. 444 Cod. proc. pen., con successivo invito della stazione appaltante a provare la dissociazione. L’appellante esponeva di essere venuta a conoscenza di tale nomina dell’a.t.i. Condotte a promotore solo con la comunicazione del 24 luglio 2015, e quindi solo dopo l’udienza di discussione di primo grado svoltasi il 22 luglio 2015. La stessa chiedeva dunque, in via istruttoria, ordinarsi alla stazione appaltante l’esibizione di tutta la documentazione di gara e, in particolare, degli atti relativi alla verifica dei requisiti generali in capo all’a.t.i.Condotte.
L’appellante riproponeva, infine, la domanda di risarcimento dei danni da perdita della chance di aggiudicazione e per danni all’immagine e alla reputazione.
Nella memoria di replica del 19 novembre 2015 l’appellante formulava, in via subordinata, questione di illegittimità costituzionale dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 per contrasto con gli artt. 2, 27, comma 1, e 41 Cost., e/o questione di incompatibilità con il diritto euro-unitario, in particolare con gli artt. 45 Direttiva 2004/18/CE e 57 Direttiva 2014/24/UE ed i principi comunitari che presiedono alla disciplina dei contratti pubblici, chiedendo il relativo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE.
4. Si costituivano in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano e l’Agenzia per i procedimenti e la vigilanza in materia di contratti pubblici di lavori servizi e forniture, eccependo in via pregiudiziale di rito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, attesa l’omessa impugnazione, dinanzi al giudice di primo grado, del provvedimento di nomina del promotore di cui al verbale del 21 luglio 2015, comunicato dalla stazione appaltante il 24 luglio 2015, nonché l’inammissibilità della censura di disparità di trattamento rispetto all’a.t.i. Condotte. Le amministrazioni appellate riproponevano inoltre l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, ai sensi dell’art. 27 Cod. proc. amm., per l’omessa notificazione del ricorso di prima istanza al Ministero della giustizia e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Nel merito, contestavano la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.
Si costituiva, altresì, in giudizio l’ANAC, rilevando la mancata impugnazione del capo della sentenza sub § 3.(i), con cui era stata dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione del parere del 27 febbraio 2015, e contestando comunque la fondatezza dell’appello di cui chiedeva la reiezione.
Si costituiva, infine, nel giudizio d’appello anche la Società Italiana per Condotte d’Acqua s.p.a., eccependo l’inammissibilità della censura di disparità di trattamento dedotta dall’appellante e della correlativa istanza istruttoria, sotto plurimi profili.
5. Dopo lo scambio di memorie difensive e di replica, la causa all’udienza pubblica del 1° dicembre 2015 è stata trattenuta in decisione.
6. Prima di affrontare le questioni devolute al presente grado di giudizio, occorre premettere che, secondo le stesse dichiarazioni rese dalla difesa dell’appellante a.t.i. Mantovani nella memoria di replica del 19 novembre 2015, l’interesse a ricorrere, sin dal primo grado di giudizio, è circoscritto all’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara (datato 27 febbraio 2015 e comunicato con nota del 4 marzo 2015) limitatamente agli atti ed effetti consequenziali di escussione della fideiussione provvisoria e di segnalazione all’ANAC per l’annotazione nel casellario informatico, ossia in relazione a profili «in nessun modo interessati dalla nomina del promotore» (v. p. 2 della citata memoria), nonché ai fini dell’azione risarcitoria per equivalente monetario,.
L’esito del presente giudizio non ha, pertanto, ripercussioni sullo svolgimento della procedura di evidenza pubblica, la quale prosegue indipendentemente dalla pendenza e dall’esito del presente giudizio, attesa la limitazione degli effetti di un’eventuale sentenza di accoglimento ai soli atti sopra indicati e alla proposta domanda risarcitoria per equivalente monetario. Peraltro, un tanto è stato chiarito già con l’ordinanza cautelare d’appello di questa Sezione n. 2545 del 10 giugno 2015, con la quale la domanda cautelare proposta dall’a.t.i. Mantovani è stata respinta – con motivazione diversa da quella posta a base dell’ordinanza cautelare di rigetto pronunciata dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa – tra l’altro sulla base del testuale rilievo che, «a fronte del mancato superamento della prova di resistenza (essendosi l’originaria ricorrente, ammessa con riserva, classificata al quinto posto della graduatoria), difetta un interesse concreto ed attuale alla sospensione della procedura di evidenza pubblica».
6.1. Ne deriva, sul piano sostanziale, la persistenza del potere/dovere della stazione appaltante di definire la procedura di evidenza pubblica con la nomina del promotore e con la successiva stipulazione del contratto (che, ai sensi dell’art. 153, comma 11, d.lgs. n. 163 del 2006, è sospensivamente condizionata all’approvazione del progetto preliminare ed all’accettazione delle modifiche progettuali richieste dalla stazione appaltante).
6.2. Sul piano processuale, ne consegue, per un verso, l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dalla Provincia sotto il profilo della mancata impugnazione della nomina dell’a.t.i. Condotte a promotore, essendo l’azione giudiziaria intentata dall’appellante sorretta dal persistente interesse all’annullamento dell’atto di esclusione per i sopra individuati effetti (escussione della cauzione; segnalazione all’ANAC) e all’accoglimento della pretesa risarcitoria, nonché, per altro verso, l’infondatezza della riproposta eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, poiché la delimitazione dell’interesse perseguito dall’odierna appellante, nel senso sopra delineato, restringe gli effetti di una eventuale sentenza di accoglimento ai soli rapporti con la Provincia autonoma di Bolzano (e l’Agenzia provinciale), nella qualità di stazione concedente/appaltante, delegata dall’Amministrazione statale, non avendo modo di incidere sull’affidamento della concessione e sul relativo rapporto.
7. Nel merito, ritiene il Collegio che nella presente controversia assuma carattere pregiudiziale la questione della compatibilità con il diritto euro-unitario della previsione dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come modificato dall’art. 4, comma 2, lett. b), d..-l. 13 maggio 2011, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106, applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice (v. sopra sub § 1.3.), nella parte in cui estende ai soggetti cessati dalle cariche sociali ivi specificate nell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara la causa di esclusione costituita dalla pronuncia di sentenza di condanna passata in giudicato, di decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure di sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 Cod. proc. pen., per i reati contemplati nella citata disposizione legislativa, «qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata» (così, testualmente, la citata disposizione).
Come già esposto sopra sub § 1.4., nella specie viene in rilievo la posizione dell’ing. B. in seno alla Mantovani, il quale vi aveva rivestito la carica di amministratore delegato munito di rappresentanza legale fino al 6 marzo 2013 – dunque entro l’anno antecedente la pubblicazione del bando, avvenuta il 15 luglio 2013 –, data delle sue dimissioni ‘forzate’ in seguito a misure cautelari restrittive della libertà personale cui lo stesso è stato assoggettato pochi giorni prima per i reati che hanno condotto alla pronuncia della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Tale sentenza, pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia il 5 dicembre 2013 in camera di consiglio (e, dunque, non in udienza pubblica dibattimentale), è stata pubblicata completa di motivazione in data 3 febbraio 2014 e divenuta irrevocabile il 29 marzo 2014, quindi successivamente alle dichiarazioni sull’assenza di cause ostative ex art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, rese dal legale rappresentante della Mantovani il 4 ed il 16 dicembre 2013, con conseguente inconfigurabilità della causa escludente della falsità delle dichiarazioni rese in sede di gara, sorgendo l’obbligo dichiarativo solo con l’irrevocabilità delle sentenze penali contemplate dalla citata disposizioni normativa (infatti, anche l’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE richiede la definitività della sentenza penale).
Sebbene la pendenza del procedimento penale fosse di pubblico dominio ancora prima della pubblicazione e del passaggio in giudicato della sentenza penale nei confronti dell’ex-amministratore – tant’è che l’autorità di gara, sin dalla seduta del 9 gennaio 2014, ha ammesso l’a.t.i. Mantovani con riserva alle ulteriori fasi di gara (v. sopra sub § 1.5.), in funzione del chiarimento della posizione dell’ex-amministratore –, e sebbene la stazione appaltante, nell’esercizio dei poteri istruttori, avesse acquisito il certificato del casellario giudiziale relativo all’ing. B. (con richiesta dell’8 maggio 2014 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano; v. doc. 7 del fasc. di primo grado), da cui risultava la pronuncia della sentenza penale a carico di quest’ultimo (e la data in cui la stessa era divenuta irrevocabile), la stazione appaltante, a scioglimento della riserva, ha escluso l’a.t.i. Mantovani dalla gara in ragione dell’insufficiente e tardiva dimostrazione della dissociazione dalla condotta penalmente rilevante dell’ex amministratore ing. B., desunta principalmente dall’elemento indiziario costituito dalla mancata tempestiva comunicazione alla stazione appaltante degli eventi penalmente rilevanti concernenti tale soggetto, qualificata come violazione del dovere di leale collaborazione con la stazione appaltante (v. p. verbale del 27 febbraio 2015), alla cui luce gli atti indicati dall’a.t.i. Mantovani come dissociativi nella memoria procedimentale del 10 giugno 2006 sono stati ritenuti inadeguati e tardivi.
La motivazione della stazione appaltante si muove in sostanziale aderenza all’interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 nella parte concernente i soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, fornita dall’Autorità di vigilanza nel parere del 27 febbraio 2015 (v. sopra sub § 1.10.) in risposta al secondo quesito formulato dalla stazione appaltante, nonché in aderenza all’ivi richiamato orientamento giurisprudenziale.
Orbene, ritiene il Collegio che, ai fini della decisione della causa, in particolare ai fini della decisione del motivo d’appello sub § 3.a), sia necessario investire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione pregiudiziale comunitaria sulla compatibilità con il diritto dell’Unione Europea di una normativa nazionale, quale quella dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, nella parte in cui estende il contenuto dell’ivi previsto obbligo dichiarativo sull’assenza di sentenze definitive di condanna (comprese le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle pari) ai soggetti titolari di cariche nell’ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata, rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull’integrazione della condotta dissociativa, che consente alla stazione appaltante – anche alla luce del sopra citato parere dell’Autorità di Vigilanza e dell’ivi richiamata giurisprudenza nazionale – di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara:
(i) oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica;
(ii) oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti;
(iii) oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede.
Quali parametri del giudizio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea vengono in rilievo l’art. 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lett. a) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 del 31 marzo 2004 – applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio – ed i principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie.
Non ricorrendo le condizioni di esenzione del giudice di ultima istanza dall’obbligo di rinvio ai sensi dell’art. 267 del Trattato (cfr. Corte Giust., 6 ottobre 1982, Cilfit, C-283/81; 15 settembre 2005, Intermodal Transports, C-495/03), la Corte di Giustizia deve essere investita delle seguenti questioni pregiudiziali ex art. 267 T.F.U.E. (in parte sollecitate dall’odierna appellante sia nell’atto d’appello, sia nella memoria del 19 novembre 2015, e in parte formulate d’ufficio):
«Se osti alla corretta applicazione dell’art. 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lett. a) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 del 31 marzo 2004 e dei principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, una normativa nazionale, quale quella dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e successive modificazioni, nella parte in cui estende il contenuto dell’ivi previsto obbligo dichiarativo sull’assenza di sentenze definitive di condanna (comprese le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle pari), per i reati ivi indicati, ai soggetti titolari di cariche nell’ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata di tali soggetti, rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull’integrazione della condotta dissociativa che consente alla stazione appaltante di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara:
(i) oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica;
(ii) oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti;
(iii) oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede».
Il Collegio reputa, altresì, opportuno precisare che la decisione di adire la Corte in via pregiudiziale spetta unicamente al giudice nazionale, a prescindere dal fatto che le parti del procedimento principale ne abbiano o meno formulato l’intenzione, con la conseguente ammissibilità della formulazione di questioni anche d’ufficio, senza attenersi ai quesiti proposti dalle parti.
Alla Corte di Giustizia della Unione Europea vanno perciò sottoposti i quesiti sopra formulati, e il presente giudizio va per l’effetto sospeso in attesa della relativa decisione.
8. Ai sensi della «nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» 2011/C 160/01 (in G.U.C.E. 28 maggio 2011), vanno trasmessi alla Cancelleria della Corte a cura della Segreteria della Sezione, mediante plico raccomandato: copia della presente ordinanza; copia del testo dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, tratto da una banca dati di legislazione; copia dei provvedimento impugnati con il ricorso di primo grado, nonché copia degli atti della procedura pubblica prodotti in primo grado; copia della sentenza appellata; copia dell’atto di appello e di tutti gli atti difensivi del giudizio d’appello.
9. Ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese resta riservata alla sentenza definitiva.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), non definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe (ricorso n. 8263 del 2015, rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione e, riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.
Dispone che il presente provvedimento, unitamente a copia degli atti di giudizio indicati in motivazione, sia trasmesso, a cura della Segreteria della Sezione, alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1° dicembre 2015, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)